giovedì 14 gennaio 2016

Di quel denaro che supplì alla sorprendente assenza di un Gesù storico

soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.” (Gal 2:10)






DENARO: Origine di misfatti nella società. I preti devono impegnarsi con tutte le loro forze ad alleggerire i fedeli perchè non vengano schiacciati dal peso del denaro e possano percorrere più velocemente il sentiero verso la salvezza. Gesù Cristo non voleva che gli apostoli accettassero denaro; la Chiesa però ha in seguito cambiato profondamente questo aspetto: oggi, niente denaro niente preti. Il tutto per obbedire all'ordine del Levitico (XXVII, 18): “Supputabit sacerdos pecuniam”: il prete conterà il proprio denaro.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Il prof Gerd Lüdemann, geniale come sempre, ha descritto suggestivamente una plausibile ricostruzione di come andarono davvero i fatti tra Paolo e i Pilastri. Galati 1 e 2 sono invero i capitoli più belli di tutto il Nuovo Testamento, perchè come un fulmine a ciel sereno aprono finalmente uno squarcio su qualcosa che, perfino nell'ipotesi che sia tutto quanto solamente inventato (e da chi possiamo perfino intuirlo), ha il sapore tragico e amaro della vita vera. Forse perfino il prof Lüdemann indugia in una sottile armonizzazione nell'articolo di seguito (illuminante in tal senso il fatto che ci tiene a sottolineare che i “falsi fratelli” non erano strictu sensu gli stessi seguaci dei “Pilastri” ma un terzo gruppo) ma posso perdonarlo, dal momento che lui stesso ha almeno l'umiltà di riconoscere che “siccome non abbiamo fonti primarie dell'opinione della comunità di Gerusalemme, tutto questo deve rimanere incerto”: un atto di umiltà del genere, provenendo da un biblista, ovvero da un esperto in un campo dominato da dementi teologi sotto mentite spoglie di storici, non può che essere sorprendente. Mi limito perciò a tradurre l'esegesi di Galati 2 tentata dal professore, preoccupandomi di sottolineare l'incredibile assenza, perfino in una questione così delicata e compromettente come poteva esserlo il futuro di un minuscolo movimento nascente intorno al dilemma della vera identità da assumere (se ebraica o greco-romana), di qualsiasi appello o accenno all'autorità, se qualcuna vi fosse mai stata, di un ipotetico Gesù storico: zero, nil, nicht, nada. 

Ma l'articolo del prof Lüdemann ci dice qualcosa di più: dove non contò un emerito nulla perfino il benchè minimo accenno al ricordo autorevole di un Gesù storico, dove non fu neppure minimamente contemplata la stessa possibilità di dirimere una volta per tutte la questione appellandosi all'esperienza di un Gesù storico, contò ben più prosaicamente il potere del denaro
 
Tutto andò come se *letteralmente* non ci fosse mai stato un Gesù storico sulla Terra.






La Colletta per i Santi come un'Educata Tangente: Uno Sforzo per Umanizzare Paolo
Di Gerd Lüdemann
Professore Emerito di Storia e Letteratura del Cristianesimo Antico
Georg-August-University of Göttingen
Visiting Scholar presso la Vanderbilt University
Homepage: gerdluedemann.de
Gennaio 2016

Dato il modo in cui gruppi cristiani si stavano allontanandosi nel primo periodo, i conflitti erano pre-programmati. Per la comunità di Gerusalemme di lingua aramaica, la Torah era ancora valida. Chi era battezzato nel nome di Gesù
sia ebreo o gentile non era libero di fare a meno della legge. Gesù era venuto per adempiere la legge, non per distruggerla (Gal 5:17).

La conferenza di Gerusalemme, riportata da Paolo in Gal 2 e da Luca in Atti 15, fu un tentativo importante per risolvere questa crisi. Noi ci atterremo al racconto del testimone oculare Paolo.

