giovedì 12 aprile 2018

Sull'origine e antico significato del cristianesimo (10) Risposte a difficoltà.

(questo è l'ultimo capitolo da me tradotto del libro del miticista Gilbert T. SadlerL'origine e antico significato del cristianesimo. Per leggere il testo precedente, segui questo link)



INDICE

1.  Il Pensiero Religioso nel 30 E.C.


2. Le Esperienze dei Primi Cristiani.


3. L'Apostolo Paolo.


4. Le Epistole della Scuola Paolina.


5. I “Logia” o Insegnamenti di Gesù.


6. Il vangelo di Marco.


7. Le storie dell'Infanzia in Matteo e Luca.


8. Il Libro degli Atti.


9. Il Quarto Vangelo.


10. Risposte a difficoltà.



10. RISPOSTE A DIFFICOLTÀ.

(a) La prima difficoltà portata avanti contro la tesi che Gesù non era un uomo ma una personificazione dell''Ideale d'Amore spirituale, è che Flavio Giuseppe, Tacito, Plinio e Svetonio — autori non-cristiani — menzionano Gesù come se fosse stato un uomo.
Ma tutti quelli scrissero quando tra cristiani esisteva l'idea che Gesù era stato una volta un uomo. Flavio Giuseppe scrisse le Antichità intorno al 93 E.C. Tacito scrisse i suoi Annali intorno al 110 E.C., Plinio scrisse all'imperatore Traiano attorno all'anno 111 o 112 E.C., mentre Svetonio era ancor più successivo.
Il passo in Flavio Giuseppe è chiaramente un'interpolazione, poiché offre il punto di vista cristiano, e Flavio Giuseppe non era un cristiano. Esso dice: “Gesù, autore di opere straordinarie ... Questi era il Cristo. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d'altre meraviglie riguardo a lui”. La menzione di “Giacomo, il fratello di Gesù” (in Flavio Giuseppe) è a sua volta un'interpolazione cristiana, poiché cita Galati 1:19, un passo che non significa che Giacomo era un fratello di Gesù per nascita fisica, ma che egli era uno del gruppo di Gesù: si veda 1 Corinzi 9:5, 1:12).
Plinio si riferisce a inni che venivano cantati a Cristo “come se a Dio”, così che la sua evidenza difficilmente conferma l'idea di Gesù come un uomo. Ma in qualche modo Tacito, Plinio e Svetonio scrissero fin troppo tardi perché la loro evidenza sia di qualche valore.
È un peccato che uno scrittore così eminente come il dottor Frazer (ne Il Ramo D'Oro: il capro espiatorio) dichiara di credere che Gesù era un uomo a causa di Tacito e Plinio!
(b) Un'altra obiezione a considerare Cristo come una personificazione e non come un uomo, è che gli imperatori romani venivano deificati. Ci si domanda: perché non poteva essere stato deificato un grande Maestro? È stato detto che “tra popoli gentili l'idea della figliolanza divina era comune e diffusa, e ciò non semplicemente nel caso di personaggi mitici, ma anche nel caso di personaggi storici di particolare eminenza, più specialmente di governanti e sapienti”. Così i faraoni erano considerati spesso incarnazioni della divinità Horus, e preghiere si rivolgevano loro. Alessandro Magno fu definito “figlio di Ammon-Ra” (un dio egizio). Dopo la loro morte, gli imperatori romani erano chiamati a volte “divi”. (Questo equivaleva a generali vittoriosi).Si disse che Platone fosse nato da Apollo, e da sua madre Perictione. Scipione l'Africano fu definito un figlio di Apollo. Si disse che Buddha avesse avuto preesistenza. Ma il dottor Estlin Carpenter ha dimostrato che ci furono 300 anni prima che Buddha venisse deificato, ossia, non era l'uomo storico Gautama, ma un essere immaginario che venne descritto così. I sovrani e altri che furono chiamati “divini” o “figli di Dio” non erano provvisti di preesistenza come esseri divini, e non erano chiamati “Logos Eterno”, “Agente della Creazione”, “l'Alfa e l'Omega”: e neppure furono detti di “riempire tutte le cose” dopo la loro morte. Gesù, secondo la storia, fu un maestro itinerante, non un Re, e neppure un Maestro altrettanto rinomato come Platone. Tuttavia la divinità attribuitagli fu di gran lunga superiore a quella attribuita ad Augusto o a Platone. Per di più, si credeva che il “Cristo” esistette nel cielo prima che si dicesse che “Gesù” era nato (se Gesù mai visse). Il Cristo così era soprannaturale fin dapprima, dato che era chiamato (nel libro di Enoc) “l'Eletto, chiamato da Dio da prima della creazione, il Figlio di Dio, e Giudice”. In seguito sopraggiunse l'umanizzazione. Non era così con Platone o Augusto. Essi erano dapprima umani, poi deificati. Augusto era un uomo che fu trasformato in un dio. Gesù era un essere divino storicizzato come un uomo. “Gesù Cristo” figura più sullo stesso livello di Attis e Mitra e Dioniso e Osiride — nel fatto di essere un potere personificato, considerato come uno che era in qualche maniera vissuto sulla terra, e come un signore che muore e risorge. Mitra non morì, ma si pensò che sarebbe giunto di nuovo come Giudice (Cumont: “Mysteries of Mithra”).
Oscuri ebrei non furono mai deificati, specialmente da ebrei (stretti monoteisti). Gesù, secondo la storia letterale, fu un oscuro ebreo, che per solo un anno e mezzo insegnò ad alcuni discepoli. Nessun ebreo del genere avrebbe potuto mai essere chiamato “Signore Divino”, “Logos”, “Eterno Figlio di Dio”, “Primogenito di tutta la creazione”, “l'Alfa e l'Omega”. Avrebbe potuto essere solamente l'invisibile ma percepito impulso d'Amore, che ricrea le anime e la società, a poter essere definito così dagli ebrei.
Il professore Harnack tenta di mostrare che il termine Signore, che spesso si applica a “Gesù” nel Nuovo Testamento (1 Corinzi 12:3; Romani 10:9; Filippesi 2:11; Atti 10:36), significava semplicemente la Sua acquisizione di poteri sovrani, e si sarebbe potuto utilizzare così riferito ad un uomo Gesù. Ma 1 Corinzi 8:6 è il passo chiave della spiegazione del senso di “Signore” (Kyrios) come applicato a Cristo. “Per noi c'è un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui”. Questa è una stupefacente dichiarazione: si veda Colossesi 1:15-17. Così anche Cristo “riempie tutte le cose”, ed è l'Alfa e l'Omega! Cristo realmente significò così Dio in un certo aspetto, perfino se i primi giudeo-cristiani non parlarono così di lui.
(c) L'obiezione che è più ovvia e si fa spesso all'idea della non-storicità di Gesù è che gli scrittori del Nuovo Testamento parlano chiaramente di un uomo Gesù di Nazaret che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato. Essi si riferiscono tutti a tale uomo. Perfino il Quarto Vangelo fa chiaramente così. “Il Logos si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi”. Si deve ricordare, comunque, che gli scrittori del Nuovo Testamento non erano i cristiani primitivi. Essi scrivevano dall'80 al 120 E.C. circa, e per allora l'idea era corrente che il “Gesù Messia” fosse stato un uomo. Al principio “il Gesù” era un nome per quel che era in realtà la presenza di Dio come percepita nell'impulso d'Amore di pii ebrei. “Egli” era il Salvatore, il Messia, che introduce nel Regno di Dio che è Amore. Come tale questo esperito Impulso divino fu personificato, secondo il costume di allora, come una seconda persona divina. Le idee del Logos, Sapienza, Spirito, Messia furono legate a questa “Persona”, poiché il Libro di Enoc, un secolo prima, aveva parlato del Cristo come già esistente nel cielo, “eletto” da prima della creazione. Per il tempo in cui il Nuovo testamento giunse ad essere scritto (prima le “epistole di Paolo”, e poi la storia più elaborata di Gesù nei vangeli), si tenne generalmente l'idea che Gesù fosse stato un genere di uomo, il Figlio di Uomo disceso e incarnato, che morì e risorse di nuovo. Marco 6:3 racconta dei fratelli e delle sorelle di Gesù, ma questo passo sembra esser sorto da qualche confusione con Marco 15:40-41, che dice: “Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea”. Così ci fu una confusione, dato che la Maria che seguiva Gesù (originariamente questo significava che lei era una cristiana) fu presa per la madre di Gesù in Marco 6:3).
Ma elementi umani erano destinati ad apparire non appena si pensò che il Cristo che discese e morì e ascese fu un uomo che eseguì quelli atti. Da qui non è sorprendente che si immaginò che Gesù avesse una madre, e visse in un certo luogo, e insegnò, e sperò, e morì. Cose del genere erano raccontate di parecchi degli esseri divini che erano adorati in quei giorni. La storia del dio Dioniso è illuminante su questo punto.
(d) È stato congetturato da G.R.S. Mead che forse Gesù era nato attorno al 100 A.E.C. Il Talmud ha un ricordo di un Gesù d'allora. Il Talmud offre Midrashim ebraico (un'amplificazione di argomenti biblici abbastanza nello stile orientale non-scientifico), con aggiunto Gemara o complementi, che risalgono al 100-500 E.C.
Nella versione babilonese del Talmud (Sanhedrin 107 b, e Sota 47 A) è data una storia di Jeschu (ebraico per Gesù) che visse quando regnava Ianneo. Ianneo era un sovrano maccabeo degli ebrei (104-78 A.E.C.). Questo Jeschu fu scomunicato per tendenze eretiche. La storia dice: “Si insegnava: Alla vigilia della Pasqua, Yeschu fu appeso” (non crocifisso). “Si insegnava: Yeschu aveva 5 discepoli — Matthai, Nakai, Netzer, Buni e Todah”. Netzer = Nazareno (Notzri).
Ma (1) la somiglianza del Talmud alla storia di Gesù nei vangeli non potrebbe essere dovuta a scritti talmudici che attribuirono a questo Jeschu (100 A.E.C.) storie da loro udite a proposito del Gesù (dei vangeli)?
 E (2) se il Gesù dei vangeli visse nel 100 A.E.C., è strano che passarono due secoli prima che venisse scritta la sua vita (in Marco).
Ma il volume del signor Mead “Did Jesus live 100 B.C.?” non pretende di provare che questo era il caso: ma solo di sollevare una domanda.
(e) Di nuovo, è stato sottolineato che per il 20 E.C. la fabbricazione di miti era giunta ad una fine. Certamente la fabbricazione di miti greci era giunta ad una fine, ma la fabbricazione di mito perdurò nel medioevo. Leggende o miti si originarono attorno all'Ebreo Errante, a San Giorgio, al Pifferaio di Hamelin, e ad altri. La storia di Guglielmo Tell non è Storia reale. Fu raccontata dapprima in nove strofe, nel 1476 circa. Riportava come Tell fosse un abile tiratore, e come egli colpì a morte un crudele ufficiale austriaco. La storia si espanse, e giunge a comprendere altre imprese (ad esempio, la storia del ragazzo e la mela). Intorno al 1476 si pubblicò un pamphlet che dimostrava che Tell mai visse. Egli era un tiratore ideale, un personaggio come altri descritti in Danimarca, Svezia e Irlanda. All'inizio il pamphlet fu bruciato pubblicamente con rabbia: ma tutta la verità emerse lo stesso!  
(f) È detto che i discepoli non compresero Cristo, e così non avrebbero potuto comporre la storia di Cristo. L'argomento si riferisce a Marco 8:32-33 dove Pietro si rifiutò di credere che Cristo dovesse soffrire. Non c'è da aspettarsi che tutti i cristiani compresero in egual misura il Cristo, la Vita Ideale. L'origine di una storia del genere potrebbe essere che Pietro (o la sua “scuola”) scoraggiava l'applicazione di Isaia 53 a Cristo, mentre la Comunità successiva credeva che la persecuzione dei primi cristiani fosse un segno che questa applicazione era giustificata. Nelle loro afflizioni Cristo fu afflitto. Egli era (in loro) il Cristo sofferente. Ma Pietro (o la scuola di Pietro) non credeva che questo fosse stato così. Così per 9:32. I discepoli più antichi non realizzarono, quando dapprima sopraggiunse su di loro la sofferenza, che era come compimento delle scritture che Cristo doveva soffrire. L'amore è sopportazione del peccato, e disarmato va incontro alla malvagità degli uomini. Da qui l'uomo spirituale porta la “croce”.
(g) Di nuovo, è sottolineato, che i discepoli non erano abbastanza spiritualmente forti da creare il Ritratto di Gesù. Ma essi non lo crearono interamente. I suoi aspetti erano derivati da Isaia e dai Salmi e dal libro di Enoc. Là stava per essere gradualmente prodotto, in tempi A.E.C., da menti di orientamento spirituale.
(h) Di nuovo, è detto che gli uomini necessitavano di un perfetto uomo ideale da seguire, e se Gesù mai visse come un uomo, la radice di ogni bontà è rimossa. Ma questo è simile ad un libro assurdo, che tentasse di dimostrare che se fosse creduto che la resurrezione fisica di Gesù dalla tomba non avvenne mai, gli uomini ricadrebbero nello stato selvaggio, nel vizio e nella crudeltà! La ragione per cui gli uomini uscirono dallo stato selvaggio non è perché credono che avvenne una resurrezione, ma perché apprendono la gioia di una benevolenza divina. L'anima non ha bisogno che un uomo sia stato perfetto, al fine per l'anima di aspirare alla perfezione. Gli uomini aspiravano alla perfezione in Grecia e in india nei secoli A.E.C., quando essi mai pensavano che qualche unico uomo fosse perfetto, proprio come gli artisti operano verso un ideale di bellezza, senza vederla completamente in alcuna unica forma umana. Inoltre, dal momento che Gesù come un uomo (nella storia) non era sposato, non aveva nessuna reale cittadinanza, non conosceva nessun malanno, non aveva alcuna nozione su arte, scienza o letteratura (se non nell'Antico Testamento), dal momento che in effetti davvero poco si sa di lui anche se fosse stato un uomo, difficilmente si può dire che vi esiste un uomo ideale per l'adorazione dell'anima.
Come materia di fatto, l'anima non desidera un simile immacolato uomo ideale. È Dio a cui l'anima agogna. “Tu hai creato noi per Te stesso e i nostri cuori non sono al riposo fino a che riposino in Te”, disse Agostino. Nella preghiera non è a nessun uomo Gesù, ma ad un aspetto di Dio che le anime pregano, se esse ancora nominano Gesù nelle loro preghiere. Un ideale è necessario, ma il Sermone della Montagna offre questo, e obbedendovi al principio gli uomini possono raggiungere Dio.
(i) È enfatizzato che una Grande Personalità era necessaria per iniziare il cristianesimo. Grandi movimenti necessitano invero di personalità, ma non di una grande personalità. Non c'era nessun unico Fondatore della religione greca(gli dèi dell'Olimpo), e neppure del mitraismo, che rivaleggiò col cristianesimo per quattro secoli e si diffuse sull'Europa, e neppure del brahmanesimo in India, e neppure dell'ebraismo in effetti; e chiediti circa lo zoroastrismo, se Zoroastro fosse un uomo. Le religioni più grandi sono derivate da personalità, ma senza alcun unico grande Fondatore.
(j) Di nuovo, alcuni dicono di credere ciò che è detto nei vangeli e nelle epistole circa il Cristo Eterno, e sanno che questo Cristo vive in qualche misura in tutti gli uomini, ma pensano che questo Cristo Eterno si fosse manifestato supremamente in un unico uomo Gesù di Nazaret, che fu crocifisso, perfino se il suo corpo non resuscitò dalla tomba. La prima parte di questo credo è indubbiamente vera e una gran verità, che il Cristo Eterno vive, in qualche misura, in tutti gli uomini, sebbene il Nuovo Testamento parli a malapena di lui così. Ma il resto è un credo che è semplicemente un'ipotesi razionalistica. Non esiste nessun'idea del genere nella totalità del Nuovo Testamento, che Gesù fosse un uomo accanto ad altri uomini, la miglior incarnazione di un essere divino distinto da lui, cioè, il Cristo Eterno, mentre altre figure erano incarnazioni inferiori dello stesso. Il Nuovo Testamento sa soltanto di un'unica incarnazione dell'unico essere divino preesistente chiamato Cristo, che era una volta nella forma di Dio, e lasciò il cielo e discese una volta per essere un uomo, e morì, e sollevò il suo corpo dalla tomba al cielo! (Si veda Filippesi 2:6-10; 1 Corinzi 8:6; Giovanni 1:1-18; 2 Corinzi 8:9; Matteo 11:27; Ebrei 1:13) “Il Logos si fece carne”, una volta e una volta soltanto, secondo il Nuovo Testamento. Gesù era il Cristo Eterno giunto sulla terra. La storia (nel Nuovo Testamento) è la storia di un Essere Divino, intermediario tra il Dio Supremo e l'uomo, il Logos-Mediatore. In altre parole, la storia è dottrina, e non Storia. Giunse ad essere in seguito fabbricata come se fosse Storia reale, ma è realmente dottrina, una descrizione dell'Impulso d'Amore percepito dai cristiani, una personificazione e proiezione dello Spirito datore di Via che sorse nei loro cuori, e realizzò la Legge ebraica. Sempre meno è possibile trovare un uomo Gesù, o indicare ciò che disse e fece. Sempre più diventa chiaro che la storia è stata fabbricata, come è stato indicato qui.
La cristologia del Nuovo Testamento è, nel migliore dei casi, soltanto uno sforzo per descrivere l'ineffabile. Non può durare. In effetti, è basato su un dualismo che non si può mantenere più a lungo. Il Nuovo Testamento non comunica a proposito di un Cristo Eterno in tutti gli uomini. Ciò è vero, ma una rivelazione moderna, una ri-dichiarazione del messaggio cristiano che Dio è Amore: poiché questo amore è la legge latente in tutti gli uomini.
(k) Parecchi si appellano all'idea di un uomo Gesù perché la maggior parte degli studiosi credono che egli visse. È ancora vero che la maggior parte degli studiosi credono che c'era un uomo, Gesù di Nazaret, un maestro meraviglioso, oppure l'unica incarnazione dell'eterno Figlio di Dio. Ma quegli studiosi hanno ciascuno rinunciato a credere nella storicità di parti della storia di Gesù. Uno (Cheyne) dubitò che la storia della crocifissione fosse Storia reale, perché l'idea di un dio morente era davvero antica. Un altro (Sanday) ha messo in dubbio i miracoli della natura, come il camminare sul mare, il nutrimento dei cinquemila, o la quiete della tempesta. Quelli sono ritenuti essere in realtà simbolici, oppure parabole. Un altro studioso (J. E. Carpenter) mostra che le storie della tentazione e della trasfigurazione erano fabbricate dai cristiani e non sono Storia reale. Ancora un altro studioso (Friedlander), un ebreo, ha indicato che parti del Discorso della Montagna si devono trovare in scritti come per esempi i Testamenti dei Dodici Patriarchi, il libro di Tobia, e altri testi pre-cristiani. Altri studiosi mostrano che le storie della nascita verginale e della resurrezione fisica di Gesù non possono essere storiche: mentre molti sottolineano il numero di passi nel Primo Vangelo che sono posteriori, poiché indicano chiaramente che la Chiesa aveva subito persecuzione, oppure aveva creato regole per la sua conduzione e riproduce queste regole in quel vangelo. Così, la tendenza di pensiero è lontana dalla storicità delle storie di Gesù, sebbene storie della prima Comunità cristiana siano incorporate nei vangeli.
Uno studioso (Schmiedel) asserisce che almeno cinque detti attribuiti a Gesù devoo essere storici, perchè implicano un oratore umano. Ma ciò equivale ad assumere che ci fosse un uomo Gesù. Quando la Chiesa giunse a credere (vagamente) che Gesù era vissuto come un uomo, era solamente naturale attribuirgli tali detti, e anche nominare sua madre e i suoi parenti.
Del dio Esculapio, guaritore e “Salvatore” venerato in Grecia dal 421 A.E.C., e a Roma dal 293 A.E.C., si disse che era stato un uomo, che era sposato, e aveva due figli, e una figlia Igea o Salute.
Un altro scrittore (il dottor McNeile) indica per tutto il suo prezioso Commentario su Matteo, che parecchie parti del vangelo sono dubbie: come per esempio l'apparizione della stella, la fuga in Egitto, la Voce al battesimo di Gesù, la camminata sulle acque. Se tutto ciò che è dubitato dagli studiosi viene rimosso dai vangeli, non sarebbe lasciato che poco, ed ora è riconosciuto candidamente che nessuna “Vita” di Gesù può essere scritta, come quella composta da Edersheim or Farrar.
Il vizio intellettuale che si appella ancora agli studiosi si manifesta nella pubblicazione di articoli, ad esempio nelle Enciclopedie, su “Gesù”, sotto l'assunzione che egli visse come un uomo, e poi procedendo ad assumere che tutto nei vangeli sia vero di lui, a meno che non appaiano serie ragioni per dubitare di ogni passo. L'approccio davvero accademico sarebbe “Qui ci sono certi documenti antichi, cosa si deve fare dei ritratti ivi offerti?” È tempo ora che gli studiosi devono provare che Gesù sia vissuto come un uomo prima di poter assumere che egli disse questo oppure fece quello. L'intera storia potrebbe essere la composizione graduale della Comunità coinvolta, non di un uomo, ma della Vita Ideale che essi percepirono, che univa assieme i loro membri. Questa Vita Ideale la chiamarono “Gesù Cristo”, e quando la Comunità venne respinta dagli ebrei, essi giustamente dissero che era Cristo ad essere stato respinto e “crocifisso”.
La maggior parte degli studiosi rifiutano ora di ritenere che il Quarto Vangelo fornisca letteralmente le parole e gli atti di Gesù, se non nella storia della Passione. Ma essi devono ancora saltare all'idea che se un solo vangelo del genere avrebbe potuto essere stato fabbricato sinceramente, vangeli precedenti potrebbero essere stati fabbricati a loro volta. Essi enfatizzano che il Quarto Vangelo figura in uno stile diverso di discorso dai vangeli sinottici. Ciò è vero, ma ciò non prova che i sinottici sono Storia reale. Entrambi potrebbero essere testimonianze, da parte di varie “Scuole”, della Storia Mistica di Gesù Cristo, il Divino Ideale d'Amore esperito dagli ebrei ellenistici che originarono la nuova religione all'interno dell'ebraismo.
Quelle anime zelanti che si appellano all'idea di un uomo Gesù perchè la maggior parte degli studiosi vi credono, dovrebbero constatare sicuramente che la maggior parte degli studiosi dubita parecchio, e che la tendenza della ricerca è dubitare sempre più, e dovrebbero considerare i vangeli come prodotti di una Comunità nella sua seconda generazione, dopo il 70 E.C. Essi ricordano, in storie simboliche, l'afflato ineffabile di una reale rivelazione divina. Quella tendenza dovrebbe rendere quelle anime zelanti disposte almeno ad esaminare lo studio di cui sopra del soggetto, esposto dopo una lunga, accurata fatica e discussione.
(l) Ci sono altre anime zelanti che si aggrappano all'idea di un uomo Gesù perché esse la “gradiscono”, pensando che sia necessario per le loro esistenze religiose, credendo che la devozione abbia bisogno di un uomo del genere. Questo è dovuto al fatto che loro sono stati educati ad associare la religione con un uomo Gesù in cui concentrano le loro idee di Dio. Sembra consolante sapere che la Realtà suprema concentrò la Sua vita in un unico uomo sulla terra, ad un unico periodo di tempo e ad un unico luogo. E c'è verità in questo. Dio era così concentrato in un unico tempo e in un unico luogo, ma in una Comunità, non in un uomo Gesù. La Comunità (chiamata successivamente la Chiesa) si originò dall'umanità, e continuò fino a questo giorno, ed è il Corpo del Cristo il principio del Regno di Dio sulla terra. Non solo nelle chiese visibili (spesso ecco! davvero poco cristiane), ma nell'invisibile chiesa reale di tutte le anime amorevoli che aspirano verso Dio, è ora espresso il Cristo. Sicuramente questa è un'idea più profonda e più soddisfacente di quella che in un unico isolato uomo, in un ebreo di Nazaret, si fosse incarnato una volta l'Eterno! La devozione non ha bisogno in realtà di un uomo che muore su una croce, che soffre per tre (o sei) ore ma di un Dio che sempre sopporta il peccato e il bisogno umani, un Dio “crocifisso”, e sempre così “risorge” ad una vita e ad un potere più elevati e più ricchi, nella cui morte e resurrezione partecipa il cristiano. Questo è ciò di cui la devozione ha veramente bisogno, perfino se per un tempo trova un aiuto nel raffigurarlo come qualcosa che accadde una volta nella Storia reale. Le anime pie hanno sempre pensato non ad un uomo del passato, ma ad un Cristo del presente, “Gesù, Amante della mia anima”, che è un nome per un Dio che redime le anime ora. Un uomo, un ebreo nel cielo, nessuno può trovarlo e se trovato, egli ha una vita limitata, e una minuscola coscienza, nella misura in cui egli può essere completamente immaginato.
L'epistola agli Ebrei racconta di Gesù come di un compassionevole Sommo Sacerdote nel cielo, che è stato provato in ogni punto quando era sulla terra. Ma l'uomo Gesù (dei vangeli) non sapeva di alcun matrimonio e né di una paternità e neppure di una cittadinanza e neppure di arte o di scienza o di malattie - così egli certamente non provò tutte le tribolazioni umane. È di Dio che l'anima necessita, l'auto-confinatosi interiore Amante di anime che tutto pervade, che riuscì nella prima Comunità cristiana nel rivelare la Sua vita come la vita datrice di vita (chiamata Amore), e invitò gli uomini a fare questa Sua Volontà, poichè era la loro stessa più profonda Volontà. Questo Dio ineffabile sorge nei cuori che oggi Gli obbediscono, ed è la religione cristiana a obbedire così e a percepire così la Vita inesauribile, e a goderne. La devozione non ha bisogno di temere, ma di accogliere, la perdita dell'idea di un uomo Gesù, poichè quella perdita arriva soltanto da un guadagno più profondo, il guadagno della Presenza di Dio come Inesauribile Vita Spirituale nelle anime che amano e aspirano.
Questo lo si percepisce chiaramente in molti inni devozionali. È Cristo come un ritratto di Dio nell'anima amorevole che è adorato in realtà. Così, nell'inno “Fierce raged the tempest o'er the deep”, l'elemento devozionale appare nell'ultimo verso, ma non può utilizzare la storia della quiete della tempesta come Storia reale. La tempesta che è calmata da Cristo è nell'anima, la tempesta della preoccupazione e della propria volontà!

“And when our life is clouded o'er,
And storm-winds drift us from the shore,
Say, lest we sink to rise no more,
ʻPeace be still!ʾ”

Così la “camminata sulle acque” di cui l'anima ha bisogno è non una camminata letterale, ma una Presenza che può giungere all'anima sui mari della difficoltà. Le rige di Francis Thompson su “Il Regno di Dio” indicano questo:

“But (when so sad thou canst not sadder)
Cry;—and upon thy so sore loss
Shall shine the traffic of Jacob’s ladder
Pitched betwixt Heaven and Charing Cross.
Yea, in the night, my Soul, my daughter,
Cry,—clinging Heaven by the hems;
And lo, Christ walking on the water
Not of Gennesareth, but Thames!”

È questo “Amante insistente”, e non di un ebreo nel cielo, di cui l'anima ha bisogno realmente. Così anche nell'espressione di Wesley:

“Gesù, Amante della mia anima!”     

l'anima è veramente in confusione se tiene di fronte a sé Uno che fu un uomo locale di Galilea e ha “assunto in cielo un volto umano”. È Dio come l'Amante interiore ad essere inteso, e solo questo può recare la gloria del contesto dell'inno alla musica nella melodia “Aberystwyth”.

“Spring Tou up within my heart
Rise to all eternity.”
non sarebbe mai potuto appartenere veramente all'antico regno di idee: e in queste parole Wesley si libra al di sopra dell'idea di uno che mai poteva limitarsi nell'essere un unico uomo, anche se Welsey non realizzò che qui egli aveva lasciato tali pensieri di gran lunga indietro. Non c'è in realtà alcuna transizione da un uomo, un Maestro ebreo, a “Cristo in voi, la speranza della gloria”. Di nessun maestro prediletto, come Platone o Ipazia, si parlava come se fosse esistente nei discepoli, e la morte di un Socrate non era considerata come una morte che fu condivisa dai suoi seguaci, come invece fu condivisa la croce di Cristo. Mentre allora, gli uomini di devozione hanno creduto in maniera acritica che ci fosse un uomo Gesù, perché il Nuovo Testamento e la Chiesa insegnavano questo, tuttavia una tale idea non era richiesta da loro, ed ora essa diventa (al nostro spirito moderno) un autentico ostacolo alla devozione e alla vita spirituale, dando, come se fossero due Dèi, il Padre e Gesù; così che l'anima non sa quale dei due pregare. Questa confusione è una causa della moderna debolezza delle Chiese, che continuerà mentre il ritratto simbolico di Cristo come Dio — l'impulso d'Amore nelle anime — viene preso come se fosse la Storia letterale di un uomo sulla terra. Gli scrittori neotestamentari non dicevano “Gesù è Dio”, perché erano monoteisti di un tipo rigoroso, e non potevano afferrare un Dio complesso, e Gesù non è Dio in tutta la Sua energia spirituale. Ma Gesù è il cuore o il principio vitale di Dio come svelato nel sacro amore negli uomini.
Ci sono coloro che premono che gli uomini che hanno avuto esperienza di Cristo sanno che è una persona e così egli visse sulla terra! Essi si basano sulla sua morte come un potere espiatorio, e così dev'esserci stata una morte! Questa è confusione.
L'uomo non ha bisogno di un Gesù storico. È di Dio di cui ha bisogno. Ogni storia che lo aiuta a trovare, sentire e amare Dio è una scala che porta fino al cielo per lui: ma questo non prova che la storia sia Storia reale. La storia del figliol prodigo ha contributo ad avvicinare parecchi a Dio, ma non è Storia reale. Alcuni romani a loro volta hanno avvicinato le anime a Dio.
Inoltre, la fede in Dioniso o in Osiride, o in Attis o in Mitras influenzò le esistenze degli adoratori, ma ciò non prova che quelle divinità fossero state uomini sulla terra, perfino se gli adoratori la pensavano così.
Inoltre, se la ricerca scientifica non può provare che Gesù fu un uomo e si deve fare affidamento su esperienze soggettive, l'idea della storicità di Gesù è in una cattiva posizione. È vicina alla resa, come ha ben sottolineato il dottor K. C. Andersen (“Ward Chapel Magazine”, Dundee, Aprile, 1916).
(m) C'è un'altra difficoltà nel modo delle anime zelanti di considerare la non-storicità di Gesù come un uomo, e quella è la loro fede che la salvezza sia dipendente da un Uomo Gesù che era morto su una croce nel passato. Questa è la dottrina di salvezza che sembra aver bisogno di un Uomo, pur di ottenere “perdono” da Dio. Che una dottrina del genere si trovi in parti del Nuovo Testamento è vero: infatti gli ebrei ritenevano la morte la punizione del peccato, e la crocifissione un segno che l'uomo così appeso fosse maledetto da Dio. Da qui, quando si giunge a ritenere che Gesù fosse stato un uomo che fu crocifisso, fu detto da alcuni (dallo spirito legalista) che la sua morte nell'innocenza fosse una sopportazione della maledizione della legge, e così un'espiazione per Dio, un'esposizione del risultato del male, o il giudizio di Dio. Coloro che accettavano Cristo come il Salvatore privo di peccati erano così liberati dal Giudizio Finale. Non c'era nessuna condanna che pendeva su di loro, nessuna collera di Dio. Essa era stata rimossa da un Cristo che morì innocentemente.
Ma la morte non è la pena del peccato, poiché esisteva sulla terra tra animali prima che l'uomo peccasse; e non c'è nessun incombente giudizio finale. Il peccatore reca ancora la disciplina amorevole di Dio contro di lui. L'intera dottrina è così rabbinica, ebraica, non cristiana, tanto meno è moderna o necessaria al giorno presente. Gli uomini non si salvano sfuggendo al giudizio, ma coll'accettazione del principio della croce nelle loro stesse esistenze, “crocifiggendo la carne”, morendo al dominio della loro inferiore natura animale, ed elevandosi al regno della vita spirituale. Nessun evento del passato in sé guadagna il perdono da Dio. Un sincero pentimento è necessario per quello. Il perdono non è una dispensazione dal giudizio finale. Nessuno che è crocifisso può salvare gli uomini. L'anima è salvata nella misura in cui condivide una croce cosmica di Dio. Una storia può rivelare questa croce cosmica, ma nessun uomo divino ha bisogno di morire per esprimerla. Essa sta per essere espressa sempre, in milioni di vite, e in altre maniere piuttosto che col morire. Spesso è meglio espressa da una vita paziente!
Non la morte di un uomo storico, ma un'unione mistica con Dio, che vive sempre rinunciando alla Sua vita, è la via della vera salvezza (si veda Romani 6:1-10; Galati 5:24; 6:14). Il “sangue” è la Vita!
L'anima peccaminosa potrebbe gridare: “Io non posso pentirmi a sufficienza. Io ho bisogno di una Persona oggettiva che può rivelare il male nel peccato, i suoi deserti, e allora io posso legare la mia povera debole volontà a tale Persona, e così diventare una sola cosa con Dio”. La risposta è abbastanza chiara. L'uomo non ha bisogno di vedere che Dio, in un “Cristo morente”, condanni il suo peccato, sveli la sua bassezza, prima che l'uomo trovi un'unione con Dio. La condanna è fatta nel Discorso della Montagna combinato col capitolo tredicesimo di 1 Corinzi. Coloro che pensano che sia fatta da un uomo Gesù, che soffrì per tre ore, vedono in realtà il loro peccato esposto nella loro stessa idea di Gesù. Non è nessun uomo che loro vedono ora, ma un Ideale che si ricava semplicemente dalla lettura dei vangeli e dal vedere esistenze cristiane. Questo Ideale è la Volontà di Dio, ed essi l'accettano e ne sono salvati. Il Figliol Prodigo era salvato accettando un Ideale che era latente nel suo spirito, un Ideale di figliolanza. Egli “tornò in sé” e così presto tornò anche a casa.
Nessun figlio più anziano fu crocifisso prima. Il “Cristo morente” che salva realmente le anime è il principio della vita di Dio, la vita che giunge morendo all'inferiore limitato sé. 

 
NOTE DEL TRADUTTORE:

Qui finisce la mia traduzione della prima parte del libro del miticista Gilbert T. Sadler, The Origin and Meaning of Christianity (1916), precisamente la parte che tratta della sua ricostruzione delle Origini cristiane e della nascita del mito di Gesù. La seconda parte parla invece del “significato” del cristianesimo per il medesimo autore, significato che, come il lettore avrà già capito, sembra essere positivo ai suoi occhi di fervente (quanto illuso) teista. A mio avviso, si può discutere fino alla nausea se, a conti fatti, la religione sia stata “buona” a causa del presunto conforto e consolazione che avrebbe offerto ai cristiani in questa “valle di lacrime”, dei prodotti artistici che avrebbe generato e del senso di comunità che avrebbe incoraggiato, oppure “cattiva” a causa delle guerre, dell'intolleranza, del bigottismo e delle lotte sociali che si sono fatte in suo nome (per non accennare alla bastarda arroganza  che tuttora si manifesta nei folli apologeti cristiani). Alla fine, a me personalmente sembra che la questione più importante non sia chi “vince” questa discussione, ma se le affermazioni dei folli apologeti cristiani siano vere o no. Se, come io penso e credo, quelle affermazioni sono evidentemente false, quindi, dal mio punto di vista personale, è “bene” che dovremmo saperlo. E ciò importa soltanto nella misura in cui vogliamo decidere cosa fare delle nostre vite. E per quanto riguarda la deriva misticheggiante (e quindi: irrazionale) del discorso di Sadler sul “significato” del cristianesimo, io ho già preso la mia decisione: non tradurrò la seconda parte del suo libro. 

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