lunedì 20 giugno 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAI VERSI 7 E 8-9 DI 1 CORINZI 7

 (segue da qui)


APPENDICE VIII

I VERSI 7 E 8-9 DI 1 CORINZI 7

Alcuni critici, accettando il significato tradizionale di questi due episodi e sostenendo inoltre che San Paolo è stato sposato, si tirano d'impaccio facendoli le interpolazioni tardive di un editore desideroso di attribuire a San Paolo un ascetismo che non avrebbe conosciuto, — ipotesi che autorizzerebbe l'assenza (probabile ma non certa) dei due episodi nell'Apostolicon. [1] Se si trova al contrario in questi ultimi la conferma del non-ascetismo e del matrimonio di San Paolo, ogni motivo scompare per crederli inautentici. Esaminiamoli quindi da vicino.

Verso 7: θέλω πάντας ἀνθρώπους εἶναι ὡς καὶ ἐμαυτόν.

Nella Vulgata: Volo omnes vos esse sicut meipsum. 

Tutte le traduzioni che ho avuto tra le mani traducono: «Io vorrei che tutti gli uomini fossero come me», il che, secondo loro, dovrebbe intendersi «come me che sono rimasto celibe». Ma il testo greco non reca «io vorrei»; reca «io voglio», ϑέλω: «Io voglio che tutti gli uomini siano come me», il che, se San Paolo non fosse sposato, significherebbe che agli uomini e alle donne che lo sono e ai quali ha appena permesso l'opera coniugale, dia l'ordine funambolico di restare celibi! E la Vulgata, traducendo fedelmente il «io voglio» greco con «volo» e sostituendo «tutti gli uomini» con «tutti voi», accentuerebbe la contraddizione: «Io voglio», direbbe San Paolo (a questi uomini e a queste donne sposati, ai quali, ripetiamo, ha appena permesso l'opera coniugale), «che voi siate tutti come me che sono celibe». Si credeva di essere a Corinto; si era a Charenton. 

Tutto si spiega, al contrario, se si acconsente di intendere: «Io voglio che tutti gli uomini siano come me che sono sposato e so praticare la continenza quando è necessario...».

Si dirà che ϑέλω nel greco del Nuovo Testamento significa «io desidero» e anche «io auspico», altrettanto bene come «io voglio», vale a dire può esprimere una preghiera e anche un semplice auspicio, come pure un ordine?... Ordine, desiderio o semplice auspicio, la contraddizione sarebbe la stessa. La parola che sarebbe necessaria, se San Paolo fosse restato celibe, non è né «io voglio», né «io desidero», né «io auspico», — né «io vorrei», né «io desidererei», né «io auspicherei», — ma «io avrei voluto», «io avrei desiderato», «io avrei auspicato» che voi foste restati celibi come io lo sono restato... ϑέλω è un indicativo presente e non ha e non può avere il significato del nostro condizionale passato. 

Il costrutto «io vorrei» dei nostri traduttori è la scappatoia, intenzionalmente ambigua, dei teologi che, per tradurre l'indicativo presente ϑέλω, non osano spingersi fino al condizionale passato che vorrebbero sostituirgli. Si concepisce, benché con difficoltà, che i traduttori cattolici abbiano avuto abbastanza interesse a fare di San Paolo un celibe per dare, con la trasformazione di «volo» in «io vorrei», una smentita non solo ad alcuni Padri della Chiesa ma (cosa che è più grave) alla canonicità della Vulgata. Quanto alle traduzioni protestanti e alle traduzioni indipendenti (come quella del signor Loisy), le ragioni di quella ostinazione nell'errore sfuggono. La cosiddetta versione di Losanna, pur così letterale, dopo aver tradotto «io vorrei», mette in nota: «in greco, io voglio». Se vi è in greco «io voglio», perché, signori, avete tradotto «io vorrei»?


Versi 8-9: «Io dico a quelli che non sono sposati e alle vedove, che per loro è bene rimanere»; il testo ricevuto aggiunge: «come me stesso», e aggiunge: «ma se non possono contenersi, si sposino; perché vale meglio sposarsi che ardere».

Crediamo in una inversione di parole. Il «come me stesso» deve collocarsi dopo «si sposino», e si deve leggere: 

«Io dico a quelli che non sono sposati e alle vedove, che per loro è bene rimanere (in questo stato); ma se non possono contenersi, si sposino, come me stesso; perché vale meglio sposarsi che ardere».

Il testo così ristabilito ha il vantaggio di fare esattamente corrispondenza al precedente, e le due proposizioni si corrispondono perfettamente. Nella prima, San Paolo ordina alla gente sposata di fare come lui stesso, vale a dire di praticare la continenza quando è necessario. Nella seconda, consiglia ai celibi e alle vedove che non possono osservarla perennemente, di fare ciò che ha fatto lui stesso: sposarsi. 

NOTE

[1] Harnack: Marcion, pagina 83*.

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