martedì 3 aprile 2018

Sull'origine e antico significato del cristianesimo (1) Il Pensiero Religioso nel 30 E.C.

RESURREZIONE: Gesù Cristo è resuscitato, abbiamo come garante qualche apostolo illuminato e qualche santa comare: non possono essersi sbagliati; senza tener conto di tutta Gerusalemme che non ha mai visto niente. I cristiani credono fermamente che un giorno resusciteranno, ovvero che le loro anime spirituali si riuniranno ai loro corpi e che nella confusione dell'intera natura ognuno ritroverà i pezzi che appartenevano al suo vecchio individuo.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Il Dio di Coincidenza


Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?


(Kent Murphy)

Giacché il fine — spiegano [i Naasseni] — sono i semi sparsi nel mondo dal Senza-forma, attraverso cu tutto il mondo viene realizzato. Da lui infatti ha cominciato la sua esistenza. E in tal senso — dicono — è stato detto: “Uscì il seminatore a seminare: alcuni semi caddero lungo la strada e furono calpestati; altri su un terreno sassoso e germogliarono, ma poiché non avevano profondità si seccarono e morirono; altri infine caddero sulla terra ferma e fruttificarono, chi cento per uno, chi sessanta, chi trenta. Chi ha orecchi per intendere, intenda”. La loro spiegazione è la seguente: nessuno diventa discepolo di questi misteri eccetto i soli gnostici perfetti.
(il folle apologeta proto-cattolico Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, 5:8)

Allora il Padre ebbe compassione delle lacrime di Sofia e accogliendo la supplica degli eoni ordinò di fare un'ulteriore emanazione; non però lui — precisa — bensì Intelletto e Verità emanarono Cristo e lo Spirito Santo per la formazione e la separazione dall'aborto e per il conforto e l'interruzione dei lamenti di Sofia. Perciò, con l'aggiunta di Cristo e dello Spirito Santo, gli eoni diventano trenta.
(Il folle apologeta proto-cattolico Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, 6:31)


Gli eoni, per gli gnostici, avevano paura.

Percorrevano le ignote distese tra la Terra e la Luna, animate dal traffico interminabile di anime dipartite, nell'infallibile vigilanza di spettrali arconti, di giudici astrali senza nè carne nè sangue. Capitava agli eoni di udire le vibrazioni e il tumulto del loro passaggio nei punti di confine tra cieli inferiori e cieli superiori, attraverso porte aperte o sigillate da crudeli, violenti e depravati guardiani. E gli gnostici soli potevano scorgere, nelle loro visioni, l'ascensione di quei convogli di anime, i morti vaganti, quando venivano bruscamente fermati dalla puntuale irruzione di demoni, manifestazioni di una collera senza scopo che meglio sarebbe tenere celate. 
 
Esistevano tra la Terra e la Luna particolari passaggi con tanto di formule magiche per l'ingresso, chiavi e password di accesso.

È in corrispondenza di queste intersezioni, dove si incrociavano e si mescolavano le folle dei morti, che propaggini di questi itinerari segreti per il Pleroma tracimavano talvolta nel nostro mondo. Il traffico era intenso ai crocicchi, dove più stridule risuonavano le minacce senza nome dei veglianti. Lì le barriere che separavano un mondo inferiore da quello superiore si erano assottigliate per il passaggio di solo coloro — gnostici, appunto — a conoscenza delle chiavi giuste per eludere la sorveglianza altrimenti implacabile degli arconti. 

Uno di questi incroci tra le porte di comunicazione tra i cieli sublunari si materializzò improvvisamente — come in un sogno — tra alcuni gnostici ebrei, da qualche parte in Giudea o in Siria o ad Alessandria. Costituivano una qualsiasi setta gnostica marginale ebraica, del tutto insignificante: una vecchia setta qualunque, spogliata delle pretese che avrebbe potuto vantare in passato, se mai avesse avuto un passato, prima dell'Era Comune.

Non era la marginalità crescente di questa setta a tenere lontani da essa eventuali aspiranti proseliti. Non era il loro numero esiguo oppure potenziali sospetti di sovversione, se non di sedizione. Non era la possibile ostilità dell'establishment religiosa nei loro confronti. La setta di cui sto parlando era posseduta da “qualcosa” e nessuno poteva parteciparvi a lungo senza conoscerne la follia.

In un momento imprecisato della sua storia, in quella minuscola comunità era avvenuta una rivelazione. Nessuno sapeva quando o che cosa. Ma neanche all'outsider ignaro sfuggiva l'atmosfera mistica di quella particolare setta ebraica, specialmente tra i suoi più alti iniziati. C'era un alone di irrazionale misticismo e una promessa di un'incipiente rivelazione nell'aria, una possessione spirituale che si insinuava come un'estasi perversa nelle menti e che faceva suggestionare anche lo spirito meno suscettibile al contagio collettivo. L'area circostante quelli strani predicatori, mobile come loro erano mobili, sembrava come evitata da qualsiasi essere vivente che non facesse parte dell'unica, mistica e invisibile essenza che avvolgeva tutta quella gente. Impossibile percepire anche solo un sussulto che non fosse in qualche modo, contemplato e previsto dalla strana volontà di quella medesima essenza. Quale che fosse l'atto mistico rivelatorio che fosse lì perpretrato, in un particolarissimo e concentratissimo istante di numinoso cipiglio, la setta ne era stata improvvisamente squarciata, non meno che la calotta cranica di un teschio inciso da un coltello; e attraverso quel taglio, quella ferita nel mondo, spiavano fuori gli eoni e uno di loro ne approfittò per dire la sua.

Così almeno predicavano in suo nome gli originari apostoli del “Cristo”, i primi apostoli imbevuti dallo “Spirito Santo”.   
  
Questa è la storia di ciò che avvenne dopo.


ALLA CHIESA DI
TUTTE LE ASPIRANTI ANIME.

PREFAZIONE

Questo libro è il breve sommario di risultati raggiunti da un lavoro continuo durante vent'anni di ministero in chiese congregazionali.
Si potrebbe dire che è sia critico che costruttivo, critico perché costruttivo.
Invita umilmente ragioni contro
la storicità di Gesù Cristo,
l'esternalizzazione di Dio,
la schiavizzazione dell'uomo,
perché cerca di sostenere che
Cristo è l'Ideale in Dio,
Dio è la Vita che unisce tutte le cose,
l'Amore è la vera legge dell'uomo.
Il significato di quelle cose è sviluppato nelle pagine seguenti. Esse formano un'unità, una prospettiva, e, si spera, saranno un'ispirazione per molti.

G. T. S.


L'ORIGINE E L'ANTICO SIGNIFICATO DEL CRISTIANESIMO.


PARTE 1.

La storia di Gesù Cristo è la più grande di tutte le storie. È raccontata in tutte le terre. Gli uomini dovunque hanno udito di Colui che fu nella forma di Dio, che lasciò il cielo, nacque da una Vergine a Betlemme, che visse in solitudine a Nazaret di Galilea, diventò un maestro, inviò dodici discepoli, curò uomini dalla cecità, da demoni, dalla pazzia, resuscitò alcuni dai morti, predicò per parabole, fu trasfigurato su una montagna, si recò a Gerusalemme, fu tradito da Giuda, arrestato e processato nella notte, fu mandato da Pilato, fu crocifisso tra due ladri, lasciò la tomba dopo tre giorni, e ascese al cielo.
Per secoli è stato pensato che questo Gesù fosse un uomo, sebbene di recente alcuni hanno dubitato se questo era così. Aspre discussioni si sono trascinate attorno alla persona di Cristo: fu egli eterno, divino? Possedette due nature oppure una? Eseguì miracoli? Sollevò il suo corpo dalla tomba?
L'obiettivo di questo presente saggio è dimostrare che, in tutta probabilità, la storia non è Storia reale ma qualcosa di meglio. È simbolo. È una storia mistica, un'allegoria spirituale di Dio nelle anime dei primi cristiani e di un processo sempre perdurante.
La storia contiene riferimenti alla Storia apparente della prima comunità cristiana di Gerusalemme, dei loro pensieri, conflitti, esperienze. Ma in sé stessa è la storia del Dio che quei cristiani esperirono, il Dio che percepirono come un movimento d'Amore che pose fine alla legge ebraica, inaugurando il regno di Dio sulla terra. Non ci fu nessun uomo Gesù. Gesù non è ora un ebreo in cielo. Gesù non ha “assunto in cielo un volto umano”. Gesù significa “Salvatore” (Giosuè), ed era il nome attribuito ad una reale rivelazione della Suprema Realtà nei primi uomini di Cristo, gli ebrei ellenistici che sentirono l'amore che realizza la legge, è la Volontà del Dio che pervade tutto, è il Logos o Sapienza di Dio, la Via, la Verità e la vera Vita degli uomini. “Cristo” è un aspetto di Dio, considerato come una persona distinta: infatti il mondo antico non esitò a personificare aspetti di Dio, come per esempio si parla della “Sapienza” nel libro dei Proverbi e nella Sapienza di Salomone. Appena l'“afflato” nei primi cristiani, la rivelazione sentita da una diretta esperienza intuitiva, crebbe meno, si giunse a parlare di questo “Cristo” come una persona che aveva lasciato il cielo, che era nato, era morto ed era asceso di nuovo al cielo. Così, dopo il 70 E.C., quando Gerusalemme fu distrutta dai romani, si svilupparono scritti cristiani, epistole di Paolo, di Pietro, di Giovanni, ossia, delle Scuole di Paolo, Pietro, Giovanni: e sorsero vangeli, che fornirono maggiori “dettagli” di questo Cristo, e così si sviluppò il Nuovo Testamento.
Il metodo di libera critica dei documenti del cristianesimo primitivo potrebbe sembrare distruttivo ad alcuni, ma in realtà è costruttivo. I due aspetti procedono assieme. Copernico distrusse la vecchia idea delle stelle che ruotano attorno alla terra, come aveva proposto Tolomeo (ad Alessandria nel 150 A.E.C. circa), ma Copernico (un polacco, morto nel 1543) fece così perché egli stava costruendo una idea migliore della realtà. La parola “critica” non significa protestare o condannare quando utilizzata in relazione al Nuovo testamento. Significa esaminare. Si prenda un'illustrazione in filosofia. Il più grande cambiamento nel pensiero umano fu la realizzazione di Dio come l'Anima dell'Universo, invece di Dio come uno Spettatore all'esterno dell'Universo. La scienza criticò la vecchia idea, mostrando tramite evoluzione e variazione che non c'erano “speciali rapide creazioni” e tramite l'astronomia che non c'era nessun grande Essere in un cielo lassù. Non c'era nessun “lassù”, dal momento che quel che era lassù per quelli di Inghilterra era laggiù per quelli dell'Australia. La scienza della Ricerca Biblica ha mostrato che i libri della Bibbia erano di uomini fallibili, e per la maggior parte non di coloro di cui recano i nomi. Anche la loro moralità non era nuova, e neppure era finale come espressa nell'Antico Testamento.
Così la visione ebraica di un Creatore esterno che creò rapidamente le stelle, e gli animali, e gli uomini, e che “scrisse” i Dieci Comandamenti per Mosè, e ispirò solo un po' di uomini in quell'unica nazione — tutto ciò è passato oltre. I poeti contribuirono a mostrare che Dio era nella Natura, come “qualcosa infuso molto più in profondità” (Wordsworth), e i grandi compositori svelarono nuove profondità divine nelle anime degli uomini. I filosofi tedeschi, Kant ed Hegel, mostrarono che la Mente Universale opera negli uomini, interpretando e unificando l'universo in e per loro; mentre Bergson ha mostrato che nell'attività intelligente dell'uomo la Realtà Definitiva (che è Vita) si può percepire all'opera per intuizione (o esperienza diretta).
Tutto questo è una filosofia critica, eppure è costruttiva.
Nella stessa maniera la critica del Nuovo Testamento è costruttiva e non si deve temerla. La verità è nostra amica sotto mentite spoglie. L'uomo è fatto così da aver bisogno che sia la sua testa che il suo cuore siano entrambi soddisfatti assieme. La ragione da sola non può offrire a un uomo la realtà definitiva, ma può indicare la via. La ragione da sola non può far comprendere ad un uomo il Nuovo Testamento, ma può congiungersi con ubbidienza alla massima comprensione, e quelle assieme possono scalare le montagne da dove poter discernere la Visione.

1. IL PENSIERO RELIGIOSO NEL 30 E.C.

Il cristianesimo cominciò probabilmente come un Modo di Vita, nel 30 E.C. circa. Le forme di pensiero religioso nel 30 E.C. fornirono un modello per la prima esperienza cristiana del divino Amore interiore. I più antichi cristiani erano ebrei che avevano conoscenza del pensiero ellenistico. Non erano pescatori illetterati di Galilea. Quell'errore sorse da quei capi che vennero chiamati “pescatori di uomini”, e che furono perciò descritti successivamente come “pescatori”. La nuova fede sorse a partire dalla vita spirituale di ebrei che non erano soddisfatti dell'ebraismo rabbinico, ma che avevano appreso qualcosa delle forme più nuove di pensiero religioso che venivano promulgate attorno al mare Mediterraneo, e si concentravano ad Alessandria. Dentro o presso quella città, secondo Filone (che vi visse dal 20 A.E.C. fino a circa il 30 E.C.) c'erano una moltitudine di ebrei, e le comunicazioni tra Alessandria e Gerusalemme, attraverso Joppa oppure via terra, devono essere state frequenti. Greci ed ebrei si incontravano in questo centro di sapere. Idee ellenistiche influenzarono profondamente Filone, cosicché, invece di attenersi strettamente all'Unità di Dio, il dogma principale (ora come allora) della religione ebraica, Filone propose la dottrina del Logos, o il mediatore divino tra il Dio Supremo e l'uomo: e chiamò il Logos l'unigenito Figlio di Dio, il Paraclito, il Secondo Adamo, l'Oriente, l'Immagine di Dio, la Roccia, l'Uomo Primigenio, e con altri termini, molti dei quali sono presi da Filone e applicati a Cristo nel Nuovo Testamento. In effetti “Cristo” venne ad essere un altro nome per il Logos. Gli stoici avevano insegnato la dottrina del Logos Spermatikos, la Ragione Generativa, il principio vitale che tutto pervade, disceso dall'eternità nella natura e negli uomini.
Quest'idea influenzò grandemente Filone e gli ebrei. L'influenza raggiunse Gerusalemme, e i più antichi cristiani molto probabilmente erano uomini che interpretarono la loro esperienza religiosa della vita più vasta (o Dio) tramite quei termini ellenistici.
La loro esperienza era dell'Ideale di Vita che dà Vita da loro definito Amore. Si insegnava parzialmente nell'Antico Testamento, in passi come “Amerai il tuo prossimo come te stesso”, e “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare”. Ma ancor più chiaramente si insegnava in libri come i Testamenti dei Dodici Patriarchi, laddove l'amore per Dio e l'amore per l'uomo sono congiunti, e il perdono delle offese è stabilito chiaramente come nel Discorso della Montagna. Questo Ideale, nel loro mezzo, provarono quei primi cristiani, quando si incontravano: e realizzarono una Vita che non aveva più bisogno alcuno dell'ebraismo. Non che essi provarono questo fatto pienamente tutto una sola volta, ma giunsero presto in conflitto con i capi ebrei, “scribi e farisei”, su questioni di tradizione (il Sabato e regole di pulitura, digiuni e alimenti), e più tardi vennero scomunicati dal Sommo Sacerdote. Questa era la “crocifissione” di “Gesù”.
Ora quest'esperienza dell'Ideale d'Amore nei primi cristiani doveva essere interpretata.
I termini erano a portata di mano nel pensiero ellenistico del giorno, e nell'ebraismo successivo.
(a) C'era il Libro di Enoc, un testo ebraico di vari trattati sul Messia. La parte chiamata “Le Similitudini” fu scritta attorno al 70 A.E.C. al più tardi, e questo trattato raccontava del Cristo come di un essere già esistente in cielo, e prossimo a giungere come Giudice di tutti gli uomini. Egli era chiamato “Il Figlio dell'Uomo”, “L'Eletto di Dio”, “chiamato prima della creazione dinanzi al Signore degli Spiriti”. Egli era così un essere divino. Così i primi cristiani chiamavano il loro Padrone e Signore mediante questo nome “Cristo”, e pensavano che lui fosse prossimo a presentarsi visibilmente come Giudice di tutti gli uomini.
Ma erano le influenze ellenistiche, che si concentravano ad Alessandria, che vennero ad offrire la maggior parte dei termini mediante cui fu descritto questo Cristo.
(b) Il pensiero ellenistico (nel 30 E.C.) stava modificando la concezione ebraica di Dio, introducendo intermediari, come il Logos, la Sapienza. Che l'idea ebraica di Dio fosse quella di un Dio trascendente è chiaro, non solo dai salmi che dicono che i cieli sono la dimora di Dio, ma anche, in tempi cristiani più vicini, nella letteratura apocrifa e apocalittica degli ebrei.
Nel libro di Siracide Dio è chiamato “L'Altissimo” (23:22, 24:23, 29:11). Dio è esterno, al di sopra dell'uomo, non necessariamente distante, ma separato. Gli ebrei moderni protestano giustamente che l'ebraismo non pone Dio molto lontano: no, ma Lo pone ugualmente come una Sovrana — Spettatrice — Provvidenza. Egli è “il Re del cielo” (Tobia), “il Dio Altissimo” (spesso nel Libro dei Giubilei). Egli è separato dalla terra e “la visiterà” (Testamenti dei Dodici Patriarchi). Egli delega angeli ad agire per Lui, sebbene Egli possa agire direttamente sull'uomo. Dio non era pensato remoto, ma Egli era esterno agli uomini, proprio a tutto, ma anche grazioso verso Israele, il Suo eletto.
Il movimento di pensiero ellenistico introdusse numerosi intermediari (il Logos, ecc.). Perché questo era necessario se Dio era già negli uomini? Egli non era considerato dagli ebrei negli uomini, come la Ragione o l'Amore, ma era soltanto vicino al contrito nel cuore.
Il vangelo cristiano ancora, nella forma, si attiene agli intermediari — sintetizzando tutto nell'idea di un mediatore, Cristo, “in cui dimora la pienezza divina (pleroma)”. Ma in essenza, il cristianesimo disse che Dio è Amore e dove c'è Amore c'è Dio.
(c) Poi erano sentite influenze gnostiche sul pensiero ebraico. Gli gnostici definivano il loro Dio il Soter o Salvatore. Questo Salvatore era anche il Logos. In un trattato chiamato “Poimandres” (il Pastore), scritto nel terzo secolo E.C., è incorporato un documento più antico che risale ad un originale pagano, un'opera gnostica pre-cristiana, in cui si descrivono due discese divine. Una discesa avviene alla creazione quando il Logos di Dio discese per infondere ordine nella terra caotica, e la successiva discesa era la discesa dell'Uomo Celeste per plasmare gli uomini a partire dalla natura. Così, lo gnosticismo esisteva ad Alessandria prima del cristianesimo, e “Poimandres” era uno dei suoi testi. L'idea di un'emanazione divina o mediatore chiamato Logos, e definito Uomo Celeste, era un'idea pre-cristiana. Il Cristo è chiamato nel Nuovo Testamento “il secondo uomo dal cielo”, e il “Logos, o Parola di Dio”. La “Sapienza” era un altro termine attribuito alla emanante influenza divina che plasmava il mondo, e questo termine è personificato parzialmente nel Libro dei Proverbi e nella Sapienza di Salomone (Apocrifi). Il Cristo non era che un altro termine per quel che era stato chiamato Salvatore, Sapienza, Logos, Uomo Celeste, Uomo Primigenio, Ermete, Spirito Santo. “Il Signore (Gesù) è lo Spirito” dice la seconda epistola ai Corinzi (3:17).
Che ci fosse stato uno gnosticismo prima del cristianesimo è indicato dai manoscritti pagani incorporati in “Poimandres” e anche dai termini gnostici nelle “epistole di Paolo”, tali come  pleroma, ektroma, teleios (iniziato), gnosis, la lunghezza, profondità, altezza e ampiezza, mediatore, e altri.
I cristiani utilizzarono lo gnosticismo per interpretare le loro esperienze spirituali: e fecero così proprio dall'inizio. Il sistema gnostico fu dichiarato in dettaglio da Valentino intorno al 140 E.C. I suoi scritti sono spiegati nelle “Philosophumena” o “Confutazione di tutte le eresie” di Ippolito (vescovo di Porto, vicino Roma, 220 E.C. circa). Valentino mostrò che nel “pleroma” o pienenzza degli attributi eterni di Dio vi erano Logos (ragione), Nous (mente) e Aletheia (verità); anche Bythus (profondità), Monogene (unigenito), Paraclito (consolatore), Pistis (fede), Agape (amore), Elpis (speranza). Anche Sofia, che precipitò nel caos. Per liberarla gli eoni (eternità) emanarono Gesù “il frutto comune del Pleroma”, ed egli si recò per salvarla. Il mito è presentato in un testo “Pistis Sophia”, scritto probabilmente da Valentino.
Altri gnostici (Marco, ecc.) dissero che Cristo era uno degli eoni del Pleroma, e Valentino parla così di lui.
L'idea del “pleroma” si trovava nello gnosticismo in tempi A.E.C., poiché occorre nel Nuovo Testamento. Gesù e Cristo erano considerati eoni del pleroma in tempi A.E.C.?
È abbastanza possibile che quest'ultimo fosse il caso.
In qualunque modo, qui vi era, nello gnosticismo, uno sforzo per ricolmare l'abisso tra Dio e l'uomo, come posto sia dal pensiero platonico che da quello ebraico. È questo che veniva presentato anche nell'idea del Logos spermatikos degli stoici.
Ippolito racconta dei Naasseni come coloro tra i cristiani davvero più antichi che non erano ortodossi. Essi erano chiamati secondo “naas”, un serpente (in ebraico Nachash). “ma in seguito si chiamarono “gnostici”, sostenendo di essere loro i soli a “conoscere” le cose profonde. ...essi venerano prima di tutto l'Uomo ed il Figlio dell'Uomo; quest'Uomo è androgino, e da loro è chiamato Adamo Primigenio. A lui sono dedicati molti e svariati inni”.
Quei Naasseni credevano che ci fosse stato un uomo Gesù, poiché essi vissero quando la Chiesa era giunta a credere questo. Ma il loro gnosticismo risale probabilmente a tempi pre-cristiani, e ci aiuta ad avvistare l'origine dell'interpretazione cristiana dell'esperienza cristiana. Essi credevano in Attis, come un dio che aveva lasciato la terra per il cielo, laddove è “una nuova creatura”. Essi credevano nel Logos, incomprensibile e indescrivibile, e questo era Cristo. Questo Logos “sparse i semi nel mondo, attraverso cui tutto il mondo viene realizzato. Da lui infatti ha cominciato la sua esistenza. E in tal senso — dicono — è stato detto: Uscì il Seminatore a seminare”.
Qui ricaviamo l'origine della parabola gnostica del Seminatore. Significava esporre il Logos mentre differenziava sé stesso nelle anime, spargendo semi fuori da sé, come fa un albero sulla terra. I semi sono anime, il prodotto del Logos, posto nelle vite umane sulla terra (si veda Matteo 13, Marco 4, nella traduzione di Moffatt). Questo Logos “illumina ogni uomo” (Giovanni 1:9, 9:1), dissero i Naasseni. Il resoconto di Ippolito dei Naasseni termina con un poema degli gnostici, rielaborato forse da quei cristiani, che diceva che Gesù era un essere divino che discese attraverso gli eoni per impartire la Gnosi di Dio ai poveri uomini che si dibattevano sulla terra. Un inno del genere dev'essere stato pre-cristiano nella sua idea di “discesa” perfino se il nome di Gesù fosse stato aggiunto dai cristiani.
Vediamo nello gnosticismo pre-cristiano come aspetti di Dio venissero personificati facilmente e come la discesa di eoni divini sulla terra venisse immaginata facilmente in quei giorni.
(d) Inoltre, le Religioni Misteriche erano dappertutto in Grecia, Asia Minore, Siria ed Egitto.
I famosi misteri eleusini si tenevano ad Eleusi sulla riva del mare presso Atene. Qui la morte e la resurrezione della dèa Persefone erano recitate in forma drammatica. Gli adoratori si bagnavano nel mare, in un battesimo che simboleggiava la loro purificazione dal peccato. Essi poi procedevano al tempio, i cui resti sono stati ora scoperti. Vi era rappresentata la discesa di Persefone dal dio Plutone, e il pianto di Demetra, sua madre, la dèa della Terra. Successivamente, Persefone resuscitava dalle tenebre di Ade (una grotta nella Terra) e ne gioivano gli adoratori. Così fu allegorizzata la morte della vita di inverno e la sua rinascita a primavera. Ma, prima dell'era cristiana questa religione misterica era diventata moralizzata, e gli adoratori si consideravano fusi con la dèa, morendo loro stessi al peccato e risorgendo alla vita eterna.
Altri dèi di vegetazione erano Tammuz, Attis, Dioniso, Mitra.  
Tammuz era adorato a Gerusalemme nei giorni di Ezechiele, come ci racconta il suo libro (8:14). Ciò sarebbe accaduto quasi sei secoli prima della nostra era. Donne piangevano la morte di Tammuz o Adone, e gioivano della sua resurrezione, ossia, per l'avvento della vita nella primavera.
Attis era adorato a Betlemme, secondo il Padre della Chiesa Girolamo (quarto secolo E.C.), ma il culto vi dev'essere stato molto più antico. Attis era adorato per tutta la Siria e l'Asia Minore. Era detto che fosse stato ucciso da un cinghiale, oppure, secondo un'altra versione, che si fosse ferito e fosse sanguinato a morte. Quest'ultima versione si originò perché i sacerdoti di Attis si eviravano contemporaneamente. Una descrizione dell'adorazione moralizzata di Attis venne scritta attorno al 346 E.C., da Firmico Materno, ma il culto aveva un suo lato morale interiore secoli prima di allora. Arnobio, che visse attorno al 300 A.E.C., ce ne parla. La descrizione di Firmico dice che l'atto centrale era un dramma sacro della morte e resurrezione di Attis, e al termine il sacerdote veniva e diceva agli adoratori, “Confidate, o iniziati, nel dio che si è salvato, poiché anche a voi ne verrà la salvezza dai dolori”.
Dioniso era adorato dai greci per sette secoli prima della nostra era. Questo dio era un prodotto di Tracia, dove i contadini lo adoravano come la forza vitale della natura. Egli era il figlio di Zeus da parte della dèa della Terra Semele. Si disse che nacque a Tebe, e che viaggiò in Tracia (così Euripide). Egli venne perseguitato in Tracia, e fatto a pezzi dai Titani, e sepolto a Delfi oppure a Tebe. Ma resuscitò di nuovo. I suoi adoratori praticavano assieme un sacramento. Uccidevano un toro e consumavano la sua carne, credendo di divenire così una sola cosa con il dio. Anche il vino era uno dei suoi simboli. Questa religione pose enfasi sull'idea che l'uomo potesse diventare divino, e condividere l'immortalità di Dio. Era detto che Dioniso “nacque” laddove il suo culto fiorì. Era detto che fosse stato perseguitato perché i suoi adoratori erano perseguitati. Questa religione era una religione in cui gli uomini e le donne (le Menadi) sentivano la forza vitale della natura in sé stessi, e la personificavano e proiettavano come un dio.
È possibile ricavare un avvistamento nell'operare dello spirito religioso non scientifico riguardo quelle divinità misteriche, poiché sappiamo che quando Alessandro Magno si recò in India tre secoli A.E.C., egli giunse ad un villaggio chiamato Nysa, vicino al Passo del Khaiber. Questo risvegliò nei suoi soldati greci la memoria del loro dio Dioniso, di cui si diceva che fosse stato allattato a Nysa. Essi conclusero che questo era il luogo, poiché nessuno sapeva dove fosse. Perciò dissero che Nysa fu fondata da Dioniso, ed erano dediti a trovarvi altre tracce del loro adorato dio.
Mitra era un dio persiano per secoli A.E.C. La sua adorazione era intensa specialmente in Asia Minore a Tarso (luogo di nascita di Paolo). Per il 70 A.E.C. si era diffusa a Roma. Mitra era il mediatore tra Ormuz, il dio supremo, e la terra o i dominatori demoniaci. Si pensò che fosse disceso sulla terra e avesse ucciso il toro, che rappresentava la violenza della natura. Egli tenne un'ultima cena coi suoi seguaci, e ascese, senza morire, al cielo. Questo era il mito. I suoi adoratori erano soltanto uomini. Le donne ne erano escluse, e questo fatto potrebbe aver contribuito a far vincere il cristianesimo nella sua contesa dell'Europa col mitraismo nei primi quattro secoli della nostra era. La fratellanza si riuniva in templi sotterranei. Uno di questi può essere visto ora a Roma. Essi adoravano la Vita che il sole scaturiva, e il potere della vita nel produrre il mondo di esseri organici. Specialmente i soldati romani ne erano attratti e diffusero il culto per l'Europa, perfino a York, Chester e Londra, dove sono stati ritrovati dei resti. È probabile che la storia dei pastori alla nascita di Cristo e l'istituzione dell'ultima cena penetrarono nel cristianesimo dal mitraismo. Tertulliano (200 E.C.) cercò di dimostrare che il mitraismo copiò l'istituzione della cena, da esso osservata, dal cristianesimo; ma il mitraismo era assai più antico del cristianesimo.
Queste erano alcune delle religioni misteriche che esistevano all'inizio dell'era cristiana. Esse adoravano la vita naturale, ma erano diventate moralizzate. I loro adoratori credevano che nel partecipare ai loro riti drammatici, venivano purificati; essi “morivano al peccato”, e “risorgevano” alla vita eterna. La nascita di Mitra era collocata al solstizio d'inverno il 25 dicembre e così venne posto a quella data il Natale. La morte e resurrezione di Attis fu collocata nella primavera, alla cui festività corrisponde la Pasqua cristiana.
(e) Sappiamo che, oltre ai movimenti più filosofici di Alessandria, e alle religioni misteriche attorno al Grande Mare, ci furono numerose associazioni di “collegia”: sorta di fratellanze di mutuo soccorso; gilde industriali di fornai, fabbricanti di stoffe, carpentieri; come i follatori di Pompei e i dottori di Benevento. Questi “collegia” erano classificati come corporazioni religiose, e recavano il nome di un dio patrono. C'erano anche associazioni sportive, spesso sotto il nome di un eroe divino, assunto come un esempio mitico di vigore. Filone racconta di settari al di fuori di Alessandria chiamati Terapeuti che vivevano separati in semplicità, e si incontravano ogni settimana per un pasto comune a base di pane e acqua, e cantavano assieme inni e preghiere. Successivamente, uno scrittore cristiano pensò che fossero la chiesa cristiana di Alessandria, ma in realtà essi non avevano nessuna conoscenza del cristianesimo. Gli esseni erano una setta ebraica di circa 4000 asceti di Palestina, che vivevano in gruppi, che disponevano di un pasto comune. Erano una fratellanza che praticava il celibato, desiderosa della vita dopo la morte.
(f) Tra le forme di pensiero di quel tempo (diciamo attorno al 30 E.C., quando sorse il cristianesimo) si deve contare il metodo di scrivere sotto falso nome, come il Libro di Daniele (164 A.E.C.), il Libro di Enoc, i Salmi di Salomone, sebbene nessuno di questi provenisse dagli uomini nominati, e non è probabile che qualcuno dei libri che compongono il Nuovo Testamento provenisse da quelli i cui nomi sono loro associati. Non si pensava che questa pratica costituisse una frode. Era la pratica letteraria dell'epoca.
(g) Era anche il tempo per la produzione di allegorie religiose e Midrashim (storie di valore morale, ma non-storiche). Si potrebbero menzionare il Libro di Giona, il Libro di Rut, il Libro di Tobia, e Pistis Sophia (diciamo 180 E.C., scritta forse dal cristiano gnostico Valentino). I commentari di Filone sull'Antico Testamento sono ricolmi di scritti allegorici. Così se i vangeli sono veramente produzioni mistiche, e non Storia, non ci si deve meravigliare. Nella loro forma attuale, i vangeli sinottici sembrano mirare a figurare come Storie, ma i loro contenuti sono più antichi, e furono composti come storie mistiche del Cristo, il Dio interiore, come percepito dai cristiani più antichi. 
Come illustrazione del metodo di scrittura religiosa da parte degli ebrei, potremo prendere ciò che Filone scrisse sul Logos:
“Ci sono, come sembra, due templi di Dio: uno è questo mondo, in cui il Sommo Sacerdote è il Divino Logos, il Suo stesso figlio primogenito: l'altro è l'anima naturale ... Il Sommo Sacerdote non è un uomo, ma il Divino Logos. Dio è suo padre e Sapienza è sua madre: tramite lui (il Logos) l'Universo venne in essere.... Il più antico Logos del Dio vivente è rivestito dal mondo come da un mantello. Infatti il Logos di Dio è il legame di tutto, reggendo tutto insieme e legando tutte le parti” (si veda 1 Corinzi 8:6; Colossesi 1:15-17).
“Perché ci meravigliamo se Dio a volte assuma la somiglianza di angeli, come Egli a volte assume la somiglianza di uomini: ... coloro che non sono in grado di sopportare la vista di Dio, guardano alla Sua immagine, il Suo angelo Logos, come a Lui stesso”. Confronta la discesa della “Sapienza” per salvare gli uomini, e la discesa della stessa, nella Sapienza di Salomone 9:17-18; Baruc 3:37; Enoc 42:1; 49:1.
Così era facile per gli ebrei del giorno di Filone e in seguito credere in una discesa del Logos o Sapienza, o di Cristo: infatti Cristo era un altro termine per il Logos e la Sapienza. Il Logos è chiamato anche il mediatore tra Dio e l'uomo. (Per riferimenti si veda “Hellenism and Christianity” di Friedlander).
I metodi letterari non scientifici degli ebrei potrebbero essere illustrati dalle ebraiche Haggadoth, composte da circa il 100 fino al 500 E.C. 
L'Haggadah (plurale Haggadoth) è un'interpretazione dell'Antico Testamento. Quelle Haggadoth sono date nel Talmud e nel Midrashim degli ebrei, e contengono misticismo, folclore, teosofia e leggende; anche descrizioni dell'età messianica. Ci sono Haggadoth anche nel Nuovo Testamento. Le parabole, per esempio di un uomo derubato per la strada, oppure di un canestro pieno di fichi, sono introdotte nel Talmud, per illustrare le interpretazioni date. Dei testi (come Zaccaria 9:9, il Re che cavalca su un asino) sono applicati al Messia. Discorsi sono posti abbastanza accuratamente sulle labbra di Mosè e Aronne: “Mosè rispose”, “Aronne disse a Mosè”, perché dev'essere stato sicuramente così, oppure questo sarebbe stato adatto! Dialoghi sono composti liberamente, per esempio tra Adamo ed Eva.
Questo era il metodo degli scritti religiosi in quei giorni. Era tra un popolo del genere che si sviluppò il Nuovo Testamento, e non tra storici scientifici dell'Europa del ventesimo secolo.

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