martedì 17 maggio 2016

Una recensione al libro A Shift in Time di Lena Einhorn


TEMPO: Il tempo, tanto prezioso per i profani, non conta niente nella religione. I suoi santi ministri si fanno un dovere di perderlo santamente. Difatti che cos'è il tempo messo a confronto con l'eternità! Vedi Contemplazione, Meditazione, Esercizi di pietà e Feste.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Il libro di Lena Einhorn, A Shift in Time: How Historical Documents Reveal the Surprising Truth about Jesus, si legge tutto d'un fiato. È semplicemente una riproposizione elegante, per niente affatto noiosa, degli stessi parallelismi tra il Gesù evangelico e la figura storica del “Profeta Egiziano” commentati in un articolo precedente.
È certamente da apprezzare la sua saggia cautela nell'esporre la sua teoria come nient'altro che una semplice ipotesi giusta da considerare.

Laddove un Bermejo-Rubio deve fantasticare parecchio per immaginare chissà quale sorta di originario Testimonium Flavianum decisamente più ostile a Gesù di tutte le “ricostruzioni” finora fatte (sfiorando decisamente il ridicolo quando sposa acriticamente l'autenticità della famigerata interpolazione “detto Cristo” di Antichità 20:200), Einhorn non ha affatto di questi problemi: dal momento che Flavio Giuseppe, nella sua teoria, parla di Gesù, solo che lo etichetta
“un profeta egiziano”.

Quindi alla fine, dove lo storicista Bermejo-Rubio avrebbe un serio problema con l'evidenza in Flavio Giuseppe, la semi-miticista Einhorn (in fin dei conti proponente del  Gesù sedizioso al pari del professore iberico) presenta un caso se non altro più forte a favore di un reale “Gesù” dietro i vangeli, e di  un “Gesù” sedizioso antiromano, a giudicare dalle azioni dell'“Egiziano”.

È convincente la sua tesi? Io penso che sia degna di essere valutata (se non addirittura accettata) da chiunque ritiene che il Criterio di Imbarazzo risulti efficace quando applicato alle presunte disiepta membra di sedizione sparse nei vangeli, specie alla luce della probabile fabbricazione di Giuda il Galileo da parte di Flavio Giuseppe (un fatto che riduce a zero le pretese di chi aveva cercato piuttosto goffamente in Italia di tentare col fittizio fondatore della “quarta filosofia” lo stesso argomento fatto da Einhorn con l'“Egiziano”).

Di certo il punto debole di Einhorn è la sua interpretazione di Paolo, la cui cronologia come manifesta nelle lettere lei cerca invano e a fatica di far quadrare con i tempi dell'“Egiziano”, ma perfino quel problema sarebbe relativamente superabile, se si considera chi poteva essere stato “Paolo” ai tempi del governatore Felice:

Simone il Mago

Nel tempo in cui Felice era procuratore della Giudea, la osservò: era infatti più bella di tutte le donne e nacque una passione per lei. Le mandò uno dei suoi amici, un Giudeo cipriota Simone detto Atomo, che si faceva passare per mago, per convincerla ad abbandonare il marito e sposare Felice. Felice le prometteva di renderla estremamente felice, purché lei non lo respingesse. (Antichità Giudaiche 20:142)


Anche se Einhorn non menziona Simon Mago nel suo libro, è altrettanto seria (forse più seria della stessa equazione Gesù = l'Egiziano) la concreta possibilità che il Paolo storico fosse il Mago, visto che perfino un documento cristiano come le Omelie PseudoClementine azzarda il paragone (e sto parlando di solo un indizio tra innumerevoli che portano in quella direzione, e che non starò qui ad elencare perchè lo hanno già fatto altri ben più avveduti di me). Perciò, sotto l'ipotesi che l'Egiziano fosse il vero leader dei futuri cristiani, è facile identificare in Simone di Samaria (nientemeno che consigliere dello stesso governatore romano che sgominò l'Egiziano dal Monte degli Ulivi!) colui che intraprese l'azione di edulcorare in senso più filo-romano il lascito spirituale del profeta tra i suoi seguaci (col beneplacito delle autorità romane), e non c'è dubbio di quale fosse il metodo che avrebbe applicato in tal senso: allucinazioni, visioni, rivelazioni, sogni, mistiche allusioni alle scritture, nonchè spudorate menzogne, per far passare a poco a poco l'idea che l'uomo conosciuto come “l'Egiziano” era solo il Messia kata sarka, “secondo la carne”, immagine flebile ed effimera del glorioso cosmico Cristo risorto, ora vivente nello stesso Simone...


Così la teoria di Einhorn potrebbe supportare non solo le teorie del prof Bermejo-Rubio sulle tracce di sedizione sparse nei vangeli, ma anche le teorie del prof Hyam Maccoby (anch'egli teorico di un Gesù insurrezionista) sulla reale identità di Paolo. Davvero mi meraviglia che Einhorn non abbia sottolineato anche quella possibile evidenza nel suo libro.

 Tuttavia il fatto piuttosto illuminante nel libro che mi pregio di riportare su questo blog, è l'aver trovato una spiegazione piuttosto ragionevole dietro l'apparente brusca divergenza tra un Gesù evangelico che muore crocifisso nella storiella e le sorti dell'“Egiziano” che riesce invece a dileguarsi dopo la disfatta sul Monte degli Ulivi:
Così che cosa circa la crocifissione? C'è nelle cronache di Flavio Giuseppe qualche menzione dell'“Egiziano” che è crocifisso? No, non c'è. E se assumiamo che Flavio Giuseppe non fallì semplicemente di menzionare questo, oppure fu ignaro di esso, questo poteva essere una decisiva differenza tra i fati di quei due uomini. In realtà l'unica rimanente differenza non-cronologica. Ma prima di lasciare la questione della crocifissione, potrebbe valer la pena di evidenziare un altro evento descritto nei vangeli: il rilascio di Barabba. Barabba è un curioso personaggio nella narrazione del Nuovo Testamento.  Appare in tutti i quattro vangeli, dove è variamente descritto come un “brigante”, “un famigerato prigioniero”, e qualcuno che “era in prigione coi ribelli che avevano commesso un assassinio durante l'insurrezione”. Barabba era stato condannato al supplizio capitale in simultanea con Gesù. Egli era comunque, lasciato andare, laddove Gesù fu crocifisso (tra due altri “ladri”, che erano apparentemente associati a Barabba). Ciò che rende curioso Barabba, comunque, è non solo che conduce un'“insurrezione” allo stesso momento in cui Gesù provoca le autorità - in aggiunta a questo è il suo intrigante nome. Barabba significa “Figlio del Padre”, un nome apparentemente più appropriato per Gesù (che spesso riferiva a Dio con Abba, “Padre”). Ma veramente, Barabba non è l'intero nome dell'uomo. In Matteo 27:16-17 ci è detto che il suo nome è “Gesù Barabba”, che significa “Gesù Figlio del Padre” ! Potevano Gesù di Nazaret e Gesù “Figlio del Padre” realmente essere due persone diverse? E perchè uno di loro sarebbe crocifisso tra i seguaci dell'altro?  
Che Gesù di Nazaret e Gesù Barabba sia una e la stessa persona è una proposizione che è stata fatta prima, da studiosi come pure in racconti romanzati. La caratteristica rassomiglianza dei nomi, come pure un fallimento nel trovare un precedente o biblico oppure non-biblico al costume descritto di rilasciare un prigioniero alla festa, sono generalmente citate come ragioni per l'ipotesi. I vari proponenti di questa teoria, che Gesù e Barabba sono lo stesso uomo, suggeriscono diverse spiegazioni del perchè un leader ribelle Galileo sarebbe più tardi ricordato come due diversi individui, che vanno da un semplice errore ad un deliberato gioco di parole - quasi come una parabola. Forse l'obiettivo sarebbe di creare una scelta al lettore: vuoi la violenza oppure vuoi porgere l'altra guancia? H. A. Rigg, nel suo articolo del 1945, suggerisce che la divisione fu necessaria: “Era Gesù, il Cristo della grande storia della Passione, che fu vividamente ricordato e su cui i Gentili edificarono il cristianesimo della Storia. Per loro Barabba divenne semplicemente uno di quelli presi in una rivolta e Cristo il crocifisso Signore e Salvatore.”  
Aggiungere Barabba al nostro mix potrebbe confondere le acque. Ma è difficile trascurare del tutto l'intrigante racconto evangelico di un leader ribelle catturato allo stesso momento di Gesù, che porta lo stesso nome di Gesù - eventualmente che è identico a Gesù - ma che sfugge alla crocifissione.  

(pag. 112-114, mia libera traduzione)



Cosa concluderne?
Un sano agnosticismo è d'obbligo, ma di certo la teoria di Einhorn calza sicuramente a pennello con un perspicace commento del miticista RG Price (non Robert Price) rilasciato su Vridar in un diverso contesto:



Come ho detto nel mio articolo, il problema con la linea di Carrier a proposito di "forse c'era ancora qualche minore Gesù", è che a quel punto diventa del tutto irrilevante.             Se ogni singola cosa detta a proposito di Gesù nei Vangeli è totalmente fabbricata allora il Gesù del cristianesimo non è mai esistito, punto, perché il Gesù del cristianesimo è il personaggio nei Vangeli.Questo è il punto numero 1. È come se dicessi, James Price è un ragazzo che nasce da un branco di lupi, ha combattuto contro i giganti e li uccise, e ha fondato un paese in Africa chiamato Mobutu e ha vissuto fino a 300 anni. Ok, probabilmente c'era un tizio di nome James Price che visse ad un certo punto nel tempo, ma se non ha fatto nessuna di queste cose che ho detto allora non è davvero rilevante, non è vero?

Ma #2, il mio punto più grande che cerco di fare è che il fatto che si possa dimostrare che il vangelo di Marco è finzione, e che OGNI SINGOLA narrazione su Gesù può essere provata discendere da esso, questa è davvero forte evidenza che Gesù mai esistette.

In effetti il ​​mio punto è che l'esistenza stessa dei vangeli come li abbiamo è la più forte evidenza contro l'esistenza di qualunque Gesù. Perché ciò che i vangeli provano è che nel 1° secolo, quando c'era un interesse a scrivere di Gesù, quel che i vangeli dimostrano è che non c'era nessuna informazione su alcun Gesù di sorta con la quale procedere. I vangeli dimostrano ciò perché sono tutti semplicemente copiati da una singola storia.

Se la reale crocifissione di Gesù fosse stato un evento così potente da ispirare la nascita di questa religione, allora come può essere possibile che OGNI SINGOLO suo resoconto fosse derivato da una singola storia di fantasia? Dato che Paolo stava già parlando della crocifissione, chiaramente esso era, fin dall'inizio, un elemento critico della religione. Se questo elemento critico si sviluppò basato su eventi del mondo reale, allora sicuramente QUALCUNO sarebbe stato in grado di registrare almeno un singolo dettaglio reale da essi. Eppure, chiaramente non abbiamo niente di niente. Chiaramente quello che abbiamo è un singolo racconto che si basa su un'allusione letteraria ambientata in un tempo che è simbolico, ma che non avrebbe mai potuto realmente accadere (Pasqua), e OGNUNO ripete quel racconto fittizio. Se fosse stato così importante da ispirare la nascita della religione, allora come mai non un singolo racconto dell'evento reale fu mai ricordato?

È chiaro che nulla fu scritto della persona Gesù fino a dopo il vangelo di Marco e che tutto l'interesse su Gesù come persona deriva da Marco. Marco è chiaramente la sorgente da cui la persona Gesù fluisce, e soltanto una storia di fantasia sarebbe l'unica fonte di informazioni su una persona se quella persona mai veramente esistette al principio.

Il problema che le persone che pensano al "Gesù reale" devono affrontare per quanto riguarda la mia tesi è che essi devono sostenere contemporaneamente che un "Gesù reale" contemporaneamente ispirò la religione E che il Gesù reale fu così insignificante che non un solo suo insegnamento fu tramandato e nessun dettaglio della sua vita o morte fu mai conosciuto del tutto. Questa è solo una chiara contraddizione incoerente.

Chiaramente Paolo non presenta i suoi insegnamenti come "gli insegnamenti di Gesù". Chiaramente l'autore di Marco presenta gli insegnamenti di Paolo come gli insegnamenti di Gesù. Paolo è il Gesù dei vangeli, in sostanza.

Allo stesso modo, i miei commenti sulle origini apocalittiche della cristologia affrontano anche questo problema teologicamente. Chiaramente il cristianesimo ha sempre contenuto al suo interno una contraddizione tra l'idea che Gesù fosse una persona reale (che risale al vangelo), e l'idea che il mondo materiale, e la carne, sono irrimediabilmente corrotti e devono essere distrutti.
È ovvio per me che ciò che ha reso presto la teologia "Gesù" speciale e potente era l'idea che l'ebraico "Regno di Dio", a differenza di quanto altri ebrei hanno sostenuto, non può essere creato dal Messia sulla terra, ma piuttosto doveva essere creato in cielo. Questo è il concetto chiave nell'origine di questa teologia, l'idea che il mondo materiale era irrimediabilmente corrotto e doveva essere distrutto e che il Messia avrebbe realizzato un nuovo immateriale Regno di Dio in cielo. Questa è l'origine della religione. Questo è il punto di partenza.

Con questa idea come punto di partenza, naturalmente, il Messia, che queste persone sarebbero state ad adorare non sarebbe un Messia terreno che era stato fatto carne, doveva essere stato un Messia celeste che era incorrotto dal mondo materiale. Questo è il motivo per cui tutto questo ha un senso e in realtà rende la teologia cristiana "coerente".

La teologia cristiana come l'abbiamo oggi è in totale contraddizione perché contiene al suo interno ancora questo concetto originale della corruzione del mondo materiale schiacciato assieme all'idea posteriore che Gesù era una persona reale, la qual cosa tutto avvenne a causa di una storia di fantasia. Così ora abbiamo questa teologia cristiana incoerente che ha concetti totalmente illogici come la Trinità e contraddittorie argomentazioni prodotte dal quarto al sesto secolo che cercano di conciliare sia l'idea che il Messia si è fatto carne e sia l'idea che il mondo materiale e la carne sono irrimediabilmente corrotti e devono essere distrutti.

No, tutto è cominciato con una sola idea coerente, cioè che il mondo materiale era irrimediabilmente corrotto e doveva essere distrutto e che questo sarebbe stato causato da un Messia celeste che era incorrotto dal mondo materiale, perché non era mai divenuto carne.

E questo è il motivo per cui, nel 2° e 3° secolo, come l'idea che Gesù si era "fatto carne" ha cominciato a prendere piede, c'era così tanta polemica sull'idea e c'erano persone che erano chiaramente contro di essa. Non ha senso infatti che l'idea che Gesù non era mai stato carne sorgesse DOPO che fosse ovvio che lui era una persona reale. Questo concetto esisteva prima, e poi entrò in conflitto con l'idea che Gesù fosse carne che si originò dalla convinzione che i vangeli fossero "vera storia", che descrive la vita di una persona reale.

Voglio dire, questa è l'unica cosa che ha veramente senso.


Bravo! Ottimo punto. Perfino se Lena Einhorn avesse ragione nell'identificazione del vero Gesù storico coll'Egiziano, non avremmo alcun modo di saperlo, ma se anche fosse, non avremmo niente di che concluderne, se non sancire definitivamente la totale discontinuità tra ogni ipotetico Gesù storico e la storia di fantasia nota come vangelo. Una discontinuità così forte e così radicale da rammentare giustamente le altrettanto sagge parole di Tom Dykstra:


Quanto alla questione se Gesù   esistette, la miglior risposta è che  ogni tentativo di trovare un Gesù  storico è una perdita di tempo.   Non può essere fatto, non spiega   nulla, e non prova nulla.


Perfino da quella premessa, l'implicazione più logica rimane la stessa: un “Gesù storico” non è mai esistito nel passato reale.

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