mercoledì 14 agosto 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Origini della tesi»

(segue da qui)

Origini della tesi

Sebbene poco nota al pubblico, questa tesi non è nuova, e io non ho neppure la pretesa di basarla su dei nuovi argomenti. Proverò solo a presentarla in modo chiaro e completo, riunendo i diversi studi, a volte difficili da trovare, che sono già stati fatti, e soprattutto facendo la sintesi di opere frammentarie e sparse.

La tesi non è accettata all'unanimità dai razionalisti, anche se guadagna tra loro molto terreno. Prima del 1939, gli storici liberati (o che si credevano liberati) dai dogmi cristiani, si pronunciavano ancora a favore dell'esistenza di un uomo chiamato Gesù, crocifisso sotto Ponzio Pilato intorno all'anno 30 della nostra era. Era, nel secolo scorso, la posizione di Renan, ma le informazioni di Renan erano ancora insufficienti, e possiamo pensare che, se fosse vissuto ai nostri giorni, egli avrebbe rivisto la sua opinione. Più vicino a noi, Loisy, Turmel, Guignebert sono rimasti fedeli alla soluzione di Renan: sarà quindi utile esaminare i loro argomenti. Lo farò tanto più volentieri poiché questi argomenti mi sono a lungo apparsi decisivi. Ma in effetti, si vedrà, non vi è così tanto divario come appare tra questi punti di vista, perché il Gesù, di cui persistono ad ammettere la realtà, non avrebbe giocato alcun ruolo nell'origine della religione cristiana, per cui la sua esistenza resta senza interesse.

A quando data la tesi che fa di Gesù un puro mito? Evidentemente dalle origini, ma questo fa parte della dimostrazione. Da allora in poi, e se crediamo ad alcune testimonianze, essa sarebbe stata ammessa per la prima volta da ... dei papi! Leone X (1513-1521), per esempio, avrebbe dichiarato al suo segretario, il cardinale Bembo: «Si sa da secoli quanto questa favola di Cristo abbia recato profitto a noi e ai nostri». Da qui il titolo del presente libro.

Di gran lunga più precisa è la testimonianza dell'ambasciatore spagnolo presso il Vaticano Mendoza, riguardante il papa Paolo III (1534-1549). Secondo lui, questo papa «spinse l'empietà fino ad affermare che Cristo non era altro che il sole, adorato dalla setta mitraica, e Giove Ammonio, rappresentato nel paganesimo sotto la forma dell'ariete o dell'agnello. Spiegava le allegorie della sua incarnazione e della sua resurrezione col parallelo (letto in san Giustino) di Cristo e di Mitra ... Diceva che l'adorazione dei magi non era altro che la cerimonia nella quale i sacerdoti di Zoroastro offrivano al loro dio l'oro, l'incenso e la mirra, le tre cose assegnate alla stella della luce. Obiettava che la costellazione della Vergine, o meglio di Iside, che corrisponde a questo solstizio e che presiedette alla nascita di Mitra, era stata egualmente scelta come allegoria della nascita di Cristo, cosa che, secondo il papa, era sufficiente a dimostrare che Mitra e Gesù erano lo stesso dio. Osava dire che non esisteva alcun documento di irrevocabile autenticità che provasse l'esistenza di Cristo come uomo, e che, per lui, la sua convinzione era che egli non fosse mai esistito». [5]

Sarebbe occorsa a Paolo III una singolare incoscienza per fare tali osservazioni davanti a uno sconosciuto, e l'autenticità di queste parole mi sembra dubbia, perfino da parte dell'ex «cardinale del cotillon», divenuto papa mediante un sotterfugio piuttosto immorale e noto per il suo ateismo. Ma, quand'anche non avesse la garanzia di un sovrano pontefice, questa tesi è molto interessante, e Mendoza non ne ha inventato la sostanza. Si deve supporre che nel XVI° secolo si sarebbe avuto accesso a Roma, a seguito dell'arrivo di eruditi bizantini cacciati dal disastro del 1453,  di documenti che si sarebbe fatto sparire da allora? Non è impossibile. In tutti i casi, si deve riconoscere all'autore di queste osservazioni una singolare chiaroveggenza giacché, a dispetto di alcuni errori inevitabili, questa critica ai testi è molto avanzata per i suoi tempi. Ma la tesi sembra essere in seguito caduta in letargo, per mancanza di elementi e di un buon metodo di esegesi.

NOTE

[5] Maurice LACHATRE: «Histoire des papes», volume II, pag. 447, citato da P. Alfaric, Cahier du Cercle Ernest Renan, 3 trim. 1961.

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