domenica 17 gennaio 2016

Del Gesù mai sceso sulla Terra che si rivelò telepaticamente a Paolo e ai primi apostoli del Cristo

APPARIZIONI: Meravigliose visioni, dono di coloro cui Dio fa la grazia speciale di avere il cervello tocco, crisi isteriche, cattiva digestione e sfrontatezza nel mentire.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
...Dio si compiacque di rivelare in me suo Figlio... (Gal 1:16)


È fondamentale, per saper apprezzare il potere esplicativo del miticismo, guardare al Nuovo Testamento nell'ordine cronologico dalle autentiche epistole paoline, attraverso i vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni (l'ordine riconosciuto dal consensus degli studiosi, perfino se io, seguendo il prof Klinghardt, tendo a preferire questa sequenza: Mcn, Matteo, Marco, Giovanni, Luca). Se provi a leggere il Nuovo Testamento in quel modo, senza alcuna nozione a priori del cristianesimo —quindi proprio come se stessi scoprendo il cristianesimo per la prima volta! —, allora sarai in grado di riconoscere da subito che il racconto di Gesù va dall'essere fin troppo vago, e qui intendo davvero troppo vago!, all'accumulo via via di sempre maggiori dettagli dell'esistenza terrena di Gesù man mano che leggi i vangeli nel loro ordine cronologico, esattamente come si svilupperebbe una leggenda.  Il silenzio delle lettere di Paolo su ogni utile dettaglio dell'esistenza di Gesù, della sua predicazione, dei suoi detti, è piuttosto impressionante. E parecchi studiosi e non-studiosi hanno notato a loro volta questo aspetto. Ecco un'efficace metafora menzionata da Richard Carrier nel suo libro:
Immagina per un momento che uno dei tuoi migliori amici ti scriva una lettera di venti pagine appassionatamente volendo condividere la sua emozione circa un nuovo maestro. Questa lettera ha un solo argomento, il nuovo maestro del tuo amico. [Ma] alla fine della sua lettera, tu ancora non sai una cosa sul suo maestro. Tuttavia, Paolo presenta la figura centrale della sua teologia in questo modo . . . . [Sembra] impossibile immaginare come Paolo possa evitare di raccontare una storia o una parabola — oppure mancare di notare un solo tratto fisico o una sola qualità personale — di Gesù.
(OHJ, pag. 514, mia libera traduzione)

Il rinomato studioso del Nuovo Testamento Gerd Lüdemann dice di Paolo:
Non una volta Paolo si riferisce a Gesù come a un maestro, alle sue parole come a una dottrina, o a [qualsiasi] cristiani come discepoli. A questo proposito è estremamente significativo che quando Paolo cita “detti di Gesù”, essi non sono mai così designati; piuttosto, senza una singola eccezione, lui attribuisce tali detti a “il Signore”. . . . Paolo pensò che una persona di nome Gesù fosse vissuta e che ora egli sieda alla destra di Dio in cielo. Tuttava egli mostra solo una conoscenza di passaggio con tradizioni relative alla sua vita e da nessuna parte un'esperienza indipendente di loro. In breve, Paolo non può essere considerato un affidabile testimone nè degli insegnamenti, nè della vita, e neppure dell'esistenza storica di Gesù.
(Gerd Lüdemann, 'Paul as a Witness to the Historical Jesus', Sources of the Jesus Tradition: Separating History from Myth, Amherst, NY:Prometheus Books, 2010, pag. 196-212, mia libera traduzione)

Una situazione così enigmatica non fa nessun senso per nulla, a meno che Gesù fu davvero per Paolo una deità celeste che mai esistette sulla Terra.

L'apostolo chiamato Paolo non immaginò nemmeno per un momento che Gesù fosse un essere umano esistito nel recente passato in quel di Giudea. Paolo non conosceva nessun Gesù storico.
 Gli apologeti cristiani e criptocristiani non ci tengono, e per ovvie ragioni, a problematizzare quel pugno di passi nelle epistole che secondo loro “confermerebbero” per via indiretta la presenza, seppure celata, di un Gesù storico nelle epistole. Così facendo, non hanno alcun riguardo per quello che rivela veramente il testo originale greco. Per loro, il dogma è più importante. Loro preferiscono credere - devono credere! - che i miticisti hanno una sola chance: supporre “interpolazioni da tutte le parti” pur di evitare di tener conto dei passi di Paolo che, a loro dire, dimostrerebbero in modo convincente che un Gesù storico era implicitamente in vista nelle epistole. Questo approccio è completamente sbagliato. Non si tratta di vedere necessariamente interpolazioni posteriori aggiunte alle lettere (nonostante, ripeto, costituisca una seria possibilità), ma i passi di Paolo devono essere interpretati alla luce della fantasia cosmologica che era prevalente in quel momento. Non devono essere interpretati alla luce tendenziosa e artefatta dell'astratto “dogma” cattolico.

Per i miticisti il cristianesimo era in origine una religione misterica messianica ebraica. In questo culto originario non era Dioniso, Mitra, Attis, Asclepio, Perseo, o qualsiasi altro dio pagano morente e risorgente a presentarsi come la figura centrale oggetto di venerazione. Il salvatore che nell'emergente culto cristiano, al pari di altre religioni misteriche di altri popoli e culture, era destinato a fondersi con gli elementi ellenistici, costituiva il Messia.

Come Carrier così ben riassume (OHJ, pag. 92), il nuovo culto, di cui siamo venuti a conoscenza attraverso Paolo, era incentrato attorno ad un Messia spirituale, che avrebbe vinto le sue vittorie non sul campo di battaglia, ma attraverso la salvezza nell'aldilà. Cioè in cielo. Secondo Paolo, Gesù era il Messia/Cristo che sarebbe apparso negli ultimi tempi, nonostante a quel fine l'essersi lasciato crocifiggere dalle potenze celesti che Paolo chiama Arconti (1 Corinzi 2:8). Questo Cristo Gesù doveva morire per espiare il peccato umano. Poi apparve ad alcune persone e li convinse che era il Cristo (1 Corinzi 15:3-8 e Galati 1:11-12), che era resuscitato dai morti per preparare il regno di Dio e alla fine scendere dal cielo per compiere la sua missione ultima: sconfiggere i nemici di Dio, resuscitare i morti e stabilire un paradiso eterno (Romani 8:1, Corinzi 10:11 e 15:23-26; 1 Tessalonicesi 4:14-17). Già a quel tempo Gesù era considerato un essere che esiste dal principio dei tempi (1 Corinzi 8:6; 10:1-4; Fil 2:6-8; Romani 8:3), ma non era considerato Dio in senso stretto, ma solo la sua emanazione, il Figlio di Dio.


Paolo apparentemente non sapeva nulla del Gesù storico. Lui non riporta praticamente nulla sulla vita e la dottrina di Gesù. Paolo non ci dà alcuna informazione su dove e quando sia nato Gesù e chi erano i suoi genitori. La vita terrena di Gesù non è affatto trattata in Paolo.  Paolo sembra all'oscuro di quasi tutto ciò che i vangeli raccontano più tardi. Paolo quasi nega che Gesù compì miracoli: “i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso” (1 Cor 1,22). E se Paolo sapeva che Gesù resuscitò persone dalla morte, perché non lo dice quando in 1 Corinzi 15 cerca di convincere i suoi lettori che si può veramente risuscitare dai morti?
La crocifissione e la resurrezione di Gesù, però, sono le sole cose di Gesù a cui Paolo è interessato. Stranamente, lui non offre alcun contesto storico della crocifissione. È vero che ha detto in 1 Tessalonicesi 2:15-16 che "Gli ebrei hanno ucciso il Signore Gesù", ma questo è davvero l'unico passo in Paolo che i miticisti denunciano come evidente interpolazione proto-cattolica. Questo è inoltre supportato anche da un folto gruppo di studiosi (storicisti, cioè credenti in un Gesù storico). Il motivo per cui si ritiene un'interpolazione questo passo è che descrive gli ebrei quali “nemici di tutti gli uomini” il che non corrisponde per nulla al normale approccio di Paolo nei confronti degli ebrei, mentre la frase
Ma ormai l'ira è arrivata al colmo sul loro capo sembra alludere alla distruzione del tempio nel 70 E.C.
Paolo osa anche chiamare le autorità romane dei “servi di Dio” (Romani 13:6). Pilato era uno dei capi che crocifisse Gesù del cui ricordo apparentemente Paolo non fu a conoscenza, per dire quelle parole.
Paolo non parla mai di discepoli, ma solo di apostoli (che in Paolo, così come in altri  autori “cristiani” anteriori ai vangeli, significa all'incirca missionari), a cui fu incaricato di predicare il vangelo direttamente da Dio, non da Gesù (Gal 2:8). Paolo non rivela una sola parola udita a proposito di Giuda Iscariota. Tuttavia, egli cita Cefa (Pietro
pètros greco, Cefa aramaico, significano entrambi roccia), Giacomo (che egli chiama “il fratello del Signore”), e Giovanni. Ma questi tre sembrano proprio come Paolo non aver conosciuto alcun Gesù storico. Al contrario, per esempio, 1 Corinzi 9:1 e 15:7 suggeriscono che tutti quanti “vedevano” Gesù mediante qualche sorta di rivelazione o visione. Paolo non accenna al fatto che Pietro era stato il compagno di Gesù. Nonostante il fatto che in molte delle sue lettere lui lamenta di essere stato accusato di non essere un vero apostolo. Nulla indica che Paolo sapeva che Gesù era recentemente vissuto sulla terra. Paolo è una delle prime fonti che abbiamo, risalente agli anni 50 del I secolo E.C.
Quindi Paolo poteva scrivere di Gesù solo che ebbe una visione di lui: lui evidentemente non sapeva che Gesù sarebbe stato considerato un personaggio storico, qualche tempo dopo la sua morte. 

Nelle opere di Paolo esistono due allusioni alla nascita di Gesù, una al padre e l'altra alla madre.

In Romani 1:3-4, Paolo scrive del "
Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore." Gli apologeti insistono che è del tutto evidente da questo passo che Gesù era di origine umana, e che Paolo non era a conoscenza di alcuna nascita verginale.
Ma Paolo conosceva veramente un Gesù umano? Letteralmente, in realtà, Gesù secondo la carne (in greco: κατὰ σάρκα) era nato dallo sperma/seme di Davide (in greco: τοῦ γενομένου ἐκ σπέρματος Δαυὶδ). Qui ci sono solo affermazioni generiche senza alcuna informazione su come, dove e da chi. Che il Messia sarebbe derivato da Davide era a quel tempo la comune concezione ebraica.  Chi erano i suoi genitori? Nonostante i mille usi della parola
γενόμενος (da: γίνομαι) nel significato di diventato o accaduto, Paolo non usa mai questa parola per indicare che una persona è nata. Quando si riferisce invece effettivamente alla nascita di un essere umano, egli usa  γεννάω (Romani 9:11, Galati 4:23, 29). Usa invece γίνομαι quando scrive che Adamo fu fatto da Dio (1 Corinzi 15:45). Paolo la usa anche quando vuole indicare di aver ricevuto informazioni da Dio per mezzo dei profeti, ad esempio quando appare nei Salmi: ''il Signore mi ha detto: ''Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra" (Salmo 2:7-8).

L'altra allusione è alla madre di Gesù. In Galati 4:4 dice:
Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge.
Non si tratta di una persona biologica. Se provi a leggere l'intero paragrafo, Galati 3:29-5:1, è abbastanza evidente che Paolo non sta parlando della Maria che avrebbe dato alla luce Gesù come persona reale fisica. Racconta di un parto allegorico e la donna che crede ha generato (in greco:
γενόμενον, da γίνομαι) Gesù è Agar, schiava di Abramo.

Vi è naturalmente niente di speciale nell'essere nato da una donna. Anche figure mitologiche come Ercole erano considerate nate da donna. Se Paolo credeva Gesù di origine terrena, sarebbe molto più logico se avesse scritto che Gesù è nato da Maria. Ma Paolo sembra di nuovo fare riferimento alle scritture, perché dice che Gesù è stato fatto da una donna sotto la legge. Forse egli alludeva al famoso versetto di Isaia: "
Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Isaia 7:14).

Naturalmente, è del tutto possibile che Paolo intende semplicemente quello che dice: Gesù è nato da una donna. Tuttavia, la frase può essere almeno altrettanto credibile se interpretata nel senso che Gesù era un essere celeste e niente altro.

La spiegazione più probabile è che l'intero paragrafo avrebbe dovuto essere interpretato simbolicamente. Nella sua lettera ai Galati, Paolo discute principalmente il conflitto tra l'osservanza della legge ebraica, e la fede nella predicazione cristiana. Paolo descrive questo conflitto con tanto di immagini e metafore. Dice che siamo “schiavi dei poteri cosmici” (4:3). Essi alludono nello specifico agli Arconti, che nella mitologia gnostica erano i veri dominatori del mondo. Un pò più tardi, nello stesso capitolo, Paolo spiega che la donna a cui si riferisce è una donna allegorica. Paragona i non illuminati, che vivono una vita materiale, con i nati di Abramo e della schiava Agar. Lei rappresenta il Monte Sinai dove per prima gli uomini finirono schiavizzati dalla legge. I cristiani illuminati Paolo li paragona ai figli di Sara, la moglie di Abramo. Lei rappresenta la Gerusalemme celeste:
     Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar - il Sinai è un monte dell'Arabia -; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre. (Galati 4:24-26)

Paolo sta dicendo che il figlio di Dio è “fatto da una donna, e fatto sotto la legge”. Dal momento che la legge e la donna sono uniti nello stesso senso, Paolo sembra voler dire che Gesù è nato sotto la legge di una donna. Logicamente, la donna è Agar e non Maria. Gesù era disceso nelle sfere celesti, che sono governati dagli Arconti, e nacque simbolicamente da Agar (che abbandonò al pari della vecchia legge ebraica), per essere in grado di liberare coloro che sono schiavi dai “poteri cosmici”, così da far ottenere a tutti noi una nuova madre, il regno celeste di Dio.

Paolo dice quindi che Gesù era divenuto (
γενόμενος) dallo sperma/seme di Davide ed era divenuto (γενόμενον) da una donna: non è altro che quello che ci si può aspettare se lui vedeva in Gesù un Messia liberatore disceso dal cielo secondo una concezione ebraico-ellenistica. Se avesse voluto dire che si trattava di un parto fisico, egli avrebbe dovuto usare parole che suggerivano quel significato e magari avrebbe fatto il nome di Maria.

L'argomento più comunemente utilizzato dagli apologeti per spiegare perché Paolo ha scritto così poco di ciò che fece Gesù e non menzionò alcun miracolo o insegnamento di Gesù è che a loro dire il suo scopo non fu quello di affrontare questo tema nelle lettere alle chiese, ma piuttosto di discutere dei problemi specifici di quelle chiese. Un argomento del genere sarebbe corretto se il silenzio di Paolo su Gesù fosse stato solo parzialmente totale. Ma così non è.

Si legga 1 Corinzi 9:4-5:
Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?
Paolo conosce i “fratelli del Signore”. Ma lui non intendeva fratelli biologici di Gesù, ma solo i generici fratelli nel Signore: vale a dire “fratelli” è usato a indicare fratellanza religiosa. Il senso vero sarebbe: se perfino i fratelli qualsiasi nel Signore, e non solo gli apostoli come lui e come Cefa, potevano usufruire di quell'insieme di diritti a cui agogna Paolo, perchè allora non poteva lui anche?

Poi c'è quel famoso passo, citato spesso come evidenza di un Gesù storico dai folli apologeti cristiani e criptocristiani:
In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. (Galati 1:18-19)
L'errore madornale degli apologeti, che dimostra tutta la loro inconsistenza intellettuale, è di prendere quel passo come risolutivo della questione dal momento che danno ad esso un'interpretazione storicista grettamente unilaterale, quasi che fossero escluse tout court le alternative. Il loro “argomento” è il seguente:

1) Galati 1:19 menziona “il fratello del Signore”;
2) L'unica sensata interpretazione di “il fratello del Signore” è: “il fratello di Gesù”;
3) perciò: Gesù è esistito.

Bart Errorman è stato così idiota da attribuire ai miticisti l'idea che Paolo non avesse visto occhi negli occhi Pietro, Giacomo e Giovanni. Il povero illuso credeva che allora bastasse sventolare Galati 1:19 come evidenza che Paolo vide veramente quelle persone per “provare” così al tempo stesso che Paolo seppe da loro del Gesù storico, loro che ne erano stati i fedeli discepoli in vita. Questa di Errorman è la fallacia dell'uomo di paglia:
Una delle fallacie logiche più note, spesso usate in mala fede nella dialettica, è il cosiddetto argomento dell'uomo di paglia (straw-man): attribuire a qualcuno un'affermazione che non ha fatto, per poi confutarla e deviare il discorso da un'affermazione che quel qualcuno ha fatto veramente, e sulla quale magari si ha la "coda di paglia".
 In realtà i miticisti non hanno mai sostenuto un'idea del genere. Gli occhi di Paolo incrociarono davvero gli occhi di Pietro, di Giacomo e di Giovanni.
Fino ad oggi, non ho incontrato un solo apologeta cristiano, uno solo!, capace di obiettare al vero argomento dei miticisti riguardo al fatidico “Giacomo, il fratello del Signore”. Questo loro silenzio, ad un anno dalla pubblicazione di OHJ, per me costituisce la prova provata di come gli apologeti cristiani e criptocristiani siano in perfetta malafede e/o ignoranza.

Sì: Paolo incontrò veramente occhi negli occhi Giacomo, Giovanni, Pietro. Ma con questo Paolo non prova che Gesù sia esistito o che Paolo attraverso di loro avesse imparato cose su Gesù. Il fatto che gli apologeti cristiani scambino per evidenza di un Gesù storico ciò che evidenza definitivamente non è, costituisce ai miei occhi un caso di genuina follia. Gli apologeti come Mauro Pesce diventano folli apologeti: dementi apologeti cristiani. Gente irrazionale colla quale non si può più trattare né dialogare, perchè ha rinnegato da tempo la voce della ragione che dice loro: “Abbi il coraggio di sapere!”.

Galati 1:19 in realtà non dimostra che Gesù esistette. Pensare che Galati 1:19 sia evidenza di un Gesù storico è un argomento circolare. Paolo incontrò i Pilastri. Se davvero i Pilastri furono le persone che i vangeli affermano che fossero, allora Paolo non può essere stato all'oscuro della vita di Gesù. Deve averli sentito parlare di ciò che Gesù ha fatto e detto. Ma le sue lettere dimostrano che lui proprio non conosce nulla di tutto questo. Ne consegue che a loro volta i Pilastri non potevano sapere nulla di Gesù e di conseguenza una leggenda in seguito è sorta dopo la morte di Paolo secondo la quale i Pilastri avrebbero conosciuto Gesù come un vero uomo.

Così, Paolo trascorse del tempo con i capi della chiesa di Gerusalemme, Giacomo, Cefa e Giovanni. Ma i miticisti sostengono che essi, proprio come Paolo, non sapevano di alcuna incarnazione fisica di Gesù, ma che, proprio come Paolo, incontrarono Gesù solo attraverso una rivelazione.

Per quanto riguarda Giacomo “il fratello del Signore”, innanzitutto occorre precisare che i dati in nostro possesso su Giacomo “il fratello del Signore” sono parecchio confusi. Ci sono diversi Giacomi nelle scritture cristiane, e che in parte si sovrappongono. Il Giacomo di cui scrive Paolo e che egli chiama il fratello del Signore era il leader della chiesa di Gerusalemme. In Atti ci sono due Giacomi, ma nessuno dei due è detto il fratello di Gesù. Uno di questi Giacomi è senza dubbio lo stesso che Paolo menziona in Galati 2:9. Ma sia in Atti (dove si dice che è stato decapitato da Agrippa in Atti 12:1-2), che nei vangeli non viene menzionato come un fratello biologico di Gesù, ma come discepolo di lui e fratello di Giovanni.

L'autore dell'epistola di Giacomo (chiunque fosse) non chiarisce in alcun modo di essere  Giacomo il fratello di Gesù. L'autore della lettera di Giuda (chiunque fosse) dice che lui, Giuda, era il fratello di Giacomo, non si presenta come fratello di Gesù.

In 1 Corinzi 9:4-5, Paolo risponde, ovviamente, alle critiche (pare che questa lettera sia una combinazione di almeno due lettere, la seconda delle quali comincia proprio al capitolo 9) contro di lui e il suo "entourage" sottolineando che “gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa” certamente hanno avuto modo di portare le loro mogli e dato loro da mangiare e da bere, quindi perché non dovrebbero Paolo e Barnaba fare lo stesso? Paolo dice che Barnaba e lui sono trattati ingiustamente. La giusta domanda da fare allora è: i “fratelli del Signore” è riferito ai fratelli biologici di Gesù oppure solo ai cristiani in generale, che erano tutti fratelli? L'interpretazione più ovvia è che si riferisce ai cristiani in generale, gli apostoli essendo solo quei particolari cristiani a cui Gesù Cristo si è rivelato in sogni, visioni e apparizioni (e perciò meritando per definizione maggiori privilegi dalla comunità). 

Ciò è confermato dal fatto che Paolo rende chiaro che non appena uno è un cristiano diventa allo stesso tempo un fratello del Signore. 
Da tanto prima quanto possiamo accertarci, i cristiani credevano di divenire “fratelli” del Signore Gesù Cristo attraverso il battesimo (Romani 6:3-10), che simboleggia la morte in questo mondo e la rinascita come 'i figli adottivi di Dio', in questo modo i battezzati diventavano i fratelli del Signore. (Romani 8:15-29; 9:26; Gal 3:26-29; 4:4-7) Gesù era quindi solo “il primogenito tra molti fratelli” (Romani 8:29). 
(Richard Carrier, OHJ, pag. 108) 

Essere battezzato cristiano significa per definizione diventare il fratello del Signore.

Poiché tutti i battezzati divenivano fratelli del Signore Gesù, qual era allora il modo migliore per indicare i fratelli biologici di Gesù, ne avesse avuti qualcuno?  Paolo non avrebbe dovuto allora specificare meglio in quel caso che si trattava di fratelli biologici e non di meri battezzati? Inoltre, eventuali fratelli biologici di Gesù avrebbero dovuto essere chiamati fratelli “di Gesù”, non fratelli “del Signore”, ancor più dal momento che “fratelli del Signore” indica solo i battezzati cristiani (per quanto detto). Solo dal momento che Gesù è asceso al cielo, eventuali suoi fratelli biologici potrebbero venire chiamati “fratelli del Signore”. Ma se così fosse il caso, allora “fratello del Signore” cesserebbe all'istante di indicare fratelli nella fede privi del titolo di apostoli.  In 1 Corinzi 9:4-5 Paolo conta il resto dei membri del culto e nel processo elenca gli apostoli, i fratelli del Signore e Cefa. Se con “fratelli del Signore” Paolo si fosse riferito ai fratelli biologici di Gesù, come avrebbe fatto allora Paolo ad indicare gli altri cristiani battezzati che non erano apostoli (cioè non avevano incontrato Cristo in una rivelazione), ma probabilmente facevano parte anche loro delle società missionarie itineranti? La spiegazione più semplice è che Paolo con “i fratelli del Signore” si riferisce a tutti i cristiani battezzati ma non-apostoli.

Quando Paolo in Galati 1:18-20 ci dice che si recò a Gerusalemme e non ha incontrato nessun altro apostolo oltre Cefa ma solo il fratello del Signore Giacomo, questo punto dovrebbe essere considerato alla luce delle stesse informazioni.
Possiamo essere quasi certi che “il fratello del Signore” non è lì per indicare la parentela biologica. Come sottolinea Carrier, andrebbe completamente contro l'argomento di Paolo (contro l'imperioso incipit della stessa stessa lettera ai Galati!) affermare nella stessa lettera che lui non ha mai imparato a conoscere Gesù attraverso fonti umane ma ha incontrato la famiglia del Signore. Se c'era una contraddizione in quelle parole, allora Paolo non poteva eluderla tanto facilmente, di certo non di fronte ai Galati (sospettosi proprio del fatto che Paolo fosse un vero apostolo, ovvero uno capace di comunicare telepaticamente con Gesù senza bisogno di altri intermediari). Se non l'ha fatto allora vuol dire che quella contraddizione semplicemente non c'era e perciò Paolo sicuramente non si riferì a un fratello biologico di Gesù.
“Fratello del Signore” è perfettamente plausibile come semplice titolo che significa compagno di fede, non da ultimo perché è ancora in uso nel cristianesimo e nel linguaggio comune. Prova a leggere qualche scritto da un monaco francescano moderno, ed un eventuale riferimento a un "fratello Giacomo", e di certo non potrai concludere "Ah, questo deve essere il fratello dell'autore". Paolo ha incontrato solo un altro fratello nel Signore, questo Giacomo. Perché dovremmo credere che in un caso con “i fratelli del Signore” egli si riferisce ai cristiani in generale, e un attimo dopo Paolo intende un fratello biologico di Gesù con lo stesso termine?

Fino a quando gli apologeti non risponderanno a questo interrogativo, io ho il diritto di definirli “folli apologeti cristiani”. E per inciso, mi riferisco a gente come Mauro Pesce, Corrado Augias, Bart Errorman. Non (o non solo) ai dementi integralisti cattolici alla Messori, alla Blondet o alla Pischedda.

Paolo sa che Gesù fu sepolto (1 Corinzi 15:4), e aveva dodici discepoli (1 Corinzi 15:5).

Tanto per cominciare, il sepolcro di Gesù menzionato da Paolo tradisce solo la sua volontà, o la volontà di qualche apostolo di Gesù prima di lui, di applicare a Gesù il comune tropos letterario ellenistico della traslazione del corpo, un tropos che prevedeva come consuetudine puramente letteraria un sepolcro per ogni eroe, dio o semidio risorto e/o tradotto al cielo. Così Richard C. Miller. E così già Adela Yarbro Collins:
Il pattern narrativo secondo cui Gesù morì, fu sepolto, e poi tradotto al cielo era un modo naturale per un autore vissuto nel primo secolo di narrare la resurrezione di Gesù.
(Adela Yarbro Collins, Empty Tomb, pag. 130, mia libera traduzione)
Dire “sepolcro” era un modo, uno dei tanti, per dire: resurrezione.


Il problema da risolvere allora è se questa morte, sepoltura e risurrezione si sono verificate sulla Terra o nella copia della Terra come era immaginata esistere nei cieli che avvolgevano la Terra?  




Paolo, per sua stessa ammissione, ha ricevuto le informazioni dalle scritture: "Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto, è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture." (1 Corinzi 15:3-4). Dice anche che lui stesso ha ricevuto (1 Cor 15:3), e quindi utilizza il linguaggio che usa normalmente per indicare che ha ricevuto l'informazione attraverso rivelazioni. Paolo ci assicura anche che non ha altra fonte per le sue informazioni su Gesù a parte visioni e rivelazioni:
"Vi assicuro, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato, non è un'invenzione umana. Non ho ricevuto da qualsiasi uomo, nessuno mi ha insegnato che, ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo" (Galati 1:11-12)
Non vi è alcuna traccia che qualcuno avesse incontrato Gesù prima della sua morte. Solo dopo la morte l'angelo Gesù entra in contatto con la gente e perfino allora solo attraverso le rivelazioni.

