sabato 7 aprile 2018

Sull'origine e antico significato del cristianesimo (5) I “Logia” o Insegnamenti di Gesù.

(giunge da qui)

5. I “LOGIA” O INSEGNAMENTI DI GESÙ.

Esattamente che cosa contenessero quelli “Oracoli” noi forse non lo sapremo mai. Ma è più probabile che la storia della crocifissione e resurrezione fosse assente. Tuttavia l'idea della croce c'era, data in Matteo 10:38. Le porzioni principali dei “Logia” sembrano essere state:
Il Discorso della Montagna.
Le Parabole del Regno.
Detti isolati, ma importanti.
Tutti quelli furono composti dalla Chiesa, alcuni che erano idee che venivano discusse nelle chiese, e alcuni detti che riflettevano le esperienze della Chiesa (oppure della prima Comunità).
Essi implicano che la Comunità era stata stabilita da alcuni anni. Da qui essi non potevano essere stati di un maestro che insegnò per un anno o due proprio al principio del movimento cristiano. I “Logia” crebbero, ma i documenti citati da Matteo e Luca erano due versioni dei “Logia” composti dopo il 70 E.C.

(1) Il “Discorso della Montagna”

L'idea di una nuova legge data da una montagna richiama la Legge data a Mosè sul monte Sinai, mente i Dodici Discepoli richiamano le Dodici Tribù di Israele. Il “Discorso” è così una composizione da pensieri selezionati gradualmente dalla Chiesa antica a partire da scritti e detti ebraici, principalmente allo scopo di illustrare la nuova vita di Cristo di giustizia interiore, più grande di quella degli scribi e dei farisei che proponevano regole esteriori di condotta e rituale. Questo doveva realizzare la grande profezia di Geremia secondo cui Dio avrebbe “posto la mia legge nel loro animo, scritta sul loro cuore” (Geremia 31:31-34). Luca dà il “Discorso” in numerosi contesti separati, immaginati in maniera arbitraria: Luca 6:20-49, 6:1-13; 12:22-32. I due compilatori avevano due versioni dei “Logia” di fronte a loro.
Ora è necessario indicare brevemente l'origine e il significato del “Discorso” come la nuova legge di vita cristiana.

(a) L'Origine del Discorso della Montagna

Qui i detti non sono originali, ma compilati a partire da pensieri ebraici, esposti negli incontri della prima Comunità da capi ben versati nella letteratura ebraica, e da altri. Pietro, Giacomo e Giovanni non erano ignoranti pescatori di Galilea, ma uomini di cultura ebraica, profondi pensatori che erano dediti a cogliere la migliore devozione ebraica e alessandrina del loro giorno. Per di più, i Logia si svilupparono lentamente. Molti spiriti confluirono verso la loro composizione. Il “Cristo” parlava nel mezzo dei primi incontri di gruppo nel culto di Cristo, come ora nelle riunioni della Society of Friends. Poca attenzione si prestava all'oratore. Egli non era che un canale per il Cristo, presente dove anche solo pochi si fossero riuniti “nel Suo nome”, nel Suo spirito e nella Sua mente. L'ideale d'Amore interiore era questo spirito, ed era una vita d'amore progressiva che si apriva di fronte a quei primi cristiani.
La giustizia interiore consisteva di umiltà, sincerità, perdono, purezza e fiducia in Dio come lo Spirito del Padre.
I termini in cui questo interiore ideale di Cristo si esprimeva traggono la loro origine nella letteratura ebraica corrente in quel giorno.
I confronti seguenti indicheranno chiaramente che il “Discorso” non è una produzione originale dello Spirito di un unico Maestro chiamato Gesù, l'unica incarnazione in un uomo del “Figlio di Dio” eterno, ma una composizione graduale da parte della Comunità nella quale “Cristo” si era incarnato.

