PREFAZIONE ALLA TERZA EDIZIONE
Il tempo dall'apparizione della seconda edizione è stato troppo breve perché siano intraprese delle modifiche materiali nella terza edizione che appare ora. Comunque, la fraseologia è stata migliorata qua e là e molte cose poste più fortemente. Soprattutto, il famoso passo in Tacito e il passo di 1 Corinzi 2:23 et seq. è stato così trattato che la sua perdita di significato in riguardo all'esistenza di un Gesù storico dovrebbe ora apparire più chiaramente rispetto a finora. Che Paolo in realtà non sia un testimone di un Gesù storico ed è a torto considerato il “fondamento” della fede in una figura del genere, dovrebbe essere già stabilito per ogni persona priva di pregiudizi come il risultato della discussione finora sul “Mito di Cristo”. Il Protestantenblatt si trova ora indotto all'ammissione che l'immagine storica della persona di Gesù come materia di fatto “non può più essere riconosciuta chiaramente” (Numero 6, 1910). Come ce la si cava allora con le nuove “basi” di Schmiedel? A nessuna confutazione delle asserzioni che io rappresento è stato attribuito finora un significato maggiore sul lato teologico di quanto sia stato dato a quei presunti supporti di una “vita realmente scientifica di Gesù” (nelle discussioni del “Mito di Cristo” questo ha ricevuto di nuovo l'espressione più forte). E tuttavia quelle basi furono avanzate dal loro originatore ovviamente con in vista una concezione piuttosto diversa dalla mia, e, come io ho ho mostrato ora, non influenzano, parlando in generale, la visione rappresentata da me riguardo la nascita del presunto ritratto storico di Gesù. Quando, soprattutto, si presume che i “riferimenti storici a Gesù” siano contenuti in loro, e quelli, secondo il Protestantenblatt, giacciono “come blocchi di granito” sul mio percorso — allora questa è una pura illusione dei teologi.
Come si può realizzare, la mia asserzione che esisteva un culto pre-cristiano di Gesù ha trovato la più decisiva opposizione. Questa, comunque, è per la maggior parte soltanto dovuta al fatto che le ricerche a questo proposito dell'americano, Smith, e dell'inglese, Robertson, non erano conosciute, e, per giunta, si teneva l'opinione che non ci fosse bisogno di turbarsi circa quelli “stranieri”, che inoltre non erano “specialisti”. E tuttavia Gunkel, nella sua opera “Zum religionsgeschichtlichen Verständnis des Neuen Testaments”, ha già preparato a sufficienza quella visione, come si potrebbe aver pensato, quando, tra altre cose, egli dichiara “che perfino prima di Gesù vi esistevano in cerchie ebraiche sincretistiche un credo nella morte e nella resurrezione di Cristo”. [1] Di nuovo, essa può solo essere respinta senza più indugio da coloro che cercano le tracce del culto pre-cristiano di Gesù nei punti ben conosciuti e permetteranno soltanto che sia “provato” quel che essi hanno stabilito mediante una diretta prova documentaria originale di fronte ai loro occhi. A questo proposito si dimentica che noi stiamo avendo a che fare con un culto segreto, la cui esistenza possiamo decidere solo per mezzi indiretti. Si dimentica anche che l'ipotesi di un culto pre-cristiano di Gesù, se necessitata per noi da un altro ambiente, non può essere respinta immediatamente perchè non si adatta alle opinioni correnti, e perchè potrebbe essere che sia impossibile, date le circostanze, avanzarla al di là di ogni dubbio. Dove ogni cosa è così ipotetica, incerta, e coperta da oscurità, com'è il caso con le origini del cristianesimo, si dovrebbe ospitare e testare ogni ipotesi che sembra essere in qualche maniera o l'altra adatta ad aprire un nuovo punto di vista e ad allontanare l'oscurità. Poichè come dice Dunkmann nella sua discussione favorevole e genuina del “Mito di Cristo”: “Irregolarità e perfino violenze di combinazione si devono recare nella scienza per la semplice ragione che le nostre fonti sono troppo scarse e piene di contraddizioni. Le nostre ipotesi in tutti questi casi avranno qualcosa di avventato, temerario, e sorprendente in loro; se addirittura sono corrette in generale, vale a dire, se sono inconfutabili secondo il metodo di indagine” (“Der historische Jesus, der mythologische Jesus, und Jesus der Christ”, 1910, 55). Ma se quella stessa ipotesi non è stabilita, tuttavia questo non fa alcuna differenza nel fatto che vi esisteva un Gesù Cristo pre-cristiano, almeno come un mito complesso, e questo è sufficiente abbastanza per la spiegazione della cristologia paolina e della cosiddetta “comunità originaria” di Gerusalemme. Di conseguenza, io posso solo considerarlo un fraintendimento del pubblico quando quelli dell'altro lato, dopo aver respinto l'ipotesi di un culto pre-cristiano di Gesù, si atteggiano come se con ciò avessero rimosso le fondamenta all'intero nucleo delle mie opinioni riguardo un Gesù storico.
Nel frattempo la tempesta che è stata sollevata contro il mio libro in circoli teologici e presso la Stampa, ed ha perfino condotto a riunioni collettivi di protesta presso il Busch Circus e presso il Dom di Berlino, mi dimostra che io ho “colpito il bersaglio” con la mia esibizione e ho toccato in verità il nervo doloroso del cristianesimo. La maniera in cui la battaglia è stata disputata, i mezzi tramite cui i miei avversari tentano di disprezzare l'autore del “Mito di Cristo”, oppure di rendermi ridicolo agli occhi del pubblico mediante calunnie personali, il loro costume di cercare di offendermi gettando un dubbio sulle mie capacità intellettuali, e di distruggere il mio onore scientifico e la mia posizione ufficiale (Bornemann, Beth) — tutto questo può solo rendermi più determinato a continuare l'opera di illuminazione da me cominciata, e mi prova soltanto che il mio “Mito di Cristo” non può essere così assolutamente “non-scientifico” e così completamente una quantité négligeable come i suoi avversari sono disposti a rappresentarlo.
I mezzi mediante cui il “Mito di Cristo” è opposto al giorno d'oggi sono esattamente quelli stessi che furono impiegati contro la “Leben Jesu” di Strauss, senza, comunque, che se ne ricavasse il minimo risultato. Io coerentemente attendo gli attacchi ulteriori del nemico con completa freddezza di mente, fiducioso nel fatto che ciò che è vero nel mio libro si farà la sua strada da sé stesso, e che un'opera che, come la mia, è sorta da motivi seri, ed è stata portata a termine con un'indifferenza a vantaggi personali, non può essere persa ma sarà utile al progresso spirituale dell'umanità. Gli attacchi che sono giunti finora a mia conoscenza in opuscoli (Bornemann, v. Sodem, Delbrück, Beth) e presso la Stampa non hanno avuto l'effetto di rendere per nulla più deboli le mie convinzioni fondamentali. Al contrario, sono solo serviti a rivelarmi ancora ulteriormente la debolezza della posizione avversaria, che è molto più grande di quanto io stesso avevo immaginato finora. Io sono, comunque, tutte le volte pronto e compiaciuto — e io ho mostrato questo pure con le correzioni intraprese dalla prima edizione di quest'opera — a prestare attenzione ad obiezioni reali e a correggere possibili errori. Tutto ciò che mi importa è semplicemente il fatto come tale. Il problema di fronte a noi in “Il Mito di Cristo”, come non è inutile sottolineare qui ancora una volta, è un problema puramente scientifico. Per possibili suggestioni e consigli in questa direzione io di conseguenza sarò grato tutte le volte. Al contrario, io sono lasciato perfettamente freddo da calunnie personali, minacce anonime, e pie correzioni, riunioni di protesta a cui prende parte il Ministro del Culto Pubblico con obbligati cori di tromboni e professioni di fede, come pure dall'eccitazione della moltitudine istigata al fanatismo in questa maniera dal “guardiano delle loro anime”. Esse sono tutto tranne che confutazioni.
Come si può realizzare, la mia asserzione che esisteva un culto pre-cristiano di Gesù ha trovato la più decisiva opposizione. Questa, comunque, è per la maggior parte soltanto dovuta al fatto che le ricerche a questo proposito dell'americano, Smith, e dell'inglese, Robertson, non erano conosciute, e, per giunta, si teneva l'opinione che non ci fosse bisogno di turbarsi circa quelli “stranieri”, che inoltre non erano “specialisti”. E tuttavia Gunkel, nella sua opera “Zum religionsgeschichtlichen Verständnis des Neuen Testaments”, ha già preparato a sufficienza quella visione, come si potrebbe aver pensato, quando, tra altre cose, egli dichiara “che perfino prima di Gesù vi esistevano in cerchie ebraiche sincretistiche un credo nella morte e nella resurrezione di Cristo”. [1] Di nuovo, essa può solo essere respinta senza più indugio da coloro che cercano le tracce del culto pre-cristiano di Gesù nei punti ben conosciuti e permetteranno soltanto che sia “provato” quel che essi hanno stabilito mediante una diretta prova documentaria originale di fronte ai loro occhi. A questo proposito si dimentica che noi stiamo avendo a che fare con un culto segreto, la cui esistenza possiamo decidere solo per mezzi indiretti. Si dimentica anche che l'ipotesi di un culto pre-cristiano di Gesù, se necessitata per noi da un altro ambiente, non può essere respinta immediatamente perchè non si adatta alle opinioni correnti, e perchè potrebbe essere che sia impossibile, date le circostanze, avanzarla al di là di ogni dubbio. Dove ogni cosa è così ipotetica, incerta, e coperta da oscurità, com'è il caso con le origini del cristianesimo, si dovrebbe ospitare e testare ogni ipotesi che sembra essere in qualche maniera o l'altra adatta ad aprire un nuovo punto di vista e ad allontanare l'oscurità. Poichè come dice Dunkmann nella sua discussione favorevole e genuina del “Mito di Cristo”: “Irregolarità e perfino violenze di combinazione si devono recare nella scienza per la semplice ragione che le nostre fonti sono troppo scarse e piene di contraddizioni. Le nostre ipotesi in tutti questi casi avranno qualcosa di avventato, temerario, e sorprendente in loro; se addirittura sono corrette in generale, vale a dire, se sono inconfutabili secondo il metodo di indagine” (“Der historische Jesus, der mythologische Jesus, und Jesus der Christ”, 1910, 55). Ma se quella stessa ipotesi non è stabilita, tuttavia questo non fa alcuna differenza nel fatto che vi esisteva un Gesù Cristo pre-cristiano, almeno come un mito complesso, e questo è sufficiente abbastanza per la spiegazione della cristologia paolina e della cosiddetta “comunità originaria” di Gerusalemme. Di conseguenza, io posso solo considerarlo un fraintendimento del pubblico quando quelli dell'altro lato, dopo aver respinto l'ipotesi di un culto pre-cristiano di Gesù, si atteggiano come se con ciò avessero rimosso le fondamenta all'intero nucleo delle mie opinioni riguardo un Gesù storico.
Nel frattempo la tempesta che è stata sollevata contro il mio libro in circoli teologici e presso la Stampa, ed ha perfino condotto a riunioni collettivi di protesta presso il Busch Circus e presso il Dom di Berlino, mi dimostra che io ho “colpito il bersaglio” con la mia esibizione e ho toccato in verità il nervo doloroso del cristianesimo. La maniera in cui la battaglia è stata disputata, i mezzi tramite cui i miei avversari tentano di disprezzare l'autore del “Mito di Cristo”, oppure di rendermi ridicolo agli occhi del pubblico mediante calunnie personali, il loro costume di cercare di offendermi gettando un dubbio sulle mie capacità intellettuali, e di distruggere il mio onore scientifico e la mia posizione ufficiale (Bornemann, Beth) — tutto questo può solo rendermi più determinato a continuare l'opera di illuminazione da me cominciata, e mi prova soltanto che il mio “Mito di Cristo” non può essere così assolutamente “non-scientifico” e così completamente una quantité négligeable come i suoi avversari sono disposti a rappresentarlo.
I mezzi mediante cui il “Mito di Cristo” è opposto al giorno d'oggi sono esattamente quelli stessi che furono impiegati contro la “Leben Jesu” di Strauss, senza, comunque, che se ne ricavasse il minimo risultato. Io coerentemente attendo gli attacchi ulteriori del nemico con completa freddezza di mente, fiducioso nel fatto che ciò che è vero nel mio libro si farà la sua strada da sé stesso, e che un'opera che, come la mia, è sorta da motivi seri, ed è stata portata a termine con un'indifferenza a vantaggi personali, non può essere persa ma sarà utile al progresso spirituale dell'umanità. Gli attacchi che sono giunti finora a mia conoscenza in opuscoli (Bornemann, v. Sodem, Delbrück, Beth) e presso la Stampa non hanno avuto l'effetto di rendere per nulla più deboli le mie convinzioni fondamentali. Al contrario, sono solo serviti a rivelarmi ancora ulteriormente la debolezza della posizione avversaria, che è molto più grande di quanto io stesso avevo immaginato finora. Io sono, comunque, tutte le volte pronto e compiaciuto — e io ho mostrato questo pure con le correzioni intraprese dalla prima edizione di quest'opera — a prestare attenzione ad obiezioni reali e a correggere possibili errori. Tutto ciò che mi importa è semplicemente il fatto come tale. Il problema di fronte a noi in “Il Mito di Cristo”, come non è inutile sottolineare qui ancora una volta, è un problema puramente scientifico. Per possibili suggestioni e consigli in questa direzione io di conseguenza sarò grato tutte le volte. Al contrario, io sono lasciato perfettamente freddo da calunnie personali, minacce anonime, e pie correzioni, riunioni di protesta a cui prende parte il Ministro del Culto Pubblico con obbligati cori di tromboni e professioni di fede, come pure dall'eccitazione della moltitudine istigata al fanatismo in questa maniera dal “guardiano delle loro anime”. Esse sono tutto tranne che confutazioni.
PROFESSORE DOTTOR ARTHUR DREWS.
KARLSRUHE, Marzo, 1910.
NOTE
[1] Op. cit., 82.
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