La discussione riguardò la necessità che i cristiani gentili avrebbero dovuto essere circoncisi al fine di poter diventare membri della comunità cristiana (Gal 2:3). Era diretta contro la pratica di accettare gentili nella comunità senza circoncisione. Questa decisione non era stata fatta poco prima della conferenza, ma qualche tempo prima, in particolare nella comunità di Antiochia in cui quelli che Paolo chiama “falsi fratelli” si erano insinuati per “spiare” la libertà dei cristiani lì presenti.

Subito dopo, Paolo va a Gerusalemme con Barnaba. In un atto provocatorio, prende  con lui anche il cristiano gentile Tito, così da ottenere in linea di principio il consenso dei capi di Gerusalemme e la comunità là presente alla sua condotta personale.

Due diversi gruppi di trattative si possono distinguere nel racconto di Paolo in Galati: un gruppo, nel quadro di un'assemblea della comunità (verso 2a), l'altro con i “pilastri” in un piccolo gruppo (versi 2b, 6-10). Il rapporto cronologico tra le discussioni non è chiaro.

Dopo difficili discussioni ed eccitati argomenti, Paolo è in grado di strappare dai “pilastri”, un riconoscimento che i cristiani gentili non hanno bisogno di essere circoncisi. In ogni caso, il compagno greco di Paolo, Tito, non è stato costretto a farsi circoncidere (verso 3; si veda verso 14; 6:12). Tuttavia l'accordo fu ferocemente disputato; anzi, si deve presumere che, almeno inizialmente i “falsi fratelli” ebbero un notevole sostegno nella comunità di Gerusalemme alla loro richiesta che Tito fosse circonciso. Probabilmente loro continuarono ad avere “i pilastri” almeno in parte al loro fianco.

Tuttavia, Paolo aveva in linea di principio il consenso della comunità di Gerusalemme per la sua missione ai gentili senza circoncisione. La ragione per sigillare l'accordo con una stretta di mano solenne come un segno della loro uguaglianza era evidentemente il successo della missione. Per questo i cristiani di Gerusalemme non potevano chiudere gli occhi. Anche la disponibilità delle comunità cristiane gentili o dei loro rappresentanti, Paolo e Barnaba, a sigillare l'accordo mediante un dono di denaro potrebbe aver recato un notevole contributo.

I cristiani di Gerusalemme probabilmente adottarono un atteggiamento ambivalente nei confronti di Paolo: da un lato la sua azione era ovviamente insufficiente, dal momento che coloro che erano stati convertiti da lui non osservavano la Torah. Invero, fu perfino pericoloso, dal momento che il loro esempio costantemente induceva gli ebrei a trasgredire la Torah. D'altra parte, era meglio di niente, dal momento che Cristo continuava ad essere predicato (si veda Fil 1:18) e centri venivano fondati nei quali l'opera poteva essere continuata – e forse corretta da delegati provenienti da Gerusalemme.

Supponendo che quelle riflessioni siano accurate, il gesto generoso da parte di Paolo è stato forse quello che li conquistò, tanto più dal momento che dal dono essi potevano dedurre determinati requisiti legali. Certamente Paolo è trattenuto nel descrivere questo aspetto della conferenza, quando egli afferma, “
a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.” (Gal 2:6). Ma poi segue un'altra clausola, “soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.” (Gal 2:10). “Perciò la risoluzione più importante della conferenza è stata la meno evidente: il pegno di una collezione per la comunità di Gerusalemme; e ulteriori sforzi di Paolo per questa raccolta furono tra i più importanti della sua attività.” [1]
Gli studiosi si sono rovellati parecchio su questa colletta. Un gruppo lo comprende in analogia alla tassa del tempio, che ogni ebreo doveva pagare ogni anno, mentre un altro gruppo fa notare che per suo tramite si compie la promessa del pellegrinaggio delle nazioni. [2] Infine nel 2002, ispirato dal mio amico Tom Hall, ho coniato la frase che la colletta era "una tangente educata" da parte di Paolo. [3]

Siccome non abbiamo fonti primarie dell'opinione della comunità di Gerusalemme, tutto questo deve rimanere incerto. Eppure, una cosa sembra certa: i partner negoziali da Gerusalemme e Paolo sembrano aver capito la colletta in modi diversi, o per dirla più cautamente, l'accordo permise loro di interpretare la colletta in modi diversi. I capi di Gerusalemme considerarono l'accordo un'esortazione ad un certo grado di osservanza legale. Paolo, d'altra parte, dissimulò oppure addirittura ignorò le eventuali implicazioni legali del supporto.

    Romani 15:25-26

25 Prima, però, devo andare a Gerusalemme a consegnare un dono destinato ai credenti di quella città. 26 Perché, vedete, i cristiani della Macedonia e dell’Acaia, hanno raccolto delle offerte per aiutare i poveri della comunità di Gerusalemme.

In ogni caso, anche durante la Conferenza, forti tensioni rimasero tra Paolo e i leader della comunità di Gerusalemme da cui egli fu in grado di ottenere un accordo. Inoltre, nonostante il concordato con l'Apostolo delle genti, i “falsi fratelli” continuarono a far parte della comunità di Gerusalemme, e devono aver contestato l'accordo quanto più potevano. In ogni caso, la loro aperta ostilità a Paolo deve essere presupposta come un fattore operativo durante e dopo il concilio.

Se queste riflessioni non sono troppo lontane dalla verità storica, possiamo anche supporre che i “falsi fratelli” indirettamente influenzarono i dettagli dei risultati dei negoziati, nonostante la loro sconfitta sulla questione della circoncisione. Questa ipotesi è confermata da un attento esame della formula dell'accordo in Gal. 2:9 che mostra un carattere legale: “Noi ai pagani, essi ... agli ebrei”. Il campo della missione è diviso. D'ora in poi la missione alle genti è il compito di Paolo e Barnaba, e la missione agli ebrei quello di Giacomo, Cefa e Giovanni, con sede a Gerusalemme. La stessa formulazione delle frasi “ai pagani” o “agli ebrei” punta a una definizione esclusiva dei due gruppi. Ciò implica che in entrambi i casi solo i gentili o esclusivamente gli ebrei sono il punto focale della missione. Ma questo significa che l'accordo su un'unione era allo stesso tempo un accordo su una divisione o addirittura una separazione delle due chiese, una legata alla legge e l'altra libera da essa. (Naturalmente questa distinzione era quasi assoluta, infatti i cristiani gentili erano in senso stretto non esenti da tutta la legge, se lo fossero, sarebbero libertini.) La formula unificante di cui sopra certamente assicurò a Paolo il diritto incondizionato di impegnarsi nella missione ai gentili. Ma poteva anche essere utilizzata per invertire una missione per i pagani e gli ebrei. Cioè, il regolamento non escludeva la possibilità che in futuro gli ebrei non osservanti che vivevano in una congregazione cristiana gentile avrebbero potuto essere obbligati a rispettare la legge (intera). Qui troviamo uno sviluppo che non è affatto raro nella storia, vale a dire che una preoccupazione per l'unità a quasi ogni prezzo (e quindi veramente inutile) ravviva le forze opposte che avevano scatenato in primo luogo il conflitto. Questo ovviamente diventò vero nelle comunità paoline, che furono invase da missionari giudeocristiani dopo la Conferenza.


Note

[1] Rudolf Bultmann. “Ethical and Mystical Religion in Primitive Christianity,” Die Christliche Welt 34 (1920: 725–731: 730.

[2] Si veda Isaia 2:2–4; 60:3, 11–22, etc.

[3] Si veda Gerd Lüdemann: Paul: The Founder of Christianity (Amherst: NY, Prometheus Books, 2002), 42; Robert Orlando: Apostle Paul: A Polite Bribe (Cascade Books, 2014).

Nessun commento: