(segue da qui)
APPENDICE IX
IL CRISTIANESIMO HITLERIANO
I lettori che mi avranno seguito avranno constatato per tutto il presente volume come l'eroico cristianesimo della prima generazione cristiana vi sia continuamente e metodicamente opposto al cristianesimo del vangelo. [1] Sono troppo intento a rappresentarmi i primi tempi del cristianesimo sotto il loro aspetto di perpetuità per non essere stato colpito dall'instaurazione, nella Germania hitleriana, di una sorta di neo-cristianesimo da cui ci si sforza proprio di bandire il lato «evangelico», quello così bruscamente attaccato da Nietzsche e a cui si aggrappa ciò che vi è di più degradato nel cristianesimo tradizionale: condanna della carne, condanna dello sforzo, apologia dell'umiltà, abbandono di sé alla provvidenza divina, rinvio della speranza nell'aldilà, insomma (e questa volta il marxismo ha ragione) la religione oppio del popolo; mentre si erano preconizzate le virtù virili, il coraggio, la dedizione all'opera, e soprattutto quella subordinazione dell'individuo alla collettività, quella rivalsa del Sociale sull'individuo che è la magnifica caratteristica del cristianesimo primitivo.
Mentre i rappresentanti del cristianesimo attualmente più vivace mantenevano una prudente riserva, vidi presto entrare in guerra i rappresentanti delle sue tendenze più antiquate. Uno scrittore protestante, dopo aver esposto le nuove dottrine, ne «sorrideva» come di «affermazioni infantili», sorriso che finiva in un digrignamento dei denti... Ancora meno controllato di lui, uno scrittore cattolico vi riconosceva una «frenesia convulsa rientrante nella medicazione antirabbica».
L'oltraggio è spesso l'omaggio involontario che la bassezza rende alle grandi cose. Assistevo forse ad un ritorno ai principi del cristianesimo primitivo, del cristianesimo prima del vangelo? E quell'interrogativo non era senza effetti sull'uomo che, dalla sua giovinezza (si veda la Revue Wagnérienne) e da ogni tempo e per quante delusioni ne abbia subìte, ha amato la Germania.
Vi era ben il razzismo... Ma si esigerà dal mito razzista più realtà che da altri miti?
Vi era, ciò che è più grave, l'antisemitismo... Ma il cristianesimo tradizionale è stato così tenero verso gli eretici? Le nostre democrazie stesse hanno la coscienza così pura? La Storia non è forse una successione di atrocità?
Solo che, nello stesso momento in cui ripudiano la morale del Sermone della Montagna, che è la negazione del cristianesimo primitivo, ecco che i Deutsche Christen ripudiano il Sacrificio della Croce, che ne è il principio essenziale, la ragion d'essere e la gloria. Essi non vogliono un Gesù che perdona le offese; sia pure! Ma non vogliono un Gesù crocifisso; occorre loro un dio vittorioso, ma non vogliono un dio che paghi con la vita la sua vittoria; non consentono che il loro dio muoia al fine di risorgere.
Di fatto, il mito del dio messo a morte e che risorge non è più compreso oggi, almeno sotto la forma che ha rivestito nel cristianesimo primitivo; per dirla tutta, la dottrina del sacrificio di Espiazione è una vecchia storia che i teologi tanto protestanti quanto cattolici cercano di ringiovanire idealizzandola o piuttosto edulcorandola in formule, le une di ipocrisia sociale, le altre semplicemente vuote di senso. Di tutto ciò il cristianesimo di Hitler ha avuto il coraggio di sbarazzarsi, con una scrollata di spalle. Perché non ha compreso, perché non ha voluto comprendere il significato primo e originale del vecchio mito?
Si è parlato di ritorno al paganesimo. «Paganesimo» non è l'espressione che conviene; si sarebbe dovuto dire ritorno alle antiche religioni nazionali, le quali si caratterizzano, il giudaismo come pure le grandi religioni del paganesimo antico, per il fatto che i loro dèi hanno per sole funzioni di assicurare la grandezza della nazione che rappresentano, e di cui alcune, il giudaismo tra altre, sono state, nelle loro migliori epoche, religioni dell'eroismo, e quasi sempre religioni razziste.
Perché, dunque, riprendo la mia domanda, il cristianesimo hitleriano non ha compreso, perché non ha voluto comprendere il significato primo e originario del dio che muore al fine di risorgere?
Perché quel significato è un significato rivoluzionario e perché l'hitlerismo non è una dottrina rivoluzionaria.
Si concepisce che una rivoluzione (come la rivoluzione russa) che voglia liberarsi da ogni legame religioso, non si preoccupi del significato di un mito religioso. Non si concepirebbe che una rivoluzione che intenda legarsi ad una formula religiosa, e specialmente alla formula cristiana, rigettasse l'elemento essenziale che conferisce a quest'ultima il suo valore rivoluzionario.
Per quanto rispetto professi per la Chiesa cattolica, il fascismo italiano si è sviluppato indipendentemente da ogni influenza religiosa. Non poteva essere così dell'hitlerismo. Ma con il suo ritorno alle dottrine eroiche del cristianesimo primitivo e il suo rifiuto del dio morto e risorto, il cristianesimo hitleriano appare come la formula controrivoluzionaria ma riformista che si sforza di ringiovanire il re di Nemi invecchiato, invece di dargli un sostituto.
Tra i due metodi i nostri contemporanei non hanno che da scegliere.
NOTE
[1] È beninteso che la parola «vangelo» è presa qui nel senso particolare che gli dà l'uso corrente; si veda sopra, pagine 243-244 e nota della pagina 262.
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