giovedì 18 gennaio 2018

Sull'Antica Storia del Dio Gesù (VI) — Origini Cristiane

(continua da qui)

CAPITOLO VI

ORIGINI CRISTIANE


Ora è un fatto chiaramente stabilito che la religione è stata la forma sotto la quale si espresse il legame sociale da parte dell'uomo primitivo. Non è meno certo il fatto che la struttura sociale al tempo dell'Impero romano obbligava la ricostruzione ad evolvere sotto la forma di una nuova religione. Nello studio della storia del cristianesimo primitivo dobbiamo riscoprire sotto questa forma religiosa una verità rivoluzionaria. Nelle epoche quando fiorivano le religioni le grandi formule che agitarono gli uomini erano rivestite di un abito religioso, ma al giorno d'oggi esse assumono un abito laico. La formula del primo secolo fu quella di un dio che morì e risorse di nuovo; quella dell'anno 1789 è inscritta nei Diritti dell'Uomo, quella del 1917 è la formula marxista.
Dal momento che la natura rivoluzionaria del cristianesimo primitivo fu nascosta sotto le forme di una nuova religione, noi dobbiamo studiarle allo scopo di svelare le realtà sociologiche alle quali corrispondono. Dobbiamo studiare perciò le concezioni preistoriche che sono alla base della società alla quale il cristianesimo costituiva un ritorno, e successivamente investigare in quali circostanze, in quale ambiente, e tra quali uomini esso si stabilì, e accertare come questo cristianesimo rivoluzionario della prima generazione cristiana differì dal cristianesimo di generazioni più tarde.

Il Sacrificio Primitivo. — Il cristianesimo, che aveva la sua fonte in una religione molto antica, fu lo sforzo rivoluzionario di un'epoca in cerca della sua rigenerazione in un ritorno alle idee alla base della società. Fu il risveglio nel primo secolo della nostra era di una religione preistorica che riportò indietro gli uomini ai principi in forma idealizzata di una religione primitiva, ad un tempo quando un'antica civiltà stava entrando nel suo declino.
Il dio sacrificato è alla base del cristianesimo, ed è in verità il cristianesimo stesso. Nelle epistole paoline, che custodiscono gli ideali della prima generazione cristiana, Gesù è un dio sacrificato, e non è nient'altro. Per l'umanità egli sopportò il sacrificio della croce, e se nei vangeli egli è qualcos'altro, è perché i vangeli sono l'opera di una generazione successiva.
Un fatto ammesso generalmente dagli studiosi al giorno d'oggi è che il mondo antico non fu conquistato dall'insegnamento evangelico, ma da una dottrina di redenzione fondata sulle virtù del sacrificio. Solo le religioni primitive, nelle quali ebbe la sua origine, possono spiegare il significato di questo sacrificio del dio.  Gli studiosi della scuola inglese di antropologia e la scuola francese di sociologia hanno mostrato che le religioni primitive condizionarono la vita sociale contemporanea. Le nostre istituzioni fondamentali hanno la loro origine nelle istituzioni dei nostri antenati neolitici, ed è impossibile figurarsi il loro significato senza ritornare a questo punto di inizio e rintracciare la loro evoluzione successiva.
Tra i popoli primitivi troviamo un modo di ragionare fondamentalmente irrazionale e mistico, impermeabile a ciò che consideriamo il più elementare senso comune. Dal momento che il pensiero irrazionale regna tra popoli primitivi e decresce man mano che si sviluppa la civiltà, ogni rinascita religiosa implica un ritorno ad una mentalità irrazionale e primitiva.

Il Dio Sacrificato. —  La società sembra essere nata dal sentimento che avevano i primi gruppi umani di essere della stessa “carne” — precisamente, dal sentimento di essere associati assieme da un genitore che non era il genitore naturale. Per un lungo tempo l'uomo primitivo fallì di stabilire qualche correlazione tra l'atto di riproduzione e la sua nascita, e credette a lungo di essere il figlio di un padre immaginario.
Fu su questa parentela mistica che si basò il clan, la prima forma di società, e non sulla famiglia naturale.
La parentela mistica fu espressa nel credo che i membri del clan costituissero il risultato dello stesso antenato — di solito un antenato animale, che infine diventò il loro dio. Ma il sacrificio fu praticato prima del tempo quando apparvero gli dèi. In realtà, sembra che sia stato il primo mezzo trovato dagli uomini per il mantenimento del legame sociale. Quando essi divennero consapevoli di essere un gruppo, divennero anche consapevoli delle cause della rovina che minacciava il corpo collettivo, e tentarono di prevenirle. Così l'uomo sfuggì dall'animalità e affermò di costituire un essere sociale: ma raggiunse questo solo mediante metodi primitivi in conformità alla sua mentalità.
L'uomo primitivo non aveva alcuna idea delle leggi di Natura, e attribuita tutti gli eventi a cause mistiche. Egli riteneva che la sua freccia non avrebbe ucciso il suo nemico a meno che il suo “mana” non fosse più forte di quello di quest'ultimo; che mirare al suo nemico fosse solo una materia secondaria, poiché il suo fine era ricavato con mezzi occulti; ed egli era completamente incapace di distinguere tra il naturale e il soprannaturale. Per epoche la malattia veniva considerata come una cosa vivente che poteva essere cacciata a colpi di bastone.
Ciò che per noi è simbolico è realtà per l'uomo primitivo. Infatti, come riconoscono sociologi e psicoanalisti, egli pensa in simboli, proprio come i credenti religiosi sono influenzati da simboli ad una certa misura. La teologia cattolica non definisce i sacramenti come riti simbolici di efficacia soprannaturale? Anche al giorno d'oggi la mentalità dell'uomo primitivo si perpetua sia nella mentalità popolare che nella mentalità religiosa. Durkheim trova tre grandi varietà di sacrificio in età remote. Mediante il sacrificio di Comunione l'uomo riafferma e rinnova il legame sociale. Tramite il sacrificio di Espiazione egli distrugge le cause della rovina da cui il gruppo è minacciato. Il terzo sacrificio è quello dell'Offerta. Uno dei sacrifici di espiazione — il sacrificio di Eliminazione — ha come suo fine la rimozione delle trasgressioni, che opprimono la comunità. Con un simbolismo davvero realistico, l'uomo antico le trasferì su un capro espiatorio, proprio come si passa un fardello sulle spalle di un altro. Ma nel sacrificio di Eliminazione l'operazione di sbarazzarsi del fardello fu completato soltanto con l'uccisione del capro espiatorio.
Questo è il sacrificio a cui si riferiscono quasi esclusivamente le epistole di San Paolo nell'insegnare che Gesù fu caricato dei peccati del mondo, che poi morirono con lui sulla croce.
Col sacrificio del dio, come lo concepì San Paolo, questo fine fu effettuato. Non ci sono dèi all'origine della società; l'uomo aveva solo la nozione di forze impersonali. Apparentemente gli dèi erano concepiti dapprima come antenati mitici, di solito in forma animale, da cui si credeva che il clan fosse derivato. Presto si ritenne che gli dèi incarnassero anche le forze della Natura. Ma non appena egli ebbe dèi, l'uomo capì che la loro funzione essenziale e grandiosa fosse il venire sacrificati — precisamente, morire e ritornare in vita perpetuamente per il suo beneficio. Infatti li dio antenato fu non solo il simbolo di parentela alla base del clan, ma anche la personificazione dell'anima del clan. Il dio, come ha dimostrato Durkheim, è la società stessa personificata.
Il clan fu rinvigorito dal credo che le sue trasgressioni fossero eliminate, proprio come il credente sente di essere rigenerato quando riceve un'assoluzione.

La Resurrezione. — La parola “resurrezione” significa al giorno d'oggi il ritorno dalla morte alla vita, ma la resurrezione di dèi non assume mai la forma di un semplice ritorno alla vita secondo la maniera di Lazzaro. Nelle religioni primitive la resurrezione esprime un ricominciamento analogo a quello della Natura a primavera, ed è relativa di solito al rinnovamento della vegetazione e delle specie. Ma non è solo un ricominciamento, è anche un rinnovamento. Nel sacrificio di Eliminazione il dio viene a vivere di nuovo ringiovanito. Così la resurrezione è il completamento — o piuttosto, lo scopo — del sacrificio; il dio è messo a morte allo scopo di poter ritornare a vivere di nuovo rigenerato. Quando il dio ha la forma di un animale, esso rivive di nuovo nella sua specie ringiovanita.
In modo simile, quando il dio possiede una forma umana, il dio-uomo sacrificato viene a rivivere di nuovo ringiovanito in un altro dio-uomo che prende il suo posto. Così l'uccisione del re-sacerdote di Nemi aveva come suo fine la sostituzione di un uomo vecchio e debole con un altro pieno di giovinezza e vigore. E l'idea di rinnovamento condusse nelle religioni misteriche a quella di glorificazione. Dioniso e Osiride rinascono rinnovati e anche glorificati; morti ad una vita terrestre, essi rivivono ad una vita divina. Così San Paolo spiega che Gesù riottenne tramite la sua resurrezione la forma divina che aveva abbandonata per il momento allo scopo di venir crocifisso in una forma umana. Morire allo scopo di ringiovanirsi è il ciclo attraverso il quale passano tutti gli dèi sacrificati della Storia, e l'avventura divina è il simbolo dell'avventura umana. Ciò che accade al dio accade anche ai fedeli; essi passano col dio attraverso il divino circuito; essi muoiono col dio e vengono a rivivere di nuovo con lui ringiovaniti e rigenerati. Il dio muore e viene a rivivere di nuovo solo affinché per mezzo di lui la società umana si possa rinnovare.
Questo fu il fondamento del cristianesimo, e San Paolo dichiara in termini espliciti che Gesù fu crocifisso, seppellito, e riportato alla vita così che con lui i cristiani potessero morire, essere sepolti, e venire a vivere di nuovo. Nel cristianesimo è la tradizione sacrificale ad essere primitiva, è la storia di un'esecuzione giudiziaria ad essere una interpolazione posteriore. Se, come assume la teoria evemerista, Gesù fu un agitatore religioso condannato a morte sulla croce, è necessario spiegare come i suoi seguaci credettero alla sua resurrezione.
Quando gli evemeristi lo spiegano per mezzo della fede che a loro avviso devono avere avuto in lui i suoi discepoli, essi contraddicono gli stessi resoconti che a loro dire sono storici. Quei resoconti li dipingono in possesso solo di una fede davvero debole in lui, una fede fin troppo vacillante per produrre qualsiasi miracolo del genere.
Nelle loro opere più recenti Guignebert, Goguel e Loisy, realizzando questa difficoltà, hanno tentato di risolverla mediante un ricorso alla psicologia, e arrivano a conclusioni analoghe da percorsi alquanto divergenti. Ma le loro conclusioni risultano solo nel dare alla resurrezione la stessa traballante base di una debole fede. Se, comunque, per i primi cristiani la messa a morte di Gesù fosse stata un sacrificio espiatorio, essi avrebbero creduto nella sua resurrezione perché, senza di essa, il sacrificio del dio sarebbe stato un vano processo, dal momento che egli fu messo a morte allo scopo di risorgere di nuovo; perché, in breve, il loro dio non poteva fare altrimenti. E, ad opinione di studiosi sia cattolici che razionalisti, Cristo è rappresentato dopo la resurrezione nei vangeli, non nella forma di un cadavere resuscitato, ma trasfigurato nella sua gloria, proprio come nelle epistole, crocifisso
“nella forma di uomo”, egli viene a vivere di nuovo “nella forma di Dio”.
La sua apparizione differisce del tutto da una resurrezione. I suoi seguaci, sulla nostra tesi, avrebbero creduto nella sua resurrezione, abbastanza a prescindere da qualsiasi apparizione, perché essi credevano che egli fosse morto semplicemente allo scopo di risorgere di nuovo. Al più l'apparizione conferì solamente la certezza di un fatto puntualmente verificato su una resurrezione di cui essi erano in precedenza pienamente convinti.
La Passione del Dio. — Nelle religioni ufficiali dell'antichità in Egitto, Palestina, Grecia, Italia, e Asia Minore, il sacrificio del dio scomparve del tutto. Vittime venivano offerte agli dèi in sacrificio, ma il dio non fu sacrificato. Invece di morire e risorgere di nuovo, gli dèi furono classificati come immortali, mentre il dio ebraico nell'evoluzione definitiva venne chiamato l'Eterno. Ma il sacrificio del dio si continuava nei culti agrari e nelle religioni misteriche.
Frazer offre dettagli grafici del primo nella sua opera famosa
Il Ramo d'Oro. In queste feste popolari come le Saturnalia in Italia, quelle di Crono in Grecia, e la festa delle Sacee a Babilonia, gli studiosi trovano resti di sacrifici umani che rappresentavano sacrifici degli dèi (si veda il Capitolo VI de Il Ramo d'Oro).
Ma in tempi storici l'antica religione di Gesù aveva cessato di essere un culto agricolo e si era evoluta in una religione misterica, e inoltre così pienamente in una religione misterica da preservare il sacrificio del dio. Le religioni misteriche erano religioni preistoriche, le quali, dopo il passaggio attraverso la fase agricola, si continuavano oscuramente finché esse più tardi vennero alla luce ai margini delle religioni ufficiali, a volte da loro ignorate, a volte proibite, e in altri casi tollerate, o perfino utilizzate.
Paul Foucart nel suo
Mysteries of Eleusis scrive: “Demetra [la dèa dei misteri di Eleusi] è una dèa pelasgica — precisamente, nata sul suolo della Grecia tra i più antichi abitanti della penisola; i misteri erano semplicemente l'antica religione proscritta dai conquistatori che schiavizzarono i pelasgi, ma preservata in segreto dai discendenti della razza conquistata”.
Simile fu l'evoluzione in Grecia della religione di Dioniso, e simile in Cappadocia della religione della Grande Madre, che nel periodo greco-romano fu identificata coi misteri di Cibele e Attis. La religione di Mitra, che si originò in Persia, aveva una storia simile. Simile fu infine l'evoluzione in Palestina della religione del dio Gesù. Si possono ripetere parola per parola le frasi di Foucart, cambiando solo i nomi: “Gesù è un dio cananeo (se non pre-cananeo), nato sul suolo di Palestina tra i più antichi abitanti di quella regione; la religione di Gesù fu semplicemente l'antica religione proscritta dai conquistatori che schiavizzarono i cananei, ma preservata in segreto dai discendenti della razza conquistata”.
Dal tempo in cui quelle religioni passarono al rango di religioni conquistate iniziò per loro una lunga e oscura esistenza. Louis Gernet, nel suo lavoro recente,
The Greek Genius in Religion (1932), si riferisce all'eclisse che subirono i culti ctoni (ai quali erano associati i misteri greci) nel mezzo della civiltà aristocratica di cui i poemi omerici costituiscono un riflesso. Così anche in Palestina l'antica religione di Gesù fu messa all'ombra quando la conquista davidica estese il dominio della religione di Jahvè. Per tutto questo periodo, sebbene i riti persistevano, il loro significato si oscurò, com'è il fato di tutti i culti che sono soppressi a lungo; e possiamo rintracciare quest'evoluzione notando ciò che erano divenuti quando essi emersero successivamente.
Prendi per esempio la religione di Dioniso. Nelle età pre-elleniche Dioniso, sotto il nome di Zagreo, è un dio sacrificato e divorato dai suoi seguaci. Quando egli riappare dopo parecchi secoli, Dioniso è diventato un dio che è messo a morte e ritorna a vivere di nuovo, ma non è più un dio ucciso in modo sacrificale. Il dio, dapprima messo a morte come una vittima sacrificale dai suoi seguaci, ora è ucciso dai suoi nemici, che cercano la sua distruzione. Al posto di un'uccisione rituale è commesso un crimine. Il sacrificio del dio è diventato la
“passione” del dio. Questo cambiamento è causato dall'evoluzione della civiltà dall'irrazionale al razionale. Con le civiltà circostanti, le religioni razionalizzano sé stesse. L'uccisione del dio da parte dei suoi nemici evidentemente non è davvero razionale, ma è certamente meno irrazionale del sacrificio primitivo e dell'atto di mangiare il dio. Questa tendenza fu abbastanza forte da creare la resistenza al ritorno al misticismo — che equivale a dire, all'irrazionalità — che caratterizza il risveglio di quelle antiche religioni.
Così, sotto il nome di Zagreo, Dioniso ora è ucciso dai Titani invece di essere ucciso ritualmente, e Osiride è assassinato da suo fratello. Adone, in Siria, è ucciso in un incidente di caccia, mentre, in Anatolia, Attis soccombe in una dubbia avventura che esibisce tracce del rituale primitivo del sacrificio.
Loisy ha ben definito il processo come un sacrificio del dio che diventò un crimine contro la sua persona. Ci si rammarica che questo eminente studioso non si domandò se questo non fosse stato il percorso che intraprese Gesù. Solamente il mito di Gesù era destinato a passare attraverso due fasi: prima il crimine dei demoni, e poi, molto più tardi, il crimine dei soldati di Pilato. Così San Paolo riporta (1 Corinzi 2:8) che Gesù fu crocifisso dai demoni come un fatto noto e ammesso dal gruppo a cui egli apparteneva, e non come una novità annunciata di recente.
Al pari di Dioniso, Osiride, Attis, Adone, e molti altri, in tempi preistorici Gesù era stato un dio ucciso dai suoi seguaci; durante il lungo periodo che seguì egli divenne un dio consegnato ai demoni che lo crocifiggono, nella stessa maniera in cui Dioniso fu ucciso dai Titani. E fu sotto questa forma che il suo culto fu preservato oscuramente in Palestina, quando la religione di Jahvè fu imposta sulla regione. Nell'antica religione di Gesù, come dappertutto in altre religioni misteriche, il sacrificio prese allora la forma di una passione. Così razionalizzato, il vecchio mito non di meno preserverà la sua potenza religiosa, poiché gli adepti del dio ucciso ottennero dalla sua passione la stessa assicurazione che essi avevano ricavato in precedenza dal rito del suo sacrificio. Soltanto gli agenti erano stati cambiati: il dio rimase un dio che è ucciso e risorge dai morti. Quando diventò necessario collegare la religione di Gesù all'ebraismo, il grande dio ebraico trattenne la sua funzione di reggitore del mondo, e Gesù rimase il secondo dio incaricato del compito di morire e risorgere dai morti.
Molto più tardi, quando i Padri della Chiesa ritennero necessario fissare nei cieli le funzioni della divinità, le tre persone della Trinità, grazie all'invenzione dello Spirito Santo, eseguirono i tre doveri della divinità.

La Comunione. — Il rito preistorico del sacrificio del dio sulla croce e della sua resurrezione conquistò il mondo; il sacrificio di Comunione è di importanza secondaria nelle epistole paoline e nei vangeli sinottici, ma anch'esso ha la sua origine nel culto primitivo.
Il sacrificio di Comunione nel cristianesimo è la festa eucaristica che vediamo dipinta negli affreschi delle catacombe. Nella religione primitiva esso fu un sacrificio che aveva il nutrimento come suo fine. Spesso il dio era sacrificato solo allo scopo di venir mangiato. Dove il dio del gruppo aveva la forma di un animale, il sacrificio del dio assunse la forma di un rito in cui l'animale veniva ucciso e mangiato. Questo è noto come la comunione teofagica o il consumo del dio. Il suo fine era rinnovare il vincolo di consanguineità che collegava i membri del clan. Il credo nell'acquisizione della natura di un animale mangiando la sua carne è un credo che persiste ancora tra razze primitive. Dal tempo in cui i membri del clan concepirono l'idea di una discendenza da un antenato comune, che fu trattato come loro dio, essi resero la sua carne il loro cibo spirituale, e così riaffermavano la loro paternità comune allo stesso tempo in cui si rinvigorivano assorbendo i poteri del dio.
Nel sacrificio di Eliminazione il dio fu solo messo a morte, ma nel sacrificio di Comunione egli offrì la sua carne come nutrimento. La dottrina sociologica che vede nel dio la personificazione del gruppo sociale, riconcilia le contraddizioni nella comunione del nutrimento del dio. Nutrendosi del dio ci si rende simili a dio, ma, siccome il dio è la personificazione del gruppo, si rinnova anche il vincolo sociale. Al pari di tutti i riti primitivi, la comunione teofagica fu praticata in una maniera realistica. Nei clan nei quali il dio fu un animale commestibile, l'animale veniva mangiato solennemente; in altri dove esso non era commestibile, si sostituì qualche altro cibo  come la carne del dio; lo stesso piano fu adottato anche in casi dove il dio aveva una forma umana e il cannibalismo fu ritenuto ripugnante.
Nella forma più antica della religione di Gesù, quando, come vedremo, egli fu un dio-pesce, oppure un serpente d'acqua, la comunione del nutrimento del dio assunse la forma del consumo rituale del pesce o dell'anguilla; e sebbene l'influenza dei cananei, che erano un popolo di agricoltori, introdusse nel culto una comunione nella forma del grano, questa non sostituì la forma preistorica; ed essa venne influenzata ancor meno dalla comunione nella forma di un agnello introdotta dagli israeliti, che erano un popolo di pastori. La comunione teofagica si perpetuò in modo simile nelle antiche religioni egiziane e pre-elleniche. Essa riapparve in Grecia colla rinascita del culto dionisiaco, e troviamo una sua traccia nelle
Baccanti di Euripide.
Nell'evoluzione successiva dei culti, la comunione teofagica si modificò nella festa di comunità, di cui tracce visibili appaiono nella Bibbia. Ma il principio della nuova festa è lo stesso di quello dell'antica: condividere con altri lo stesso cibo così da diventare della stessa carne, dal momento che mangiare qualunque cosa equivale ad assorbire la sua essenza. Ma non si mangia più il dio: si è in comunione con lui nel consumo del cibo a lui consacrato, a cui anche lui è ritenuto partecipare. A questa fase l'uomo invita il suo dio a sedersi a tavola, ma non lo pone più sul suo piatto — un cambiamento che dimostra che non siamo all'origine del culto. Ma la mentalità primitiva visibile nella festa di comunione scompare quasi del tutto nelle feste d'amore, in cui si riuniscono i fedeli dopo la celebrazione del loro culto. Queste feste, che potremo chiamare semplicemente “feste sacre”, sono le più tarde nell'origine, essendo precedute a loro volta dalla festa della comunità, la festa teofagica, e dalla comunione totemica di origini preistoriche. Ci si potrebbe domandare come si possano riconciliare il sacrificio di Espiazione, in cui il dio muore allo scopo di risorgere di nuovo, e il sacrificio di Comunione, in cui egli muore per venir mangiato. Indubbiamente la mentalità primitiva non era a conoscenza di una difficoltà da cui il cristianesimo non si ritrasse. L'irrazionalismo è al cuore della religione. La ragione richiede un mondo libero da contraddizioni. Gli dèi sono stati meno saggi.
L'Offerta. — Mediante il sacrificio di Comunione i nostri antenati preistorici mantennero il vincolo di parentela, il legame sociale che unificava il clan. Tramite il sacrificio di Espiazione essi effettuarono il rinnovamento, per morte e resurrezione, del clan stesso sotto la forma del suo dio. Grazie al sacrificio dell'Offerta, o Oblazione, essi lo rinvigorirono. Questo era il significato di questo sacrificio nell'ebraismo e nelle religioni dell'antichità classica, in cui esso appare come una forma di tributo o omaggio analogo a quello pagato da sottoposti al proprio dominatore. Come la vita dell'universo continua, così gli dèi non devono morire, e a questo fine l'uomo deve portare al loro servizio tutte le forze che controlla; e, come il sangue che corre nelle vene del dio possiede virtù fertilizzanti, l'uomo deve accrescerlo.
Così, per rinvigorire i loro dèi, gli uomini primitivi offrivano loro il loro sangue e il sangue dei loro animali, le acque dei fiumi, il seme delle piante, e la polvere di rocce sacre.
Al pari degli uomini e di tutta la Natura, gli dèi hanno la loro debolezza e i loro fallimenti. Con l'oblazione gli uomini vengono al soccorso dei loro dèi, poiché sostituire un uomo anziano con uno giovane è una procedura che non si può impiegare quotidianamente. Questi erano i servizi che gli uomini resero ai loro dèi in cambio dei servizi che i loro dèi resero loro. Si può osservare quanto lontana fosse la prospettiva dell'uomo primitivo dall'omaggio reso ad un creatore benevolente e dal dio del catechismo e della filosofia tradizionale.

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