domenica 10 giugno 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : Il Nome Gesù (V) — È il Nome di un Uomo Conosciuto?

(segue da qui)

CAPITOLO V

IL NOME GESÙ

1. È IL NOME DI UN UOMO CONOSCIUTO?

Abbiamo visto che nelle Odi di Salomone il Cristo non era chiamato Gesù. Abbiamo anche visto un motivo per ricavare che nei primi testi che risiedono dietro le Clementine, laddove era detto che il Cristo fosse apparso come Adamo, o che si fosse manifestato in certe altre persone nell'Antico Testamento, il nome di Gesù non era stato connesso direttamente coll'elenco di quelle persone. La conclusione è confermata dal fatto che Gesù era ignorato anche dalle sette tra le quali si originarono apparentemente quei testi. Dice Epifanio che egli non era stato in grado di realizzare se il Cristo del libro degli Ossei fosse nostro Signore Gesù Cristo. Evidentemente perciò il nome Gesù non si presentava in quel testo. È detto che la setta dei Sampsei era rimasta in esistenza fino ad una data più tarda di quella degli Ossei, ma non c'era evidentemente nessun Gesù nella loro dottrina. Epifanio dice che essi non erano né cristiani né ebrei. Essi erano, in realtà, una setta ebraica, ed essi erano cristiani nel senso che riverivano un Cristo divino. Certamente, comunque, il loro Cristo non aveva nessun legame con Gesù. Lo stesso si potrebbe dire dei primi ebioniti gnostici; ma, come si sottolineò in precedenza, loro, oppure alcuni di loro, in qualche momento cominciarono a considerare Gesù una manifestazione del Cristo. La stessa dichiarazione si potrebbe fare riguardo i Naasseni e le loro sette alleate. Il nome “Gesù” si trova nell'Inno Naasseno, ma la natura della dottrina fondamentale della setta rende praticamente certo che il nome non fosse primitivo. Origene dice che gli Ofiti “non vogliono neanche sentire il nome di Gesù”. [1] Non c'è nessuna prova che o i Perati oppure i Setiani adottassero il nome. Lo speciale eroe del culto dei primi era evidentemente Giuseppe e dei secondi, Set. Un'altra setta gnostica riveriva Caino.
La cristologia delle sette gnostiche si evolse in completa indipendenza dalla storia evangelica e dalla persona di Gesù. Gli gnostici del secondo secolo adattarono le loro concezioni ad alcuni degli articoli del credo cristiano ortodosso, e l'utilizzo del nome “Gesù” da parte di Basilide e Valentino si può capire dalla loro familiarità con un vangelo. Bousset ha mostrato a partire da una considerazione di Ireneo 1, 30:11 e seguenti, che la figura del Gesù evangelico viene legata artificialmente con la narrazione più antica del Salvatore che libera Sofia. Infatti alla narrazione come venne data in una forma più antica è aggiunta la dichiarazione che Sofia, prima della venuta del Salvatore, aveva prodotto tramite Ialdabaoth, l'Arconte principale, privo della conoscenza di quest'ultimo, l'emanazione di due uomini, uno di loro dalla sterile Elisabetta e l'altro dalla vergine Maria. In questa maniera Sofia preparò Gesù in anticipo, così che il Cristo alla sua discesa avrebbe potuto trovare un puro ricettacolo. Egli poi si unì con Sofia. Bousset osserva che “questa cristologia strana e confusa diventa comprensibile solo se potremmo assumere che qui fosse stato legato artificialmente colla figura di Gesù un mito originale indipendente dell'unione del Salvatore con Sofia”. [2] Riferendosi di nuovo a Ireneo 1, 9, e 1, 15:3, Bousset mostra che il Cristo che è detto che era diventato unito con Gesù era Anthropos in origine. [3]
