lunedì 22 gennaio 2018

Sull'Antica Storia del Dio Gesù (X) — I Gruppi

(continua da qui)


CAPITOLO X

I GRUPPI


I membri del gruppo galileo a Gerusalemme furono, concludiamo, conformisti quanto all'osservanza della legge mosaica, ma non conformisti quanto al culto segreto da loro praticato e in relazione alla speranza messianica, al cui posto i loro cuori furono ricolmi dalla speranza mistica. È importante ricordare che il gruppo chiamato comunemente la Chiesa di Gerusalemme consisteva di galilei insediatisi di recente in quella città, e si potrebbe descrivere a questo periodo più adeguatamente come la “Chiesa galilea”.
I primi cristiani, sia a Gerusalemme che nella diaspora, furono per la maggior parte uomini del popolo, e perfino delle classi più inferiori, che lavoravano per il loro sostentamento. Ma alcuni di loro possedevano proprietà, come per esempio Maria, la madre di Giovanni Marco, la cui dimora a Gerusalemme fu abbastanza larga da ospitare l'intera comunità. Troviamo nella diaspora anche imprenditori e mercanti, come per esempio i fabbricatori di tende Aquila e Priscilla, per i quali San Paolo lavorò a Corinto, e Lidia, la venditrice di porpora a Filippi. In aggiunta alle loro occupazioni comuni, sappiamo che i galilei eseguivano l'opera di guaritori, e che il loro trattamento consisteva nell'espellere i demoni tramite esorcismi, alla cui presenza era attribuita la malattia. Gli spiriti maligni si esorcizzavano per il nome di Gesù, che possedeva in sé stesso un potere magico per mettere in fuga i demoni.
Loro non esigevano una ricompensa, ma accettavano doni. È chiaro che i resoconti di una comunità di beni sono fittizi, ma essi avevano un'organizzazione di mutuo soccorso e assistenza, e sembrano aver avuto un sistema di valutazioni simile a quelli trovati al giorno d'oggi tra partiti rivoluzionari. Per la maggior parte erano sposati. Il matrimonio è la regola generale tra gli ebrei, ed è stato in tutte le epoche, ed è anormale per ogni ebreo rimanere non sposati senza una buona ragione.
Le tendenze ascetiche di certe sette in Palestina, come per esempio gli esseni, non avevano influenzato il cristianesimo a questo periodo. San Paolo dichiara esplicitamente che gli altri apostoli, i fratelli del Signore, e lo stesso Pietro presero con loro nei loro viaggi una
“sorella sposata” — vale a dire, una moglie; [1] gli evangelisti parlano della suocera di Pietro, di nome Dentera, [2] e Clemente di Alessandria afferma di avere figli, [3] e apprendiamo anche da Atti che Filippo aveva quattro figlie. [4] Quanto a San Paolo, non solo sappiamo che fu sposato, ma possiamo anche ricostruire la storia del suo matrimonio. I primi cristiani non erano la gente ignorante che si suppone a volte. Nessuno dubita che San Paolo fu in possesso di qualche cultura, ed egli fu non del tutto eccezionale a questo riguardo.
Un'educazione letteraria e filosofica era più diffusa tra le masse nell'antichità che tra noi, poiché le loro menti non erano dirette, come al giorno d'oggi, verso la tecnica, ma avevano tempo libero per una speculazione trascendentale. Gli ebrei in aggiunta erano portati alla discussione teologica, che imperversava anche tra i poveri, e avevano bisogno di una conoscenza delle loro sacre scritture. Così San Paolo nelle sue epistole poteva rivolgersi a loro in un linguaggio di elevata speculazione, e se apprendiamo da 1 Corinzi 1:26 che ci furono “non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili” tra di loro, questo bisogno non va inteso ad esclusione di tutti gli uomini istruiti. Essi solevano incontrarsi nella dimora di uno del gruppo che fosse abbastanza larga da offrire spazio per tutti, come per esempio la casa di Maria, la madre di Giovanni Marco, menzionata in Atti 12:12. Le case a Gerusalemme aveva una grande stanza al loro piano superiore che corre per l'intera lunghezza e larghezza della casa, quella in Atti 1:13 che viene chiamata “sala di sopra”. La stessa cosa accadeva nella diaspora - per esempio, a Troade (Atti 20:8).
Siccome durante quelli incontri essi sedevano tutti per mangiare assieme, è ovvio che i primi gruppi furono davvero piccoli. Non esiste nessun buon motivo, in realtà, per credere che la prima generazione cristiana numerasse fino a 1000 persone in tutto l'Impero romano. Una volta alla settimana, di Domenica, essi si riunivano assieme per la festa sacra, e quotidianamente per la preghiera comune e le interminabili discussioni teologiche in cui si elaboravano i loro credi.
A Gerusalemme essi frequentavano anche il Tempio. Il Tempio a Gerusalemme conteneva numerose cortili e portici, e rassomigliava al foro delle grandi città pagane. Come dichiara Renan, esso fu un tempio, un mercato, un tribunale, ed un'università. Si potrebbe aggiungere che esso fu anche un luogo di passeggiata e d'incontro. Qui si incontrerebbero non solo per osservare le ordinanze mosaiche, ma anche per esporre i loro argomenti teologici. Dal principio lo spirito ebraico di una gerarchia prevaleva nei gruppi, che erano governati da capi assistiti da anziani e dai loro aiutanti maschi e femmine. I nomi delle diverse categorie di quelle persone diventarono in seguito i titoli dei membri del clero.
I sopraintendenti erano in greco gli
“episcopi” — vale a dire, i vescovi; gli anziani erano in greco i “presbiteri” o preti; gli aiutanti maschi e femmine erano “diaconi” e “diaconesse”. I membri dei gruppi si chiamavano “i fratelli”, usando il termine nel senso da noi descritto, e anche “i Santi”, in ebraico i Qedeshim o quelli appartati o isolati.
I primi cristiani si chiamavano i Santi perché essi erano moralmente isolati dal resto della comunità e i soli destinati a risorgere dai morti. “Il cristianesimo all'epoca apostolica”, scrive Mgr. Battifol, “apparve come una religione comunitaria . . . formandosi dovunque  in piccoli gruppi come cristianità. . . in possesso della stessa fede e dello stesso culto”. [
5] Potremmo aggiungere: e conducendo un'esistenza sedentaria e pacifica. Che la Chiesa antica ebbe un'esistenza pacifica durante il periodo di circa sedici anni che sopravvenne tra la morte di Santo Stefano e lo scoppio di persecuzione a Gerusalemme sotto Erode Agrippa è stabilito chiaramente. Quella persecuzione perdurò per solo un po' di settimane e cessò di colpo alla sua morte. Fino al martirio di San Giacomo alla vigilia della grande insurrezione dell'anno 66, nessuno dei membri del gruppo galileo venne perseguitato di nuovo.
Secondo la credenza popolare, la loro occupazione principale ed essenziale fu la predicazione del vangelo e la propagazione della fede, una credenza che è confermata dalla leggenda evangelica del comando da loro ricevuto dal loro maestro di recarsi a convertire gli ebrei prima, e dopo i gentili. La verità è che nel fare della predicazione la prima funzione dei capi del cristianesimo primitivo, gli evangelisti tentarono di collocare nel passato la legittimazione del programma e gli obiettivi del periodo posteriore nel quale scrissero; e, nel raccontare che Gesù diede l'ordine di evangelizzare il mondo e che gli apostoli obbedirono al suo comando, essi stanno attribuendo ai fondatori della Chiesa il compito intrapreso dai loro successori.
Quando il libro di Atti dichiara che i primi cristiani si insediarono a Gerusalemme, dove organizzarono una sorta di vita comunitaria e passarono il loro tempo in preghiera e profezia, spezzando assieme il pane, frequentando il Tempio, ed eseguendo l'opera di guaritori, si riconosce nel quadro la rassomiglianza ad una realtà storica. Succede altrimenti quando essi sono rappresentati mentre predicano la loro dottrina apertamente nella città e in tutta la Giudea, e mentre fanno conversioni di massa alla misura di 3000 in una sola volta (Atti 2:41). Il semplice suggerimento di un numero del genere è sufficiente ad avvisarci che qui stiamo avendo a che fare con delle favole.
Ogni reale attività propagandistica era fuori questione per loro a Gerusalemme, poiché essi non furono solo i membri di una setta proibita a cui una lunga esperienza aveva insegnato prudenza, ma parlavano anche un dialetto che li rese le vittime delle burle degli uomini di Gerusalemme. È sufficiente menzionare che ai galilei fu proibito pregare ad alta voce nelle sinagoghe perché la loro pronuncia difettosa causava del riso. [
6] Perfino se essi avrebbero potuto spiegare agli ebrei ortodossi, come richiede la teoria evemerista, che il malfattore condannato alla croce dal procuratore fosse il Messia promesso ad Israele, come avrebbero potuto permettersi di emettere una blasfemia del genere? Sarebbe stato egualmente impossibile per loro annunciare la resurrezione di un Figlio di Dio, di cui gli ebrei ortodossi non avevano mai sentito alcuno parlare. È solo ad ebrei ellenistici, i quali furono essi stessi pre-cristiani, che un messaggio del genere avrebbe potuto essere trasferito, e perfino per loro solamente in privato.
Annunciare loro che dopo la cerimonia di crocifissione e sepoltura il dio si era manifestato rinato, equivaleva a fare della resurrezione anche per loro una realtà vitale. E così fu che le nuove presto giunsero a chiamarsi le
“Buone Nuove”, poiché questo è il significato esatto della parola greca ευαγγελιον utilizzata nei vangeli.
Il cristianesimo nacque perché ci furono per tutto l'impero in questo tempo spiriti con aspirazioni informi, e cuori ardenti di rinnovamento e capaci di una grande fede. Il messaggio dei galilei causò un'eccitazione tra gli ellenisti a Gerusalemme. Essi non avevano ereditato la tradizione di prudenza dei galilei; essi non furono svantaggiati dal 
dialetto di quest'ultimi, e furono abituati a parlare nelle sinagoghe. Così essi produssero l'agitazione che sorse ad ogni occasione in cui un ebreo che professava il cristianesimo recava il messaggio ad ebrei ortodossi.
La morte di Santo Stefano sotto la condanna del Sinedrio, o più probabilmente dal linciaggio della folla, risultò dal bigottismo dell'ortodossia ebraica. Né i galilei e neppure gli ellenisti erano abituati all'idea di resistenza alle autorità, e niente li aveva preparati ad una persecuzione. Gli uomini della diaspora che stavano visitando Gerusalemme ritornarono a casa; quelli che vivevano a Gerusalemme cercarono un asilo nelle città della diaspora.
I galilei rimasero a Gerusalemme dove si chiusero in un silenzio che li portò a venire dimenticati. In ogni caso è certo che l'eccitazione si estinse nel tempo dovuto, e che i cristiani che vivevano a Gerusalemme non furono perseguitati.
Si afferma che coloro che fuggirono dalla persecuzione recassero le
“Buone Nuove” alle città nelle quali avevano preso rifugio. L'affermazione è corretta se si aggiunge la condizione che le città nelle quali si recarono possedevano centri pre-cristiani ai cui membri potevano passare il messaggio dei galilei. Di una propaganda, nel significato abituale del termine, non si trova nessuna traccia finché San Paolo intraprese la sua carriera missionaria nell'anno 45 E.C. in conseguenza al suo conflitto con Pietro ad Antiochia. Ma quando San Paolo lasciò Antiochia il suo scopo fu solo trovare un'altra comunità in cui poter vivere secondo le regole che il suo spirito gli dettava, o dove poter imporre quelle regole: il suo obiettivo non era intraprendere un'azione di propaganda, come noi comprendiamo una propaganda. La sua attitudine fu piuttosto quella di un monaco che non può vivere nel suo monastero, oppure di un teologo che non concorda più col suo partito, e che va a trovare, oppure se necessario a fondare, un altro. Simile ad un miraggio, la comunità dei suoi sogni fallì di materializzarsi. Quando egli credette di aver avuto successo a Filippi, per esempio, l'ostilità dei suoi avversari lo indusse a congedarsi; ma egli lasciò dietro un gruppo dei fedeli che egli consigliò da lontano. Le sue esperienze in altre città furono molto simili, e in tutte loro egli guadagnò adepti, così da divenire il capo di numerosi gruppi in cui non poteva rimanere, e una nuova preoccupazione gli fu imposta dai suoi sforzi per assicurare la continuità di ciascuna di quelle comunità. Ma egli non trovò mai il gruppo ideale da lui cercato, e mentre fu possibile per San Paolo, di lingua greca, rivolgersi ai gruppi della diaspora, non fu possibile nessuna propaganda del genere a Gerusalemme come lo scrittore di Atti attribuisce agli apostoli.
L'intervento dello Spirito Santo che venne al soccorso dei galilei nel recare loro il dono delle lingue, è un chiaro indizio che l'editore si sentì di fronte, a dispetto della sua lontananza dai fatti reali, una situazione che solo un miracolo poteva spiegare. La lunga tranquillità che prevalse nella stessa città capitale di Gerusalemme attesta chiaramente l'assenza del tutto di proselitismo da parte loro. Il fatto ulteriore che essi frequentavano regolarmente il Tempio senza alcuna opposizione da parte dei sacerdoti conferma questa conclusione.
Fu nei gruppi pre-cristiani della diaspora che il cristianesimo crebbe per prima, quando il messaggio dei galilei fu trasferito loro. Ma le
“Buone Nuove” furono annunciate solo agli uomini che già conoscevano Gesù, e in questo non ci fu nessun piano per convertire il mondo. Un compito del genere fu quasi tanto difficile nei gruppi ebraici della diaspora quanto lo fu in Giudea. Che le sinagoghe fossero ortodosse oppure solo approssimativamente così, essi mostrarono invariabilmente un'opposizione alle nuove dottrine, e la conversione degli ebrei fu tanto impraticabile quanto risultò esserlo in seguito. Tra una città e un'altra esisteva una relazione solo tra gruppi cristiani. Per esempio, San Filippo fu il capo di un gruppo di Cesarea e aveva quattro figlie che profetizzavano. Per mezzo secolo, sia a Cesarea che più tardi in Asia Minore, dove esse accompagnarono il loro padre, gli incontri avvenivano sempre presso la loro casa. Certamente nessun piano per l'evangelizzazione di ebrei e pagani che avesse qualche rassomiglianza all'impresa di propaganda presunta dalla Chiesa fu mai intravisto dallo stesso San Paolo o da ogni altro.
Si dovrebbe notare che San Paolo, lungi dal credere di convertire le masse, insiste sul piccolo numero di coloro che furono
“chiamati” — vale a dire, che avrebbero costituito il regno della resurrezione. Questa teoria, che si origina nelle epistole, è chiaramente incoerente con una propaganda di massa. E la vera posizione diventa chiara quando si ricorda che il grande evento aspettato dai primi cristiani non fu la conversione del mondo intero, ma la sua rapida distruzione. Senza dubbio alcuni sarebbero venuti al Signore e si sarebbero convertiti, ma la massa avrebbe persistito nel suo errore e sarebbe perita.
Quell'evento supremo — la distruzione del mondo pagano e l'arrivo del Gran Giorno — fu atteso entro la vita degli uomini allora viventi. Evangelizzare il mondo in un periodo così corto fu completamente al di là del potere di una mera manciata di uomini.
Durante il periodo di un secolo e mezzo dopo l'apparizione, i cristiani non avrebbero potuto avere che un solo pensiero — la necessità di preparare il ritorno del Signore. I milioni di ebrei e pagani che non sapevano nulla delle
“Buone Nuove” dovevano essere cancellati, non convertiti.
Proprio come i rivoluzionari del 1917 nei loro rifugi oscuri attesero il momento quando sarebbero passati all'azione, così i primi cristiani nelle loro umili dimore aspettavano l'arrivo del
“Grande Giorno”. Nel frattempo essi propagandarono la loro fede, ma non indugiavano in alcuna pubblica campagna di propaganda. Quella campagna fu lanciata in realtà dopo l'anno 70, quando i cristiani erano diventati rassegnati alla posticipazione ad una futura data sconosciuta dell'arrivo dell'ultimo giorno, e avevano concepito l'ambizione di riscoprire l'eredità dell'ebraismo. Fu allora che tentarono di rappresentare questo come la missione assegnata ai santi fondatori della loro religione da Gesù stesso. Al pari di così tanti dei grandi eventi della Storia, l'evangelizzazione del mondo da parte del cristianesimo non formò nessuna parte del piano originale, proprio come la conquista del mondo da parte di Roma sopraggiunse a dispetto del fatto che, fino agli ultimi giorni della Repubblica, il senato si era opposto all'estensione del suo dominio oltre i confini dell'Italia.

NOTE

[1] 1 Corinzi 9:5.

[2] Matteo 8:14; Marco 1:30, e Luca 4:38.

[3] Stromates, 3:52-53, citato da Eusebio e non contraddetto, Storia Ecclesiastica, 3:30, 1.

[4] Atti 21:9.

[5] L'Église Naissante.

[6] Graetz, Histoire des Juifs, I, 575.

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