martedì 16 gennaio 2018

Sull'Antica Storia del Dio Gesù (IV) — La Crocifissione, un Rito Sacrificale

(continua da qui)

CAPITOLO IV

LA CROCIFISSIONE, UN RITO SACRIFICALE


Se la crocifissione di Gesù fu un sacrificio espiatorio, la crocifissione dev'essere stata in qualche tempo e in alcune regioni un rito sacrificale, ed è incontestabile che in tempi remoti, e particolarmente in Palestina tra gli antichi semiti, essa fu una parte dei sacrifici espiatori. Dopo essere stato ucciso, la vittima del sacrificio veniva collocata su una croce per alcune ore prima di venire sepolta.
La crocifissione fu perciò un rito di esposizione, dove l'aspetto essenziale era che il corpo fosse sollevato al Sole e che non toccasse il suolo. È in questo senso che il crocifisso è riferito come
“appeso all'albero”.
La crocifissione è menzionata parecchie volte nell'Antico Testamento. Il passo ben noto in Deuteronomio (21:22-23) prescrive il metodo di crocifissione. Il libro di Giosuè (7:29, 10:1 e 26-30) racconta della crocifissione del re di Ai, dei cinque re di Makkeda, e del re di Gerico. Questa crocifissione è in ebraico il talah, e il pieno rituale è prescritto per la crocifissione semitica in Palestina in Deuteronomio 21: “Se uno ha commesso un delitto che merita la morte ed è stato messo a morte, e tu l'hai appeso a un albero, il suo cadavere non rimarrà tutta la notte sull'albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno; perché colui che è appeso è maledetto da Dio”. Nel libro di Giosuè i re sono prima messi a morte, poi crocifissi, rimossi all'alba, e seppelliti sotto pietre.
Questa maniera di crocifissione non è dichiarata parte di un rituale sacrificale, ma senza dubbio essa rappresenta i resti di una pratica sacrificale. Sappiamo, in realtà, che in un'età più antica e più primitiva tutte le esecuzioni criminali erano un sacrificio espiatorio, ma al tempo in cui furono scritti quei racconti
jahvisti ed eloisti l'esecuzione non costituiva più un sacrificio, sebbene ne trattenne la forma. La natura espositiva delle crocifissioni bibliche è attestata inoltre dal fatto che venivano eseguite post-mortem.
Da ultimo, la disposizione legale, nel decretare che il crocifisso fosse
“maledetto da Dio”, testimonia che in tempi antichi la vittima era consacrata al Dio, poichè sappiamo che in tempi primitivi la maledizione era equivalente ad una consacrazione. La pena della crocifissione fiorì tra i persiani, gli egiziani, e i cartaginesi; i principi asmonei ne fecero un'orribile pratica, e i romani la adottarono. La pena della crocifissione differiva essenzialmente dalla crocifissione sacrificale nel fatto che la crocifissione sacrificale, almeno in Palestina, era praticata dopo la morte, mentre nella crocifissione penale l'uomo veniva crocifisso vivo.
Un'altra differenza importante fu che nella crocifissione sacrificale di Palestina il cadavere veniva rimosso lo stesso giorno prima dell'alba, laddove nella crocifissione penale la vittima non veniva rimossa fino a dopo la morte, e così rimaneva di solito parecchi giorni sulla croce; e questo fatto ci offre la prima traccia nelle storie evangeliche di una tradizione primitiva di sacrificio. In loro Gesù, crocifisso di giorno, muore all'ora nona — precisamente, a mezzogiorno — come dichiarano i vangeli di San Matteo e di San Marco. Questo è del tutto incredibile. 
La leggenda evangelica non suggerisce nessuna ragione del perchè egli non dovrebbe esser sopravvissuto al pari di altri criminali uno o più giorni sulla croce. Ognuno era consapevole di questo nel primo secolo, e San Marco lo conferma rozzamente asserendo che Pilato rimase impressionato da una morte così rapida. Perchè i due evangelisti più antichi si sentono obbligati ad affermare ciò che uno di loro ammette come improbabile? Perchè una tradizione — l'antica tradizione sacrificale — richiedeva la rimozione del corpo della vittima prima dell'alba.
Lo scrittore del vangelo di San Giovanni era consapevole della difficoltà, poichè fa in modo che gli ebrei richiedano da Pilato di affrettare la morte del condannato così da non lasciare i loro corpi sulla croce di Sabato. Ma più strano di tutto è il fatto che Pilato pone i suoi soldati al servizio degli ebrei.
La tradizione antica secondo cui gli dèi che muoiono e risorgono attraversano in tre giorni il ciclo che conduce dalla morte alla resurrezione è associata all'obbligo legale di rimuovere il corpo del crocifisso prima dell'alba. Così la tradizione sacrificale forzò gli evangelisti, contro ogni probabilità, a far morire Gesù quando egli era appena stato collocato da poco sulla croce. La ragione perchè egli non è messo a morte prima della crocifissione è senza dubbio perchè la pratica allora consolidata di crocifiggerli vivi rese impossibile l'inserzione di questo aspetto nella leggenda evangelica.
Si dovrebbe notare che non esiste nessuna menzione dell'inchiodamento alla croce nelle epistole paoline oppure nei vangeli sinottici. Nel quarto vangelo e nel vangelo apocrifo di San Pietro si fa per la prima volta una menzione all'inchiodamento delle mani, e delle mani soltanto. L'inchiodamento dei piedi appare per prima nelle opere di Giustino a metà del secondo secolo.
L'assenza di un inchiodamento e di un trafiggimento con una lancia in San Paolo e nei vangeli sinottici, e la presunzione che crea del fatto che la tradizione primitiva sapesse di un Gesù fissato ma non inchiodato alla croce, rafforza l'ipotesi di una crocifissione per sostituzione — precisamente, che la crocifissione era praticata nel corso di un sacro dramma per mezzo di un sostituto, poichè in una rappresentazione della crocifissione, un uomo poteva essere attaccato alla croce senza un serio disagio per un'ora, posto che i suoi piedi avessero un sostegno e che egli non vi fosse inchiodato. L'episodio del narcotico punta alla stessa conclusione, ma è inconcepibile come parte di un'esecuzione giudiziaria.
Esiste qualche traccia nei testi del Nuovo Testamento delle antiche condizioni della crocifissione?
Si rammenta l'episodio delle due spade nel vangelo di San Luca, 22:36-38:
“Chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.”. . . . “Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli rispose «È sufficiente»”.
Due spade per armare dodici uomini, e Gesù dice, “È sufficiente” ? Chiaramente le spade non erano richieste per una difesa, dal momento che Gesù ordina loro più tardi: “rimetti la tua spada nel fodero”. Soltanto una teoria sembra plausibile. L'editore si ritrovò di fronte un'antica tradizione da lui non compresa, e tentò di farvi senso. La confusione nel suo racconto conferma questo. La parola tradotta “spada” in questo passo significa in realtà un coltello — il lungo coltello del sacrificio, utilizzato dal sacerdote per sgozzare la vittima. Reinach ci comunica che questo significato è dato da San Giovanni Crisostomo, che vede nelle due spade i coltelli utilizzati per sgozzare l'agnello pasquale. San Luca dopo l'ordine di acquistare le spade aggiunge: “Le cose che si riferiscono a me, stanno per compiersi”. Nel culto di Gesù la sua morte è del tutto importante tra “le cose” concernenti lui. L'ora del sacrificio si avvicina; il dio sta per essere ucciso; il dio si volge ai Dodici — precisamente, quelli che lo sacrificheranno — e dice, “Avete voi i coltelli?” Infatti il momento è venuto per il sacrificio, ed essi dicono, “Signore, qui ci sono due coltelli”, ed egli replica, “È abbastanza”.
Possiamo trovare nei racconti evangelici una prova ulteriore dell'antico rito di sacrificio. Spesso nei sacrifici di espiazione il sangue della vittima veniva spruzzato sui capi di quelli presenti, secondo il rito di Esodo 24:8, dove
“Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: «Ecco il sangue dell'alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»”.
Se l'esecuzione di Gesù fosse stata penale, è chiaro che l'aspersione del sangue è impensabile; ma, se essa era nella sua origine un rituale sacrificale, niente impedisce l'aspersione, almeno simbolicamente. Ma in quel caso la confusione dell'editore evangelico, che lo trovò nella tradizione, e fu incapace di comprenderlo, sarebbe di nuovo dischiusa nell'assurdità della sua narrazione.
Così noi troviamo in Matteo 27:24-25 che Pilato si lava le mani, dichiarando innocente Gesù, e il popolo replica,
“Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli!” Una folla infuriata richiederebbe “morte” oppure “giustizia”, poichè essa considera sempre come giustizia la soddisfazione del suo odio. Ma è assurdo immaginare che la folla richiederebbe la morte di un uomo innocente e bramerebbe che il suo sangue ricada sulle loro teste e su quelle dei loro figli.
Ma nel pensiero riscopriamo il contesto sacrificale. I devoti sono presenti; la vittima è portata avanti; un rapimento mistico eccita la folla; il sacerdote sacrificante impugna il coltello nella sua mano, e i fedeli con una sola voce gridano,
“Il suo sangue rigeneratore ricada per la nostra salvezza su di noi e sui nostri figli”.

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