venerdì 17 giugno 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANANOTE SU ALCUNE VARIETÀ DEL PRE-CRISTIANESIMO E SULLA GNOSI

 (segue da qui)


APPENDICE V

NOTE SU ALCUNE VARIETÀ DEL PRE-CRISTIANESIMO E SULLA GNOSI

Il mito del dio sacrificale, messa a morte e resurrezione è alla base del culto di Gesù e si ritroverà, beninteso, in tutti i gruppi diffusi dalla Palestina alla Diaspora. Ma la crocifissione, che in origine seguiva la messa a morte ed era diventata la parte principale del dramma sacro tra i Galilei, si era dappertutto mantenuta?

Sembra evidente che il Gesù sacrificato che riverivano i precristiani di Antiochia e di Damasco era restato il Gesù crocifisso dei Galilei, altrimenti la notizia dell'Apparizione non avrebbe trovato tra loro la credibilità che ottenne immediatamente, e altrimenti il Gesù al quale San Paolo si sarebbe convertito a Damasco e che avrebbe alcuni anni più tardi ritrovato ad Antiochia non sarebbe stato il Gesù crocifisso.

Ma non era così dappertutto.

Si sa che in una parte dell'Apocalisse Gesù è un agnello sgozzato; in un'altra parte del libro, proveniente da una fonte diversa, è un figlio d'uomo trafitto dalla lancia. A Roma sembra essere stato un pastore colpito dalla spada... Per quanta importanza abbia avuta la crocifissione nel mito di Gesù, essa non è in principio l'elemento essenziale del sacrificio; l'elemento essenziale è la messa a morte. Per tutti i precristiani, Gesù è un dio sacrificato; è restato solo per alcuni un dio sacrificato e crocifisso.

Per quanto riguarda il culto, la celebrazione del dramma sacro, messa a morte, sepoltura, resurrezione, che si era perpetuata nel gruppo galileo, si era minimizzata nei gruppi della Diaspora. Solo i Galilei, che continuavano ad abitare in prossimità del luogo sacro dove sin da tempi immemorabili si praticava il culto, ne avevano potuto continuare l'uso periodico. 

In alcuni gruppi essa si era perpetuata sotto forme varie. Con un'intuizione che non sorprenderà nessuno, il signor van Gennep ha scorto [1] nell'Apocalisse lo scenario di un dramma liturgico. Basterebbe precisarne i dati per riconoscervi un dramma sacro che si svolge intorno al sacrificio dell'agnello divino... Agnus Dei, qui tollis peccata mundi...

Gli elementi di un dramma sacro si ritroverebbero egualmente, benché le tracce siano meno evidenti, nella passione del Figlio d'uomo e in quella del Pastore.

Quanto al pasto sacro, non è contestabile che sia esistito ovunque; il fatto è particolarmente attestato nel gruppo precristiano di Corinto; [2] ma, accanto o indipendentemente dal pane, abbiamo visto che l'uso del pesce si era perpetuato qua e là e in ogni caso a Roma.

In alcuni gruppi, infine, la gnosi si era introdotta; ma alcune spiegazioni sono necessarie.


La gnosi. — Ancora non molto tempo fa, gli studiosi professavano che la gnosi fosse nata nel secondo secolo; Eugene de Faye, nel suo libro sullo Gnosticisme, impiega come sinonimi i termini «Gnostici» ed «eretici». Si sa oggi che lo gnosticismo è molto più antico; ma con un altro errore, l'eminente studioso che è il signor L. Gordon Rylands identifica al termine «gnostico» il termine «ellenistico». [3] Come le eresie del secondo secolo non vanno confuse con lo gnosticismo, così quest'ultimo non deve esserlo con l'ellenismo; non c'è scienza possibile laddove il vocabolario sia fluttuante. Cerchiamo di specificare in cosa consiste la gnosi nelle religioni misteriche e in particolare nel cristianesimo primitivo (e nel pre-cristianesimo).

Così come la partecipazione alla virtù del sacrificio espiatorio, la gnosi, vale a dire la conoscenza (in greco γνῶσις), è un mezzo per acquisire ciò che si chiamerà in modo generale e approssimativo la salvezza.

La partecipazione alla virtù del sacrificio è il mezzo primitivo e sappiamo che risale ai tempi preistorici. Abbiamo abbondantemente spiegato nella prima parte di questo volume come le religioni primitive intendessero assicurare il rinnovamento, la rivivificazione dei membri del clan mediante la partecipazione al sacrificio del dio messo a morte e risorto, poi come, il dio restando sempre e necessariamente un dio messo a morte, quella messa a morte fosse divenuta una «passione», e come da quella «passione» i fedeli continuassero a ricavare la loro salvezza come l'avevano ricavata dal sacrificio primitivo propriamente detto.

Con il tempo, il culto si era mutato, in certi gruppi, in pratiche superstiziose; ma in alcuni ambienti in cui una cultura intellettuale si era sviluppata, la speculazione era nata, e si aveva domandato la salvezza non più per i meriti del sacrificio o della passione divina, ma per la conoscenza: conoscenza dei segreti di Dio, conoscenza del mondo trascendente, nonché dei misteri cosmogonici e di altre impressionanti meraviglie che permettevano agli iniziati di realizzare l'unione con Dio.

Per gli gnostici, il dio resterà dunque un dio messo a morte, ma il suo ruolo essenziale sarà di portare ai suoi fedeli una rivelazione.

Cosa ne era nel pre-cristianesimo? Durante i tempi che precedettero il Revival, il significato del sacrificio si era oscurato, come ciò era stato il caso in tutte le religioni misteriche. Ma lo gnosticismo poteva fiorire solo dove lo sviluppo della cultura lo permetteva. Non aveva dunque alcuna possibilità di nascere tra i pre-cristiani di Galilea, ma ha dovuto probabilmente svilupparsi tra quelli di Alessandria, centro dell'elevata speculazione ebraica, e molto probabilmente in alcuni gruppi d'Asia Minore.

Comprendiamo anche che l'esistenza di una gnosi in un gruppo precristiano spiega da sola l'insuccesso del messaggio galileo in questo gruppo; i sapienti alessandrini che adoravano sotto il nome del Signore Cristo il rivelatore dei segreti del cosmo, non potevano minimamente accogliere la notizia della resurrezione meglio di quanto non facessero ad Atene, a detta degli Atti 12:32, i dotti dell'Areopago. 

Al contrario, non si vede se lo gnosticismo sia fiorito nel primo secolo nel gruppo precristiano di Antiochia, dove la cultura era infinitamente minore e dove il messaggio galileo fu accolto al primo colpo.

Come esempio infine di gruppo dove il culto del Signore Gesù era caduto al livello di basse pratiche di magia, propongo agli studiosi il gruppo di Pafo, governato da Elima Bar-Gesù. [4]


Qualche parola sulla gnosi paolina. — Ma esiste un'altra gnosi, la quale non è propriamente una, ma a cui è consuetudine da alcuni anni accordarne il nome: è quella che si riscontra nelle epistole di San Paolo e che, lungi dall'essere la creazione di costui, risale ai primi tempi del cristianesimo primitivo, ma ha trovato nelle epistole la sua espressione. 

Spiegando in cosa consiste veramente la cosiddetta gnosi paolina, completeremo l'analisi che abbiamo intrapreso dello straordinario fenomeno che fu il risveglio che scatenò il cristianesimo.

All'origine dell'antica religione di Gesù, come di tutte le religioni simili, c'è, lo abbiamo ricordato poc'anzi, la semplice credenza nella virtù del sacrificio: messa a morte del dio in vista del suo rinnovamento e del rinnovamento dei fedeli; a poco a poco, e nella misura in cui i secoli passano, le cose si logorano, i riti si meccanizzano, i significati del mito si perdono, — fino al giorno in cui il Revival si verifica nel gruppo galileo. Con il Revival, abbiamo visto le antiche credenze rinascere, i significati dimenticati da millenni risalire dall'inconscio collettivo; e di nuovo, come i loro antenati preistorici, i fedeli del dio Gesù credono che il loro dio sia morto al fine di risorgere, e che sia risorto, e che loro stessi con lui e in lui moriranno al fine di risorgere.

