lunedì 9 gennaio 2023

Origini Sociali del CristianesimoLa Samaria

 (segue da qui)

III. — SAMARIA E GIUDEA

Tutt'altre erano le tendenze che prevalevano in Samaria e in Giudea. Entrambi i paesi avevano tenuto un ruolo molto più importante dei loro vicini nella storia di Israele. Uno rappresentava l'antico Regno del Nord, l'altro quello del Sud. A lungo separati in seguito agli avvenimenti politici, erano stati uniti dalla conquista romana. Quando Erode morì, li lasciò in eredità, con l'Idumea, al figlio Archelao, che aveva avuto dalla samaritana Maltace. Ma questa porzione era di un'amministrazione più difficile rispetto a quella di cui beneficiavano Filippo e Antipa. Gli ebrei si mostravano qui meno gestibili. La sorda opposizione che avevano fatto al vecchio monarca, e che era stata tenuta a bada solo per mezzo di una repressione implacabile, riprese con maggior vigore e con un ardore tanto più vivo in quanto il nuovo sovrano non aveva né il vigore di suo padre, né la sua abilità. Nel giro di dieci anni, nell'anno 6 della nostra era, Archelao, accusato a Roma da un gruppo di notabili, fu deposto e poi esiliato in Gallia, nella città di Vienna. I territori da lui amministrati furono governati da un procuratore romano che risiedeva a Cesarea sotto l'alta direzione del legato imperiale che governava la Siria e risiedeva ad Antiochia. Le due province erano ormai indissolubilmente legate. Tra loro esisteva nondimeno un'inimicizia di fondo che avrebbe influito non solo sul destino del giudaismo, ma anche su quello del cristianesimo. 


La Samaria.

La Samaria, nettamente separata dalla Bassa Galilea dalla Grande Pianura di Esdrelon, costituiva geograficamente un tutt'uno con la Giudea. Qua e là, lo stesso groviglio di montagne che si innalzano prima verso Gerusalemme per poi inclinarsi in seguito verso l'Idumea, di corsi d'acqua torrenziali che si dirigono verso il Giordano o verso il mare, di valli strette e tortuose che si allargano lungo le rive. Stesso alternanza di foreste, dove la quercia, il pino e il terebinto si mescolavano, di pascoli dove mucche, capre, pecore pascolavano in libertà, di viti che strisciavano sul terreno o si arrampicavano sugli alberi di fico, con le loro torri di guardia e i loro muri a terrazza, di campi coltivati dove crescevano abbondanti raccolti.

La Samaria doveva la sua specificità a ragioni puramente politiche che risalivano a molto tempo fa. Dopo la morte di Salomone, le città della regione, che non avevano voluto riconoscere la supremazia di Gerusalemme, si erano raggruppate attorno a Betel, un antico centro religioso, e avevano formato uno Stato indipendente contrapposto a quello di Giuda. Il regno del Nord, schiacciato dagli Assiri, era stato svuotato di una parte dei suoi abitanti e ripopolato da una massa di prigionieri venuti dall'est, che non si mescolavano con i loro vicini del sud. Nuove deportazioni si verificarono sotto la dominazione dei Persiani, poi sotto quella dei Greci. La popolazione della Samaria si trovò così sempre più mista, sempre più chiusa al giudaismo. 

Senza dubbio una buona parte dei nativi era rimasta, a dispetto di questi sconvolgimenti, e per non lasciarsi sopraffare dall'afflusso degli immigrati aveva mantenuto un certo contatto con i Giudei. Ma aveva finito per rompere quasi interamente con loro. Il suo attaccamento alle antiche tradizioni di Israele non aveva affatto vacillato. Solo che non voleva sapere nulla delle numerose aggiunte che vi aveva introdotto la Giudea nel corso degli ultimi secoli. I cinque libri di Mosè, integrati da quelli di Giosuè e dei Giudici, costituivano il suo codice dogmatico morale e rituale. Per contro, ignorava sistematicamente la raccolta dei Profeti che vi si era aggiunta. A maggior ragione, ripudiava i contributi più tardivi, come i Salmi e i Proverbi. Gerusalemme rimase sempre una rivale odiata. Ci si faceva un punto d'onore di celebrare il culto tradizionale solo sulla montagna di Gerizim, vicino a Sichem, in cima alla quale un tempio importante era stato costruito verso la fine dell'epoca persiana. Invano uno dei monarchi asmonei, Giovanni Ircano, aveva devastato questo santuario. I Samaritani, all'inizio della nostra era, continuavano a farvi il loro culto. Rendevano dura la vita ai Galilei che si recavano a Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua, tanto che, per evitarli, molti pellegrini facevano una lunga deviazione  e passavano per la Perea.