Il nome Gesù, comunque, dev'essere stato in uso da qualche parte ad una data più antica di quella in cui furono composti l'Inno Naasseno, l'Insegnamento dei Dodici Apostoli (Didachè), e le porzioni più antiche delle epistole paoline. Quelle epistole, perfino se non sono scritti genuini di Paolo, comprendono documenti gnostici che si potrebbero ragionevolmente datare intorno all'anno 50. [4] Quei documenti sono riprodotti nell'Appendice a questo libro. Sorge allora l'interrogativo: “Quale fu l'origine del nome?” La maggior parte delle persone naturalmente, risponde di colpo che è il nome di un uomo che fu crocifisso a Gerusalemme per ordine di Ponzio Pilato. Ma, se dobbiamo agire secondo il principio esposto dal prof. Guignebert secondo cui lo storico scientifico non deve credere nulla in anticipo, noi dobbiamo verificare i motivi dell'opinione prevalente. Dal momento che i vangeli sono letteratura sacra, non documenti storici, e dal momento che gli eventi in loro ricordati non sono sostanziati dalla prova di autori secolari contemporanei, non sarebbe scientifico prendere per garantita la verità perfino di così tanto dei documenti che vi è lasciato dai teologi critici. I vangeli non possono garantire sé stessi. Esempi ben noti nella letteratura di fiction e del dramma provano che la vivacità nello svolgimento non è una prova di verità. Una domanda davvero pertinente è questa: “Gli uomini per i quali il Cristo fu un essere spirituale, un'emanazione dell'ineffabile Altissimo, che, se si fosse mai manifestato del tutto, si poteva supporre che avesse fatto così solo nelle persone di certi personaggi mitici o semi-mitici come per esempio Adamo, Noè, Abramo, o Giuseppe, lo avrebbero identificato con un personaggio oscuro che era stato condannato a morte durante la loro stessa esistenza ?” Ora non stiamo considerando il valore religioso dei vangeli, ma la loro verità storica. Se il racconto che essi offrono degli ultimi giorni di Gesù è storicamente vero gli eventi ricordati devono aver prodotto un così grande trambusto per tutto l'ebraismo che né Filone e neppure Flavio Giuseppe avrebbero potuto rimanere ignoranti di loro. La critica liberale sta in effetti distruggendo progressivamente i documenti finché difficilmente rimane ora qualcosa se non il nudo fatto della crocifissione, che è lasciato di conseguenza sospeso in aria, per dir così, non supportato da alcuna spiegazione adeguata del suo motivo; e il Gesù di questa critica, per quanto ammirevole come essere umano, si potrebbe descrivere ragionevolmente un personaggio piuttosto oscuro. Se Gesù non fu un personaggio oscuro, allora, come hanno percepito giustamente alcuni che credono nella sua storicità, la maniera della sua esecuzione da parte di un governatore romano prova che egli fu messo a morte come un agitatore politico; nel cui caso egli prende il suo posto a fianco di Giuda il Galileo, il “falso Profeta Egiziano” e Teuda “il mago”, e non c'è nessuna ragione valida per cui Flavio Giuseppe, che li menziona, non dovesse averlo menzionato. L'interpolatore del Flavio Giuseppe slavonico sembra aver apprezzato questo aspetto della questione.
Così noi ricadiamo sull'idea che fu la qualità senza precedenti dell'insegnamento di Gesù a creare il credo che egli fosse il Messia, oppure il “vero Profeta”. Il vero Profeta della letteratura clementina è, comunque, abbastanza ovviamente non il Messia ebraico; e un Messia, nell'aspettativa ebraica, doveva essere qualcosa di più di un maestro. La promulgazione della dottrina etica di un tipo nuovo e ammirevole avrebbe potuto far sì che un uomo venga salutato come un grande profeta; ma nella Storia reale non c'è nessun esempio dell'esaltazione di un profeta alla posizione in cui fu esaltato Gesù; e sfortunatamente i critici del Nuovo Testamento non possono concordare riguardo a ciò che insegnò Gesù o perfino se il suo insegnamento avesse qualche significato speciale per l'etica o la sociologia. Il più recente di quelli è il prof. Guignebert, che nella sua grande opera Jesus asserisce