Ma, per aver ritrovato nel loro inconscio collettivo le credenze dei primitivi, questi uomini non sono ritornati primitivi. Si crede, ma si riflette; si medita soprattutto. Alla base del cristianesimo, si deve situare la meditazione galilea. I Galilei, di cui la tradizione ha fatto gli Apostoli, i tre capi che chiama San Pietro, San Giovanni e San Giacomo, sono evidentemente incapaci di una gnosi «speculativa»; ma sono eminentemente capaci di quella meditazione che è la gnosi «pragmatica», e che consiste non nel «conoscere», ma nel «comprendere». Non si tratta per loro di sapere ciò che succede nell'aldilà, e quanti si contano di eoni e quali sono le loro genealogie; l'architettura dell'universo è per loro indifferente; neppure si è posto per loro il problema del male. Gesù non ha smesso per loro di essere il dio sacrificato per diventare il dio rivelatore delle verità; più che mai è il dio sacrificato; la gnosi, per loro, consiste nel comprendere come e perché l'opera della loro salvezza si compie con questo sacrificio.

E tale la si ritroverà nelle epistole.

La gnosi paolina, per conservargli questo nome, non è dunque una «conoscenza»; essa è una «comprensione», — una comprensione da parte dei primi cristiani della virtù del sacrificio espiatorio per il quale il loro Dio è venuto a donarsi. E tale è il mistero che era stato dimenticato (San Paolo dirà nascosto) per secoli e che viene ad essere compreso (San Paolo dirà che viene ad essere rivelato).

«L'economia della redenzione», scrive il signor Loisy, «è l'oggetto essenziale della rivelazione». [5]

Quella sorta di gnosi si oppone alla fede pura e semplice, alla fede del carbonaro, in quanto è una fede meditata, una fede riflessa.

Si oppone alla gnosi delle menti raffinate di Alessandria, in quanto è solo una presa di coscienza da parte dei primi cristiani della loro partecipazione al sacrificio compiuto dal dio morto e risorto.

La gnosi classica è la conoscenza dei segreti di Dio in quanto segreti dogmatici (soprattutto cosmogonici); chiamiamola gnosi speculativa. La gnosi paolina è la comprensione dei disegni di Dio in quanto opera di salvezza; chiamiamola gnosi pragmatica. 

Nessuno studioso mi contraddirà se affermo che il Gesù di San Paolo non è disceso dal cielo per portare la verità, ma per essere crocifisso; il Gesù di San Paolo non è un rivelatore. Il Gesù rivelatore, quello che discende dal cielo per portare la verità, sarà quello del vangelo secondo San Giovanni. 

Accettiamo quindi di parlare della gnosi paolina solo mediante tutte le restrizioni che bisogna allora portare al significato usuale del termine. Il vero gnosticismo, quello della salvezza per mezzo della conoscenza, è esistito nel cristianesimo primitivo, come era esistito nel pre-cristianesimo, ma questo non fu né tra i Galilei, né in San Paolo; questo fu tra i gruppi che, come quelli di Alessandria e dell'Asia Minore, rimasero appunto al di fuori del movimento galileo, antiocheno e paolino.

L'errore di studiosi notevoli (il signor Thomas Whittaker, ad esempio) allorché collocano alla base del cristianesimo la gnosi paolina, è di non aver visto che quella gnosi non è nient'altra cosa che un'immensa meditazione sulla virtù del sacrificio espiatorio.

La gnosi, intendiamo la gnosi autentica, vale a dire la salvezza per mezzo della conoscenza, è una dottrina per intellettuali; non reca nulla alla massa. L'idea che la rivoluzione cristiana avrebbe avuto per base la salvezza per mezzo della conoscenza è qualcosa di derisorio. Spiegare il cristianesimo primitivo mediante la speculazione gnostica equivale a togliergli il suo carattere sociale e sociologico, nello stesso tempo del suo carattere popolare, nello stesso tempo del suo carattere rivoluzionario. La gnosi, così compresa, avrebbe potuto fondare una setta di filosofi, di pensatori, di letterati; non poteva fondare la grande religione popolare che fu il cristianesimo. Il cristianesimo ha per fondamento la virtù del sacrificio primitivo: morte e resurrezione del dio; morte e resurrezione dei fedeli; morte e resurrezione della Società. 

NOTE

[1] Revue de l'Histoire des Religions, 89, pagine 163 e seguenti. 

[2] Si veda l'Appendice 6.

[3] A critical analysis of the four chief pauline epistles, 1929.

[4] Atti 12:6-12.

[5] Revue d'Histoire et de littérature religieuse, 1914, 11, 168.

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