mercoledì 17 gennaio 2018

Sull'Antica Storia del Dio Gesù (V) — Il Sacro Dramma dell'Anno 27 E.C.

(continua da qui)

CAPITOLO V

IL SACRO DRAMMA DELL'ANNO 27 E.C.


Una Religione Misterica. — La religione precristiana del dio Gesù fu una religione misterica, al pari della religione della Grande Madre e di Attis, al pari di quella di Adone, di Osiride, di Demetra, di Dioniso; ma una religione misterica di Palestina, col suo proprio dio, il suo culto segreto, come li avevano le altre, ai margini di una grande religione nazionale, l'ebraismo, come le altre si svilupparono ai margini dei grandi culti nazionali — per esempio, il culto di Eleusi accanto al culto di Atena; e al pari di tutte le altre religioni misteriche, essa fu la continuazione di una religione molto antica, che fu a sua volta originariamente una religione tribale, con, come in tutte le religioni, un'ostinata persistenza sotterranea di quei elementi primitivi.
Ma essa era originale in questo, che non fu solamente un culto segreto, ma anche un culto proibito che si nascondeva, laddove la maggior parte delle altre religioni misteriche avevano il loro posto alla luce del sole. Infatti l'ebraismo fu una religione nazionale intollerante, mentre le altre religioni nazionali erano totalmente tolleranti. La storia dell'ebraismo rivela come, nel corso dei secoli, la teocrazia di Gerusalemme impose dapprima la sua egemonia, successivamente il suo dominio sulla maggior parte dei suoi vicini, imponendo la sua religione sui conquistati.
La dominazione ebraica fu una dominazione di natura religiosa. Ai popoli circostanti l'ebraismo impose il suo dio Jahvè e la sua legge, la Legge mosaica. Alcune delle antiche religioni di Palestina scomparvero, altre persistettero nella forma di retaggi oscuri e illeciti, che si amalgamarono nell'ebraismo e si furono più o meno giudaizzati.
Così gli ebrei di Giudea, che da soli sembrano essere stati interamente ortodossi in Palestina, rimproverarono a quelli di Galilea di compromettersi con questi resti di culti primitivi. Questo dualismo, retaggi palestinesi ed ebraismo imposto parzialmente, è la traccia storica al pre-cristianesimo.
Nel primo secolo della nostra era il sacerdozio di Gerusalemme era impotente nel controllare il culto, continuato in segreto, dell'antico dio locale parzialmente giudaizzato. Questo spiega perchè i primi cristiani erano strettamente mosaici nella loro osservanza, sebbene essi adorarono un secondo dio proibito dall'ebraismo, così che il più grande compito di San Paolo fu di liberare il cristianesimo da esso, laddove le epistole non manifestano nessun conflitto tra San Paolo e gli Apostoli quanto a cristologia.
Tutte le religioni misteriche hanno un grande dio-padre, e al di sotto di lui un secondo dio che è un dio-figlio. Qui il grande dio-padre è il Signore Jahvè, che, come a Gerusalemme, è diventato semplicemente
“Dio”. E al di sotto di lui, nel corpo di un equivoco monoteismo, c'è un secondo dio, che è un antico Baal palestinese conquistato da Jahvè.
Dove l'ebraismo ebbe pienamente successo, gli antichi Baal di Palestina furono trasformati in servi eroici di Jahvè; dove ottenne solo una vittoria parziale essi divennero dèi secondari. Il risultato fu che alcuni di loro furono soggetti ad entrambi i trattamenti simultaneamente, e divennero nei circoli ortodossi eroi al servizio di Jahvè, e in sopravvivenze eretiche il secondo dio. Questo fu il caso del dio la cui storia noi stiamo studiando.

NOMI, TITOLI, E ATTRIBUTI DI GESÙ

1. Ieshou, il Signore della Salvezza. Come osserva Guignebert, “Si deve ammettere che il caso fu singolarmente lungimirante, se lui solo conferì il nome di Soccorso di Dio, o Salvatore, ad un bambino che dovette trent'anni più tardi rivelare il destino di salvezza degli uomini”, ed egli ammette “la possibilità che il nome di Gesù fosse in verità un titolo di Cristo corrispondente alla sua funzione divina”, e non “il nome di un uomo”.
Gesù è in ebraico Ieshouah, oppure Ieshou. Ma
“salvezza” in ebraico è Ieshouah. Gesù è perciò letteralmente Salvezza.
Se noi dubitiamo che Gesù fosse il nome del figlio di un falegname galileo, è per la ragione dichiarata da Guignebert, che “il caso costruì fin troppo bene”. La teoria evemerista di Gesù può esistere solo a condizione di ammettere una serie di straordinarie coincidenze, di cui noi enumereremo le più importanti.
Qui incontriamo la prima coincidenza: che l'uomo che fu più tardi considerato portatore di salvezza al mondo fu chiamato alla sua nascita Gesù — precisamente,
“Salvezza”.
Ma qui immediatamente c'è una seconda coincidenza. Il nome Gesù fu lo stesso, in una forma moderna, di quello portato da un antico patriarca di Palestina, che un utilizzo più tardo ha trasformato in Giosuè. Tra Giosuè e Gesù non esiste nessuna differenza se non nelle traduzioni latine e moderne. In greco solo l'unico nome esiste — Ιησους; esso esiste in ebraico solo sotto una singola serie di nomi ciascuno derivato dall'ultimo: Iehoshouah, Ieshouah, Ieshouh, poi Ieshou. È chiaro che l'ortodossia cristiana si rifiutò di dare lo stesso nome al dio-uomo e a semplici mortali.
Allo scopo di distinguere il suo fondatore dal resto dell'umanità essa ha riservato il nome di Gesù per il figlio di Dio, e adottato quello di Giosuè per tutti gli altri Ieshou, distogliendo così l'attenzione dalla corrispondenza sorprendente tra il dio-uomo Gesù-Giosuè del Nuovo Testamento e il patriarca Gesù-Giosuè dell'Antico.
Parecchi degli antichi Baal di Palestina vennero assimilati dall'ebraismo, che li convertì in eroi al servizio di Jahvè, e in realtà molti studiosi concordano che i patriarchi della Bibbia sono gli antichi dèi di Palestina.
Il Libro dei Giudici parla di un dio cananeo di nome Baal-Berith. Baal in ebraico significa
“Signore” e Berith “Alleanza”. Baal-Berith perciò è il “Signore dell'Alleanza”.
In modo simile Giosuè significa
“Salvezza”. Per analogia sorge l'interrogativo se il dio a cui siamo interessati non fosse Baal-Ieshou, il “Signore della Salvezza”?
2. Ben-Elohim, il Figlio di Dio. Nelle religioni misteriche il secondo dio è il figlio del grande dio. Oltre a indicare figliolanza, la parola ebraica Ben (Bar in aramaico) significa “della stessa natura”. Gesù, Figlio di Dio, Ben-Elohim in ebraico, esprime l'equivalente della definizione cattolica — “Figlio del Padre, egli stesso Dio”. È un'affermazione della “natura divina”.
3. Bar-abba, il Figlio del Padre. Questo Bar-abba è in greco Barabbas del quale gli evangelisti affermano che fu preferito dalla folla a Gesù. Che i due uomini accusati di fronte a Pilato recarono lo stesso nome Gesù nel testo originale del vangelo di Matteo, e che ad un nome del genere fossero associati, in qualità di cognome, i due titoli che appartengono a Cristo, nella teoria evemerista è una terza coincidenza non meno strana delle coincidenze precedenti.
4. Bar-Nasha, il Figlio dell'Uomo. Gesù è anche “figlio” in un terzo senso. L'antica religione di Persia aveva concepito da lungo tempo una specie di uomo celeste che le versioni greche chiamano Ανθρωπος, che fu mediatore tra il Dio supremo e l'umanità. La stessa idea si sviluppò nelle sette mandee, e tale appare essere stato l'uomo annunciato da Giovanni il Battista.
Perciò è altamente probabile che quest'idea penetrò nei circoli pre-cristiani insediatisi attorno al Giordano, e troviamo questa concezione nelle epistole paoline, in particolare nel noto confronto tra l'Uomo-Adamo e l'Uomo-Gesù.
L'idea dell'
“Uomo Celeste” raggiunse l'ebraismo, dove si trova l'espressione “Figlio dell'Uomo” per la prima volta un secolo e mezzo prima della data della crocifissione in una profezia di Daniele, a indicare il liberatore promesso a Israele. Dal Libro di Daniele essa passò al Libro di Enoc, sempre con un'accezione messianica. Intorno all'anno 70, quando iniziò la giudaizzazione del cristianesimo, il significato messianico ebraico si sarebbe associato all'idea di Anthropos nella stessa maniera come a quella di Cristo. Così l'antico “Uomo Celeste” del pre-cristianesimo divenne confuso col “Figlio dell'Uomo” della tradizione ebraica.