LE IDEE NEL “DISCORSO”. LE STESSE IDEE IN SCRITTI PRE-CRISTIANI.
Matteo 5:3-4 : “Beati i poveri in spirito ... Beati gli afflitti”. Isaia 61:1-2 : “Una buona novella agli umili (poveri pii) ... per consolare tutti quelli che fanno cordoglio”.
Matteo 5:5 : “Beati i miti, perché erediteranno la terra”. Salmo 37:11 : “Ma i mansueti possederanno la terra e godranno di una grande pace”.
Matteo 5:8 : “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Salmo 24:3-4 : “Chi salirà al monte dell'Eterno? Chi starà nel suo santo luogo? L'uomo innocente di mani e puro di cuore”
Matteo 5:9 : “Beati gli operatori di pace”. Libro dei Segreti di Enoc 52:11 : “Benedetto chi pianta la pace”. [Il “Libro dei Segreti di Enoc” fu scritto all'incirca tra l'1 e il 50 E.C., dice il dottor Charles. Era in esistenza prima del 70 E.C., e così potrebbe essere stato utilizzato per i “Logia”.]
Matteo 5:16 : “Vostro Padre che è nei cieli”. Siracide 23:1,4 : “Signore, padre e padrone della mia vita ... Signore, padre e Dio della mia vita”.
Matteo 5:28 : “ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ecc.” Siracide 9:5 : “Non fissare il tuo sguardo su una vergine, per non essere coinvolto nei suoi castighi”. Si veda Giobbe 31:1, 7, 9: “Io avevo stretto un patto con i miei occhi; come potevo io [un uomo sposato] quindi fissare lo sguardo su una vergine?”
Matteo 5:34-37 : “Non giurate affatto... Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no”. Libro dei Segreti di Enoc 49:1 : “Vi giuro, figli miei, ma io non giuro per giuramento, né per il cielo né per la terra, né per nessun'altra creatura creata da Dio”.
Matteo 5:39 : “Ma io vi dico di non opporvi ad un torto”. (la traduzione di Moffatt; poiché il greco è al neutro; così McNeile; e non si riferisce al Diavolo. [Significa non essere vendicativi, non offendere l'aggressore.] Libro dei Segreti di Enoc 50:3 : “Ogni colpo e ogni ferita e bruciatura e ogni parola cattiva se vi vengono addosso a causa del Signore, sopportateli”.
Matteo 5:43 : “Amate i vostri nemici”. Libro dei Segreti di Enoc 50:4 : “Se vi vengono addosso a causa del Signore, sopportateli, e pur potendo darli in restituzione, non restituiteli al prossimo, perché é il Signore che restituisce ed egli vi sarà di vendicatore nel giorno del grande giudizio”.
Matteo 6:6 : “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, ecc.” Isaia 26:20 : “Va', o popolo mio, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte dietro a te; nasconditi per un istante”. [Stessa fraseologia, sebbene l'idea non è esattamente riguardante la preghiera.]
Matteo 6:9-12 : “Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; rimetti a noi i nostri debiti”. [L'idea di peccati come debiti è “completamente ebraica”: McNeile.]  Shemoneh-esrei, una collezione di preghiere ebraiche raggiunse la sua forma finale nel 70 E.C., ed esisteva prima ancora. “Tu sei santo, e il Tuo nome è santo... Perdonaci, o Padre nostro.” Il Kaddish ha: “Possa regnare il suo regno” (McNeile, pag. 77).
Matteo 6:14-15: “Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, ecc.”, “se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”. Testamenti dei Dodici Patriarchi (vedi sopra) e Siracide 28:2 : “Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati”. [Esattamente il pensiero di Matteo 16:14-15, e in connessione anche con la preghiera] 
Matteo 6:19 : “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano”. Segreti di Enoc 51:2 : “Non nascondere il tuo argento nella terra”.
Matteo 6:22 : “La lucerna del corpo è l'occhio”. Proverbi 20:27 : “Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore che scruta tutti i segreti recessi del cuore”.
Matteo 7:7 : “Cercate e troverete”. Proverbi 8:17 : “Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno”.
Matteo 7:12 : “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. Tobia 4:15 : “Non fare a nessuno ciò che non piace a te”. Levitico 19:18 : “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Matteo 7:13-14 : “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione”. Siracide 21:10 : “La via dei peccatori è appianata ... ma al suo termine c'è il baratro degli inferi”. Geremia 21:8 : “Dice il Signore: Ecco, io vi metto davanti la via della vita e la via della morte”. [Le parole erano attribuite dal profeta solo ad una Persona Jahvé, o la Vita Infinita immaginata come una Persona. Così il discorso fu attribuito dai cristiani al Signore Cristo.]
Matteo 7:23 : “Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità”. Salmo 6:8 : “Allontanatevi da me, voi tutti operatori d'iniquità”.

[Friedlander e altri hanno collezionato parecchi paralleli.]
Questi sono i paralleli, e sono così numerosi che dimostrano che il “Discorso” non è un discorso, ma un mosaico prodotto gradualmente di raffinate idee spirituali, elaborate nella prima comunità, e che formavano la giustizia interiore di fede e amore illimitati, che era “più grande di quella degli scribi e farisei” (Matteo 5:20). Il “Discorso” era composto quando i cristiani erano stati perseguitati (verso 10), quando essi erano riconosciuti come il sale della terra (verso 13), quando essi avevano sperimentato preoccupazione riguardo gli alimenti (6:32), quando falsi maestri erano sorti nel loro mezzo (7:15).