Un ambiente così fanatico e così arretrato non era certo favorevole alla fioritura del giudaismo nuovo e spirituale che rappresentava, a i suoi inizi, la fede cristiana. Il Vangelo secondo Matteo riflette quella situazione quando fa dire da Gesù agli Apostoli di non entrare nelle città della Samaria. [5] In Luca quella difesa non si legge affatto, il Maestro passa attraverso il paese, con i suoi discepoli, ma incontra una resistenza chiarissima. Un giorno invia in un borgo alcuni dei suoi compagni a preparargli un alloggio. La gente si rifiuta di riceverlo perché egli si reca verso Gerusalemme. Egli non si irrita però contro di loro, come il suo entourage che vorrebbe far cadere su di loro il fuoco dal cielo. Egli dichiara, al contrario, di essere venuto a salvarli. Più avanti, egli contrappone, in una parabola, la durezza di cuore di un sacerdote e di un levita che passano accanto a una vittima dei briganti senza portarle soccorso, alla bontà di un Samaritano che fascia le ferite del disgraziato, lo mette sul suo cavallo, lo trasporta in un ostello e lì si prende cura di lui.

Questi ultimi tratti danno a pensare che il paese, malgrado la sua cattiva fama, non era totalmente refrattario al Vangelo. In realtà, alcuni centri si mostravano più permeabili. Erano quelli in cui dominava l'elemento ellenistico. I Greci erano venuti numerosi fin dall'epoca dei Seleucidi. Essi si dedicavano, tramite i porti della costa, ad un traffico intenso con la costa siriana. Quando Antioco Epifane volle imporre agli ebrei il culto di Zeus, a cui il Tempio di Gerusalemme fu dedicato da lui, con grande scandalo degli ortodossi, la gente di Sichem, presentandosi come «sidoniani» immigrati in quella città, si fecero avanti per domandare al re che il loro santuario fosse la stessa destinazione. Pur restando il centro religioso della regione, Sichem divenne una città nuova, in stile greco. Fu chiamata, di conseguenza, «Neapolis», da cui è restato il nome di Nablus. Sotto Erode il Grande, la città di Samaria, capitale amministrativa del paese, fu ellenizzata similmente e ancora più radicalmente, sotto il nome di «Sebaste». Questi centri di cultura straniera erano più adatti alla propaganda cristiana dei circoli chiusi dei mosaisti intransigenti. Grazie a loro le nuova fede trova nel paese un terreno favorevole.

Il Vangelo secondo Giovanni riflette quella situazione quando ci mostra Gesù che passa attraverso la Samaria in compagnia dei suoi discepoli. Siede presso il pozzo di Giacobbe. Una donna viene ad attingere acqua. Si intrattiene con lei e le parla di un'acqua ben migliore che procura la vita eterna. La gente del luogo, avvertita, viene ad ascoltarlo e molti credono in lui. Stessa prospettiva nel libro degli Atti, dove si vede l'apostolato cristiano esordire con Filippo in Samaria e convertirvi in massa «uomini e donne». [7] Apparentemente, all'epoca abbastanza tardiva in cui questi testi furono scritti, il paese era in procinto di abbracciare il Vangelo. I narratori traspongono nel passato già lontano ciò che  si compie nel loro tempo.

NOTE DEL CAPITOLO 2

[5] Matteo 10:5.

[6] Luca 9:6-56 e 10:30-35.

[7] Giovanni 4:4-42. — Atti 8:8. 

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