venerdì 11 agosto 2017

Cristo: Mito o Realtà ? (I)

Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?


(Kent Murphy)
La civiltà giudeo-cristiana è costruita su una finzione: quella di un Gesù che non ebbe mai altra esistenza se non allegorica, metaforica, simbolica, mitologica.
(Michel Onfray, Décadence)

‘Gesù: Una Biografia’ è sempre un ossimoro.
(Harold Bloom)

Oggi vi consigliamo un libro che non può mancare a chi sia miticista o che abbia interesse al miticismo. E soprattutto a chi non abbia perso la voglia di smentire i più banali luoghi comuni (per non dire diffamazioni belle e buone) diffuse dai folli apologeti cristiani sul conto dei miticisti, per fin troppo ovvie ragioni religiose.
Il libro si intitola “Christ: Myth or Reality?” ed è stato scritto da Iosif Kryvelev, un miticista russo che viene citato nel libro Décadence dell'ateo e miticista Michel Onfray (di per sè una sicura garanzia). Ho trovato una sua pubblicazione in inglese scaricabile gratuitamente da qui.
Ciò che mi affascina di questo autore è che la sua lettura riesce a sfatare da sola la leggenda apologetica di chiara matrice cristiana che vuol dipingere i miticisti come duri ideologi insensibili alla semplice possibilità di un Gesù storico.
Questa leggenda si rivela ancor più tale alla luce della serena obiettività di giudizio così chiaramente manifestata da Kryvelev. Trattandosi di un intellettuale sovietico, accusato peraltro di essere stato particolarmente zelante nella propaganda anticristiana, questa obiettività di giudizio è ancor più sorprendente. E a dirlo è uno ben consapevole di ciò che ha rappresentato in termini di vite umane il comunismo sovietico, non ovviamente per esperienza diretta ma per semplice ascolto di ciò che il consensus degli storici ha da dire oggi sul conto di quel passato regime, consenso della cui scientificità non ho affatto motivo di dubitare, perchè, ripeto e reitero ad nauseam, l'unico “consensus di studiosi” dedito a propagandare e a veicolare una chimerica impostura vendendola sfacciatamente per verità scientifica è quello dei teologi e dei biblisti del Nuovo Testamento (come Mauro Pesce), rei di spacciare la storicità di Gesù come se fosse una sacrosanta e indubitabile “verità” quando non è nient'altro in realtà che una spudoratissima menzogna, difesa ad oltranza con un'arroganza montata ad arte pur di nasconderne la reale inconsistenza scientifica.
Come ogni studioso serio e competente, Kryvelev parte dai dati in evidenza, non dalle chiacchiere apologetiche. Passando in rassegna, senza giri di parole, i vari “Gesù storici” costruiti artificialmente dai teologi nel corso degli ultimi 200 anni, Kryvelev ne rivela per ciascuno di essi l'aspetto puramente immaginativo e speculativo nella ricostruzione, al punto che tutti quei ritratti si annullano a vicenda, lasciando riemergere sempre di volta in volta, quasi una sorta di maledizione, l'interrogativo di fondo più inquietante e drammatico di sempre: ma questo Gesù è veramente esistito?
O, per dirla con Kryvelev:
Delle due possibili varianti perchè io considero più probabile quella secondo cui le leggende evangeliche non hanno un nucleo storico nella forma di una persona reale?

 L'altra variante ha fin troppi punti deboli; vi è fin troppo che non può essere spiegato. Non si tratta semplicemente del “silenzio del secolo”, anche se questo naturalmente è di notevole importanza. Non meno significativo è il fatto che la storia dell'immagine di Gesù rivela uno scenario abbastanza chiaro di un'evoluzione non di un Dio da un uomo, ma di un uomo da un Dio.

Più antica è la data della composizione di un libro o di un documento del Nuovo Testamento, più chiaramente Gesù Cristo vi appare come un dio, come l'agnello sacrificale portato al macello per rimuovere per sempre i nostri peccati, come Logos, come un soprannaturale principio astratto, e non come un uomo di carne ed ossa con una biografia storicamente concreta. E viceversa, più tarda è la data della composizione del libro o documento del Nuovo Testamento, più contiene elementi di una biografia terrena di Gesù. Ovviamente, le generazioni successive non potevano ricordare che cosa non sapevano le generazioni precedenti. Da quale deposito di memorie potevano ricavare quest'informazione? L'unica provenienza di una simile informazione fu la fantasia religiosa delle persone che fu costantemente stimolata dalla situazione storica e dalle condizioni sociali di quei gruppi sociali e nazionali tra cui presero forma i credi e i miti del cristianesimo primitivo. 

Uno dei teorici più importanti della scuola mitologica, Arthur Drews, ha scritto: “La non-storicità di Gesù è altrettanto fermamente stabilita  scientificamente al pari della non-storicità di Licurgo [Un antico eroe spartano — I. K.], Romolo e Remo, i sette re romani, Orazio Coclite e Guglielmo Tell”. Si potrebbe concordare con questo, ma con una sola riserva,  in particolare, date le fonti oggi disponibili, e questo è tanto più vero dal momento che c'è un serio dubbio tra gli studiosi se alcuni dei personaggi nominati da Drews fossero mitici. Non si dovrebbe escludere la possibilità che qualche volta nel futuro si possano scoprire nuovi materiali e documenti che richiederebbero un nuovo sguardo alla questione su Cristo. La possibilità è remota perché il quadro che noi ora possediamo è abbastanza chiaro.
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 165-166, mia libera traduzione e mia enfasi)
Così molto probabilmente la risposta è no alla domanda se Gesù sia esistito. Perchè è solo l'immaginazione dei cristiani che crea un “Gesù storico”. Non è il Gesù storico la causa ultima che riempie di immaginazione la testa dei cristiani, ma la testa dei cristiani ad immaginare costantemente una fittizia memoria orale di un altrettanto fittizio Gesù storico: nè l'una nè l'altro hanno il minimo fondo di verità, tantomeno il minimo straccio di prova. E certe teste sono sempre più infestate di altre, da un fantasma come Gesù, e questo ancor prima che gli venisse storicamente procurata un'intera non-vita sulla Terra dal più antico vangelo. Il Gesù storico ha la stessa evanescente inconsistenza del Gesù rivelato, e subentra a quest'ultimo solo successivamente, grazie alla penna e alla fantasia degli evangelisti. Il Gesù rivelato, a differenza del Gesù di carta, non è una cosa vera, empiricamente verificabile, ma è un indizio di forze vere, forze animatrici e perfino creatrici, ancorché illusorie, che la testa dei primi cristiani scambiò per un essere angelico rivelatorio o chissà cosa. E malgrado, con l'inerzia del Gesù di carta (leggi: “Gesù storico”), i cristiani non percepirono più la presenza di quell'essere angelico rivelatorio alla maniera di un Paolo (o dei Pilastri prima di lui), a loro non andava più di rinunciare all'idea, subentrata col più antico vangelo, di un profeta itinerante che finisce crocifisso da Pilato e lascia una traccia, un segnale che conduce ad un altro mondo.

Così Kryvelev ha descritto quel cruciale punto di svolta:
E quando dalla lontana Giudea venne la notizia che ancora un altro Messia aveva fallito nella sua missione, la fine della leggenda era vicina. Se questa leggenda si fosse basata su un uomo immaginario, anch'essa sarebbe stata inevitabilmente screditata. Col passare degli anni ci sarebbero state meno e meno voci su di lui, e poiché la sua “azione” non aveva portato ad alcun risultato reale, la leggenda si sarebbe estinta di una morte naturale. La leggenda circa Cristo ebbe un destino diverso.

Il suo concetto principale è che il Messia non avrebbe dovuto trionfare nel mondo reale e visibile, ma avrebbe dovuto perirvi in esso. Il mondo sprofondato nelle spire del male avrebbe incontrato la sua “resa dei conti” soltanto in un qualche lontano futuro. Il popolo era abituato ad aspettare questo futuro: l'intera ideologia messianica fu costruita su  tali aspettative. Ma qui si trattava di più della semplice attesa. La leggenda fece percepire alle persone che qualcosa era stato compiuto e realizzato, mentre allo stesso tempo ci fu ancora spazio per sperare. La leggenda fu tanto più vitale dal momento che la domanda se qualcosa fosse stato davvero realizzato non si poteva verificare.
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 163-164, mia libera traduzione e mia enfasi)
Kryvelev presenta un interessante argomento a sostegno della stesura dei vangeli non in Israele, ma nella Diaspora:
 Se la leggenda cristiana si fosse originata in Palestina e fosse di una natura mitica essa poteva essere stata vulnerabile. Ci sarebbero state richieste perchè sbucassero fuori testimoni oculari o partecipanti agli eventi e tutti gli “entusiasti”. Quanto alle persone che vissero al tempo a Gerusalemme e in altre località dove, secondo la leggenda, accaddero gli eventi, loro potevano facilmente confutarla; essi avrebbero semplicemente detto che niente del genere era accaduto. Ma se gli eventi accaddero in una distante Palestina parecchi decenni prima, non c'era nessun modo di accertare la verità. Il Messia era nato (in una maniera miracolosa!); egli predicò e operò miracoli; egli fu perseguitato e crocifisso, allora egli resuscitò e ascese al cielo; Come si poteva verificare tutto questo se gli eventi avvennero in un luogo lontano in un tempo non specificato? Quanto a quello che poteva essere verificato, ciò sarebbe accaduto solo nel futuro. Così non si poteva fare altro che mantenere la propria fede e aspettare.
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 163-164, mia libera traduzione e mia enfasi)
Ma c'era un problema:
 È vero, qui è il tallone d'Achille della leggenda. La prossima venuta di Cristo “in tutta la sua gloria” fu promessa come un evento importante che sarebbe dovuto avvenire nel prossimo futuro, durante il tempo di quella generazione. Il fatto che non fosse avvenuto poteva seriamente compromettere la nuova fede. Tra il tempo in cui furono poste le fondamenta della leggenda cristiana e il tempo in cui fu formulata come un sistema di dogmi erano passate parecchie generazioni. Nel frattempo, la seconda venuta non si era verificata. Molto probabilmente un gran numero di seguaci della nuova dottrina si allontanò di conseguenza. Ma molti — potevano essere la maggioranza ma potevano anche essere una minoranza — diventarono soltanto rafforzati nella loro fede. Questo fu in parte reso possibile dal tipo di argomenti che furono usati: ciò che fu detto fu interpretato in modo errato, ci fu un errore nei calcoli per quanto riguarda la data in questione, e simili. Questi argomenti sono ancora utilizzati nel nostro tempo per riscattare una profezia che aveva mancato di verificarsi. Com'è noto, gli Avventisti a questo stesso giorno continuano a credere che il Giorno del Giudizio sia vicino a dispetto del fatto che i loro calcoli sul soggetto della leggenda cristiana si siano rivelati ovviamente sbagliati. Così il punto vulnerabile della leggenda cristiana risulta non essere così minaccioso dopotutto.
 (Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 164-165, mia libera traduzione e mia enfasi)
Era una gioia, così, per loro sapere che potevano ancora avvertire quella presenza nella forma portabile di un vangelo scritto, che, stretto tra le mani di folli ed entusiasti settari, trasmetteva loro una sensazione soprannaturale ancora più potente di quella che aveva provato un Paolo o un Pietro: perchè ora scrivere un vangelo — attribuire a propria discrezione detti ed atti al neonato concetto di “Gesù storico” — diventava non solo la nuova esperienza rivelatoria per eccelenza ma anche una fonte inaspettata di potere. Un potere da esercitare di certo facendo leva sulla creduloneria di stupidi superstiziosi hoi polloi di tutto l'Impero, destinati a diventare a lungo termine un materiale umano quanto mai adatto all'edificazione graduale di una “Grande Chiesa” compromessa sempre più da ogni parte con interessi politici di turno. Ancora oggi. E ancora domani.
In un certo senso la leggenda circa un Messia che nacque e morì nella distante Giudea poteva essersi originata e diffusa “dal nulla” tra gli ebrei che vissero nella Diaspora, a significare che non si basava su una persona reale. Ma una volta che la leggenda apparve tra gli ebrei della Diaspora essa poteva essersi diffusa molto rapidamente tra quei popoli con cui gli ebrei furono in costante contatto economico e culturale-ideologico. Come osserva Robertson, “ebrei e gentili non erano reciprocamente separati, ma mescolati quotidianamente nelle città mediterranee, coi più poveri ebrei che propagavano la loro visione di un Messia venturo e nel processo vi assimilavano il sogno dei gentili più poveri di un dio redentore che trionfa sulla morte”. Nella continua diffusione di idee tra i popoli del mondo culturale ellenistico la leggenda circa Cristo guadagnava via via sempre più seguaci con ogni decennio. Nel frattempo, stava per essere costantemente arricchita da ciò che le recarono i nuovi seguaci dalla loro propria esperienza storica e religiosa.
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 165, mia libera traduzione)

Kryvelev è così intellettualmente onesto da affrontare anche il significato degli ebioniti in relazione alla questione della storicità di Gesù, ponendo in bocca al suo ipotetico interlocutore storicista la seguente obiezione:

Ora immaginiamo che io abbia un opponente che desideri dibattere questa questione.

Opponente: osserviamo la questione da un nuovo angolo e consideriamo alcuni fatti che tu hai fallito di menzionare fin qui.

Noi sappiamo, per esempio, che la parola “cristiano” non apaprve prima della metà del secondo secolo, e non era il nome dei seguaci della nuova fede utilizzato quando parlavano di sé stessi. Era un nome attribuito loro da altri. Nei primi decenni dell'esistenza del cristianesimo i seguaci si chiamarono ebioniti; la parola “ebionita” è derivata dalla parola greca ebyōn che significa “povero”. È anche il nome usato dai qumraniti in riferimento a sé stessi. Quando il cristianesimo era già diffuso, tra i suoi numerosi rami ci fu una setta giudeo-cristiana che era esistita per parecchi secoli sotto il nome di ebionismo. Non possiamo rintracciare qui una linea diretta di evoluzione del cristianesimo nel suo complesso? I cristiani più antichi, da questo punto di vista, erano gli ebioniti di Qumran. Ad esser precisi, era ancora un cristianesimo non separato dall'ebraismo, ma dopotutto il cristianesimo fu in origine un giudeo-cristianesimo. Successivamente, nella misura in cui la nuova religione si diffuse tra i genili e il cristianesimo diventò separato dall'ebraismo, l'ebionismo cessò di essere il tronco principale della religione e si ridusse ad un suo ramo minore, ad una setta che infine si estinse. Se accettiamo questa versione delle origini del cristianesimo, molti dei tuoi argomenti non sono più validi.

In quel caso sarà visto che nei documenti di Qumran il cristianesimo apparve sotto il nome di Ebionismo. L'argomento che Cristo fosse una figura mitica, che la sua immagine cambiò da quella di Dio a quella di un uomo, e non viceversa, in altre parole, che Cristo fosse inizialmente un Dio, è anche privo di fondamento. Il punto è che gli ebioniti consideravano Cristo non come un Dio, ma come un uomo. Essi respinsero, in particolare, la storia dell'immacolata concezione e credettero che Cristo fosse nato da genitori terreni, al pari di altri uomini. Che cosa puoi dire in opposizione a questa soluzione del problema?
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 105-106, mia libera traduzione)

La risposta di Kryvelev è sicuramente soddisfacente:

Autore: Essa suona plausibile. Ma vediamo se sia basata su fatti incontrovertibili.

È vero che i qumraniti spesso si definivano ebioniti nei loro documenti, e consideravano la povertà una condizione necessaria per una vita pia. Si potrebbe assumere che il nome “ebionita” si riferisse a membri della comunità di Qumran, sebbene quello non fosse il loro unico nome. Ma gli antichi cristiani giunsero a chiamarsi ebioniti? Questo è davvero dubbio.

L'espressione “i poveri” capita parecchie volte nel Nuovo Testamento, ma non denota alcuna fede religiosa. Per esempio, leggiamo: “...vendi tutto ciò che hai, e distribuiscilo ai poveri...”; “...quando fai una festa, chiama poveri...”; “...c'era un mendicante, di nome Lazzaro...”; e così via. È chiaro che in tutti questi casi si intende la povertà nel senso solito della parola. Non c'è alcuna prova che un riferimento venisse fatto qui a qualche stato confessionale. E non ci sono altri argomenti per sostenere l'idea che i primi cristiani si chiamassero ebioniti. La catena trinomiale di qumraniti→antichi cristiani→ebioniti è più debole al centro, sebbene il primo link non sia a sua volta davvero forte. Se ciò è così,  la concezione ebionita di Cristo come un semplice uomo potrebbe ben essere caratteristica non della prima fase della storia della leggenda, ma di una delle sue fasi successive.
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 106, mia libera traduzione)

Ma ancor più lo è quella data dal serio e competente studioso Richard Carrier allo stesso quesito posto stavolta da un reale obiettore, un certo “Chris S.”, nel modo seguente:
Richard,

Uno dei fatti che mi rende resistente al totale miticismo è l'esistenza delle varie sette ebraiche-cristiane nei primi secoli E.C. Posso capire il concetto di Evemerizzazione, ma ho difficoltà a concepire il processo attraverso il quale un certo segmento della tradizione primitiva cristiana ridusse lo status di Gesù da semidio ad un “giusto” un profeta divinamente costituito ma umano. Hai un'idea dell'evoluzione degli ebioniti e di altri gruppi simili dalla prospettiva miticista?
La risposta:
Noi non abbiamo alcuna prova che sia mai accaduto ciò che dici. Perfino Marco descrive Gesù come un celeste agente soprannaturale di Dio che sconfiggerà ogni peccato e la morte nell'universo e attuerà dall'alto la vendetta di Dio nel prossimo futuro. Non abbiamo motivo di credere che le sette osservanti della Torà avessero mai pensato diversamente. Matteo, per esempio, è stato scritto da un settario osservante della Torà ed è ancora più cosmicamente grandioso di Marco (avendo un Gesù fabbricato letteralmente e magicamente nel grembo di Maria, e non solo adottato da Dio in una cerimonia). La prima volta che Gesù viene ridotto a solo un uomo (da nient'altro che un nemico del culto) è la bibbia di Thomas Jefferson migliaia di anni dopo.

Quando leggi nei riferimenti che gli ebioniti respingevano la divinità di Cristo, questo è fuorviante quando viene letto nel contesto della teologia cristiana moderna. Tutto quello che facevano fu respingere l'equazione successiva di Cristo con Dio. Anche Paolo (e Marco e Matteo) non eguaglia mai Gesù con Dio, lo considerano un agente (un subordinato soprannaturale) di Dio, essenzialmente un arcangelo, una separata entità, mai chiamato “Dio” (anche se tecnicamente, in realtà, un secondo dio all'interno di un sistema enoteista, dato che il controllo semantico impediva che lo si chiamasse così). Pertanto, la visione ebionita (che Epifanio riferisce esplicitamente lo chiamavano un arcangelo) è in realtà più vicina alla tesi mitica originale: Gesù era un essere celeste, non un uomo comune.

Tutto quello che sappiamo degli ebioniti è attraverso il filtro dei cristiani che avevano abbandonato quella opinione e credevano in un Gesù storico che era identico a Dio, per cui dobbiamo capire come essi fraintesero erroneamente i testi ebioniti: i vangeli ebioniti avrebbero mitologizzato la loro opinione, ma gli storicisti leggendoli li avrebbero letti troppo letteralmente e li avrebbero interpretato nel modo sbagliato. Quindi un sacco di quello che ci viene detto degli ebioniti è falso. Esempio: Giustino Martire pensa che il(i) vangelo(vangeli) ebionita(ebionitii) ha(hanno) un Gesù nato naturalmente e non in modo soprannaturale, ma leggi attentamente e ciò che dice è che essi credevano che Cristo fosse un essere celeste preesistente che discendeva e “possedeva” il corpo di questo Gesù. Questa è solo un'altra versione di una credenza storicizzata dell'incarnazione non diversa da quella presente in Matteo, solo che là la possessione  avviene durante una formazione fetale da parte di Dio piuttosto che durante un battesimo successivo come in Marco, ma in entrambi i casi il Cristo è un super-essere angelico proveniente dal cielo e non è veramente un uomo, e la “parte uomo” è solo un guscio usa e getta. Che è lo stesso come sul miticismo (ovvero la sola forma plausibile di esso, per Doherty).

Così, i vangeli ebioniti sono solo un'altra variante di evemerizzazione che segue essenzialmente  lo stesso processo dei vangeli canonici, ma solo avvicinandosi a modi arbitrariamente diversi per farlo (proprio come i cristiani babilonesi, che posero Gesù in un periodo storico completamente diverso). Gli ebioniti originali (se ce ne furono), al pari di Paolo, non avrebbero preso alla lettera nulla di ciò, ma come parabola e metafora, e solo dopo i successivi ebioniti cominciarono a prenderlo letteralmente (se in realtà lo fecero: non possiamo veramente saperlo, dal momento che non abbiamo mai sentito da loro, solo ciò che i loro nemici pensarono confusamente su di loro, e ciò appare solamente dalla lettura dei loro vangeli e neppure dall'aver dovuto incontrare uno solo di loro, tanto meno dall'essercene stato uno e quindi a conoscenza delle loro dottrine segrete).  
E così solo un idiota può credere di avanzare qualche pretesa a favore della storicità di Gesù sulla scorta della presunta antichità tutta da provare della a sua volta presunta “cristologia bassissima” degli ebioniti e della loro presunta preservazione del vangelo autentico dei Pilastri. Addirittura conosco un folle apologeta cristiano — un poco di buono di sbalordita demenza! — che ha ricostruito tramite la sua fervida immaginazione un presunto filo diretto (!) che va dai Pilastri al Corano e alla tradizione islamica (!), passando per gli ebioniti (!), col risultato che si permette di citare qualche aneddotto musulmano (!) sul conto di Gesù quasi che fosse il ricordo più fedele — e quindi ipso facto magicamente “storico” (!) - frutto di quella sedicente “tradizione”!
Non vale nemmeno la pena di commentare l'intrinseca scemenza (o, che è lo stesso, disonestà intellettuale) di questo povero apologeta cristiano: uno scemo demente del genere non esita ad affidarsi alla tradizione islamica circa Gesù e a rivalutarne una presunta autenticità o nucleo storico (!), nel contempo disdegnando come false le diffamazioni del Gesù evangelico contenute nel Talmud (che al contrario rifletterebbe una tradizione sicuramente più affidabile di quella islamica, se non altro perchè viene cronologicamente prima). Ma si sa: quando si tratta di difendere Gesù “l'ebreo” perfino i musulmani meritano di avere più voce in capitolo perfino degli stessi ebrei talmudici, specie quando i primi si esprimono in termini favorevoli su Gesù a differenza dei secondi (che lo collocano addirittura in date diverse da quella canonica, dimostrandone l'intima infondatezza).

Anche se non attinente strettamente al miticismo, Kryvelev parla dei futuri sviluppi della teologia cattolica, a fronte della (per lui) prevedibile futura riscossa del miticismo (un fenomeno che si sta verificando proprio oggi). Devo dire che, nonostante Kryvelev abbia creduto erroneamente nel trionfo del comunismo (anche se non ne fa mai cenno nel suo libro), tuttavia è stato profeta quando scrive che in reazione ai recenti approfondimenti sulle origini cristiane in una direzione inevitabilmente sempre più scettico/minimalista...
...sia il clero protestante che cattolico sono consapevoli che nel nostro tempo sarebbe inutile insistere sulla assoluta verità del sistema dogmatico cristiano e sul suo punto centrale — la storicità di Gesù Cristo l'uomo-e-Dio. È per questa ragione che la “teologia esperienziale” non è condannata completamente anche se si avvicina a negare la storicità del fondatore del cristianesimo. È possibile che col passare del tempo la Chiesa si muoverà ancora più verso la “sinistra” su questo punto fondamentale del dogma cristiano.
Per il momento la Chiesa sta prendendo un'attitudine aspetta-e-vedi.
(Iosif Kryvelev, Christ: Myth or Reality?, pag. 206-207, mia libera traduzione e mia enfasi)
Basti pensare al “socialismo” dell'attuale pontefice regnante Bergoglio per realizzare quanto Kryvelev avesse ragione da vendere nella sua profezia! E così è un fatto che il Vaticano ha sposato da tempo la retorica socialisteggiante dei diritti umani, la causa del terzomondismo, ecc. Non capisco, a dire il vero, perchè lo fa. Memorabile il drastico giudizio del prof Price (sulla sua pagian facebook) a proposito del pontefice cattolico:


Forse la risposta più probabile è che così il Vaticano, a scopi puramente propagandistici, crede di rendere “bella” la fede cattolica semplicemente assicurandole qualche tocco di “modernità”, inseguendo la moda del momento, se si può chiamare tale questo diffuso buonismo. Il pontefice regnante fa lo scemo perchè sa fin troppo bene che in un'epoca di relativismo tutto occidentale la vera scemenza per un pontefice romano sarebbe sforzarsi di non sembrare tale (vedasi il suo predecessore). In questo senso, io paragonerei Bergoglio alla formidabile interpretazione dell'attore Christoph Waltz nella parte del nazista voltagabbana del film Bastardi senza gloria:


Stessa commedia, stessa contraddizione

Si veda la seguente tabella di confronto:


Bergoglio
Hans Landa (interpretato da C. Waltz)
Ci tiene a sembrare tutto fuorchè dogmatico e tradizionalista, a costo di sembrare “alla mano” e “patetico”.
Ci tiene a sembrare tutto fuorché un sadico nazista, a costo di sembrare “umano” e “patetico”.
Si presta a debellare dall'interno le sacche tradizionaliste che infettano il cattolicesimo.
Si presta a collaborare con gli Alleati per far fuori il Führer.
... e tuttavia rimane sempre il capo di un'organizzazione fondamentalmente basata sul dogma e sulla tendenziosa “Traditio”.
...e tuttavia rimase sempre un membro delle SS…
...ricevendo tutto sommato solo freddezza e indifferenza da parte degli atei e da una società oramai ateizzata, per il solo fatto di essere un pontefice cattolico.
...ricevendo tutto sommato la punizione che merita per la suo trascorso da ufficiale SS, che non si può cancellare: viene marchiato a sangue con una svastica sulla fronte.

Ma in fondo, chissenefrega della strategia fantozziana del Vaticano? È tutto spettacolo — propaganda cattolica o slogan improvvisati, poco cambia — e nient'altro che spettacolo, e da sempre desidero sfuggire alla stretta dello spettacolo, specie se religioso. Sono incuriosito di gran lunga invece dai libri migliori che negano la realtà storica di Gesù di Nazaret e il libro di Iosif Kryvelev è uno di questi.
Se volete informarvi del miticismo senza un approccio ideologico, e con un'attitudine critica alle più comuni obiezioni storiciste, il mio consiglio è di leggervi la seguente traduzione italiana del libro di Kryvelev. 



I. KRYVELEV

CRISTO: MITO O REALTÀ ?
 ALCUNE NOTE INTRODUTTIVE

Nel corso degli ultimi duemila anni il nome di Gesù Cristo si è riverberato nelle pagine di storia e nella vita di milioni di persone. Ha penetrato ogni sfera della vita pubblica e privata. Azioni buone e cattive sono state commesse nel nome di Cristo, come lo sono stati atti di grande carità e atti di incredibile crudeltà. Schiavisti, apologeti della servitù della gleba, imprenditori capitalisti e colonialisti l'hanno usato per coprire e santificare i loro propositi egoistici, mentre gli oppressi lo invocarono poichè essi immaginavano una punizione degli oppressori e sognavano un ideale ordine sociale e un'esistenza migliore. L'mmagine di Cristo che si è formata nella memoria di persone sparse in quasi due millenni è un'immagine  multiforme e contraddittoria.


Anche ad un livello soggettivo, l'atteggiamento della gente verso la persona di Cristo differisce ampiamente, variando da riverenza e affetto a disprezzo e odio. Fra quei due estremi vi sono diverse tonalità di opinioni favorevoli e sfavorevoli. Senza enumerarli qui io menzionerò semplicemente due pareri diametralmente opposti.


Per Ernst Renan Cristo sta ad una “sommità inaccessibile” di grandezza umana. D'altra parte, una non compromettente valutazione negativa di Cristo si trova nelle opere di filosofi dell'Illuminismo francese. Il mio obiettivo a questo punto non è quello di pesare i meriti di uno o di un altro insieme di opinioni, ma piuttosto di indicare quanto possono essere assai distanti.


Volevo chiamare il primo capitolo di questo libro “L'Immagine di Cristo nella Memoria della Gente Lungo le Epoche”. Ma presto si è reso evidente che è impossibile scrivere circa l'immagine di Cristo come se l'immagine fosse una singola. Perché non c'è mai stato un concetto uniforme della personalità di Cristo nella coscienza della gente oppure nella letteratura, nemmeno durante un periodo specifico. Anche nel nostro tempo, non esiste nessun'unica immagine di Cristo, solo sue varianti ampiamente divergenti. Ho quindi chiamato il primo capitolo “Le Molte Immagini di Cristo” e vi prenderò in considerazione alcune di loro.


Questo non si rivelerà facile, poichè autori diversi affrontano differentemente la questione della personalità di Cristo. Uno sottolinea i tratti puramente umani di Gesù; un altro lo considera un asceta e un profeta; un terzo, come un leader politico, moralista e filosofo; e un quarto considera Cristo una figura mitologica. Ognuno sottolinea quelle caratteristiche che si adattano alla sua propria interpretazione. Le opere di quelli autori, perciò, forniscono
nel complesso un'impressione di insolita diversità. Ma questo c'è solo da aspettarselo: riflette la diversità di pareri tenuti da persone diverse circa il reale o immaginario fondatore del cristianesimo.


Cominciamo con gli insegnamenti della Chiesa su questo soggetto.

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