lunedì 18 giugno 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : La Morte del Cristo (VI) — Dottrina Naassena della Morte del Figlio dell'Uomo

(segue da qui)


CAPITOLO VI


LA MORTE DEL CRISTO

4. DOTTRINA NAASSENA DELLA MORTE DEL FIGLIO DELL'UOMO

Sarebbe un errore supporre che i cristiani più antichi non avrebbero potuto giungere all'idea che il Cristo fosse stato messo a morte a meno che qualche uomo che fosse stato identificato col Cristo non avesse veramente sofferto. Il cristianesimo gnostico si sviluppò tra gli ebrei della Diaspora che erano in contatto con culti di divinità che muoiono e rivivono. Non è probabile che gli gnostici ebrei credessero nella morte e resurrezione fisica di un Salvatore divino; ma era caratteristico della loro mentalità esprimere la loro dottrina metafisica in una forma concreta, ed essi erano simbolisti in fondo. Un altro esempio del loro metodo si potrebbe aggiungere  dagli scritti dei Naasseni a quelli dati in precedenza. La pietra, essi dissero, che divenne la testata d'angolo, fu Adamas, perché la testa contiene il cervello, il cervello formativo (Nous) da cui si emana ogni generazione. Questo genere di esegesi non si limitava ai Naasseni; era più o meno il metodo gnostico in generale, e veniva impiegato copiosamente da Filone. Non fu di molto effetto a Filone se il suo senso comune lo condusse a dubitare di alcune dichiarazioni nell'Antico Testamento, perché egli pensava di poter estrarre simbolicamente la verità da loro. La differenza principale tra lui e la maggior parte degli gnostici da questo punto di vista era che quest'ultimi respinsero definitivamente  la Torà come una rivelazione del Dio supremo.
Uomini di questa attitudine di spirito avrebbero potuto cooptare qualsiasi mito che fossero capaci di adattare alle loro proprie idee. Fu non solo l'Antico Testamento su cui i Naasseni applicarono il loro metodo simbolico di interpretazione. Gli scritti dei poeti greci e i miti pagani furono anche creduti da loro in possesso di un significato nascosto. Da qui la questione di una verità o falsità letterale non interessava loro, ed essi interpretavano la morte e la resurrezione degli dèi del culto pagano alla loro propria maniera. Così lungi dal condividere il credo cristiano posteriore che gli dèi fossero demoni, essi ritenevano che quando i frigi invocavano Attis essi stavano invocando Adamas senza saperlo. Anche gli egiziani, essi mantenevano, adoravano Adamas sotto il nome di Osiride. “Infatti”, dissero, “gli Egiziani lo chiamano portatore di bene (agathephoros), non sapendo quel che dicono (Ippolito 5:7). Una conclusione di estrema importanza si può derivare da dichiarazioni del genere. Segue dall'accettazione naassena dei miti della morte e resurrezione di Attis e Osiride che la loro propria dottrina comprendeva un credo nella morte e resurrezione di Adamas — una morte e resurrezione che, sebbene al principio concepite senza dubbio metaforicamente, furono esemplificate concretamente nei miti, e così col passare del tempo avrebbero teso a diventare rappresentate più concretamente nel pensiero. È stato menzionato in precedenza che nella dottrina naassena l'Adamas spirituale [= il Logos] discende nelle anime di uomini per liberarle da vizio e ignoranza, ed è torturato e perfino messo a morte nella sua prigione di carne. Questa è una dottrina gnostica davvero antica dell'incarnazione e morte del Cristo, non peculiare ai Naasseni. In Marco tre profezie della sofferenza e morte del Figlio dell'Uomo sono poste sulle labbra di Gesù. [14]  I teologi critici non credono che Gesù emise quelle profezie. W. Bousset scrisse: 
Ciò che si pone di fronte a noi nei passi del Figlio dell'Uomo della tradizione evangelica è principalmente un dogma della comunità coerente e completo in sé stesso. [15]
Ma noi dobbiamo prendere in considerazione i diversi significati del termine Figlio dell'Uomo e la natura della comunità in cui è probabile che ciascuno di loro sia stato utilizzato. Buoni critici hanno concluso dall'assenza del termine dalle epistole paoline e di altri — perfino dalle epistole relativamente tarde di Clemente e Barnaba — che esso non è davvero antico nella dottrina cristiana. Sembra aver fatto il suo ingresso durante l'ultimo quarto del primo secolo in certe cerchie che erano giunte in particolare sotto l'influenza delle Apocalissi ebraiche. La sua adozione più ampia era parte del processo tramite cui il cristianesimo gnostico fu gradualmente cattolicizzato tramite l'infiltrazione di elementi di origine indubbiamente ebraica o palestinese. Quelle conclusioni si riferiscono al Figlio dell'Uomo apocalittico; ma, come abbiamo visto, il termine fu utilizzato dai Naasseni ad una data davvero antica, e potrebbe perciò essere stato familiare ad alcuni cristiani gnostici che avevano punti di contatto con loro. In alcuni dei passi in Marco in cui capita il termine il Figlio dell'Uomo è il Figlio dell'Uomo escatologico. Se, perciò, le conclusioni dichiarate sopra sono corrette, non è probabile che quei passi siano stati nel Vangelo Primitivo; e questa opinione concorda con un giudizio critico sui passi stessi. Il detto di Gesù di fronte al Sinedrio (Marco 14:62), in cui capita il termine, è respinto come non autentico da numerosi prominenti commentatori; e anche la “Piccola Apocalisse” in Marco 13 non è originale. Quando prendiamo ulteriormente in considerazione il fatto noto che il credo in una Seconda Venuta era estraneo alla dottrina gnostica, potremo sospettare ragionevolmente che anche il solo altro passo in questo vangelo (8:38) in cui il termine è utilizzato in associazione ad una Seconda Venuta non è primitivo. In due altri versi il termine appare in una predizione del “tradimento”; e quei versi sono presumibilmente posteriori.
In ebraico e aramaico il termine “figlio dell'uomo” era usato comunemente per intendere in maniera indiretta “uomo”, e buone autorità sono dell'opinione che figura a volte nei vangeli in questo senso. Potrebbe avere questo significato in Marco 2:10 e 28. Da qui un'indagine del significato che potrebbe avere avuto il termine come un titolo divino in una forma più antica e più semplice di Marco può prendere in considerazione con sicurezza solo i tre versi riferiti sopra e forse un altro. Naturalmente si deve escludere un'implicazione apocalittica oppure escatologica.  
Le profezie in Marco sono state espanse. Il loro contenuto essenziale nella sua forma primitiva si può recuperare da Marco 8:31: “Il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, resuscitare. Lo scrittore, sebbene egli impresse la sua stessa personalità sul vangelo, non fu certamente l'originatore della sua dottrina fondamentale. La profezia, potremo concludere tranquillamente, non fu inventata da lui; essa dev'essere stata l'espressione di un dogma esistente. Ora il nome che i Naasseni diedero al Logos incarnato negli uomini fu “il Figlio dell'Uomo”. Da qui prima che fosse composto un vangelo esisteva il credo, senza dubbio in una forma scritta, secondo cui il Figlio dell'Uomo deve soffrire e venire respinto ed essere ucciso. Non è affatto improbabile che la dottrina naassena dovesse essere stata riflessa in un antico documento cristiano. Un legame stretto coi Naasseni non ha bisogno di venire assunto. Certe grandi idee stavano fluttuando nell'atmosfera religiosa del tempo e furono assorbite ed applicate da pensatori religiosi in linea col loro personale metodo di esposizione e l'orientamento dogmatico della cerchia in cui si muovevano. La resurrezione del Salvatore dopo tre giorni era un'idea religiosa corrente. La dottrina cristiana dev'essere stata arricchita da fonti davvero varie. Come ha osservato Bousset: [16]

Una religione di un potere di sviluppo e proselitismo così vittorioso assunse con rapidità impressionante forme di pensiero del tipo più variegato.

L'influenza dell'Orfismo sul cristianesimo è stata riconosciuta da parecchi studiosi:

Macchioro e altri hanno prestato attenzione agli elementi orfici nel cristianesimo. Lo studioso nominato ha osservato: “Il credo orfico attraversò tutte le fasi dell'evoluzione della cultura greca dalla magia alla filosofia . . . finché alla fine si riformò e spiritualizzò col diventare cristianesimo”. [17

Un altro verso che potrebbe essere di origine gnostica è Marco 10:45 : “Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti. La parola “riscatto” non ha bisogno di implicare un sacrificio espiatorio. La parola greca lutron che si traduce così possiede il significato generale di un prezzo pagato, e il significato più particolare di il prezzo di redenzione. Ma l'idea che Cristo venne “per servire” non corrisponde bene all'attività di Gesù come concepita nel Vangelo Primitivo. È frequentemente istruttivo andare al di là della traduzione inglese al greco originale, e quando facciamo ciò nel caso presente troviamo che il verbo impiegato significa attendere, servire, implicando un servizio reso da un subordinato ad un suo superiore, che non è una descrizione appropriata di una operazione benefica tramite un potere divino esercitata da un essere che era chiaramente superiore a quelli sui quali erano conferiti i benefici. Qui di nuovo potremo sospettare ragionevolmente che una frase impiegata in origine in associazione ad una concezione diversa del Cristo fosse stata inserita nel vangelo. Nel vangelo Gesù non è mai umiliato finché non si avvicina l'ora della sua morte, e non è mai collocato in una posizione di inferiorità. Egli parla e agisce “con autorità” e confonde tutti coloro che entrano in conflitto con lui. Sebbene umano nell'aspetto egli cammina tra uomini come un dio, e mosso da compassione egli accondiscende a fare loro del bene. Questo non è “servizio” nel senso del verbo greco diakoneo. Ma se risaliamo al più antico cristianesimo gnostico troviamo espressa la concezione. Nel vangelo l'auto-umiliazione di Gesù potrebbe essere latente, ma non è apparente, laddove nelle epistole paoline, per esempio, essa è enfatizzata. Gesù, ci viene detto, “prese la forma di uno schiavo”. L'introduzione della frase nel vangelo è comprensibile, ma è improbabile che sia la forma originale là perché non deriva dalla presentazione dell'evangelista del Cristo. Ma l'idea dell'“umiliazione” del Cristo è più antica di Paolo. È un punto cardinale nella dottrina dei Naasseni, in cui il Cristo diventa sottomesso alla natura carnale allo scopo di liberare l'anima. E si sarebbe potuto dire che la morte del Cristo nell'uomo irrimediabilmente carnale fosse il prezzo da lui pagato per la redenzione di molti altri.
Un gruppo dei critici più abili del Nuovo Testamento è stato dell'opinione che Figlio dell'Uomo non fosse un titolo messianico nel primo secolo; e l'idea che il Figlio dell'Uomo debba soffrire e venire ucciso non può esser stata derivata dalle Apocalissi, né i passi citati da Marco possono essere stati detti genuini di Gesù. Come ha osservato lo scrittore dell'articolo “Figlio dell'Uomo” nell'Encyc. Bibl.: “Che Gesù non possa aver predetto in dettaglio la sua morte e resurrezione dopo tre giorni, oppure al terzo giorno, è evidente a tutti gli studenti critici”. La soluzione più semplice del problema, su cui è stato scritto in gran quantità a poco scopo, è che la concezione della sofferenza e morte del Figlio dell'Uomo sia di origine gnostica, e che nello sviluppo del dogma cristiano essa si trasformò tramite una fusione del Figlio dell'Uomo gnostico con il Figlio dell'Uomo apocalittico e l'assimilazione ad una convinzione esistente nel fatto che l'immortalità per l'uomo si poteva assicurare solo mediante la morte e la resurrezione di un essere divino. 
C'è una prova del fatto che altri gnostici oltre ai Naasseni promulgarono una dottrina metafisica della morte e resurrezione del Logos ed interpretarono i miti nei suoi termini. In una fonte utilizzata da Plutarco il mito di Osiride è interpretato come segue: 
Osiride è il Logos, le cui forme e idee la dea Iside, come il principio femminile in natura, riceve in se stessa. Solo il suo spirito è imperituro, immortale; poiché la conoscenza, il ragionamento e la parte virtuosa sono più forti della distruzione e del cambiamento. Ma il suo corpo è spesso lacerato e annientato da Tifone; in altre parole, tutto ciò che entra in questo mondo materiale dal mondo delle idee non ha, al pari di un sigillo nella cera, nessuna durata e diventa preda del potere disordinato e distruttivo dell'elemento malvagio. Quando, comunque, Tifone distrugge quelle copie dell'essenza imperitura, Iside in lutto le prende in sé e le preserva. [18]

Un parallelo più vicino si presenta in un'interpretazione gnostica del mito di Attis, secondo cui Attis è il divino potere creativo primitivo [= Logos] che penetra nella materia e opera su di essa. Come Attis è richiamato dalla dèa-madre al mondo celeste, così il Logos oppresso dalla materia rivive e risale. Si potrebbe dire, perciò, che c'era una dottrina gnostica della morte e resurrezione del Logos, non derivata direttamente dal mito greco oppure orientale. Non solo non c'è la minima ragione per associare la dottrina nella sua origine colla morte di qualche uomo; è parecchio improbabile che dovesse essersi originata in quel modo. Essa è più antica dell'Inno Naasseno, in cui il Cristo è individualizzato.
Nel primo secolo non c'era nessun dogma autorevole e nessuno in una posizione di autorizzare chicchessia. Noi leggiamo di partiti di Paolo, di Pietro, di Apollo. Quei nomi rappresentano varietà del pensiero cristiano gnostico; ma c'erano anche sette ebraiche in Palestina e altrove, rappresentate da Giacomo e nell'Apocalisse di Giovanni. Tutte quelle sette devono aver tenuto opinioni diverse dalle altre. Erano correnti varie idee e speculazioni riguardanti il Cristo oppure il Logos, ciascuna delle quali, tramite l'una o l'altra delle sette cristiane, avrebbe potuto lasciare tracce sull'antica letteratura cristiana.
Pietro sembra aver occupato una posizione intermedia tra quelle di Paolo e Giacomo. Davvero poco si può ricavare riguardo le opinioni di Pietro e Paolo dai discorsi attribuiti a loro negli Atti degli Apostoli, che furono composti dal compilatore del libro coll'intento di assimilare fin quanto è possibile le visioni dei due capi, sebbene senza dubbio potrebbero essere stati inclusi frammenti da documenti più antichi. Le Omelie pseudo-Clementine credono di offrire la dottrina di Pietro, e non c'è ragione di supporre che essa sia una mera fabbricazione. Così è indicata una connessione tra la dottrina di Pietro e quella degli ebioniti gnostici. [19] Il Vangelo di Pietro ha aspetti gnostici. È probabile che il compositore che scrisse nel nome di Pietro appartenesse ad un partito petrino. Secondo Epifanio alcuni degli ebioniti insegnavano che il Cristo fosse un essere spirituale creato prima di tutte le cose e che egli fosse disceso e apparso ai Patriarchi nel corpo di Adamo. La dottrina attribuita a Pietro nei Ritrovamenti clementini si avvicina strettamente a questo. Quelli ebioniti ritenevano inoltre che il Cristo, essendosi infine rivestito nel corpo di Adamo e apparso sulla terra nella forma di un uomo, fosse stato crocifisso, fosse risorto, e asceso. Dal momento che questo Cristo non era neppure nato nel suo aspetto umano e visibile, non ci stiamo muovendo nella regione di un fatto storico, e si potrebbe concludere che la “crocifissione” abbia avuto la sua origine in un simbolismo, come coi Naasseni. Adamo figura come il tipo di umanità in cui il Cristo spirituale sta per essere maltrattato perpetuamente e “crocifisso”. [20] Nel Vangelo di Pietro Gesù e il Cristo non sono identificati. Quando Gesù è sul punto di rinunciare allo spirito egli emette il grido, “Mio potere, mio potere, mi hai abbandonato!”, dove potere = Logos o Cristo. [21] Lo stesso Gesù non è un normale essere umano dal momento che egli è incapace di patire dolore. Apparentemente egli non nacque, poiché è detto che se n'è andato là donde era stato mandato

NOTE

[14] Marco 8:31; 9:31; 10:33.

[15] Kyr. Chr., pag. 20.

[16] Kyr. Chr., pag. 39.

[17] Van den Berh van Eysinga, De Wereld van het Nieuwe Testament, pag. 126.

[18] Citato da Bousset, Kyr. Chr., pag. 166.

[19] “Pietro” potrebbe essere poco più che un nome che rappresenta una setta a cui egli fu — o fu creduto esser stato — associato.

[20] In parecchi punti nei salmi “adam” si trova nell'ebraico come un termine generale per “uomo”.

[21] Giustino, che sembra essere stato intento a ridefinire una dottrina gnostica in una forma più cattolica, definisce Gesù “Logos e Potere” di Dio.

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