sabato 31 ottobre 2015

“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione (Luca 12:51)

Soltanto dopo mezzanotte — i becchini erano già andati via — il luogo si popolò di tutte le canaglie possibili, ladri, assassini, accoltellatori, prostitute, disertori, giovani desperados. Accesero un fuocherello all'aperto, per cucinare e per disperdere il puzzo.
Quando Grenouille si mosse dalle arcate e si mescolò al gruppo, in un primo tempo non lo notarono affatto. Poté avvicinarsi al fuoco inosservato, come se fosse uno di loro. Questo fatto in seguito confermò la loro idea che probabilmente si fosse trattato di uno spirito o di un angelo o comunque di una creatura soprannaturale. Infatti di solito erano estremamente sensibili alla vicinanza di uno sconosciuto.
Ma quel piccolo uomo con la camicia blu si era semplicemente trovato lì come se fosse spuntato dal terreno, con una boccetta in mano, che aveva stappato. Questa fu la prima cosa che tutti riuscirono a ricordare: che un tale era lì e stappava una boccetta. E poi si era spruzzato tutto con il contenuto di questa boccetta e tutt'a un tratto era apparso circonfuso di bellezza, come di una fiamma raggiante.
Per un attimo indietreggiarono, con rispetto e profondo stupore. Ma nello stesso istante sentirono che il loro indietreggiare equivaleva già a un prender l'avvio, che il loro rispetto si trasformava in desiderio, il loro stupore in entusiasmo. Si sentirono attratti da quel piccolo uomo angelico. Un turbine di passione emanava da lui, un flusso trascinante, al quale nessuno riusciva a opporsi — tanto più che nessuno avrebbe voluto opporvisi — poichè era quello stesso a smuovere la volontà e a sospingerla verso quell'uomo.
Avevano formato un cerchio attorno a lui, venti, trenta persone, e questo cerchio si stringeva sempre più. Presto il cerchio non riuscì più a contenerle tutte, ed esse cominciarono a premere, a spingere e a incalzare, ognuno voleva essere più vicino al centro.
E poi d'un tratto crollò in loro l'ultima inibizione, il cerchio si sfasciò. Si precipitarono su quell'angelo, si avventarono su di lui, lo gettarono a terra. Ognuno voleva toccarlo, oguno voleva una parte di lui, una piccola piuma, un'ala, una scintilla della sua fiamma meravigliosa. Gli strapparono dal corpo i vestiti, i capelli, la pelle, lo fecero a brandelli, affondarono unghie e denti nella sua carne, gli si buttarono addosso come iene.
Ma il corpo di un uomo è tenace, e non si lascia squartare così facilmente, persino per i cavalli costituisce un'enorme fatica. E così, presto lampeggiarono i pugnali, e affondarono nella carne e la squarciarono, e asce e lame robuste si abbatterono sibilando sulle sue giunture, gli schiantarono le ossa. In brevissimo tempo, l'angelo fu smembrato in trenta parti, e ogni membro della masnada ne afferrò avidamente un pezzo, si tirò indietro in preda a una brama voluttuosa, e lo divorò. Dopo mezz'ora anche la più piccola fibra di Jean-Baptiste Grenouille era sparita dalla terra.
Quando i cannibali alla fine del pasto si ritrovarono insieme accanto al fuoco, nessuno disse una parola. Di tanto in tanto qualcuno ruttava leggermente, sputava un ossicino, faceva schioccare pian piano la lingua, spingeva col piede un residuo della giacca blu tra le fiamme: tutti provavano un lieve imbarazzo e non osavano guardarsi. Ognuno di loro, uomo o donna, aveva già commesso una volta un delitto o qualche altro crimine abietto. Ma divorare un uomo intero? Mai e poi mai avrebbero pensato di poter compiere un gesto tanto orribile. E tuttavia si meravigliavano di come fosse stato facile per loro, e di non avvertire neppure un'ombra di rimorso, pur con tutto l'imbarazzo. Al contrario! Nonostante lo stomaco fosse pesante, il cuore era straordinariamente leggero. Nelle loro anime tenebrose si agitava d'un tratto un'ombra di gaiezza. E sui loro volti aleggiava un tenero, timido barlume di felicità. Per questo forse avevano timore di alzare lo sguardo e di guardarsi negli occhi.
Quando poi trovarono il coraggio di farlo, dapprima con circospezione e in seguito senza più riserve, dovettero sorridere. Erano straordinariamente fieri. Per la prima volta avevano compiuto un gesto d'amore.

(Patrick Süskind, Il Profumo, pag. 257-259)


Prova a immaginare cosa passò per la mente al primo evemerizzatore dell'angelo Gesù sulla Terra Ferma.
Se accetto la tesi del prof Markus Vinzent, dovrei dedurne che il primo evangelista si chiamava Marcione. Secondo il prof Matthias Klinghardt, invece, Marcione fu solo colui che utilizzò e fece proprio il Più Antico Vangelo, brandendolo fieramente contro i suoi avversari.
Mentre sto scrivendo questo post, non ho personalmente ancora i mezzi nè le dovute letture per decidere chi, tra Vinzent e Klinghardt, ha da ultimo ragione sul conto del primo vangelo.
Però posso nel frattempo immaginare, mettendomi al posto di colui che per prima evemerizzò il Gesù celeste sulla Terra Ferma, cercando di figurare le ragioni recondite ed esoteriche di un evemerista.
E quell'evemerista doveva essere probabilmente già eretico rispetto al culto originario. Se non fu Marcione l'“eretico” a scrivere il primo vangelo, allora chi altri se non un eretico poteva aver regalato a Marcione il suo primo vangelo?
“Eresia” qui significa abbandono dell'ebraismo, della Torah, del dio dei giudei. “Eresia” qui significa disprezzo e orrore del mondo, considerato irrimediabilmente infestato da demoni aspiranti dèi, tra i quali forse (o probabilmente?) già spiccava lo stesso dio degli ebrei. “Eresia” significa lasciarsi ammaliare da ultimo dalle facili lusinghe dell'ellenismo, dal dio contemplatore-di-sé dei filosofi neoplatonici di cui già Filone aveva subìto l'irresistibile fascino.
In un mondo del genere si doveva far cominciare la Non-Vita sulla Terra dell'angelo Gesù.

Prima di tutto, che apparenze avrebbe potuto assumere un essere divino, un Essere di Luce che entra in questo inferno?
Un inferno che rimase tale per l'eretico autore del Più Antico Vangelo, prima durante e dopo la sua stesura. Perchè il Figlio dell'Uomo non aveva ancora distrutto quell'inferno. Lo aveva semplicemente abbandonato al suo destino, al di là se imminente o remoto. Non prima di aver compiuto la sua missione.
E in che aspetto l'avrebbe realizzata? Certamente non in quella di un fulgido eroe vittorioso ma in un'unica, coerente espressione di dolore e di pena, il volto sfigurato da un'immensa sofferenza. Il suo sacrificio, il sacrificio del Figlio di Dio, che invase per un solo lungo interminabile e fugace istante il mondo del dio degli ebrei, per strappare alla sua giustizia quante più anime possibili, doveva essere indicibile. E reale.
E gli uomini non lo avrebbero notato, perchè troppo ciechi per vedere. L'Essere di Luce acceca gli uomini corrotti. Essere considerato un criminale, ed essere crocifisso tra due
κακοῦργοι (letteralmente: ''operatori di iniquità'') fu inevitabile per l'Essere di Luce, perchè il più nero crimine di cui si era macchiato agli occhi del “mondo” costituiva logicamente il riflesso della sua più pura Luce, l'accecante Luce, la vera Luce.

Esiste un detto gesuano che descrive tutto questo, immancabilmente attestato nel primo vangelo. [1]
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.
(Luca 12:51)

I folli apologeti cristiani si inventano le più astruse teorie antropologiche per spiegare l'origine di questo detto nell'azione predicatrice “strappa-famiglie” del loro fantomatico ed evanescente “Gesù storico” (ovviamente in preda alla febbrile mania di imitare e superare Elia sotto questa prospettiva) incorrendo così nella necessità di un'apologia per difendere il loro “Gesù storico” dall'accusa di megalomania oltre che di aver rovinato così tante famiglie avendo strappato loro i migliori rampolli. Altri ancora, gli utili idioti cripto-storicisti alla De Angelis, prendono in parola quel detto gesuano ritenendola la prova inconfutabile del carattere sedizioso della larva umana che per loro fu, tanto per cambiare, il “vero Gesù storico”.

In realtà quel detto è fortemente atteso sulla bocca di un Gesù mitico evemerizzato sulla Terra, a indicare che l'esito e il senso ultimi della sua missione sarebbero coincisi alla perfezione: come si può comportare altrimenti un Essere di Luce non appena compie un'irruzione a sorpresa, per quanto in incognita, nell'universo del Demiurgo? Quando il grande angelo celeste Gesù si infiltrò in questo inferno creato, fece così per un tempo limitato, gran parte del quale perfino sprecato, perchè vano è in ultima istanza lo stesso insegnamento di Gesù, considerato il totale fallimento morale e religioso dei 12 candidati recipienti di esso. [2]
Ma il Figlio di Dio doveva compiere una precisa missione. E quella missione non era istruire 12 idioti e buffoni. Non c'era tempo da perdere, perchè ogni secondo in più in quel mondo era un tormento inconcepibile per l'Essere di Luce.
Nell'ingresso alla più grande mostruosità demenziale del dio degli ebrei, nella sua “Città Santa”, Gerusalemme, la cosa giusta da fare era una rapida Toccata & Fuga. Colpire e fuggire. Per l'Essere di Luce Gesù, la guerra contro il mondo creato dal dio degli ebrei è una Guerra Totale, perfino se Marcione riconosceva a quel dio giusto ma crudele la legittima giurisdizione sul solo Israele.
Ma per i marcioniti e in generale gli Gnostici, nulla di quel mondo meritava di essere salvato.

Se un ebreo comune, ancor più se devoto osservante della Torah come uno scriba o un fariseo, avesse visto quell'Essere di Luce che è Gesù, egli se ne sarebbe scandalizzato e turbato amaramente. I farisei che ne pretesero la condanna vedevano Gesù così, come un maledetto e immondo ALIENO.


Alieno alle loro leggi e alle loro tradizioni patrie. La trionfale nichilistica negazione in marcia della loro visione religiosa del mondo.
Vedendo la realtà attraverso gli occhi del “mondo” e del dio creatore di quel mondo, i farisei, i sadducei e gli scribi vedevano il puro come impuro e il salvatore come un nemico.
E Gesù era certamente NEMICO del mondo del Demiurgo. Ne era invero l'implicito distruttore, il distruttore e sterminatore dell'impuro.
Il Sommo Sacerdote del Sinedrio che decretò Gesù reo di morte, se avesse visto Gesù per quello che era veramente, l'Essere di Luce inviato da un Dio Ignoto, ne sarebbe stato disintegrato. Perchè i miseri burattini del Demiurgo non hanno parte alcuna con l'Essere di Luce.
Semplicemente non lo vedrebbero. Peggio: lo riconoscerebbero per il suo opposto. Essi non vedrebbero l'Essere di Luce, ma L'Essere Oscuro, una blasfemia ai loro occhi.
Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi dite che io lo sono».
(Luca 21:70, come attestato in Mcn)
Paradossalmente, gli accusatori ammettono di vedere in Gesù il loro stesso Dio creatore, il volto Oscuro del Demiurgo. Gesù li accusa esattamente di questo. Non più i farisei stanno accusando Gesù di spacciarsi per il Messia predetto dal loro Dio, bensì il contrario: è Gesù ora ad accusare i farisei di vedere in lui l'Essere Oscuro per eccellenza, o meglio il suo Messia. Il mero “Falegname”, il tekton, dell'universo, o meglio il suo Figlio.
 
Questa è la confusione tra l'oscurità e la Luce. Questa la stessa confusione che esiste tra il dio Creatore e il Dio Ignoto, tra il creato e l'in-creato, tra il Messia del Demiurgo e il Messia del Dio Straniero. I sinedriti involontariamente chiamano vera oscurità la Luce e Vera Luce l'oscurità. Involontariamente vedono in Gesù - e lo “dicono” -  il peggior riflesso delle loro più recondite paure: il sinistro Messia del Demiurgo. L'accusa si trasforma in auto-accusa. Nella misura in cui vedono in Gesù il preteso Messia-Re promesso loro dal Demiurgo, Gesù DIVENTA PER LORO lo stesso Messia-Re promesso loro dal Demiurgo: ovvero l'Essere più Oscuro, Sadico e Crudele che l'universo abbia mai conosciuto. E come tale non possono che provare nei suoi confronti la più grande repulsione. Il più grande orrore e turbamento morale.  In altre parole, ne ebbero paura: credevano veramente che Gesù fosse criminale, perchè vedevano in lui (e lo proclamavano!) per puro contrasto con la sua vera natura divina, il loro stesso idolo arcontico nella sua vera essenziale realtà: l'Essere Oscuro per eccellenza.

La logica è la seguente:
1) i sinedriti manifestano tutto d'un tratto un odio profondo e inguaribile contro Gesù, accusandolo pubblicamente di essere un impostore, fingendosi il loro Messia predetto dalle Scritture.
2) Gesù, rispondendo “voi lo dite” ai sinedriti, sta identificando implicitamente l'immagine empia e mostruosa che loro hanno di Gesù (cioè quella di IMPOSTORE) con l'Essere per il quale gli stessi sinedriti accusano Gesù di spacciarsi.
3) perciò: non è Gesù che pretende di essere il Figlio del dio degli ebrei, ma è il dio degli ebrei che pretende di essere il Padre di Gesù, ovvero il Più Alto Dio.

In termini più semplici:
1)  i sinedriti accusano Gesù di pretendersi falsamente il Figlio del loro Dio.
2) ma il Demiurgo, per definizione, pretende di essere il Vero Dio, quindi è lui l'Impostore.
3) perciò: i sinedriti credono e proclamano implicitamente che Gesù è il Figlio del Demiurgo.

I farisei diventano così complici del Demiurgo nella sua opera corruttrice: come il Demiurgo aveva ingannato sé stesso e l'umanità pavoneggiandosi a Supremo Dio (quando in realtà vi era un altro Dio a lui superiore), così i servi del Demiurgo, in particolare i sinedriti, continuano a perpretrare il Grande Inganno del Demiurgo, accusando stavolta proprio Gesù — proprio il Figlio del Dio Straniero! — di spacciarsi fraudolentemente per il Figlio del Demiurgo!

Perciò Gesù ha ragione quando rispondevoi dite che io sono il Figlio del (vostro) Dio”, sottinteso: “non sono io che lo dico, ma voi!”. Gesù sta ritorcendo contro di loro l'accusa di impostura:

1) i sinedriti stanno facendo di lui un impostore messianico,
2) ma in realtà l'Impostore per antonomasia è il Demiurgo,
3) perciò i sinedriti hanno in un certo senso “ragione”: dal momento che pensano di dover giustiziare un impostore, allora quell'impostore che vedono di fronte è proprio l'Impostore Ultimo, colui che “crede di essere il più alto Dio, ma non lo è”.


I farisei, schiavi del Demiurgo, si ritrovarono quel giorno a trattenere la visione dell'Essere di Luce senza morire.
Perciò, per fatale contrappasso, riuscirono a vedere solo la più inspiegabile oscurità, al cospetto dell'Essere di Luce.
E quell'inquietante oscurità che vedevano non poteva che ricordare un solo nome presso di loro: il Figlio del Demiurgo.
Da qui la verità dell'accusa che Gesù stesso muove loro: i sinedriti vedono in lui il Figlio del Demiurgo, ovvero l'Essere Oscuro, e per questo — e solo per questo — lo odiano a morte. E di un odio altrimenti ingiustificabile.

Accusando Gesù di proclamarsi Messia, i sinedriti rivelano l'origine del loro odio altrimenti inspiegabile contro Gesù: hanno scambiato erroneamente l'Essere di Luce per l'Essere più Oscuro di tutti, il loro stesso YHWH.

A fronte di cotantà cecità & oscurità, soltanto per un atto misericordioso il Dio Ignoto volle comprare le anime demiurgiche di coloro che del suo soffio divino avrebbero desiderato beneficiare spontaneamente, una volta coltane l'intima ebbrezza.
Quelle anime sarebbero state tante fortunate da vedere la realtà per quella che è. Solo loro potevano avere, per sola fede, i mezzi giusti per discriminare tra Dio e il male. Solo loro potevano vedere l'Essere di Luce che li aveva adottati come figli e fratelli. Creati dal Demiurgo, riscattati dal Dio Ignoto: questo era il loro destino ultimo.  Liberati per sempre, almeno per loro la divisione *del* mondo (che li ha separati dalla Legge) e *dal* mondo (che li ha separati dal loro creatore) portata da Gesù tornerà a rifulgere dell'unica e una identità: l'Inconoscibile Eterno Fuoco.


[1] Così Dieter T. Roth:
Tertulliano accusa Marcione di aver cambiato μάχαιραν in διαμερισμόν in Luca 12:51. La difficoltà è che μάχαιραν è la lettura di Matteo 10:34 e, secondo IGNTP, mai, a parte dal manoscritto 1242 del 12° secolo, appare in Luca 12:51. Se Tertulliano stava coerentemente controllando il suo proprio testo di Luca, è difficile immaginare come un tale errore poteva essere accaduto. Tertulliano apparentemente non consultò la sua copia personale di Luca neppure quando accusava Marcione di fare un'alterazione.
(The Text of Marcion’s Gospel, pag. 87, mia libera traduzione)

[2] Ci avrebbe pensato infatti l'uomo chiamato “Paolo” a recepire e diffondere l'autentico vangelo del “Cristo Gesù”.

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