domenica 18 dicembre 2016

Sulla grande cospirazione contro i primi “fratelli del Signore”


AVVENIRE: Paese conosciuto dai geografi spirituali dove Dio pagherà di certo, alla scadenza, tutte le lettere di cambio dei suoi messaggeri o intermediari. Non risulta, fino ad ora, che abbia lasciato protestare le lettere dei suoi uomini d'affari: sono, come è noto, pagabili sempre, senza scadenze.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Dio non è quell'essere da voi tutti immaginato, ma quel principio che precede increato innanzi al tempo, capace attraverso i suoi disegni ordinati e preordinati di trarre la luce dalle tenebre.
David Lazzaretti
Pericoloso è per il cervello non attrezzato avventurarsi nel mare dell'ignoto.
Friedrich Nietzsche

I primi “fratelli del Signore” non avevano un'immaginazione di cui poter disporre con facilità. Ogni volta che tentavano di immaginare un messia tutto ciò che riuscivano a vedere era “Cristo Gesù”: un angelo rarefatto nel bagliore della sua apparizione. Una volta a quasi 500 di loro gli riuscì di vedere nello stesso istante il Cristo risorto... ...e il suono di una voce celeste che non avevano intenzionalmente evocato. Ma in pochi secondi tutto ciò si era dissipato, lasciando una silenziosa distesa di vuoto.

Questo handicap tuttavia, per quei primi “fratelli del Signore”, era tutto meno che una frustrazione o una delusione. Non metteva spesso alla prova la perseveranza della loro fede, perchè in qualche modo erano consapevoli che il messia Gesù, l'arcangelo Cristo, sarebbe finalmente arrivato nel più breve tempo possibile, quando meno perfino loro — loro che erano attenti e vigili e pronti all'imminenza della sua prima venuta sulla Terra, a differenza di tutti gli altri — se lo sarebbero aspettato.

Comunque, c'erano anche altri sistemi per rimediare all'altrimenti monotona sequenza di apparizioni fugaci e di sparizioni repentine dell'angelo Gesù di fronte ai loro occhi. Ne abbiamo già visto uno in quel fanatico fervore apocalittico nell'imminenza della Fine, fervore del tutto comune per quei tempi travagliati. Eccone ora un altro.

Questo secondo metodo consisteva in una specie di contraffazione artistica, o meglio un'ispirazione, un avvistamento e un ascolto, per descriverla coi termini che i primi “fratelli del Signore” preferivano. E cos'era la fonte di quell'ispirazione, di quell'avvistamento, e di quell'ascolto? In molti casi non c'era modo di saperlo: per lo più anonimi autori di vecchi libri sacri, antiche profezie sul punto di venire dimenticate per sempre. I “fratelli del Signore” ricercavano senza posa in quella vasta letteratura sacra, nei libri dell'Antico Patto come li definivano, ogni profezia o predizione o prefigurazione, da qualsiasi scrittura potevano provenire, purchè avvistassero nel loro linguaggio di enigmi e segreti la voce stessa del Figlio. Infatti, tanto più disparate erano le origini di quelle scritture, tanto meglio assolvevano ai loro propositi: poichè i “fratelli del Signore” riuscivano a percepire la voce del Figlio perfino attraverso il passo più remoto e irrilevante delle scritture, intravvedevano la profezia del Figlio perfino nella rappresentazione parimenti antica di un Servo sofferente di cui non avevano mai sentito parlare, così da proiettarla diligentemente verso per verso sull'immagine mentale che avevano del loro celeste messia risorto; e per finire, da pagine ancora più antiche ed esoteriche di quelle antiche scritture, i “fratelli del Signore” rammentavano con la più scrupolosa fedeltà la visione che un antico e nobile profeta aveva avuto di demoni e diavoli dell'aria nell'atto di lanciarsi su una povera vittima indifesa per crocifiggere su un albero il Figlio di Dio, “senza sapere chi è” (Ascensione di Isaia 9:14).

Questo era il metodo e questi i risultati dei loro avvistamenti in quelle antiche e sacre scritture, che i “fratelli del Signore” ritenevano non collaborassero affatto con loro ma piuttosto con il loro supremo arcangelo celeste, presagendone come per magico incanto la futura ordalia di morte e resurrezione. Loro non erano che gli eredi di immagini perdute del Figlio e ora ritrovate. Erano i loro resuscitatori, i loro evocatori, i medium sotto i cui occhi scrupolosi e attraverso le cui visioni e rivelazioni si verificava lo svelamento di verità ultime e misteri profondi, celati al resto dell'umanità dal principio del mondo e che solo ora precipitavano fuori dagli anni passati per manifestare l'oggetto dei loro sogni: il volto impersonale dell'arcangelo celeste “Gesù Cristo”, il cosmico Figlio di Dio.

E ai primi “fratelli del Signore” sembrava del tutto naturale che, come avviene a tutte le cose, persino i fenomeni più misteriosi e inviolabili da loro intravisti avrebbero alla fine trovato la via per passare dai loro sogni alla realtà di tutti, dalle loro esclusive e privilegiate visioni alla manifestazione piena e reale di fronte all'umanità intera.
Appena prima della distruzione totale di questo mondo e dei suoi malefici dominatori.

I “fratelli del Signore” continuarono così per qualche tempo, il tempo di un'intera generazione. E continuavano così pure nella divisione che il tempo, il fato o la necessità avrebbero inevitabilmente generato tra loro.

E ora spostiamoci un attimo per cogliere in realtà la differenza tra due momenti diversi, posti rispettivamente all'estremità di un lasso temporale così lungo da coprire almeno lo spazio di una o due generazioni rispetto ai primi “fratelli del Signore”. E osserviamo cosa capitò ad un gruppo di “fratelli del Signore” e apostoli del Cristo di un qualche imprecisato punto del bacino orientale del Mediterraneo, almeno 40 anni dopo la nascita della loro confraternita misterica: precisamente quando trovò attenzione la prima volta presso di loro una storia che non avevano mai udito prima d'allora, intitolata “INIZIO DEL VANGELO DI GESÙ CRISTO FIGLIO DI DIO”.

Se non fosse che in quella storia si stava parlando del loro
“Gesù Cristo”, non si sarebbero sentiti al tempo stesso dispiaciuti e leggermente sollevati dall'idea di poter apprendere circa un profeta leggendario e sapere le sue parabole fittizie... ...quando fu sulla Terra a predicare.

Chi era “Gesù Cristo”, allora, per quel racconto? Cosa? Dove e quando? Stando a quella storia, il nome poteva benissimo essere stato quello di un vero profeta, vivente nel recente passato appena 30 anni prima, “nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, quando Ponzio Pilato era governatore della Giudea” (Mcn 1:1), e la cui fama arrivava — su voci e ricordi mai definiti come tali nel racconto eppure pretesi a voce di essere tali da chi stava distribuendo loro quella storia — dalla Galilea, dalla Giudea e da Gerusalemme. Questa figura di profeta era associata da quella storia ad una vaga dolorosa tragedia: taumaturgo eccellente e figura che in Israele godeva del massimo rispetto e della massima notorietà, un giorno venne condannato dal Sinedrio e crocifisso dal governatore romano per una qualche ragione non meglio specificata. Dopo la morte resuscitò in Galilea dei gentili per esercitare la sua predicazione in maniera completamente nuova, in chiave del tutto diversa rispetto a prima della morte. O almeno così faceva intendere lo strano ed enigmatico finale di quell'incredibile storia.

Quando finirono di ascoltare quella storia, quei “fratelli del Signore” e quelli apostoli del Cristo videro che il lavoro che intendevano fare, per qualche strano miracolo, era già stato fatto. Loro erano ansiosi di predicare alle genti l'imminente prima venuta di Gesù Cristo sulla Terra, allo squillare della tromba, quando loro stessi sarebbero saliti in cielo abbandonando i loro corpi materiali sulla Terra, proprio come fece il loro più riverito apostolo, l'uomo chiamato Paolo, e come Paolo stesso aveva promesso loro. Non era ciò la ragione stessa per cui Paolo li aveva spinti a predicare in tutte le lande desolate dell'Impero? Eppure quel Cristo Gesù, che sarebbe dovuto arrivare sulla Terra nell'immediato futuro — e guai a chi avrebbe perduto quella fede sotto le persecuzioni e gli ostacoli di Satana — stando a questo nuovo “vangelo” era già stato sulla Terra, ma non doveva esservi stato. La nuova storia che avevano tra le mani sarebbe dovuta appartenere al genere di antiche scritture da dove loro solevano tratteggiare e attingere la voce del Figlio e il suo volto impersonale,  andando mai “non oltre quello è scritto”, proprio come aveva rassicurato l'apostolo, l'uomo chiamato Paolo (1 Corinzi 4:6), eppure era evidente che quella storia apparteneva a qualcosa che non avevano mai conosciuto, qualcosa che non sarebbe dovuto essere. E che pure era lì.

Perchè allora quei “fratelli del Signore” e quelli apostoli del Cristo si ritrovavano ad ascoltare la storia strana e incredibile, mai udita prima d'allora, di un Gesù “che fu chiamato Cristo” in Terra di Giudea, e quale altra mano d'artista aveva collaborato?

Se l'entusiasmo della rivelazione non li avesse motivati a tal punto, se non avessero avuto tutti quei sogni perduti e ora ritrovati che li sibilavano dentro, forse quei “fratelli del Signore” e quelli apostoli del Cristo avrebbero persino subodorato l'inganno di cui stavano per diventare vittime, visto che non avevano potuto fare a meno di notare quell'improvviso cambiamento nel concetto di Gesù che quella storia pretendeva di dare loro.

Ma forse erano troppo entusiasti per poterla contrastare, o forse nel loro più segreto intimo quella nuova e strana storia procurava loro un sollievo ad un'ansia che non avrebbero altrimenti mai sopito, se soltanto avessero continuato a fare come avevano sempre fatto, esperire l'arcangelo Gesù unicamente con la sola forza della mente.

E così, in quella notte della ragione nella quale erano sprofondati, una notte bianca come l'inverno, non si sarebbero certamente destati se non fosse stato per l'arrivo di qualcuno a reclamare il conto. E la voce di quel qualcuno ripeteva in tono asciutto e istituzionale, come un martello:
“Il resto di voi può pure continuare ad avere le loro visioni, ma noi abbiamo il reale deposito della verità. Divertitevi pure con i vostri oracoli. Noi abbiamo la chiesa. Noi abbiamo un oggettivo Gesù che morì e resuscitò nella carne e non apparve in diverse forme simultaneamente a parecchie persone, comunicando loro cose differenti”. 

Poi lo stesso protagonista della nuova storia, di cui quel qualcuno reclamava con voce dura il possesso esclusivo e legittimo, mutò drasticamente d'aspetto in una nuova storia:
 I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque.  Teneva nella sua destra sette stelle e una spada affilata a doppio taglio usciva dalla bocca...
(Apocalisse 1:14-16)

...e con quella “spada affilata a doppio taglio” cominciò il suo lavoro, somministrando a quei dormienti il suo rimedio miracoloso.

 

Alla fine furono alcuni atei a ritrovare quei dormienti, o quel che ne restava di loro, dopo circa 2000 anni, anche se si ebbero alcune difficoltà nell'identificazione di quello che giaceva nell'evidenza sopravvissuta. Ciò che scoprirono non fu creduto dai più.

I negatori dell'esistenza storica di Gesù sono tuttora considerati elementi radioattivi dal consensus di teologi e apologeti sotto mentite spoglie di “esperti”. E tenuti debitamente alla larga, loro e la storia che hanno cercato di ricostruire, nel dubbio reame delle moderne leggende metropolitane.

Eppure, a dispetto di tutto, la voce di chi conosceva la verità sul conto di Gesù Cristo — che egli non esistette mai sulla Terra, ma fu solo un arcangelo del cielo — sarebbe continuata a risuonare di nuovo e ancora di nuovo (per mano degli stessi ignari della verità)...

... tutte le volte che dai pulpiti delle chiese si sarebbe letto ad alta voce un passo dalle lettere autentiche dell'uomo chiamato Paolo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Come definisce la scusa di molti apologeti cristiani dei primi secoli ,ossia:gli angeli caduti inspirarono i politeismi e il paganesimo"?

Giuseppe Ferri ha detto...

Quella scusa rivela due cose:

1) che già gli antichi notarono il carattere fittizio e allegorico dei vangeli, considerando Gesù nel caso migliore solo l'ennesimo dio che muore e risorge da aggiungere al Pantheon pagano (un dio essendo chi nasce da un dio e da una donna) e nel caso peggiore solo un mero uomo miticizzato dai suoi seguaci.

2) che (in reazione al punto 1) gli apologeti cristiani - vale a dire, i proto-cattolici - si differenziavano dai pagani nel propagandare dogmaticamente quelle allegorie come le uniche letteralmente vere. Nessun pagano aveva mai insistito con medesima foga e altrettanto interesse dei cristiani che le sue storielle intorno al proprio dio x erano da prendere ciecamente alla lettera.

Questo caso è stato fatto di recente in ambito accademico da Richard Miller e lo illustro più precisamente qui.