Le sole fonti di Paolo sono scritture e visioni. Nient'altro!

Gli apologeti insistono che è raro che Paolo ricorda gli insegnamenti di Gesù, ma a volte lo fa in alcune lettere quando ha bisogno di appellarsi a loro. Paolo sarebbe a conoscenza che Gesù proibì il divorzio dal momento che così scrive in 1 Corinzi 7:10-11:

Ora, agli sposati do questo ordine, che non viene da me, ma dal Signore stesso, che ha detto: «la moglie non deve lasciare il marito». Se, invece, vive separata da lui, non deve avere relazioni con altri uomini, oppure rifaccia pace col marito! Il marito, dal canto suo, non deve divorziare da sua moglie.
Questa informazione però proviene da quelli che hanno conosciuto Gesù,  ma poichè Paolo stesso dice di non aver ricevuto nulla dal Signore se non attraverso la rivelazione, è ragionevole pensare che lui ha attinto a quelle informazioni nello stesso modo. Inoltre in Israele al tempo di Gesù non era permesso alle donne divorziare dai loro uomini. Il divorzio era una realtà non-ebraica. Per giunta, le parole di Gesù non si troveranno in questa forma neppure nei vangeli (si veda Matteo 5:32).

Gli apologeti dicono che in questo punto Paolo era debitore ad una tradizione risalente al Gesù storico:

Come mai? Non potreste mangiare e bere a casa vostra? Perché disprezzate così la Chiesa di Dio e offendete quelli che sono poveri e non possono portarsi da mangiare? Che devo dire di queste cose? Dovrei forse farvi i miei complimenti? No di certo!
Questo è ciò che il Signore stesso ha detto della sua Cena, ed io così vi ho insegnato: la notte in cui fu tradito, il Signore Gesù prese del pane, e dopo aver ringraziato Dio, lo spezzò e disse: « Questo è il mio corpo, che è dato per voi. Fate questo in memoria di me ».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice di vino e disse: « Questo calice è il nuovo patto fra Dio e voi, un’alleanza fatta col mio sangue. Ogni volta che ne berrete, fatelo in memoria di me.
(1 Corinzi 11: 22-25)

Ma Paolo dice che egli stesso [
ἐγὼ] “ha ricevuto dal Signore” [παρέλαβον ἀπὸ τοῦ Κυρίου]. Dal momento che chiaramente lui non ha incontrato Gesù significa che ha ricevuto visioni e rivelazioni dal Signore. Egli non ha sentito questa informazione da alcun discepolo. Egli non menziona neppure che alcuni discepoli sarebbero stati raccolti in una determinata occasione. Neanche il discepolo più atteso in questa scena, Giuda Iscariota, è menzionato. Egli non intende probabilmente neppure che Gesù fu “tradito”, come gli apologeti fanno recitare al testo di Paolo “sotto le lenti colorate di vangelo” (per usare una felice espressione di Earl Doherty). παρεδίδετο significa “fu consegnato” anche se questo di per sé potrebbe significare anche “fu tradito”. Ma quando Paolo usa questa parola in altre parti del testo si riferisce alla sua consegna: la consegna di Gesù perchè venga sacrificato. Ragionevolmente egli intende lo stesso qui. Sembra quindi essere un evento che si svolge in una dimensione celeste e che Paolo apprese attraverso una visione durante la quale Gesù in persona apparve a lui. Infatti le sette epistole paoline autentiche riportano che le scritture e le rivelazioni dirette da Gesù costituiscono l'unica fonte di informazioni su Gesù, per Paolo.

Sostenere che Paolo scrive in grande coerenza coi vangeli è una grande esagerazione. Ma i vangeli attinsero certamente una parte delle tradizioni sotto la mediazione, tra gli altri, di Paolo.

L'evidenza ci porta perciò nella direzione opposta a quella voluta dai folli apologeti cristiani. Paolo non poteva ignorare la vita e l'insegnamento di Gesù se i vangeli preservano un nucleo di verità storica.   Tuttavia, è un fatto che Paolo ignorò la vita e l'insegnamento di Gesù. Così, i vangeli non possono essere veri. Così, neppure Pietro seppe qualcosa su Gesù (senza necessità, per spiegare quella sua ignoranza di Gesù, di essere un pescatore analfabeta come lo ritraggono i vangeli). Così, neppure Giacomo poteva essere stato un fratello biologico di Gesù.

 1 Corinzi 2:2 riporta il messaggio principale di Paolo:

...perché avevo deciso che avrei parlato soltanto di Gesù Cristo e della sua morte sulla croce.
Il Cristo crocifisso certamente interessò moltissimo Paolo. La stragrande maggioranza dei cristiani oggi crede che Paolo stia parlando di Gesù come ne parlano i vangeli: crocifisso sul Golgotha. Mentre io pure credo che il Cristo di Paolo fu crocifisso. Ma nel cielo. Quando Paolo scrive che “le potenze cosmiche [poi spesso interpretati come Pilato e Caifa o i loro demoniaci ispiratori] ... crocifissero il Signore della gloria” (1 Corinzi 2:8), questa è più una interpretazione che una traduzione letterale del greco. Queste “potenze cosmiche” sono letteralmente “gli arconti di questo eone”, ed era un nome comune per indicare gli spiriti, i demoni, la cui presenza infestava i cieli inferiori sopra la terra. Gli arconti non sono veri sovrani, ma era un termine gnostico per indicare gli esseri spirituali non divini che costituivano i veri padroni del mondo. Quando la parola greca αἰών (eone) viene utilizzata nella letteratura contemporanea allude spesso ad un tempo storico mondano. La letteratura “eretica” recuperata a Nag Hammadi usò la parola solo in un contesto spirituale, celeste o gnostico. Anche quando occorre in contesti simili il plurale ἄρχοντες (arconti, dominatori), ad esempio in Efesini (2:1-2, 3:8-11, 6:11-12), Colossesi (2:14-15) e la lettera di Ignazio agli Efesini (19), fa riferimento in tutti i casi ai poteri cosmici che soffocano  questo mondo nella loro morsa.

Se è solo di Paolo la “stranezza” del suo enigmatico silenzio su Gesù, possiamo allora perdonarlo? Possiamo volgere lo sguardo fuori di Paolo e vedere magari qualche altro cristiano anteriore ai vangeli, per quanto posteriore a Paolo, capace finalmente una buona volta di menzionare un Gesù storico?

 No. Non solo Paolo, ma praticamente tutti i “cristiani” che scrivono prima della stesura del primo vangelo non mostrano alcuna conoscenza di Gesù come di un personaggio storico. 
Non è dunque una “stranezza” di Paolo, e solo lui. Ma è l'evidenza che ci offre, di nuovo e di nuovo, certezza morale che Gesù non esistette mai sulla Terra.

Nonostante la lunghezza di questo articolo ho solo superficialmente toccato la chiave. Ho brevemente descritto quello che Paolo non mostra di conoscere riguardo a Gesù, ho dato alcuni esempi di cose che avrebbe dovuto dire e di cose che dice che contraddicono direttamente ciò che si legge nei vangeli. Come tutte le teorie, ci sono indizi pro e contro. Ho evidenziato la maggior parte dei passi che di solito sono invocati per sostenere che Paolo sapeva di Gesù come di una persona storica e ho scoperto che la maggior parte di essi non costituiscono evidenza di alcun evento storico, che in altri casi esistono spiegazioni alternative dei medesimi passi dove Paolo stesso afferma con forza di aver saputo solo tramite rivelazioni e scritture o dove Paolo stesso parla di eventi che hanno avuto luogo nei cieli, quei cieli che lui stesso sostiene di aver visitato. Quei cieli erano un riflesso di eventi sulla Terra, o meglio gli eventi sulla terra erano un riflesso di ciò che avveniva nei cieli. 

Solo coloro che sono già convinti e/o che non sanno bene gli argomenti miticisti possono essere convinti storicisti - a prescindere dal fatto Gesù sia esistito o meno. 

Personalmente io provo particolare soddisfazione nell'essere in possesso di reale, innegabile verità sulle origini del cristianesimo - e qui alludo alle crescenti leggende attorno ad un arcangelo Gesù spirituale, fortemente influenzato da una specie di gnosticismo dove sogni e pensieri creavano o invadevano la realtà, un arcangelo Gesù celeste nutrito da un miscuglio inesauribile di religioni mistiche e influenze orientali. E non posso che constatare con estremo disincanto la presenza di un'intera industria meglio nota come “cristianesimo” (o quel che oggi vi rimane) che si oppone in tutti i modi alla divulgazione di quest'informazione.

 Io penso veramente che nei prossimi decenni il miticismo ha il potenziale per rovesciare il paradigma storicista proprio come fece già a suo tempo il miticismo con Mosè e Abramo (il nome scientifico del miticismo nell'Antico Testamento è MINIMALISMO), oppure almeno di dividere il consensus in due campi: storicista/miticista.

Nessun commento: