sabato 18 giugno 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAI PRECRISTIANI DI CORINTO, DI ROMA E DI EFESO

 (segue da qui)

APPENDICE VI

I PRECRISTIANI DI CORINTO, DI ROMA E DI EFESO

Obbligati a limitarci, non faremo qui che richiamare l'attenzione sui testi delle epistole e degli Atti che sembrano inferire l'esistenza di gruppi precristiani in queste tre città prima dell'arrivo di San Paolo, e lasceremo momentaneamente a lato gli altri argomenti che si possono far valere in favore di quella tesi.

Si noterà innanzitutto l'insistenza con la quale San Paolo, in tutte le epistole, annuncia non il Cristo Gesù, ma il Cristo Gesù crocifisso e risorto, come se la novità che apportava consistesse unicamente nel messaggio della sua resurrezione e del valore espiatorio della sua crocifissione. Si noterà anche ( possiamo qui solo indicare brevemente il fatto) che le epistole danno a volte l'impressione che i gruppi ai quali sono indirizzate esistessero e possedessero un'organizzazione prima dell'arrivo di San Paolo, di modo che quest'ultimo ne sarebbe stato il riformatore piuttosto che il fondatore.

È difficile (e tutto uno studio vi sarebbe necessario) determinare, tra le città che visita, quelle dove trova i precristiani e, a prima vista, la cosa appare con qualche certezza solo per Corinto, Roma ed Efeso. 


A Corinto, non possiamo dubitare che abbia incontrato un gruppo di precristiani dove si praticava un culto di Gesù abbastanza diverso da quello galileo, e in cui era ignorato il rito della crocifissione (come era il caso nel gruppo dove è nata l'Apocalisse). È in effetti nelle sue epistole ai Corinzi che precisa più nettamente che è venuto ad annunciare non il Kyrios Christos, ma la crocifissione e la resurrezione del Kyrios Christos e come quest'ultimo fosse apparso ai Galilei e a lui stesso.

«Il Cristo», scrive loro, «non mi ha inviato per battezzarvi» (essi lo erano già quindi?) [1] «ma per evangelizzarvi», — vale a dire per annunciarvi la Buona Novella; e quale è quella Buona Novella? Lo dice qualche riga più oltre, è il Cristo crocifisso. [2]

A esaminare da vicino e sbarazzandosi di tutte le idee comunemente accettate, il famoso passo della stessa epistola ai Corinzi 15:3-8, («Vi ho trasmesso in primo luogo ciò che io stesso ho ricevuto, cioè che Cristo è morto per i nostri peccati... che è stato sepolto, che è risorto... e che è stato visto da... e da...»), la porzione di frase «Vi ho trasmesso che Cristo è morto per i nostri peccati» può intendersi solo se San Paolo ha voluto parlare di un Cristo già conosciuto nella comunità, ma di cui si ignorava che fosse morto per i nostri peccati e, lo dirà altrove, che sia stato crocifisso... Supponiamo che in una lettera indirizzata a una terza persona si legga una frase di questo tipo: «Vi ho informato che il signor Tal dei tali è morto di tale e tale malattia»; chi dubiterà che la terza persona a cui la lettera è indirizzata non conoscesse già, prima di apprendere la causa della sua morte, l'esistenza di questo signor Tal dei tali? 

La frase: «Vi ho insegnato che Cristo è morto per i nostri peccati...» non può comprendersi altrimenti da: «Questo Cristo che voi conoscevate, vi ho insegnato che è morto per i nostri peccati...».

I Corinzi conoscevano il Kyrios Christos, ma erano di quei precristiani tra cui si era cancellato il mito del sacrificio espiatorio. L'espressione «Vi ho trasmesso in primo luogo» chiarisce che questo fu il primo insegnamento dell'apostolo agli uomini di Corinto, cosa che era, nella nostra tesi, la prima cosa da insegnare loro.

Esaminiamo anche l'Istituzione della Cena, 1 Corinzi 11.

Versi 20-22: — San Paolo comincia col rimproverare ai Corinzi i disordini che si verificano nel corso del pasto; ora è inammissibile che il pasto sacro sia degenerato a tal punto, se fosse stato creato da così poco tempo. Quella improbabilità parecchi critici l'hanno scorta, e l'abate Turmel l'ha messa in evidenza. Ma essa si spiega del tutto diversamente da quanto lo voglia costui. Si spiega se il pasto esistesse già prima di San Paolo e se lui non abbia fatto che tentare di rinnovarlo e di dargli il suo significato.

Verso 23 e seguito, e in particolare 26-29: San Paolo ricorda ai Corinzi che ha insegnato loro il valore sacramentale del pasto; non dice affatto che ha insegnato loro a celebrarlo.


A Roma, sa che esiste un gruppo di uomini che praticano il culto del Signore ma ignora la Buona Novella. Comunità già cristiana, frammista di ebrei e di giudaizzanti, dice monsignor Duchesne, d'accordo con la maggior parte degli studiosi cattolici e razionalisti; [3] eppure, a questi «cristiani» l'apostolo annuncia, nell'epistola che egli rivolge loro, che va da loro al fine di annunciare loro il vangelo; [4] non lo conoscevano dunque? «Appena insediato», continua monsignor Duchesne,«egli si mette a parlare del vangelo agli ebrei come se non lo avessero affatto già conosciuto». Ecco, da parte dell'eminente storico, una singolare confessione! Soltanto il pre-cristianesimo degli uomini ai quali essa è indirizzata sembra spiegare quell'epistola ai Romani, incomprensibile se sia rivolta a uomini che non avrebbero mai sentito parlare di Gesù, incomprensibile (almeno in certe parti) se sia rivolta a uomini che sarebbero già veramente cristiani.

Per ciò che concerne Efeso, ci riferiamo al Gesù precristiano di W. Benjamin Smith e ai Mandéens del signor Robert Stahl. 

NOTE

[1] Il seguito mostra che si tratta proprio del battesimo cristiano.

[2] 1 Corinzi 1:17 e 23; e insiste in 2:2.

[3] Storia della Chiesa, pagine 57-58.

[4] Romani 1:15, frammento certamente autentico.

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