(b) Il Significato del Discorso della Montagna. — Matteo 5.

I miti e sinceri (puri di cuore) avevano già il Regno di Dio. Esso era cominciato sulla terra (Luca 17:21). L'etica del “Discorso” non è semplice “etica temporanea”, valida per un breve tempo finché il Cristo sarebbe venuto. Amare è una legge eterna — pregare e perdonare ed essere puri e trattenersi dall'ira —speriamo che non si rinunci a quelle cose nel giro di pochi anni! I giuramenti sono proibiti, poiché un Sì e un No sono sufficienti. Impegnarsi in un giuramento per assicurare una persona che ciò che dici è vero rende la luce del Sì e del No.
Matteo 5:38-42 ha dato origine a parecchia discussione. Esso dice in effetti: Nell'antichità, gli uomini seguivano la legge del taglione, ma tutto quel processo vendicativo deve terminare. Non devi recare torto a coloro che ti fanno torto. Piuttosto sopporta più offesa se essa arriva. (a) Sii pronto ad uno schiaffo sull'altra guancia; (b) il tuo mantello interiore proceda se quello esteriore ti viene tolto in un tribunale; (c) se sei costretto per forza a trasportare valigie per un miglio, sii pronto a percorrerne due se tu puoi aiutare altri così; (d) se un uomo esige denaro con la forza, come “dono” o “prestito”, che lo abbia e non chiederlo indietro!
Così sono presentati quattro esempi di offesa. Essi sono intesi ad essere presi come figurano, non intesi a significare il contrario. Matteo 5:42, “Da' a chi ti domanda...” è stato posto nel modo sbagliato. Luca 6:30 ha l'idea vera: “Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo”. É il caso di un torto da parte di un mendicante minaccioso (si veda il Commentario dell'anziano dottor Bruce sui passi).
La forza utilizzata semplicemente per allontanare una minaccia da sé stessi o da un altro, o per trattenere un uomo malvagio per il suo bene potrebbe essere un atto giusto.
Poi seguono (in Matteo) le parole “Amate i vostri nemici, ecc.”. I nemici = i persecutori ebrei della Chiesa, e non semplici nemici privati. Così le parole sono applicabili ad una nazione, sebbene finora non c'è nessuna nazione cristiana che obbedisce loro. Uccidere o bastonare i propri nemici non equivale ad amarli e a cercare il loro bene.   


Matteo 6.

In Matteo 6:1-18, si esorta di nuovo alla sincerità, e si danno tre esempi: elemosina, preghiera e digiuno. La (cosiddetta) Preghiera del Padre Nostro è una collezione di brevi preghiere ebraiche poste assieme, non come un modello di preghiera, ma come un esempio di brevità nella preghiera, come dimostra il contesto. Questa preghiera si deve fare in uno spirito che perdona, poiché solo coloro che obbediscono all'ideale morale possono pregare davvero. La preghiera è ascoltare, e avere fiducia in, ciò che vuole Dio.
Il cristiano dev'essere libero dal culto di Mammona, la passione per la ricchezza e la fiducia riposta in essa. Egli dev'essere pronto alla semplicità, e facendo quotidianamente il suo lavoro, egli deve affidarsi a Dio per il suo nutrimento! Egli non deve accumulare un tesoro in denaro.
L'ansia non aiuta nessuno, ma rende meno adatti gli uomini a ben operare. I cristiani devono vivere senza timore neppure della povertà o del dolore, poiché i mali che non possono superare possono mutarli in bene spirituale.


Matteo 7.

(Matteo 7:3-5 è una parte nuova sull'aiuto degli altri per sbarazzarsi delle loro mancanze). In 7:1 “Non giudicare” significa qui “non condannare alla punizione” (sociale o criminale). (Si veda il Greek Testament di Alford e riferimenti). Luca 6:37 “Non giudicate ... non condannate ... perdonate” mostra che questo è ciò che è inteso in Matteo 7:1-2. Poi Matteo 7:1: “Per non essere giudicati”, ossia, da Dio (questa pena è in realtà auto-imposta sull'anima) come in 6:14-15; Marco 11:25-26. L'idea è in realtà paolina, e profondamente vera. C'è un regno di relazioni legali nella morale. Se un uomo si attiene a ciò ed esige riparazione, vendetta, rappresaglia, punizione di colui che gli ha fatto un torto (oppure alla società nella quale è, poiché la società è in realtà un numero di individui), allora quell'uomo vendicativo sarà giudicato dalla legge. Romani 2:12: “Quanti invece hanno peccato sotto la legge (la legge gentile o ebraica), saranno giudicati con la legge”. Ma c'è una sfera più elevata, il regno cristiano “dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù” (Romani 8:2), la “fede (in Dio come Amore) che opera per mezzo della carità.” (Galati 5:6), che è il cuore del cristianesimo. Coloro di quella sfera, amano, ed appartiene loro una nuova giustizia interiore, più grande di quella dei farisei (Matteo 5:20). Allora essi non condannano a morte. Ognuno che ha fatto del male può essere denunciato, e si può provare dolore per lui. Se è un pazzo oppure un ubriaco confermato oppure un criminale debole di spirito, egli potrebbe essere confinato e trattato con apposite cure, e gli si potrebbe insegnare ad essere un utile cittadino: ma il cristiano, l'uomo ragionevole del futuro, deve elevarsi al di sopra del legalismo che condanna a punizioni.
La via del perdono è illustrata in Giovanni 8:11, dove la legge criminale era messa da parte da un metodo più elevato. L'uomo che perdona così è perdonato da Dio, “rilasciato”  dall'auto-imposto Giudizio Divino; ossia, egli è in una nuova sfera d'esistenza, nel regno dell'Amore.
La debole obiezione di solito sollevata (ad esempio, da Von Bernhardi) contro la rinuncia cristiana di tutti i metodi penali con i malfattori, è che le parole del Discorso della Montagna si applicano solamente a querele private, non a materie dello Stato o delle nazioni: come se quelle fossero qualcosa di più di insiemi di individui. Se due persone possono rinunciare a ritorsioni, due milioni possono fare così. L'esortazione ad “amare i tuoi nemici” significa tutti, sia nemici pubblici che privati, poiché la parola all'inizio significava “stranieri” (gentili), si veda Matteo 5:38, “Voi avete udito che fu detto: Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”. Inoltre, l'applicazione speciale era alla nazione ebraica che perseguitava la Chiesa. Così non era in alcun modo soltanto una disposizione privata. Il cristiano non deve recare un male, quando egli rappresenta altri oltre a sé, il quale male egli non farebbe quando rappresenta solamente sé stesso. Prendersi la vendetta o uccidere è male in sé stesso. Sarebbe altrettanto ragionevole parlare di un sacro infanticidio, oppure di un sacro adulterio, come parlare di “una guerra santa”. Tutto il male fatto agli uomini è proibito. La vendetta, da parte di un solo uomo o da molti rappresentati da uno solo, è sempre proibita: poiché il cristiano è in un nuovo regno dello Spirito. Ora egli conquista il male sprigionando gentilezza in maniera illimitata. Ogni forza fisica che egli sempre usa è per aiutare e benedire, non per danneggiare gli uomini. I risultati negativi che seguono una cattiva azione dovrebbero essere naturali e auto-imposti, come un mal di testa che segue un'orgia, l'alienazione che segue l'ira, oppure un bambino che perde un pasto se egli vi tarda deliberatamente.
Si richiede che la pena legale (ad esempio secondo il diritto penale) non è affatto una vendetta, ma necessaria per mantenere l'ordine tra gli uomini. In realtà c'era più crimine quando c'erano più penalità. Ma è detto che se non ci fosse nessuna di tali sanzioni, i furti sarebbero abbondanti, gli assalti e omicidi aumenterebbero. Questo equivale a supporre che non vi fosse  presente una più elevata, più forte difesa contro il male. Ma il cristiano rivela quella forza più elevata. Potrebbe essere un poliziotto, del nuovo tipo di “guardiani”, uomini che aiutano a mantenere ordine con metodi cristiani di buona volontà: usando ogni forza fisica solo a quello scopo.
Ma la legge criminale non è semplicemente quella. È il sentimento di rappresaglia della società contro chiunque faccia un torto alla società, oppure ad ogni persona in essa; è il vecchio Adamo, è vendetta incarnata, risale alla legge dell'“Occhio per occhio”, la quale legge il cristianesimo abolì. Nella Legge romana delle Dodici Tavole (451 A.E.C.) il furto conduceva ad un'azione civile per i danni, e la punizione così era realmente una vendetta. La legge organizzava questa vendetta. La moderna cattiva disposizione nei confronti di un assassino è non-cristiana. Ora è anche non-scientifica, dal momento che tutta la società ha prodotto l'assassino e il ladro. Il peccato è un'esortazione alla vergogna ed educazione sociale, non alla punizione alla dura fatica per anni, un processo che indurisce un uomo. Così non solo la vendetta privata, ma la rappresaglia legale tramite la Guerra e la Legge criminale sono condannate dal Discorso della Montagna, e i cristiani devono evitare di favorire ancora quei metodi efferati e peccaminosi. Un cristiano è più di un cittadino.
Il “Discorso” espone così la vita interiore di Cristo, che è una vita che dona vita, assieme ad una fiducia che questa vita è “sostenuta” dalla Tendenza di tutte le cose, ossia, da Dio. É Amore, affidamento sull'Amore come il principio dell'Universo. Questa è la giustizia interiore mediante cui ogni anima potrebbe essere una cosa sola con Dio.
Si potrebbe dire che “Gesù” sia questa vita considerata come una persona divina. In realtà egli è il principio divino. Ma in quei giorni personificare ogni forza naturale o principio ideale era la maniera del pensiero umano. “Venire a Gesù” equivale ad apprendere questo ideale di Cristo. “Accettare Cristo” equivale ad accettare questa maniera di vita come la propria. “Trovare Cristo” equivale a percepire questo divino impulso d'Amore Interiore. “Per me infatti il vivere è Cristo” (Filippesi 1:21) significa che la fede (nell'unità d'Amore di tutte le cose), attivata dall'amore, è il principio della propria vita, giorno per giorno (Galati 5:6). Gesù è la “Via” a Dio, poiché “chiunque ama (per abitudine) è generato da Dio e conosce (è in comunione con) Dio” (1 Giovanni 4:7). Quando la Comunità fu espulsa, perseguitata dagli ebrei, si trovò che l'Amore significa sofferenza in questo mondo, e la Via Crucis venne a descrivere questo Percorso nel Mondo. Tale è la via di salvezza.


(2) Le Parabole del Regno sono date in Matteo 13 e 25, Luca 15, e altri capitoli. Implicano un tempo quando il cristianesimo era stato in esistenza per anni, e così non potevano essere state composte da un uomo Gesù proprio all'inizio del cristianesimo.
Implicano che la Chiesa pensava che la Parusia fosse stata ritardata (Parabola delle Vergini), che alcuni membri della Chiesa, o della Comunità più antica, erano stati in prigione, ed erano stati visitati da altri membri (Matteo 25:36). “Tare” si erano sviluppate nella Chiesa. Gli ebrei avevano respinto il culto di Cristo, e la nazione sarebbe stata “sradicata” come un albero di fico che reca solo foglie.
Dire che Gesù, un uomo di Nazaret, pronunciò tutte quelle parabole con una conoscenza del futuro è difficilmente possibile, poiché le parabole a volte implicano gli stessi pensieri della Chiesa, come le loro idee sulla ritardata Parusia, oppure sulla malvagità degli ebrei che “uccisero” il Cristo (si veda la parabola dei vignaioli malvagi — Marco 12:1-12), una produzione successiva, come riconoscono parecchi studiosi.
La maniera in cui era la Comunità a comporre o collezionare  gradualmente quelle parabole — parecchio tempo dopo il 70 E.C. — si chiarirà con un po' di esempi. 


La Parabola del Seminatore ci apre l'interpretazione cristiana più antica dell'esperienza cristiana nell'idea del Logos seminato negli uomini. L'esperienza era dell'Ideale d'Amore come una giustizia interiore (si veda Matteo 5 e Ebrei 8:8-12, che cita Geremia 31), più grande della giustizia dell'osservanza di regole esteriori, come quella che insegnavano gli scribi. L'interpretazione era mediante il pensiero ellenistico che era stato giudaizzato da Filone. Gli stoici insegnavano il “Logos spermatikos” che permea le esistenze degli uomini. Filone definì questo l'Immagine di Dio, il Paraclito, la Roccia, l'Unigenito Figlio di Dio, l'Uomo Primigenio. La Parabola del Seminatore dice in effetti — Dio sparge il Logos come semi nelle vite umane. Il Logos è il principio della vita nelle anime, ed è seminato da Dio nei diversi corpi o nature animali degli uomini. La parabola in Marco e Matteo è stata spesso fraintesa. Il seme non è il vangelo, ma esiste come semi, ossia, come anime diverse. La traduzione in Marco 4, dovrebbe essere: “”: e in Matteo 13 dovrebbe essere: “Quanto a lui che è seminato sulla strada ... lui che è seminato in luoghi rocciosi...  lui che è seminato tra le spine ... lui che è seminato sulla buona terra” (Moffatt). Il seme sono le anime, seminate da Dio come aspetti del Logos, nella forma di corpi delle vite umane. L'idea è gnostica e pre-cristiana. Dio fa seminare al Logos la sua vita come semi o tipi di anime.
La Parabola del Seminatore si trova nella citazione di Ippolito dai testi di gnostici cristiani, chiamati i Naasseni, che erano probabilmente cristiani del primo secolo. “Giacché il fine — spiegano [i Naasseni] — sono i semi sparsi nel mondo dal Senza-forma, attraverso cu tutto il mondo viene realizzato. Da lui infatti ha cominciato la sua esistenza. E in tal senso — dicono — è stato detto: “Uscì il seminatore a seminare: alcuni semi caddero lungo la strada e furono calpestati; altri su un terreno sassoso e germogliarono, ma poiché non avevano profondità si seccarono e morirono; altri infine caddero sulla terra ferma e fruttificarono, chi cento per uno, chi sessanta, chi trenta. Chi ha orecchi per intendere, intenda”. La loro spiegazione è la seguente: nessuno diventa discepolo di questi misteri eccetto i soli gnostici perfetti”.
La più antica interpretazione dell'esperienza cristiana era probabilmente quest'interpretazione di Dio che semina il Logos, differenziato in anime-semi, seminato come vite umane sul mondo: un'interpretazione ellenistica, e tuttavia qui è nei vangeli!
Ora la parola “Cristo” sarebbe stata presto utilizzata per questo Logos, poiché Filone chiamò il Logos “Figlio di Dio” e questo era il titolo del Cristo, per un ebreo.
Nel Nuovo Testamento Cristo è chiamato il Logos in Ebrei 4:12, Giovanni 1:1-4, Apocalisse 19:13. “Il suo nome è chiamato il Logos di Dio” (Moffatt). Ebrei 4:12 recita: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito”. Tale era Cristo nei cristiani (Colossesi 1:27, “Cristo in voi”). Così il Dio interiore era chiamato Logos e Cristo. L'ideale d'Amore era così personificato e proiettato.
Egli era chiamato “Salvatore” poiché gli gnostici pre-cristiani parlavano del Logos come Salvatore (Soter). Da qui venne adottato il nome Gesù, poiché Gesù = Giosuè = Salvatore, oppure si pensava che fosse così la traduzione, si veda Matteo 1:21.
La Parabola del Seminatore ci aiuta a vedere come “Cristo” giunse ad essere il nome per il Dio esperito dai cristiani nei loro cuori (Geremia 31:31-34). Accadde attraverso l'idea stoica del “Logos” che Filone aveva recato nel pensiero ebraico e chiamato “Figlio di Dio”. Il sincretismo era l'ordine di quel giorno. Cumont (Ghent) aveva raccontato di una setta in Asia Minore presso quel tempo il cui dio era Jahvé-Attis: una strana combinazione (si veda “Hypsistos” di Cumont).
Non è difficile vedere che gli ebrei ellenistici, istruiti nella devozione di un amore umile, come insegnato dai Testamenti dei Dodici Patriarchi, e interpretando questo percepito impulso d'Amore come il Logos che tutto pervade, dovessero chiamarlo Cristo, il quale, secondo il Libro di Enoc, era già esistente nel mondo invisibile. Lo chiamarono Cristo, e percepirono che il Regno di Dio era iniziato così nel loro culto e nei loro cuori. La Parabola del Seminatore espresse questo per gli iniziati, ma non fu afferrata da quelli esterni (si veda Marco 4:10-13; Matteo 13:10-17 su questa distinzione).
Un altro indizio che i detti evangelici non sono una Storia di quel che fu pronunciato da un uomo Gesù, è dato nella probabilità che parti di quei detti erano originariamente in una forma poetica, oppure almeno in un parallelismo ebraico. La Traduzione del dottor Moffatt offre molti passi in prosa poetica inglese sebbene non tutti di quelli erano in una forma poetica greca o ebraica: ma alcuni probabilmente lo erano. Il dottor Burney ha sostenuto che la Parabola del Giudizio Finale in Matteo 25:31-46 era originariamente in una forma poetica ebraica. L'Antico Testamento possiede molti grandi parallelismi poetici, specialmente nei suoi scritti profetici — nelle Lamentazioni e nei Salmi, come: “Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l'uomo”, oppure “Una mano essa stese al picchetto e la destra a un martello da fabbri” (Giudici 5:26); si veda Zaccaria 9:9 : “cavalca un asino, un puledro figlio d'asina”, il cui passo è utilizzato erroneamente in Matteo, come se due animali fossero intesi. Il dottor C.F. Burney dice: “È un fatto interessante che se la parabola del Giudizio Finale è tradotta in ebraico biblico cade immediatamente in una forma ritmica, altrettanto regolare e sorprendente quanto le forme che si trovano nei libri profetici e poetici dell'Antico Testamento. Perfino la traduzione inglese suggerisce questo, come nelle parole:
“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere;
ero forestiero e mi avete ospitato,
nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi”. 
Il dottor Burney suggerisce che la poesia era “un nuovo strumento” tramite cui Gesù veicolò la verità, e tale metodo fu utilizzato da profeti ebrei. Ma sicuramente gli scritti del profeta non erano la forma dei loro ardenti discorsi popolari. I loro scritti comportavano arte e composizione. E le forme poetiche nei detti dei vangeli comportavano una composizione artistica, cioè, quella dei cristiani orientati spiritualmente, i quali composero i passi poetici. Questo scrittore sembra qui aver utilizzato nella sua composizione i Testamenti dei Dodici Patriarchi (Giuseppe 1:5-6) come pure il Libro di Enoc — poiché il primo dice:
 “Fui venduto come schiavo, e il padrone di tutte le cose mi liberò;
fui preso come prigioniero, e la Sua mano forte venne in mio soccorso;
fui tribolato dalla fame, e il Signore stesso mi nutrì
”.

Pensare di un contadino Gesù, che utilizzava un'arte poetica letteraria nella composizione di un discorso per pescatori, è difficilmente possibile.
La parabola dipende dal Libro di Enoc nella sua descrizione del Figlio dell'Uomo assiso sul trono della gloria. 

La Parabola del Servo Malvagio ha probabilmente la sua origine nella storia di Akihar, data in “Pseudepigrapha”, che ha pubblicato il dottor R. H. Charles. La storia, al pari di quella di Tobia, sembra essere folclore, ed è un racconto di ingratitudine. Si presenta nel supplemento delle Notti Arabe. Akihar (nella storia) fu il Gran Visir di Sennacherib, re d'Assiria, intorno al 702 A.E.C. Egli adottò suo nipote come suo figlio, ma fu tradito da lui presso il re. Akihar, comunque, sfuggì alla morte e si nascose per anni. Poi egli venne reinsediato, e imprigionò il figlio adottato Nadan, e gli raccontò parabole — finché egli morì! Il Libro di Tobia allude alla storia (1:21). Il linguaggio della storia ha colorato la parabola del servo malvagio in Matteo 24:48-51, quanto alla punizione dei servi e delle serve. Nadan fu insediato dal re al posto di suo zio Akihar, presunto morto. “E Nadan cominciò ad afferrare i servi e le ancelle e crudelmente li tormentò...e diede loro una sonora batosta” (4:15).
Se non si tratta della fonte della parabola nei vangeli essa dimostra come gli ebrei componevano tali parabole, o folclore, o midrashim, oppure adattavano storie correnti per scopi religiosi o etici.


È stato mostrato che la Parabola del Figliol Prodigo è composta a partire dagli scritti di Filone. La parola greca tradotta “dissolutamente” in Luca 15:13 non si trova di nuovo né nel Nuovo Testamento e neppure nella traduzione greca dell'Antico Testamento, ma si presenta in Filone. Così l'utilizzo delle parole “abitanti” e “anello” indicano una dipendenza da Filone. Le parole reali di Filone sono come seguono: “Dio non è un tiranno. ·. . Lui è piuttosto un Sovrano. E non c'è titolo più appropriato per un sovrano del nome di Padre. I genitori non sono del tutto indifferenti ai figli perfino prodighi (figli dissoluti), ma, avendo compassione delle loro sfortunate condizioni, sono attenti e preoccupati per il loro benessere. . . . Essi danno anche di più a quei figli invece che a quelli che sono sempre stati bene educati. I figli prodighi non avevano altra speranza se non nei loro genitori, oppure se ne sono delusi, saranno spogliati anche delle minime necessità di vita. Quindi Dio, che è il Padre di tutti gli esseri razionali, si prende cura di tutti coloro dotati di ragione, anche di coloro che vivono in maniera peccaminosa”.
In un altro frammento di Filone ci sono quelle parole:Dove ci sono due figli, uno buono e uno malvagio, il padre dice che benedirà (questo verbo greco si trova solo in Luca nel Nuovo Testamento, e in Filone) quest'ultimo, non perché preferisce lui a suo fratello che è migliore, ma perché lui sa che il bravo figlio può, per il suo stesso merito, seguire la strada giusta; mentre il figlio malvagio non ha nessuna speranza di salvezza senza la preghiera del padre (Traduzione di Bohn 4:223,4; 278-279).
Così la parabola del figliol prodigo non è originale in Luca. È elaborata dagli scritti di Filone, da cui dipendeva l'ignoto compilatore del Terzo Vangelo: oppure le fonti che il compilatore utilizzò dipendevano da Filone, come ha mostrato il reverendo G. Friedlander nel suo libro “The Grace of God”.


La Parabola delle Dieci Vergini implica che si pensava che il regno fosse ritardato: da qui dev'essere trascorso un lungo periodo dall'inizio del cristianesimo prima che la parabola potesse essere stata composta nella Chiesa.
Le parabole dei vignaioli malvagi e del banchetto del matrimonio implicano che gli ebrei avevano respinto il cristianesimo. Quelle parabole furono composte allora dalla Chiesa, dopo il 70 E.C.


(3) Detti isolati ma importanti occorrono anche nei “Logia”. Pronunciamenti simbolici nella Chiesa divennero convertiti in storie letterali come se fossero a proposito di un uomo Gesù: ad esempio, “permettimi di andar prima a seppellire mio padre”, “prima lascia che io mi congedi da quelli di casa” — quelle come richieste letterali, negate da Gesù, sarebbero massimamente improbabili, se prese letteralmente. Nell'Oriente, dove tutto si muove lentamente e la devozione filiale è così forte, detti del genere potevano soltanto essere utilizzati metaforicamente. Un ebreo (Gesù) non avrebbe mai negato che aspiranti discepoli dovessero dire addio ai loro genitori. Quei detti erano pronunciamenti parabolici nella Chiesa per ogni nuovo discepolo che avrebbe potuto essere materialista nell'animo. In Matteo 10 (dai Logia) abbiamo un capitolo importante che implica che i cristiani erano stati perseguitati e le famiglie erano state divise dalla verità del vangelo. Ma il tutto è attribuito a “Gesù”, come se pronunciato da un uomo. In realtà era pronunciato da “Gesù” vivente nella comunità, e non poteva essere stato emesso al principio del cristianesimo.
Il detto in Matteo 11:25-30, Luca 10:21-22, è importante; specialmente quelle parole:
“Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo ... venite a me, ecc.”.
Alcuni hanno sottolineato che questo prova che Gesù avesse saputo di essere divino. Ma il linguaggio è quello di Siracide 51:23-27: “Avvicinatevi, voi che siete senza istruzione... Sottoponete il collo al suo giogo... Vi trovai per me una grande pace”.
Le idee sono della Scuola paolina e sono attinte da 1 Corinzi 1:19-21; 3:1: “Nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza (ebraica o greca), ecc.” — mentre “bambini” (la stessa parola greca) è utilizzata a proposito degli umili iniziati cristiani: si veda Isaia 29:9-24.
Inoltre che la dottrina sia qui quella della Chiesa concernente “Cristo”, e non di un uomo Gesù, è chiaro dal confronto con i “discorsi” nel Quarto Vangelo dove “il Figlio” e “il Padre” sono di occorrenza frequente; si veda 8:35: “venite a me” significa pentirsi sinceramente.
Così Marco 23:1-12 racconta della preoccupazione nella Chiesa, che emerse perché alcuni cristiani si definivano Maestri, Capi, Rabbini. La storia di Marta e Maria (Luca 10:38-42) è realmente simbolica dell'ebreo e del cristiano. Quelli sono opposti — l'ebreo preoccupato orientato alla legge e il cristiano dalla mente umile confidente in Cristo soltanto (“una sola cosa è necessaria”). Le parole “ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce” (Luca 12:4-12) indicano che i cristiani tenevano incontri segreti. Il Cristo nel loro mezzo (Luca 17:21) pronunciava loro quelle parole.
Luca 21:20 menziona in realtà la distruzione di Gerusalemme, ed è implicata anche in Marco e Matteo.
Così i Logia mostrano la vita dell'agitata comunità, non le parole di un maestro che fu supposto di aver iniziato il cristianesimo.
Vedremo che anche il vangelo di Marco rappresenta la cristologia di Cristo nella Chiesa, non la Storia reale di un ebreo in carne e ossa chiamato Gesù di Nazaret.

Nessun commento: