sabato 21 settembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Il Cristo dell'Apocalisse»

(segue da qui)

Il Cristo dell'Apocalisse

Nei messaggi alle sette comunità, è il Cristo stesso che parla: a ciascuna promette di venire presto, poiché i tempi sono vicini. Dunque, nel 95, lo stesso autore cristiano, ignora tutto della vita che si presterà in seguito a Gesù, più di sessant'anni prima. Egli non conosce che il Messia atteso, che deve sostituire gli ebrei ai Romani nel dominio di tutte le nazioni. È questo Messia trionfante che il messaggio dei primi capitoli, attraverso l'opera ebraica, rivela alle sette comunità, e non il Gesù crocifisso di cui ignora l'esistenza.

Quanto al Messia dell'opera ebraica, egli risiede ancora nel cielo, presso il trono di Dio. In seguito vi apprendiamo più oltre che egli è nato dalla Vergine celeste (costellazione), all'origine dei tempi. Il Drago (altra costellazione), che simboleggia la potenza del male, perseguita la Vergine incinta, e la fa cadere sulla terra dove lei partorisce; ma suo figlio, promesso ai più alti destini, è subito rapito al cielo (12:5). Goguel si stupì che alla fine del I° secolo «un cristiano si sia rappresentato il Messia rapito al cielo immediatamente dopo la sua nascita». [3] Ma il fatto dimostra che la leggenda della vita terrena del Cristo non era ancora formata.

Il Messia è rappresentato nel cielo sotto l'apparenza di un Agnello. Si tratta di un doppio simbolo: da un lato, l'Agnello (o Ariete) è il primo segno dello zodiaco, quello che presiede ai destini del mondo (e l'opera è impregnata di astrologia). Ma dall'altro è anche l'agnello pasquale dell'Esodo: a questo titolo, è detto «sgozzato» (la traduzione «immolato» è un'inesattezza volontaria). Come dice Couchoud: «Una liturgia pasquale è soggiacente a tutta l'Apocalisse», [4] ma è una liturgia puramente ebraica. Alcuna allusione alla crocifissione, sconosciuta in tutta l'opera (tranne un'interpolazione manifesta e goffa in 11:8).

È questo personaggio celeste che dovrà presto discendere sulla terra, cavalcando un cavallo bianco e rivestito di una tunica di sangue, per schiacciare la potenza romana, conformemente alle profezie che erano allora diffuse nel mondo ebraico: lo scettro è «uscito da Giuda», si attende dunque il Messia predetto da Giacobbe, e ciò tanto più perché i disordini successivi alla morte di Nerone sembrano annunciare un rapido crollo di Roma.

L'autore, scrivendo sotto l'occupazione e inebriato dei profeti, parla per immagini, ma si possono tradurle facilmente poiché sono ripetute nell'Antico Testamento con lo stesso significato. Roma in particolare, ultima incarnazione del Drago, è presentata sotto l'aspetto di una Bestia venuta dal mare, che ha sette teste (le 7 colline) e 10 corna che sono, lo si spiega più oltre, dieci re sottomessi da Roma e che dovranno ribellarsi contro di lei.

Il Drago ha donato alla grande città «la sua forza, il suo trono e la sua grande potenza», i popoli dovranno prostrarsi davanti a lei poiché «chi può combattere contro di lei?» Ma chi ha ridotto in schiavitù sarà lui stesso in schiavitù; chi ha ucciso con la spada perirà per la spada (13:10). La dominazione romana non dovrà durare che 42 anni (cifra simbolica), dopodiché il Vittorioso sul cavallo bianco scenderà dal cielo, al suono delle trombe. Allora, la collera di Dio si scatenerà, vi saranno dei cataclismi, dei massacri e la grande Babilonia (Roma), «la grande prostituta che siede su molte acque, con la quale hanno fornicato i re della terra» (17:1-2) sarà distrutta e consumata dal fuoco (18:8). «E non la si troverà mai più». Nel cielo, si canterà Alleluia (19:1-3).

Allora comincerà la grande carneficina del Vittorioso sul cavallo bianco. Nulla  eguaglia la ferocia di questa visione. Un angelo chiama al «grande banchetto di Dio», e i rapaci sono invitati a venire per «mangiare carne di re, di tribuni... la carne di uomini d'ogni sorta, liberi e schiavi». Il Messia fa un grande massacro con la spada, e tutti gli uccelli del cielo si sazieranno di carogne (19:17-21).

Questa è la prima immagine che ci consegna, del Cristo, un testo canonico! Se l'opera fosse derivata dall'apostolo Giovanni, come dice la Chiesa, questo discepolo avrebbe tradito singolarmente il pensiero del suo maestro pacifico.

NOTE

[3] La maggior parte dei commentatori trascurano questa frase, o vi vedono un'interpolazione. Ma chi l'avrebbe aggiunta? Certamente non un cristiano!

[4] COUCHOUD: L'Apocalypse, pag. 74.

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