lunedì 11 giugno 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : Il Nome Gesù (V) — Il “Profeta” Giosuè

(segue da qui)

CAPITOLO V

IL NOME GESÙ
 
2. IL “PROFETA” GIOSUÈ

Sembra necessario qualcosa di più esaltante di un maestro, per quanto potente la sua personalità, per tutto il tempo in cui si suppone che egli sia stato soggetto a limitazioni umane, per tener conto dei fatti. E quando abbiamo notato che nella dottrina di varie sette si credeva che il Cristo si fosse manifestato in Adamo, Caino, Abramo, Enoc, Noè, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, e Mosè, sicuramente dovremmo trovare piuttosto sorprendente il fatto che l'elenco sia terminato da Mosè e non comprende Giosuè, specialmente siccome si ricorda (Deuteronomio 18:15) che Mosè aveva promesso agli israeliti che “il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me”. Questa promessa, che naturalmente si riferisce a Giosuè, fu riferita dai cristiani del secondo — eventualmente della fine del primo — secolo a Gesù. Se in quel momento si credette che la promessa fosse stata adempiuta in una riapparizione di Giosuè, sarebbe potuto facilmente accadere che non avremmo avuto una memoria chiara ed esplicita del fatto. Perché se qualche antico scrittore avesse voluto dire che il Cristo si era manifestato in Giosuè, o che Giosuè era il Cristo, scrivendo in greco l'unico maniera in cui lui avrebbe potuto fare la sua affermazione sarebbe stata che “Gesù è il Cristo, poiché Gesù è la forma greca di Giosuè. Nel secondo secolo, dopo la pubblicazione dei vangeli, come una cosa ovvia la dichiarazione sarebbe stata presa per un riferimento al Gesù evangelico. Quanto facilmente avrebbe potuto sorgere l'equivoco sarà evidente dalla seguente citazione del commentario a Giovanni di Origene:
Gesù disse al popolo: Santificatevi, perché domani il Signore farà miracoli in mezzo a voi. E ai sacerdoti con l'Arca dell'Alleanza ordinò di passare [oltre il Giordano] davanti al popolo, quando il mistero della dispensazione del Padre riguardo al Figlio fu reso manifesto, il Figlio che fu esaltato dalla grazia che il Padre elargì su di lui, affinché al nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi. . . e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, a Gloria di Dio Padre. Perché lo stesso è chiaramente dichiarato attraverso queste parole scritte nel Libro di Gesù: E il Signore disse a Gesù: «Oggi stesso comincerò a glorificarti agli occhi di tutto Israele». Dobbiamo anche ascoltare il nostro Signore Gesù che disse ai figli d'Israele: «Avvicinatevi e ascoltate le parole del Signore vostro Dio. Da questo riconoscerete che il Dio vivente è tra voi» (Giosuè 3:9). Poiché nell'essere battezzati in Gesù conosceremo che il Dio vivente è in noi.


Non c'è nessuna ambiguità qui. L'identificazione di Gesù con Giosuè è assoluta. Come esattamente Origene concepì l'identità è incerto; ma ciò sarebbe piuttosto in linea con la sua dottrina conosciuta se, come i Perati credevano che il Logos avesse fatto una sua rivelazione speciale in una riapparizione di Giuseppe, Origene credeva che egli avesse fatto una sua rivelazione speciale in una riapparizione di Giosuè. Un legame tra le due visioni si potrebbe forse vedere nel nome che i cristiani diedero al padre di Gesù. È significativo che secondo Matteo il nome del padre di Giuseppe fu Giacobbe. Luca era apparentemente troppo diffidente per ripetere questo. [7] Sebbene si potrebbe supporre che Origene come pensatore originale abbia impresso sulla dottrina da lui ricevuta alcune qualità a partire dal suo pensiero personale, nei fondamenti essa era davvero molto più antica. Il suo credo che il Logos dimora dentro gli uomini risale alle Odi di Salomone, e il suo credo che il Logos è sempre stato presente nel mondo fu più antico dei Ritrovamenti clementini. È degno di nota che dopo aver citato dal libro di Giosuè egli cambia la frase “Dio è tra voi” in “il Dio vivente è in noi”; ed è chiaro dal suo Commentario a Giovanni che il suo significato è che Dio è all'interno di noi in quanto la Parola. Ma apparentemente, proprio come alcuni gnostici pensavano che il Cristo si fosse manifestato in una maniera particolare in Adamo, così egli pensava che Cristo si fosse manifestato in Giosuè.
Questo credo non fu il prodotto della sua stessa mente. Egli deve averlo ricevuto. Indubbiamente ci fu un'antica aspettativa tra gli ebrei secondo cui Giosuè sarebbe riapparso. Nel vangelo di Giovanni ci viene detto che egli ebrei che  si recarono a interrogare il Battista gli domandarono: “Sei tu il profeta?” (1:21). Di nuovo, in 7:40, qualcuno della folla dice di Gesù: “Costui è veramente il profeta!”. Origene [8] intuì che il termine strettamente definitoil profeta” deve riferirsi a qualcuno che esisteva già nella coscienza ebraica, ed egli identificò questo profeta col profeta (Giosuè) di Deuteronomio 18:15. Non può esserci alcun dubbio che l'identificazione è corretta. In Matteo leggiamo che alcune persone credettero che Gesù fosse “uno dei profeti”. Questo sembra come un'alterazione deliberata della frase più antica, fatta perché l'identificazione di Gesù con Giosuè era diventata una fonte di imbarazzo. Il “vero Profeta” delle Clementine fu identificato con questo profeta. Nei Ritrovamenti un ebreo ellenistico di nome Niceta dice: “Nella nostra religione si parla infatti per tradizione di un certo Profeta la cui venuta era attesa da tutti coloro che aderiscono a questo credo, poiché prometteva di dare a chi crede in lui una vita di immortale felicità”. Dal momento che questo profeta è ovviamente un essere divino, la dichiarazione si potrebbe prendere per una prova che per alcuni ebrei in ogni caso Giosuè fosse l'atteso Messia celeste. Sappiamo da Giustino che il “profeta” di Deuteronomio era creduto dai primi cristiani che fosse stato sia Giosuè che Gesù. Infatti nel suo Dialogo con Trifone, 62, dopo aver citato Genesi 49:10, Giustino dice: “Che questo sia stato detto pensando non a Giuda ma al Cristo appare chiaro, poiché tutti noi che veniamo da tutte le genti non aspettiamo Giuda ma Gesù, che ha condotto anche i vostri padri fuori dall'Egitto. [9] In Omelie 3:53 si cita il Profeta della verità per aver detto: 

Io sono colui di cui Mosè profetizzò, dicendo: Il Signore vostro Dio susciterà tra di voi un profeta simile a me. Ascoltalo in tutte le cose. E chi non darà ascolto a quel profeta morirà.
Si sarebbe potuto immaginare  che il vero Profeta delle Clementine, essendo stato in origine un essere spirituale, fosse apparso come Adamo o Mosè o Giosuè; ma è davvero improbabile che un profeta galileo vissuto di recente possa essere stato associato a quelli. In vista della relazione probabile tra la letteratura petrina e la letteratura ebionita è significativo che in un discorso di Pietro in Atti (3:22-23) Gesù è identificato col profeta promesso da Mosè. Quest'identificazione, associata al fatto che Giosuè fu onorato specialmente in Samaria, getta luce sulla dichiarazione di scherno degli ebrei (Giovanni 8:48) secondo cui Gesù fu un samaritano.

NOTE

[7Probabilmente il Messia ben Giuseppe fu ritenuto una reincarnazione dello stesso Giuseppe.

[8Commentario a Giovanni 6:6.

[9Confronta l'epistola di Giuda 5, 6. Si veda anche T. Whittaker, The Origins of Christianity, quarta edizione, pag. 29.
L. - G.C.

Nessun commento: