mercoledì 4 aprile 2018

Sull'origine e antico significato del cristianesimo (2) Le Esperienze dei Primi Cristiani.

(giunge da qui)

2. LE ESPERIENZE DEI PRIMI CRISTIANI.

Il cristianesimo cominciò in un gruppo di ebrei ellenistici dalla mentalità spirituale di Gerusalemme, uomini e donne che erano insoddisfatti dell'ebraismo ortodosso e delle “tradizioni” o nuove regole degli scribi. Essi sentirono un vasto spirito che si muoveva in loro. Era il Logos, come Filone aveva chiamato questo potere divino tutto-penetrante. In quanto ebrei essi chiamarono questo Logos “Gesù Cristo”, poiché Egli era il loro Salvatore, ed era il Messia che recava il Regno di Dio sulla terra. Esso era cominciato in effetti. Essi non dovevano dire “È qui”, oppure “È là”. Ecco il Regno era già nel loro mezzo! Poiché il Cristo era “dove due o tre” di loro pregavano assieme. Egli era “nel loro mezzo”. I loro atti di guarigione spirituale provarono anche che il Regno a lungo agognato alla fine era arrivato. Era un Regno d'Amore, poiché Dio è Amore. Erano beati i loro occhi che videro quelle cose. Da minuscoli inizi questo Regno crebbe, come un granello di senape, oppure come lievito, segretamente ma sicuramente. I poveri in spirito, gli umili e i miti, anime amanti in attesa, gli operatori di pace e quelli che lamentavano la propria condizione di indigenza — questi erano già nel Regno, visto che obbedivano al maestro invisibile, il Cristo, l'ideale d'amore spirituale che è il cuore stesso di Dio. 
Questa consapevolezza di Dio era il risultato, da una parte, di una successiva devozione ebraica, e, dall'altra parte, di una percezione ellenistica dell'Uomo Celeste o Sapienza o Logos. Eppure fu attraverso quelli uomini che vi era arrivata una reale rivelazione di Dio, tale come non era mai stata realizzata prima. Dal Libro di Enoc, gli ebrei attendevano la venuta imminente del Cristo. Ma quelle pie anime cristiane percepirono che Egli era venuto in maniera invisibile, poiché loro Lo stavano incarnando. Aspiravano anche alla sua venuta visibile. Così sorse un nuovo culto. Avvenne all'interno dell'ebraismo, al principio. Ma presto cominciò ad entrare in conflitto coll'esteriorità, il formalismo, il cerimonialismo ebraico. Riguardo il Sabato, le regole sul digiuno, sugli alimenti, sulla pulizia, sulle preghiere, accadevano dei conflitti tra scribi e cristiani. In quest'ultimi era sorta un'emozione collettiva, un Ideale d'Amore, e non sarebbe stata confinata da tali regole esteriori. Quelli uomini di Cristo erano attirati assieme da un magnetismo spirituale, da uno spirito comune di vita, chiamato “Cristo Gesù”, Salvatore Unto. Il Cristo era l'emozione d'Amore collettiva, personificata e proiettata, come se fosse una persona esterna a loro: proprio come Dioniso era la percepita forza vitale personificata e proiettata dai suoi adoratori. 
I cristiani più antichi erano stati educati come ebrei a considerare Dio il Potere che sostiene la Legge Morale. Fin da Amos (760 A.E.C.), questo era stato insegnato nell'ebraismo. L'universo è al fianco della giustizia, e contro la crudeltà: Dio resiste all'arrogante, ma dà forza all'umile; dai e ti sarà dato. Questa è la Legge Morale. In quei cristiani essa si concentrò
(a) in un'unica legge di Amore Illimitato.
(b) in un principio all'interno dei cuori degli uomini.
Così furono realizzate le parole di Geremia, che Dio avrebbe posto la Sua legge nei cuori degli uomini (31:31-34).
I cristiani sentirono questo principio d'Amore come un principio che realizzò la Legge. Essi sapevano che Geremia disse anche che il Messia sarebbe stato “Il Signore-nostra-giustizia” (23:5-6). Così i cristiani chiamarono “il Cristo” il loro interiore Ideale d'Amore Morale. Dissero che il Cristo era “nel loro mezzo”. Essi sentirono che l'Amore era più reale nella loro Comunità - si veda — 1 Giovanni 4:7 : “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama (i suoi prossimi cristiani specialmente) è generato da Dio e conosce Dio”. Quelle parole, sebbene scritte nel secondo secolo, esprimono ciò che fu sempre percepito nel vero gruppo della Chiesa.
“L'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori”, dissero i cristiani. Da qui l'amore era “il compimento della legge ebraica”. Devono aver bisogno anche di “amare i loro nemici, fare del bene a coloro che li odiavano” e di “benedire coloro che li perseguitavano”. Sapevano che “chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio: perché Dio è Amore. Si trattava di una liberazione spirituale e di un grandioso vangelo. Gradualmente giunsero ad essere elaborate sette mistici ritratti di Cristo. Poiché sopravvennero a quei cristiani più antichi diverse esperienze riguardanti il Cristo

(a) Il Cristo Che Insegna.

I cristiani, in virtù dell'impulso d'Amore che percepirono, selezionarono insegnamenti dagli scritti e detti ebraici, e vi aggiunsero parabole. Così emersero prime versioni dei “Logia” o Detti di Gesù. Era probabilmente non fino a dopo il 70 E.C. che qualcosa fu messo per iscritto. Ma dal 30 E.C. (all'incirca il tempo in cui cominciò il culto di Cristo) ci sarebbe stato un simile processo di selezione e meditazione su queste verità nelle riunioni dei cristiani.
Essi subito sentirono di aver superato le regole ebraiche, come le diedero gli scribi, sul Sabato, sul digiuno, sugli alimenti, sulla pulizia delle mani. Ma dal momento che subentrò un'opposizione quando parlavano di questo agli ebrei essi realizzarono che “vino nuovo necessita di otri nuovi”. Erano anime di spirito aperto che era necessario introdurre nel Nuovo Regno della vita spirituale, anime mosse da uno spirito non da mere regole di condotta esteriore.
Come un esempio di un posteriore testo ebraico di pensiero pio dal quale quei cristiani trassero ispirazione e idee di quel che il “Cristo” (Dio nelle loro anime) avrebbe insegnato, si prenda I Testamenti dei Dodici Patriarchi, composto intorno al 107 A.E.C. Consiste di dodici paragrafi attribuiti ai patriarchi — Daniele, Giuseppe, Issacar e così via. Vi sono un po' di interpolazioni cristiane; ma il libro costituisce un'unità, e i passi etici sono su un unico livello, un livello elevato di pensiero così che una frase qua e là non può essere isolata dal contesto, ed etichettata “un'interpolazione cristiana”, perché le capita di essere simile ad un detto dei vangeli.
I passi seguenti mostrano che c'era un cristianesimo anteriore al cristianesimo, e che il Discorso della Montagna non è assolutamente una produzione originale, ma contiene piuttosto il fior fiore delle migliori idee dell'ebraismo, selezionate dai cristiani in cui era sorto lo spirito di Cristo dell'Amore Ideale. “Nessuna cosa bella del prossimo ho desiderato. Inganno non c'é stato nel mio cuore, menzogna non é uscita dalle mie labbra. Con chiunque soffrisse, ho gemuto, e col povero ho spartito il mio pane. Non ho mangiato da solo; non ho spostato confini. Piamente mi sono comportato in tutti i miei giorni; ho custodito la verità. Il Signore (Dio)
ho amato e ogni uomo con tutto il mio cuore. Mostra compassione e misericordia senza esitazione per tutti gli uomini, e dai a ogni uomo con un buon cuore ... che il Signore possa avere compassione di voi. L'ira infatti é cattiva, figlioli miei. L'ira infatti é un accecamento. ... Quando uno parla contro di voi, voi non lasciatevi muovere all'ira. State lontani dall'ira, odiate la menzogna affinché il Signore abiti in voi e fugga da voi Beliar (il diavolo) ... Amate il Signore in tutta la vostra vita e fra di voi con cuore sincero ... E ora, figlioli miei, questa é la mia esortazione: amate ciascuno il suo prossimo e cacciate l'odio dai vostri cuori. Amatevi gli uni gli altri di cuore; e se uno pecca contro di te, parlagli in pace, senza nascondere inganno dentro di te; se poi si pente e confessa, perdonagli. Ma se nega, non bisticciare con lui, ché, se giurasse, tu faresti due peccati. Se poi é spudorato e insiste nel male, anche in questo caso perdonagli di cuore e lascia la vendetta a Dio ..... Nessuno tenga conto del male nei riguardi del fratello”.
Quelle ultime parole sembrano aver influenzato il tredicesimo capitolo di 1 Corinzi, dove la frase “l'amore non sospetta il male” significa in realtà “l'amore non tiene conto del male ricevuto!”.
Così, il Cristo che insegna non fu un uomo Gesù che insegna ai discepoli, ma era il divino spirito d'Amore nei primi cristiani, tramite cui essi selezionavano idee dall'ebraismo contemporaneo, e vi aggiungevano le loro stesse idee, e così producevano una collezione di verità etiche e spirituali, alcune delle quali vennero a concentrarsi nel mosaico luccicante di gemme chiamato Il Discorso della Montagna. Quel discorso non fu veramente un discorso, ma un lungo processo nella Chiesa posto dietro di esso. Implica, ad esempio, che erano avvenute persecuzioni, e che erano sorti falsi maestri e così non è un prodotto di un maestro Gesù, che insegnava al principio del cristianesimo.
Le epistole contengono altri decreti della Chiesa su materie di etica, sulla condotta della Chiesa, e sulla relazione dei cristiani col mondo e con lo Stato.
Il cristianesimo non è l'unica religione che racconta di un “Dio che insegna”.

(b) Il Cristo Che Guarisce.

Generalmente è stato ritenuto che ci fosse stato un uomo Gesù che “andò attorno facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal diavolo”, poiché così uno scrittore cristiano descriveva “il Gesù” attorno al 110 E.C. Ma un esame delle storie di guarigione condurrà probabilmente ad un altro risultato. È vero che vi erano alcuni primi cristiani in possesso di poteri guaritivi (1 Corinzi 12:9; Giacomo 5:13-16), e l'effetto dello spirito sul corpo è davvero reale, ma è anche davvero limitato, oppure i molti ospedali e manicomi non sarebbero così pieni come sono. La suggestione e la gioia possono aiutare il malato verso la salute, ma fanno ben poco per curare rapidamente le febbri, la pazzia, l'epilessia. Non resuscitano i morti alla vita. Da qui le storie nei vangeli di queste guarigioni e resurrezioni dei morti sono probabilmente storie simboliche.
Questo è confermato quando si ricorda che le profezie di Isaia che si riferiscono alle guarigioni del Giorno del Signore, sono realmente guarigioni dalla cecità e sordità spirituali. Quando Dio arriva “allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturate le orecchie dei sordi; allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto griderà” (Isaia 35:5-6); così in Isaia 6:9-10; citato in Matteo 13:14-15, l'espressione “così che io li risani” allude chiaramente alla guarigione dell'anima mediante la verità. Esempi di questo sono dati nel vangelo di Marco, e copiati da Matteo e da Luca.
Essi raccontano in forma simbolica dell'effetto spirituale della nuova verità nel controllo, illuminazione e conforto delle anime umane.
Spesso le stesse storie indicano questo. Gli indemoniati” chiamano Cristo “il Figlio di Dio”. Nel caso del paralitico, il punto principale della storia è che il Cristo (mediante la Chiesa) poteva perdonare i peccati. Il Centurione, il cui servo fu guarito, simboleggia i gentili, che stavano entrando nel regno prima degli ebrei. Nessuna fede del genere di quella che i gentili riponevano in Cristo si conobbe tra gli ebrei. Una storia del genere ha, come suo punto, qualcosa di spirituale, e non è in realtà una storia di una guarigione fisica: oppure non era tale nella sua forma originaria.
Nel caso della donna siro-fenicia, ricaviamo un'altra storia simbolica di come i gentili partecipavano alla verità.
Il racconto dell'uomo cieco che “seguiva” Gesù, significa un uomo spiritualmente cieco che seguiva la verità come essa è in “Gesù”, la via di Gesù della vita tramite offerta della vita, la via dell'Amore.
Il nutrimento dei cinquemila è in realtà una storia simbolica di Cristo come il pane della vita per la moltitudine, come lo spiega effettivamente il Quarto Vangelo (Giovanni 6). La storia è modellata sulle parole descrittive di Eliseo che divise un po' di pani d'orzo tra molti e ne ebbe a sua volta avanzati alcuni (2 Re 4:42-44). Numerose storie di Cristo sono basate su quelle di Elia ed Eliseo.
Le opere taumaturgiche del Cristo sono sintetizzate nell'idea che egli guarì coloro che erano “indemoniati”. Ora, nel Testamento dei Dodici Patriarchi, leggiamo che il Messia avrebbe mosso guerra agli spiriti maligni, ma quelli erano in realtà, non malattie, ma peccati personificati. Secondo quei Testamenti, i demoni causavano conflitti, orgoglio, fornicazione, ingiustizia, gelosia, ira.
Così negli scritti di Giustino Martire (150 E.C.), i demoni sono falsi dèi o false vie di vita, e non le cause di malattie. Essi sono detti responsabili della mitologia pagana. Essi causarono le sofferenze di Cristo e dei cristiani, e istigavano l'eresia.
Sebbene potrebbero esserci riferimenti in qualche letteratura ebraica, ad esempio, in Flavio Giuseppe, a demoni come provocatori di malattie, il Nuovo Testamento dice che guarire gli indemoniati significava che il Regno di Dio era giunto, e che il regno era “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”. Vi leggiamo anche dell'“adorazione di demoni e idoli”, i due essendo evidentemente affini: e delle “dottrine che insegnano i demoni”.
Inoltre, l'idea che sia una buona cosa per un uomo avere una febbre curata rapidamente è un'errore nella scienza medica. Una riduzione rapida della temperatura non è salutare.
Le storie di guarigione, allora, sono realmente e originariamente storie degli effetti spirituali della nuova dottrina. I primi cristiani inviarono alcuni del loro numero a predicare un Cristo veniente per il giudizio, e ad esortare gli uomini ad obbedire alla Legge d'Amore. Così fu curata la “cecità” dalla Luce che albeggiava nelle anime anime.

(c) Il Cristo Partecipato

I cristiani esperirono un'unione con l'interiore Ideale divino, e si “nutrirono” di esso. “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo?” (si veda 1 Corinzi 10:16-21, che implica che un rito simile si praticava in altri culti). L'origine della forma della Cena del Signore viene probabilmente dal mitraismo e da forme affini di un pasto comune tramite cui gli adoratori “mangiavano il Dio” (si veda Frazer: “Adone, Attis e Osiride”).
Tertulliano pensava che il mitraismo avesse copiato l'Eucarestia dal cristianesimo, ma il mitraismo aveva da lungo tempo prima osservato questa festa.
A Sarajevo c'è un'antica scultura di un altare mitraico, che esibisce la Pratica di Comunione del culto, una pratica tenuta in commemorazione dell'Ultima Cena che Mitra e Sol (il dio Sole) tennero coi discepoli di Mitra prima della sua ascensione.
L'atto centrale del culto guerriero di Mitra consisteva nel celebrare l'uccisione del toro sacro di Ormuz, da parte di Mitra. Una scultura che rappresenta quest'uccisione si trova nel British Museum. Il Toro rappresentava la Vita. Dal toro morente emerse il vino e il grano. Quelli venivano introdotti nel vino e nel pane, e così veniva adorata la forza vitale della natura (si veda Dioniso in Grecia e Tracia). Al pasto comune un toro era ucciso e il suo sangue era bevuto, oppure si condividevano pane e vino. Parecchie sculture rappresentavano questo.
Così la Cena del Signore nella sua idea era il simbolo del “nutrimento” cristiano di Cristo, e nella sua forma proveniva dal mitraismo e da altre Religioni Misteriche.

(d) Il Cristo Crocifisso.

Il Cristo “crocifisso” era una visione di Cristo non apprezzata al principio dai primi cristiani. Essi realizzarono Cristo nel loro cuore e nel loro mezzo, come lo spirito d'Amore che realizza la Legge ebraica. Essi sapevano che da questo Ideale gli uomini sarebbero stati giudicati, in effetti stavano per essere giudicati. Essi predicavano questo “Cristo” e avevano risultati spirituali che li confermava nella loro fede che il Regno di Dio aveva cominciato il suo regno sulla terra, “nel loro mezzo” (Luca 17:21).
Ma non accadde finché non furono respinti dalla gerarchia ebraica, scomunicati, espulsi dalle sinagoghe, perseguitati e alcuni di loro uccisi, che realizzarono che Cristo fu un Cristo Sofferente. 
Il fatto che gli ebrei respinsero “Cristo” mentre i gentili Lo accettavano è un fatto che fece una profonda impressione sulla prima Comunità cristiana, successivamente chiamata la “Chiesa”. Molte parabole esprimono questo, mentre uno dei trattati che compongono l'“Epistola ai Romani” è dedicato ad esso, cioè, i capitoli da 9 a 11.
La storia di Marta e Maria, e quella della donna che era una “peccatrice” (il nome per i gentili) che unse il capo di Gesù — quelle storie raccontano dell'ingresso dei gentili. Così fa anche la parabola (raccontata in seguito come un miracolo) dell'albero di fico. Perché gli ebrei respinsero il cristianesimo?
Il “Dialogo con Trifone” di Giustino ci racconta questo. Fu perché il cristianesimo significò una negazione graduale del valore della Legge ebraica. Questo è chiaro da Marco 2 (sul perdono, sul digiuno, sul Sabato), e da Marco 7 (sulla pulizia, e sui cibi “impuri”). I primi cristiani osarono criticare gli scribi. All'inizio, forse, non ci fu nessuna menzione di un “Gesù Cristo”. Era la profonda esperienza di Dio come Amore che creò il cristianesimo e la vita e il culto cristiani.
Come doveva essere interpretato il senso di quest'interiore giustizia dell'Amore? Gli stoici insegnavano del Logos spermatikos, il Logos simile ad un seme. Filone (un ebreo) aveva elaborato quest'idea all'interno dell'ebraismo. Il Logos era il Figlio di Dio, il Paraclito, l'Immagine di Dio negli uomini. Qui l'idea era a portata di mano. La parabola del Seminatore (si veda il paragrafo su “i Logia”) dichiarava che Dio semina il Logos. Questo è il Logos spermatikos, in quanto seminale nell'uomo. Così i cristiani dicevano che il Logos era in loro. Ora essi si appropriarono presto del termine “Cristo”, poiché il Cristo era il Figlio di Dio (nome del Logos in Filone). Il Cristo era “nel loro mezzo”, dicevano. (Matteo 18:20; Luca 17:21).
Il nuovo Ideale d'Amore cristiano, realizzando e terminando così la Legge Ebraica, fu respinto naturalmente dagli ebrei. Questo fatto ricolma i vangeli (si veda Marco, capitoli 2, 7, 15, e il vangelo di Giovanni; anche Romani 9:11).
La “morte di Cristo” fu l'evento storico, non di un uomo che morì, ma dell'ideale di Cristo che fu respinto dagli ebrei. Ebrei 6:6 parla di coloro che “crocifiggono Cristo”, a significare coloro che preferiscono l'ebraismo alla vita spirituale.
Costituiva la consuetudine di quell'epoca attribuire al dio ciò che accadeva ai suoi adoratori: ad esempio, la persecuzione di Dioniso in Tracia era in realtà quella dei suoi adoratori.  
Così il vangelo più antico era il vangelo dell'Ideale d'Amore che realizzava l'ebraismo, e questo Ideale era chiamato il Logos (seminato negli uomini) e così il Cristo o Figlio di Dio, nel loro mezzo. Poi, quando i cristiani vennero perseguitati e respinti, essi cominciarono a vedere che la Vita Spirituale è raggiunta solo mediante la sofferenza. Dopo il 70 E.C. questo venne interpretato come Cristo “morente”, e le storie come di un uomo morente cominciarono a venir raccontate. I cristiani interpretarono presto il rifiuto di Cristo da parte degli ebrei come la “morte di Cristo” secondo (1) le Religioni Misteriche, (2) secondo Isaia 53.
(1) Così, venne utilizzato il simbolismo delle Religioni Misteriche. Fu detto che il Cristo era un Cristo “che muore e risorge”. La parola “mistero” venne veramente applicata al messaggio di “Cristo crocifisso” (1 Corinzi 2:1-2). E fu detto che l'adoratore di Cristo era “crocifisso con Cristo” per “morire come Egli morì”, per “morire ogni giorno”, per “portare la croce ogni giorno”, per “completare le sofferenze di Cristo”, per “essere crocifisso al mondo tramite la croce di Cristo”. In questa maniera, sebbene su un livello più basso di esperienza, si pensava che gli adoratori di Attis morissero al peccato e risorgessero di nuovo alla vita eterna. Il cristiano partecipava pure alla “resurrezione” di Cristo. Il cristiano “era risorto con Cristo”, e sedeva “nei luoghi celesti con Cristo Gesù”.
Dal momento che la Cena del Signore penetrò nel culto di Cristo dalle Religioni Misteriche, e se parla in congiunzione con loro (1 Corinzi 10:16-21), difficilmente si può negare che l'intera idea di un Cristo che muore e risorge provenne dalle Religioni Misteriche in Palestina, Siria, Egitto, e Asia Minore e Grecia.
(2) Isaia 53 venne applicato a Cristo, poiché Egli era stato “disprezzato e reietto dagli uomini”. Il vero Israele, il Servo sofferente di Dio, era identificato ora con la Chiesa cristiana, e così la profezia venne applicata a Cristo nella Chiesa antica (si veda Atti 8:28-33; 1 Pietro 2:21-24; Marco 14:21, 10:45). Cristo era l'“Agnello” (si veda Isaia 53:7, e così per tutta l'Apocalisse).
Perché fu detto che “Cristo” (dopo il 70 E.C.) era stato “crocifisso”? Perché questa forma di morte?
Quattro fonti di questa idea si aprono a noi:
(1) C'era il salmo 22:16, che diceva che a Cristo furono “trafitte” le sue mani e i suoi piedi, si veda “guarderanno a colui che hanno trafitto” (in Zaccaria 12:10). Sappiamo che i primi cristiani interpretavano così quei passi del Messia.
(2) C'era l'idea, in Isaia 53, che il Cristo stava recando su di sé la maledizione di Dio, invece di recarla gli ebrei: e gli ebrei consideravano maledetto da Dio un uomo che fosse stato “appeso ad un albero” (si veda Galati 3:13, da Deuteronomio 21:23: citato due volte in Atti 5:30, 10:39). Ciò potrebbe aver influenzato i cristiani nella scelta della crocifissione come la maniera della morte di Cristo.
(3) C'era un passo famoso nella “Repubblica” di Platone, in cui era detto che il “Giusto” fu crocifisso o impalato. Cristo è chiamato spesso “Il Giusto”, nei vangeli di Matteo e Luca, nel Libro degli Atti (tre volte), e altrove nel Nuovo Testamento.
In due Padri della Chiesa, si cita il passo dalla “Repubblica” di Platone (2:361), collegando la crocifissione di Cristo e la vita crocifissa con quel passo di Platone. Apollonio, intorno al 187 E.C., scrisse in greco “L'Apologia e gli Atti”. Egli vi dice che “Cristo fu ucciso alla fine, come anche lo furono prima di lui filosofi e giusti... Uno dei filosofi greci (ossia Platone) disse: ˋil giusto verrà flagellato, torturato, gettato in carcere, accecato col ferro rovente ed infine, dopo tutto questo scempio finirà per essere crocifisso (o impalato)ˊ. Proprio come gli ateniesi emisero un'ingiusta condanna a morte, e lo accusarono falsamente... così anche il nostro Signore fu alla fine condannato a morte dagli empi”.
In Clemente di Alessandria, intorno al 250 E.C., le parole seguenti occorrono nei suoi “Stromati”: “Ma a noi l'apostolo dice: ˋSappiamo che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Cristoˊ... Simili le parole di Platone nella ˋRepubblicaˊ, che cioè ˋil giusto, anche se è sottoposto ai tormenti, anche se gli si strappano gli occhi, sarà feliceˊ.”    
La storia della Passione di Gesù è simile a Platone da due punti di vista. Il passo nella “Repubblica” dice che il Giusto “sarà flagellato . . . e sarà impalato”. L'ultima parola è originale, ma è utilizzata indifferentemente, negli scrittori greci, ad esempio, da Filone, con la parola “crocifisso”. Significa “fissare su un'asta o un palo” (Philo in Greek: Mangey Ed. 237 E 687: Pfeiffer Ed. 2. 280, 5. 194). La parola di Platone sarebbe stata così presa dai primi ellenisti cristiani a significare crocifisso. Qui allora c'è probabilmente una fonte dell'idea di crocifissione: poiché Cristo è chiamato spesso il “Retto” o il “Giusto”, nel Nuovo Testamento. Egli era la Nuova Giustizia del cuore (Geremia 23:6).
(4) Altri Messia erano stati crocifissi dal governo romano (si veda la Jewish Encyclopaedia sulla Croce e sulla Crocifissione). Così, dopo il 70 E.C., quando i cristiani presero la storia di un Cristo morente per quella di un uomo morente, supposero che egli dev'essere stato crocifisso da Pilato. Platone e l'Antico Testamento confermò questo a quei cristiani.
La punizione della crocifissione era una punizione romana, non una punizione ebraica. Da qui nella storia di Marco, il caso di Cristo fu portato a Pilato, poiché, come dichiara chiaramente il Quarto Vangelo (18:31), gli ebrei non avrebbero potuto crocifiggere un uomo.
Tutta questa fabbricazione dell'idea di Cristo come un sofferente, come un essere divino che muore e risorge, come colui che realizza i passi dell'Antico Testamento sul Servo sofferente di Dio, e come “crocifisso” — tutto questo era l'opera della Chiesa e si era sviluppata gradualmente. Non era fino a dopo il 70 E.C., quando emersero le cosiddette “Epistole di Paolo”, che Cristo venne descritto come Cristo crocifisso. Più tardi ancora, nel vangelo di Marco, apparve la storia dettagliata, che utilizzava i passi dell'Antico Testamento.
Più tardi ancora, gli gnostici del secondo secolo dichiararono la verità verso la quale i cristiani erano stati orientati, cioè, che c'era una Croce Cosmica; vale a dire, la Croce era un principio nella Vita di Dio. Dio muore per vivere, Egli rinuncia alla Sua Vita per redimere, e così resuscita la Sua Vita. Il Nuovo Testamento comunica realmente questo nel dire che il cristiano è “crocifisso con Cristo”, “muore” con Cristo. La legge di tutta la vita è tramite l'offerta della vita. “Ama e sarai amato”, disse Emerson. “E finché non lo fai tuo, questo: muori e diventa!”, disse Goethe,non sei che uno straniero ottenebrato sopra l’oscura terra. È la legge del macrocosmo di Dio, e del microcosmo dell'anima individuale, e non c'è alcuna via di fuga! Come un granello di frumento cade nella terra e muore, così esso vive in una nuova forma; se rimane fuori da solo, non “muore”, ma non vive di nuovo. Il vangelo di Giovanni, in quest'allegoria, comunica il segreto dell'universo (12:24-25).
Questo segreto va al di là dell'ebraismo. Non rivela un Dio esterno al suo universo perché Egli è così “santo”, ma un Dio che è “morto” nel Suo universo, e rinuncia sempre alla Sua vita, e così ha sempre una vita inesauribile. Questo è il paradosso di Dio, e dell'anima individuale (come una cellula) in Dio. (Si veda anche Romani 6:1-11; Galati 2:20, 5:24, 6:16; 2 Corinzi 4:10-11, 13:4; Colossesi 1:24, 3:1-6).

(e) Il Cristo Risorto.

L'idea del Cristo “risorto” significava che la vita arriva rinunciando alla vita per contribuire ad un bene più vasto di quello proprio. La vita che “muore” vive di nuovo in una vita più grande. Quando i cristiani, dopo il 70 E.C., giunsero a provare e a descrivere il Cristo “risorto”, essi dovevano arrivare a raffigurare Cristo come in qualche modo un uomo, come “nella forma di un uomo” oppure “nell'apparenza di un uomo” (come dicono le epistole, Filippesi 2:6-10). La storia di “una morte e resurrezione” di questo Cristo, poteva soltanto essere immaginata nei loro propri termini ebraici. Egli morì e fu sepolto e resuscitò di nuovo “secondo le Scritture”, dissero, cioè, come avevano descritto Isaia 53 e il salmo 22: così essi raccontavano di un uomo che morì su una croce, e che risorse da una tomba.
Come poteva risorgere un uomo? Gli ebrei credevano in uno Sheol, o Ade, come credevano i greci. Era come una grotta nella terra, dove si recavano i morti. L'ebreo poteva pensare della resurrezione solo come del sollevamento di un cadavere dalla tomba. Egli pensava che, al Giudizio Finale, tutti gli uomini, nei loro corpi, sarebbero così risorti: e il mare avrebbe restituito i suoi morti. Fino ad allora gli uomini erano addormentati.
Così quando i giudeo-cristiani giunsero a descrivere la “resurrezione” di Cristo, accadde raccontando di un uomo che aveva sollevato il suo corpo dalla tomba!
La scienza moderna ha dimostrato che i corpi finiscono nella polvere, e potrebbero entrare in composizione con altre cose. Essi non si sollevano dalla tomba. La percezione moderna non desidera che il corpo disfatto risorga di nuovo, sebbene molti Servizi di Sepoltura leggono ancora passi biblici come se fosse vero che ci sarebbe una resurrezione fisica dei corpi collocati nelle loro tombe!
La storia di Cristo che risorge fisicamente è così solo la maniera in cui i giudeo-cristiani potevano pensare di un uomo che risorge dalla morte. “Dev'essere stato così”, immaginavano! Una qualche ventina d'anni fa un tutore di Oxford lesse il Libro di Ester ad un siriano, in Siria. Quando aveva finito, il tutore chiese al siriano di raccontare la storia. Egli cominciò correttamente, ma presto si allontanò dalla storia biblica e raccontò una storia immaginaria. Il tutore lo criticò, e disse che questo non c'era nella Bibbia. “Ma ciò è come dev'essere stato”, disse il siriano moderno. Il siriano antico componeva i suoi racconti religiosi proprio nello stesso spirito.
Il Cristo “crocifisso e risorto” significa che la legge d'Amore muove un uomo a soffrire nel rinunciare alla vita per un bene più grande, ma che egli trova in tal modo più e abbondante vita: e questa è la via crucis, che è vero di Dio. È vero anche della vera vita dell'uomo, perché è vero di Dio, e Dio vive nella vita spirituale di un uomo. Questo è Cristo negli uomini.

(f) Il Cristo Asceso è un aspetto del Cristo Risorto. I cristiani percepirono un Cristo che pervadeva tutte le cose, e così pensarono di Lui come di colui che era asceso. L'idea dell'ascensione è fusa spesso in quella della resurrezione nelle epistole, ma è distinta nei vangeli. Ancora, vi si riferisce nelle epistole. “Ascese in alto”.
Da dove proveniva l'idea?
Forse dalla storia di Mitra, che era in voga in Asia Minore molto tempo prima dell'era cristiana, e raggiunse Roma nel 70 A.E.C.
Dal mitraismo, sembra, vi penetrò nel cristianesimo:
1. La storia dei Pastori alla nascita di Gesù.
2. Il momento della Natività, che fu collocata il 25 dicembre.
3. L'istituzione della Cena del Signore (si veda sopra).
4. L'idea dell'Ascensione di Cristo al cielo.
Mitra era nato dalla roccia (una grotta), egli uccise il toro sacro di Ormuz, egli tenne un'ultima cena coi suoi discepoli, ed ascese (senza morire) al cielo, elevandosi sul carro infuocato del Sole.
Simboli mitraici appaiono sulle lapidi romane, ad esempio, il toro, la pigna di resurrezione, il fuoco. Questo era stato illustrato graficamente dalla signora dottoressa Strong (Roma).
Anche la storia di Dioniso potrebbe essere giunta dalla Persia. Anch'egli venne associato al vino, e una resurrezione mistica, dal peccato alla vita eterna, era creduta dai suoi adoratori molto tempo prima dell'era cristiana.

(g) Il Cristo Veniente.

L'escatologia (la dottrina delle ultime cose, la Parusia, la resurrezione, il giudizio, il cielo o l'inferno) occupa un posto considerevole nel Nuovo Testamento. Il Cristo doveva giungere “sulle nubi”, dovevano seguirvi una resurrezione generale e un giudizio. Ma tutto questo è preso da Daniele 7 e dal Libro di Enoc (Similitudini). Non era nuovo. Ora, non c'era alcuna Passione del genere, e alcuna resurrezione del genere, e nessun giudizio finale. In 2 Pietro (scritta attorno al 150 E.C.) il Cristo è ancora atteso, ma la speranza di ogni apparenza esteriore di Lui stava diventando più flebile. Nel vangelo di Giovanni (nel 130 E.C. circa) c'è uno sforzo per spiritualizzare la Venuta di Cristo. Come lo Spirito Santo, Egli doveva giungere e stava sempre giungendo (Giovanni 14 fino a 16). Il Giudizio è sempre perdurante — come nella Grande Guerra (1914), che è un risultato del peccato. Ma l'escatologia nel Nuovo Testamento era una moda di pensiero passeggera, una mutevole dottrina ebraica del Messia: in alcuna maniera era Storia reale. E neppure fu, nella forma presentata, l'essenza del cristianesimo, come dichiara che fosse Albert Schweitzer (Strasburgo). Costituiva una forma imposta di pensiero. In realtà i cristiani, mentre la utilizzavano, stavano combattendo contro di essa. Essi percepirono che il regno non era semplicemente nel futuro. Esso era cominciato “nel loro mezzo” (Matteo 18:20; Luca 17:21). Il Cristo dice “Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio” (Luca 11:20). Gli uomini stavano allora entrando nel Regno (Luca 16:16). Alcuni non erano “lontani” dal Regno di Dio: mentre esso già apparteneva ai poveri in spirito e ai miti, oppure stava cominciando per loro. La Chiesa costituiva la primizia del regno, il quale era simile ad un seme che cresce silenziosamente da quel minuscolo inizio. La Comunità esperiva il regno e sapeva che sarebbe giunto in pienezza, ma la loro escatologia era una semplice maniera fantasiosa di descrivere questo.
È vero che la prima Comunità pensava che presto una catastrofe sarebbe venuta quando doveva apparire il Cristo. Poi ci sarebbe stato un “peirasmos” o tempo di tribolazione, come è menzionato nella “Preghiera del Padre Nostro”“non indurci in tentazione”, o tribolazione degli ultimi giorni. Quest'idea appare anche nell'Apocalisse, e nelle epistole. “Il Signore è vicino”. I discepoli si contendevano i migliori posti nel regno. Ma tutto ciò è solo pensiero ebraico, immaginazione di ciò che credevano dovesse arrivare, dal momento che il male aveva regnato così a lungo nel mondo. Non era nuovo: non era cristianesimo essenziale (ossia, il senso del divino impulso d'Amore o Cristo come colui che terminava la Legge). Albert Schweitzer pone fin troppa enfasi su ciò, come se questa forma di pensiero fosse la realtà più profonda nel cristianesimo. Essa era effimera, una forma passeggera di pensiero, una matrice ebraica in cui l'esperienza cristiana di Dio (così vicino e intenso) doveva correre per qualche tempo.
Esaminato come qualcosa che getta una luce sulla questione della storicità di Gesù. l'utilizzo di questa forma di pensiero è piuttosto un'indizio che nessun uomo Gesù visse, invece che altrimenti. Se un uomo, un ebreo, Gesù di Nazaret era vissuto e affermò di essere il Messia, egli allora era venuto; là egli era. I profeti e il Libro di Enoc erano realizzati. Perché aspirare ad una seconda venuta?
Ascendere al cielo e ritornare presto di nuovo (come fu raffigurato in seguito che avesse dichiarato di fare — Marco 9:1) sarebbe stato strano in effetti. Perché egli dovrebbe aver avuto successo meglio una seconda volta rispetto alla prima, nell'introdurre una resurrezione e un giudizio di tutti gli uomini? I profeti e il Libro di Enoc conoscono solo di un'unica parusia del Figlio dell'Uomo (si veda Enoc 62:14, sul banchetto messianico). Essi non sapevano di nessuna seconda parusia.
Chiaramente qualcosa è errato con l'idea che vi fosse stato un uomo Gesù che sapeva di essere il Messia, e che tuttavia aspettava di morire, di risorgere di nuovo e di venire presto una seconda volta! Essa figura nei vangeli, ma è tutta una confusione se presa come la Storia reale di un uomo Gesù. Ma se non ci fu nessun uomo Gesù, la confusione è spiegata. I cristiani più antichi sentirono il nuovo Ideale d'Amore nei loro cuori e nella loro comunità. Essi (come ebrei) chiamarono questo “Cristo”, “Figlio di Dio”. Gli gnostici e gli ellenisti avevano pensato rispettivamente al disceso Salvatore (Soter), e al Logos che pervadeva tutto: mentre Filone aveva chiamato il Logos “Figlio di Dio”. Era così facile, e quasi inevitabile, chiamare il “Cristo” quest'impulso d'Amore. Egli era anche “il Veniente”, secondo il Libro di Enoc. Questo era il loro pensiero prima del 70 E.C. Ma dopo il 70 E.C., cominciarono gli scritti, ed emerse la speculazione. Si parlò di “Cristo” come di un uomo: e della sua “discesa” come della nascita di un uomo (Filippesi 2:6-10). Era detto che egli era morto e risorto (si veda sopra), e che egli predisse che sarebbe giunto una seconda volta: “E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo” (Marco 14:62). Da qui emerse una confusione, perché Gesù fu descritto come un uomo sulla terra, e tuttavia anche come “il Veniente”.
I cristiani più antichi (prima del 70 E.C.) esperirono la vita di Cristo, o divino impulso d'Amore, e utilizzarono l'escatologia ebraica, che era loro nota, per descrivere il più completo regno futuro di Cristo sulla terra, nel quale credevano, poiché videro la nuova vita diffondersi, come lievito nella pasta. Essi sapevano che Cristo avrebbe regnato, ossia, che l'Amore sarebbe aumentato nel mondo: ma descrissero questo nell'escatologia ebraica: poiché ogni idea dev'essere presentata in qualche forma. 

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