5. Christos, l'Unto con Olio. In tutte le religioni misteriche il secondo dio reca titoli che corrispondono ai caratteri a lui attribuiti. Gesù nel pre-cristianesimo è l'“Unto con Olio”, e la parola che così lo descrive — Christos — dopo esser stata un titolo, diventò un nome proprio, e infine una funzione.“L'Unto” è in ebraico Mashiah e in greco Christos. I traduttori moderni hanno convertito Mashiah in Messia e Christos in Cristo, e traducono Christos come “Unto”, “Cristo”, e “Messia” a seconda della loro inclinazione. In realtà le tre parole rappresentano idee davvero diverse. L'unzione dell'olio sacro è caratteristica della dignità regale e sacerdotale. Gli unti in Israele sono i re e i sommi sacerdoti, senza alcuna suggestione di quel che chiamiamo Messianismo. Per tutto l'Antico Testamento la parola Mashiah o Christos significa semplicemente l'unto.
Alla fine dell'epoca biblica, e in seguito per un tempo considerevole, gli ebrei sperarono in un liberatore, ma non lo chiamarono mai Messia. Tra i pre-cristiani il secondo dio Gesù è
“l'Unto”, ma nel senso primitivo, a indicare la dignità regale e sacerdotale. Nella penetrazione nel mondo greco la parola Cristo diventò un nome proprio — il secondo nome di Gesù. Christos, d'altra parte, è una parola greca. È un aggettivo derivato dal verbo χριω, “ungere”. La parola rassomigliava al latino Chrestus, che significa “benevolo”, e il nome Christos ne trasse profitto.
Il nome proprio Christos così è una prova della prima ellenizzazione di Gesù. La parola Messia nel senso moderno di Liberatore è la testimonianza della giudaizzazione di Gesù. Essa risale attorno all'anno 70. Abbiamo osservato che il Messia ebreo era solamente
“l'Unto”. Poco a poco nel corso del primo secolo prima della nostra era diventò il titolo del Liberatore promesso dai profeti, ma è al cristianesimo che la parola Messia deve la sua fortuna. Il titolo di Messia è un titolo che i rabbini applicano raramente al Liberatore; sono principalmente i cristiani a dichiarare che gli ebrei attendevano “il Messia”. L'idea ebraica di Messianismo attribuito al nome di Cristo fu la causa principale della giudaizzazione del cristianesimo, quando, allo scopo di occupare il posto lasciato vacante dall'ebraismo, che sembrò esser perito con Gerusalemme nell'anno 70, esso cercò di rendere il cristianesimo l'erede di “il Nuovo Israele”. Così il termine Christos ebbe una triplice evoluzione: un titolo, “l'Unto con Olio” nell'antico senso palestinese; un nome proprio Christos con l'ellenizzazione del dio; una funzione, il Messia con la sua giudaizzazione. 6. Il Nazareno. Si ammette universalmente che Gesù il Nazareno non significa Gesù di Nazaret. Sembrerebbe che il termine Nazareno sia un'adozione della parola ebraica nazir che significa “il Santo”. E si deve spiegare come il figlio di un falegname fosse nato in un villaggio con un nome che significa i Santi. Di nuovo una strana coincidenza, la quarta ma non l'ultima.
7. Soter, il Guaritore. La parola Soter non possiede solo il significato di Salvatore, ma anche di Guaritore; è il titolo dato a Esculapio.
Il nome di Gesù possedeva una proprietà magica mediante cui i fedeli producevano le loro cure, come testimonia in particolare il libro degli Atti. Questo è un aspetto, e non un aspetto trascurabile, del cristianesimo primitivo, ed è interessante realizzare che gli stessi uomini che trasferirono al mondo il messaggio rivoluzionario della salvezza tramite unione col dio erano allo stesso tempo un gruppo organizzato di guaritori, che di giorno in giorno si guadagnavano da vivere per mezzo della pratica di guarigione.

8. Ichtus, il Pesce. Questo titolo fu un retaggio di culti primitivi del tempo quando gli dèi avevano la forma di animali, analoghi ad altri retaggi che persistettero tra gli altri dèi misterici. Chiaramente il dio Gesù di San Paolo e degli evangelisti non fu un dio-pesce; ma il fatto che egli preservò tracce di un'antica forma animale è per lo storico di religioni uno degli indizi più sicuri di un'origine remota. I fatti seguenti sono significativi: (1) Gesù è chiamato realmente il Pesce, Ichthus. (2) Egli è rappresentato nella forma di un pesce nelle Catacombe. (3) Tertulliano lo chiama “nostro pesce”. (4) Le sette eretiche lo adorarono come “il serpente”, nel cui animale il culto jahvista trasformò il primitivo dio-pesce, come sarà illustrato più in seguito (pag. 83-86); i Naasseni come Nahash, “Il serpente della terra” in aramaico, gli Ofiti come Ofis, col medesimo significato. (5) Il culto del pesce è attestato dalla storia dei pani e dei pesci nei vangeli. Gli apologeti hanno obiettato che Gesù fu chiamato il Pesce perché le cinque lettere della parola Ichthus sono le iniziali della frase Ιησοῦς Χριστός Θεοῦ Υἱός Σωτήρ. Questa suggestione è assurda: l'anagramma fu fabbricato non prima ma dopo il simbolo, pur di giustificare l'utilizzo della parola Ichthus.
È anche ovvio che i cristiani non adotterebbero una forma accorciata intesa ad invitare del ridicolo. E gli evemeristi sono messi di fronte qui ad una quinta coincidenza: la corrispondenza esatta di quelle iniziali con la forma animale del dio. Qui appare una sesta coincidenza. Il patriarca Giosuè, che fu chiaramente un antico dio di Palestina e portò lo stesso nome del dio del cristianesimo, è chiamato il figlio di Nun, che significa
“figlio del pesce”. Ci sono davvero numerose coincidenze attorno al figlio del falegname galileo.
I Riti e i Miti. — I seguenti furono i riti più importanti: — (1) Battesimo: il cristianesimo primitivo fu una setta battista. (2) Una Festa di Comunione, in cui i fedeli consumavano in forma simbolica il corpo del dio. (3) Un Sacrificio Espiatorio: Al pari di tutti gli dèi antichi, Gesù fu originariamente un dio sacrificato. In tutti i sacrifici accompagnati da una festa quest'ultima seguiva i precedenti. La tradizione cristiana fu indotta a capovolgere l'ordine dal giorno in cui il dio diventò l'iniziatore della festa. Il sacrificio pre-cristiano è distinto da altri sacrifici nel fatto che il dio, dopo essere ucciso, è esposto sulla croce. All'alba egli è rimosso e seppellito. E siccome il rito è rinnovato periodicamente, esso implica in tutte le religioni misteriche una resurrezione. Mediante la resurrezione, come troviamo in San Paolo, il rito è completato in un rito di iniziazione: l'iniziato muore col dio e risorge con lui. Nella sua forma elementare la pratica del sacrificio ha dato origine al mito e allo stesso tempo è espresso in esso, dal momento che le condizioni del sacrificio fornivano gli aspetti del mito. Il mito perciò era nato ovviamente non nel primo secolo della nostra era, ma nelle più antiche età preistoriche; e durante i secoli esso vegetò oscuramente, come la setta in cui era nato. Nel primo secolo il mito rinacque sotto l'impulso di una rinascita, la cui causa e sviluppo possiamo rintracciare. Questo mito elementare fu esibito sotto la forma di un rudimentale dramma sacro.
Il Sacro Dramma. — Il dramma sacro è il sacrificio, arricchito dalle azioni mitiche che suggerisce, dispiegandosi in azione, ed è spesso allo stesso tempo un rito di iniziazione. Esso comprende altri riti — in particolare, la festa di comunione in cui i fedeli partecipano del beneficio del sacrificio. L'unzione è il primo elemento del dramma pre-cristiano. Il dio è unto re e sommo sacerdote. Egli è condotto in processione, rivestito nel mantello di porpora, con addosso una corona, e con uno scettro nella sua mano. Egli è adorato, poi spogliato delle sue insegne, poi dei suoi abiti, e flagellato, in quanto la flagellazione era un aspetto di tutti i riti analoghi. Egli è ucciso e il sangue spruzzato sulle teste dei fedeli. Successivamente egli è affisso alla croce. Le donne lamentano la morte del loro dio, come le ancelle di Adone lamentavano la sua morte. “Le donne si battevano il petto e facevano lamenti su di lui”, dice San Luca. “Donne sedute piangevano Tammuz” dice Ezechiele in modo simile. Questo accadde alla terza ora — precisamente alle nove del giorno. All'alba il dio è rimosso dalla croce e seppellito, e un macigno è trascinato sul sepolcro.
Molti di quei drammi sacri contengono elementi di mascherata e anche di tragica farsa, durante cui il dio viene deriso prima di essere messo a morte, come fu il caso nella Passione di Gesù, nell'incoronazione di spine, nell'uso di una canna come scettro, e nella derisione e schiaffeggiamento. Molti dei sacrifici degli dèi si svolgevano nel tempo primaverile, come per esempio la morte e resurrezione di Attis, e si conformano alla tradizione evangelica che colloca la Passione di Gesù al tempo della Pasqua ebraica.
Inaugurato ad un'epoca preistorica, continuato attraverso i secoli, il sacrificio cristiano cessò alla fine di rinnovarsi — perché l'ultimo sacrificio assunse la forma di un unico evento — e si concentrò nel rito della frazione del pane. Ma non può esserci nessun dubbio sul fatto che i sacrifici praticati dai devoti di Gesù attraverso i secoli rassomigliassero alla crocifissione della storia evangelica. La crocifissione fu una realtà, ma essa non fu una esecuzione giudiziaria; essa fu un sacrificio. E non ci fu semplicemente un unico sacrificio storico, ma innumerevoli crocifissioni del dio Gesù in Palestina.

Golgota. — I vangeli dichiarano che Gesù fu crocifisso presso un luogo chiamato Golgota — che equivale a dire, “il luogo di un teschio”, situato fuori dalla città. Come nel caso di Nazaret, nessuna sua traccia è da trovarsi anteriore ai vangeli. Questo è inspiegabile, poiché il racconto colloca il Golgota alle porte di Gerusalemme, provando così che la storia di un'esecuzione giudiziaria è non-storica. Se d'altra parte la morte di Gesù fu un sacrificio espiatorio, un rito del genere, essendo proibito dai sacerdoti di Gerusalemme, non poteva svolgersi alle stesse porte di Gerusalemme. Quelle considerazioni suggeriscono che il Golgota che fu il luogo reale del sacrificio deve essere stato situato altrove. Golgota, Goulgoleth in ebraico, fu sia un nome comune che un nome proprio, e si potrebbe dedurre che Gesù fu crocifisso su una delle numerose colline in Palestina descritte come un goulgoleth. Apparirebbe anche che Goulgoleth fosse una forma espletiva di Golgola, come Nazaret lo fu di Nazara, e che Golgola indichi la stessa cosa di Gilgal. Ora, Gilgal è entrambi un nome comune che significa un cerchio (applicabile agli antichi cerchi megalitici da noi chiamati cromlech —precisamente, i luoghi sacri o alti di Canaan) e anche un nome proprio di numerose città. Se Gesù fu sacrificato su un gilgal — precisamente, un antico cromlech — ci ritroviamo faccia a faccia col più antico dei culti palestinesi. Immagina, allora, che l'antica Gilgal fosse il santuario del dio epoche prima della nostra era. Al tempo del primo secolo esso sarebbe probabilmente un luogo abbandonato a cui non portava nessuna strada, e qui la setta pre-cristiana che continuava un rito millenario poteva raccogliersi, a lunghi intervalli, per celebrare il suo rituale lontano dall'avvistamento del gregge profano. I samaritani a questo giorno si raccolgono sulla sommità del Monte Gerizim per celebrare la loro Pasqua, come fecero i loro progenitori in epoche passate. La Bibbia, in realtà, narra che un certo luogo chiamato Gilgal fu il centro principale del patriarca Iehoshouah — precisamente, Gesù-Giosuè.
Qui è un'altra coincidenza. Gesù il dio cristiano crocifisso su un goulgoleth — precisamente, un gilgal! Gesù-Giosuè l'antico patriarca, che sembra essere stato un dio palestinese, che ha la sua sede presso un gilgal! Linguisticamente Golgota è equivalente a Gilgal, come Gesù lo è a Giosuè. Ma Gilgal è anche un nome proprio, e i siti di numerosi santuari sono chiamati Gilgal. Gli storici hanno riconosciuto il Gilgal vicino Gerico come il centro delle spedizioni del patriarca Gesù-Giosuè. Questo Gilgal è una collina che sorge in una depressione del territorio presso il Mar Rosso, identificato da Baedeker come la collina Tell Djeldjoub presso Gerico e ad un viaggio di poche ore da Gerusalemme, un sito collinare che è stato abbandonato a lungo per il tempo del primo secolo. In ogni caso rimane il fatto che il Golgota dei vangeli è un gilgal, che un gilgal è un cerchio sacro in Palestina, e che era in un gilgal dove l'antico Gesù-Giosuè aveva il suo quartier generale —precisamente, il suo santuario. Sulla teoria che il Gesù del cristianesimo fosse un uomo crocifisso per ordine di Pilato, la coincidenza è altamente sconcertante. E neppure finisce lì la curiosa somiglianza tra il Gesù crocifisso nel regno di Tiberio e l'antico dio palestinese Gesù. La parola ebraica talah, che significa
“crocifiggere”, è tradotta nella Bibbia con la parola “appendere”. Questa traduzione scorretta cela il legame della morte di Gesù con la leggenda del patriarca Giosuè.
Nell'Antico Testamento ci sono solo tre casi di talah, o crocifissione: il re di Ai, i cinque re di Makkeda, e il re di Gerico. Tutti e tre le crocifissioni eseguite dal patriarca Giosuè. Gesù è il solo dio crocifisso, Giosuè è il solo patriarca che crocifigge. È un fatto ben noto nella storia delle religioni che gli atti sacrificali sono attribuiti entrambi al soggetto e all'oggetto. Adone è un dio-cinghiale, e il mito dichiara sia che egli uccise il cinghiale sia che fu ucciso da esso. La connessione nel caso di Dioniso tra il dio e la vittima è ancor più impressionante. Fu il patriarca Gesù alias Giosuè, il solo che crocifigge nell'Antico Testamento, egli stesso un dio crocifisso negli antichi santuari di Gerico, Makkeda, e Ai?
Se la materia non interessasse il cristianesimo, se una simile coincidenza si trovasse nella leggenda di ogni altro personaggio dell'antichità, non ci sarebbe uno studioso al giorno d'oggi a non essere convinto dell'identità dell'uomo crocifisso coll'antico dio che crocifigge ed è crocifisso.
La Dottrina di Coincidenze. — Ora possiamo sintetizzare le coincidenze impressionanti che l'emeverismo è obbligato a presumere allo scopo di mantenere che Gesù fosse un uomo tra uomini.
1. Se Gesù, che uomini successivi considerarono un dio-salvatore, fu un uomo crocifisso da Pilato, perché egli ricevette alla sua nascita il nome di Salvatore? Semplicemente una coincidenza!
2. Come si può spiegare il fatto che il suo nome fosse quello di un antico eroe riconosciuto dagli studiosi come un antico dio di Palestina? Di nuovo una coincidenza!
3. Come si può spiegare il fatto che i due accusati di fronte a Pilato recassero lo stesso nome ed erano chiamati con due dei titoli divini di Gesù — precisamente, “Figlio del Padre” e “Cristo”? “Una singolare coincidenza, dice Renan.
4. Come accade che colui che fu chiamato il Nazareno — un titolo che non aveva niente a che fare con Nazaret — nacque a Nazaret? Un'altra coincidenza?
5. Perché Gesù fu chiamato Ichthus, che significa un pesce, e l'antico dio Gesù, alias Giosuè, fu chiamato il Figlio di Nun — precisamente, il figlio del pesce? Ancora una volta una coincidenza!
6. Perché Gesù fu crocifisso su un luogo il cui nome significa cromlech, ed è anche quello della collina associata nella Storia coll'antico Gesù, altrimenti noto come Giosuè? Un'ulteriore coincidenza!
7. È di nuovo una semplice coincidenza che Gesù sia il dio-uomo che fu crocifisso, mentre Giosuè è il solo patriarca nella Bibbia che crocifisse?
Quelle non sono le sole coincidenze nella vita di Gesù; troveremo molte altre. Qui aggiungeremo solo lo strano fatto che l'esecuzione giudiziaria ordinata da Pilato aveva tutte le caratteristiche di un sacro dramma.

Il Sostituto. — Per cominciare, quando il dio era un animale non sorgeva alcun problema; si uccideva il dio nell'uccisione dell'animale. Quando il dio ebbe una forma umana, si uccideva il re oppure il sacerdote, se il re o il sacerdote era il dio. Più tardi la messa a morte venne simulata. A volte un'effigie fu trafitta con un coltello, crocifissa, e seppellita.
Quale fu il caso nell'ultimo sacrificio dell'anno 27 E.C.? Il sostituto animale dell'Apocalisse è in conflitto con la dichiarazione di altri libri cristiani. Le probabilità in Palestina puntano ad un sostituto la cui uccisione fu semplicemente simulata. I vangeli sinottici dichiarano che Simone di Cirene trasportò la croce di Gesù.
Nessuno degli evangelisti suggerisce che Gesù fosse incapace di trasportare lui stesso la croce. Se la crocifissione fu un rito sacrificale sotto la forma di una sostituzione, sembra probabile che Simone di Cirene fosse il sostituto la cui uccisione venne simulata. Il sostituto sacrificato al posto del dio non rappresenta il dio, egli è il dio, proprio come al giorno d'oggi per i veri credenti l'ostia eucaristica non rappresenta il corpo di Gesù, ma è il suo corpo. Le antiche eresie, come per esempio quella di Basilide, che asserivano che Simone di Cirene fosse stato crocifisso al posto di Gesù, sono spesso più vicine alla verità rispetto alla storia che fu infine imposta come ortodossia. Parecchie delle eresie del secondo secolo insegnano una dottrina che su un'attenta analisi non costituisce nient'altro che la sostituzione stessa.
Secondo certi gnostici, in particolare Cerinto, il Dio-Cristo discese nell'uomo Gesù al momento del suo battesimo. In altre parole, il dio discese nel sostituto. Il soggiorno sulla terra del Dio-Cristo degli gnostici cominciava al momento della sua consacrazione, proprio come Gesù nel corso dell'antico rito di Palestina discende nel sostituto al momento della sua unzione per il periodo del sacrificio.
In modo simile San Paolo preserva la tradizione primitiva e rappresenta questo soggiorno mentre copre solo i pochi giorni indispensabili per il sacro dramma.
“Egli assunse la forma di un servo e diventò simile agli uomini. E trovato nella forma simile ad un uomo il dio si abbassò fino alla morte della croce” (Filippesi 2:6-8). Egli discende dal cielo per quello scopo soltanto, e poi ascende di nuovo, semplicemente un'“andata e ritorno”.
Nella storia evangelica è assunta una carriera umana, ma al tempo stesso si fa discendere il dio nel sostituto al battesimo, e nel vangelo di Marco la carriera umana non eccede i pochi mesi che precedono il sacrificio. Non è più un'
“andata e ritorno”, ma una “stagione” che il dio trascorre in Palestina.
La Transustanziazione. — I sacrifici del dio praticati nelle religioni misteriche, compresi quelli dell'antica religione pre-cristiana, e la loro continuazione nella forma della frazione del pane, sono da comprendersi perciò come la messa a morte del dio. Parte delle epistole di San Paolo sono interessate a definire una conoscenza secondo la carne (ragione umana) e una conoscenza secondo lo spirito (fede).
Il vangelo di San Giovanni oppone i due domini con non meno precisione. Essendo spirituale, il dio poteva essere percepito per San Paolo solamente tramite lo spirito; egli sfuggiva ad ogni percezione sensibile, ad ogni controllo razionale. La sua esistenza e le sue manifestazioni erano solo materie di fede. Il poco interesse che aveva per i credenti l'identificazione dell'uomo nel quale discendeva il dio è espresso da San Paolo nella frase
“Se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così”.
Nella crocifissione materiale di qualche sostituto, che loro videro, i cristiani dell'anno 27 percepirono con certezza che cosa loro non videro — la crocifissione del loro dio; proprio come al giorno d'oggi nell'ostia, che essi vedono, i cristiani percepiscono il corpo del dio che essi non hanno visto. Gesù, per lo stesso fatto che è un dio, possiede solo una realtà spirituale. Egli non è una figura della Storia, egli è un essere spirituale: che è la ragione per cui egli non si può conoscere altrimenti se non per l'atto di una percezione spirituale che è chiamata fede. La sua storicità è una storicità spirituale. Nella storia religiosa siamo interessati non ai fatti, ma a idee, sentimenti, e convinzioni.
Ma niente si può considerare spiegato se non si è in grado ancora di mostrare come questa rinascita della religione del dio crocifisso corrispose e adempì alle necessità spirituali della società nell'epoca rivoluzionaria quando la civiltà antica stava entrando nel suo declino.

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