che il solo scopo di Gesù era predicare il regno escatologico ebraico. È difficile vedere come una nuova religione possa essere stata fondata su una predicazione di quel tipo; a meno che, come suppone Schweitzer, Gesù ebbe successo nell'innestare la fede nel fatto che egli stesso sarebbe ritornato come il Messia soprannaturale per inaugurare il regno — un'opinione che Guignebert non condivide. Una materia su cui c'è un così netto disaccordo è un fondamento debole per una teoria storica, e in realtà nessun tipo di insegnamento sarebbe adeguato per spiegare i fatti. Coloro che immaginano che esso sia stato il fattore decisivo sono invitati a ponderare l'opinione di Origene, il quale, invece di protestare contro la preferenza di Celso per la miglior dottrina etica dei greci, replica che la dottrina di Gesù si adatta meglio alla comprensione dell'uomo comune; proprio come un cibo sano di un tipo familiare è amato dai poveri ed è benefico per loro. [5] L'insegnamento etico dei vangeli non si eleva al di sopra degli standard della moralità contemporanea greca ed ebraica, e per alcuni aspetti cade perfino al di sotto della prima, specialmente nell'ipotizzare una ricompensa e una punizione future come un motivo di buona condotta. [6] A dare ai detti di Gesù la parvenza di unicità è il contesto in cui si collocano le massime cristiane, la forma in cui sono derivate dalle migliori menti cristiane del periodo, e il riconoscimento che riscuotono di conseguenza nel sentimento cristiano. È evidente dalle epistole, paoline e altre, e dalle Apologie, che l'insegnamento di Gesù occupava una posizione davvero subordinata nella propaganda antica. E a proposito della personalità di Gesù, la quale, sebbene sia non più di un'assunzione ad hoc, è invocata da alcuni come una spiegazione dell'intero impressionante fenomeno, non ascoltiamo praticamente nulla. Nel libro intitolato Octavius, scritto da Minucio Felice al fine di raccomandare il cristianesimo ai pagani, il nome “Gesù” non occorre neppure una volta, e non vi è nessuna menzione di un vangelo oppure di qualche occorrenza ricordata in un vangelo, se non un pallido riferimento alla Crocifissione che è suscettibile di un'interpretazione gnostica. Nella difesa e professione di fede dell'autore “personalità” e “insegnamento” non contano assolutamente nulla. Siccome egli fu un uomo chiaramente intelligente e altamente erudito, non sarebbe irragionevole concludere che egli considerò i vangeli come testi scritti per l'edificazione dei cristiani, ma di nessun valore come un ricordo di eventi reali. Nelle epistole non c'è nessuna prova di qualche impressione che fosse stata fatta da una “personalità” umana.
Al giorno presente la storicità di Gesù non è niente più che un'ipotesi non supportata da alcun documento che meriti di essere qualificato come storico. È mantenuta sul fatto che il cristianesimo non si possa spiegare altrimenti. L'ipotesi è legittima, ma è adeguata? C'è comunque una giustificazione sufficiente per la presentazione e la considerazione imparziale di una teoria alternativa.

NOTE

[1] Contra Celsum, 6:28.

[2] Confronta l'unione di Nous con Logos nella dottrina setiana. È possibile che la favola gnostica dell'unione del Salvatore con Sofia rifletta allegoricamente l'amalgama della Parola colla Sapienza.

[3] Hauptprobleme der Gnosis, pag. 240-246.

[4] La Didachè nella sua forma originale potrebbe essere stata più antica di questo, ma la data dei passi in cui si presenta il nome “Gesù”, sebbene evidentemente antica, è incerta.

[5] Contra Celsum, 8:59.

[6] Per paralleli ebraici, si veda J. M. Robertson, Christianity and Mythology; e per paralleli greci, Epitteto, Seneca, e Marco Aurelio passim.

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