sabato 23 giugno 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : Cristianesimo Paolino e Giovanneo (VII) — “Misteri” Ebraici

(segue da qui)


CAPITOLO VII


CRISTIANESIMO PAOLINO E GIOVANNEO

2. “MISTERI” EBRAICI

Si tratta di una cosa facile per Schweitzer ed altri che non apprezzano le conclusioni di Reitzenstein criticarle in dettaglio e mostrare che è improbabile una dipendenza diretta del paolinismo sui culti misterici. Ma è dimostrabile una comunanza di idee religiose. L'analisi di Reitzenstein, inoltre, è in difetto per il suo non aver tenuto conto dello gnosticismo ebraico pre-cristiano. Ci furono misteri ebraici come pure misteri pagani; i sistemi degli Esseni, dei Terapeuti, e senza dubbio di altre sette ebraiche si potrebbero così caratterizzare. È certo che gli Esseni riverivano il Sole. Questa riverenza potrebbe avere avuto la sua origine nell'adorazione del Sole, ma per gli Esseni senza dubbio il Sole era un simbolo, e l'interpretazione del simbolo costituiva una parte del loro mistero. Un'affinità tra gli Esseni e alcune antiche comunità cristiane è provata dalla lettera di Plinio a Traiano in cui è detto che i cristiani di Bitinia cantavano inni a Cristo all'alba. Il sacro pasto di quelle sette dev'essere stato anche della natura di un mistero. In varie sette veniva attribuito un significato mistico ad un certo tipo di cibo. C'è una prova, per esempio, nell'antica letteratura cristiana del fatto che il pesce veniva consumato in quanto un simbolo sacro. Pratiche simili sono caratteristiche di una religione misterica. Dopo la lettura della descrizione di Filone del sacro pasto dei Terapeuti difficilmente è possibile dubitare che si trattava di un mistero. Esso fu solennizzato solo una volta all'anno, al cinquantesimo giorno, con un cerimoniale assai impressionante ed il canto di inni. Dal momento che il cibo, sebbene in sé stesso di un tipo comune, viene descritto come “molto santo”, esso deve aver avuto un significato simbolico di efficacia santificante. Il pasto era seguito da una cerimonia rituale che a sua volta dev'essere stata simbolica. Il suo aspetto principale era la formazione di due cori, uno maschile, l'altro femminile, che cantavano alternativamente, e infine assieme come un solo coro. Filone descrive il coro unito come una rappresentazione del coro di israeliti che era guidato da Mosè e Miriam dopo il passaggio del Mar Rosso. Non è abbastanza chiaro se il confronto sia stato fatto da Filone stesso oppure se lui stia ricordando l'intenzione dei Terapeuti. È probabile quest'ultimo caso perché è probabile che egli aveva avuto qualche motivo per la sua dichiarazione e perché i mistici ebrei descrivevano simbolicamente la trasformazione dal carnale allo spirituale come una liberazione dall'Egitto. Lo stesso Filone impiegò quell'immagine. E i Perati derivarono il loro nome da un verbo greco che significa passare attraverso, perché essi affermavano di esser passati per mezzo della loro Gnosi dalla schiavitù degli impulsi carnali alla vita spirituale proprio come gli israeliti erano passati dall'Egitto attraverso il Mar Rosso. Ora i mistici, come per esempio lo erano i Teraupeuti in base alla descrizione di Filone, credevano che una trasformazione spirituale venisse operata oppure aiutata tramite l'esecuzione di qualche atto simbolico. Dal momento che la cerimonia religiosa annuale dei Terapeuti, e specialmente i cori, devono aver avuto un significato di quel tipo, è altamente probabile che l'interpretazione data da Filone fosse quella vera. La cerimonia, possiamo concludere, fu essenzialmente un mistero. E, siccome il sistema teosofico dei Terapeuti fu presumibilmente quasi simile a quello di Filone, è abbastanza probabile che nei misteri Mosè e Miriam simboleggiassero il Logos e Sofia.
Il battesimo paolino era certamente un mistero, e così lo era probabilmente il sacro pasto riferito in 1 Corinzi 10. La parola “mistero” capita numerose volte nelle epistole paoline, e ci fu evidentemente una dottrina esoterica riservata per il grado più elevato di iniziati nelle comunità cristiane, come nelle comunità gnostiche ebraiche pre-cristiane. Ciò dev'essere la spiegazione della dichiarazione in Marco 4:11, che ha esercitato così duramente la mente dei teologi. La stessa atmosfera religiosa che convertì certi miti pagani in misteri favorì anche la nascita e lo sviluppo di culti misterici tra gli ebrei. Qualcosa della letteratura ermetica, come ha provato Reitzenstein, era in esistenza all'inizio del primo secolo, e una familiarità con idee religiose contemporanee potrebbe aver esercitato un'influenza formativa sul pensiero di Paolo. Sembra ragionevole ipotizzare che egli fosse in qualche misura un innovatore, ma Bousset ha sicuramente ragione nella sua opinione che il paolinismo nei suoi aspetti principali — e per paolinismo io intendo la dottrina gnostica delle epistole — debba essere stata già la teoria e la pratica delle comunità per le quali egli scrisse. E quelle comunità, potremo concludere, furono comunità fortemente ellenizzate di mistici ebrei, con un miscuglio di greci. Le rassomiglianze tra il paolinismo e le idee religiose dei culti misterici pagani contemporanei riflettono il pensiero prevalente e le aspirazioni del tempo. Le differenze sulle quali pone così molta enfasi Schweitzer nella sua critica di Reitzenstein sono il risultato di una differenza di origine, ebraica da una parte, greca e orientale dall'altra.

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