giovedì 16 luglio 2015

Prof Robert M Price Denuncia la Folle Apologia Cattolica di Josef Ratzinger

PONTEFICI: Questa parola deriva da pontifex, costruttore di ponti. I nostri pontefici sono architetti spirituali che costruiscono un ponte intellettuale grazie al quale i buoni cristiani arrivano in Paradiso oltrepassando gli abissi del buon senso e della ragione.
 (Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
 
Quando la prima volta chiesi con enfatico stupore ai folli apologeti cattolici Lorenzo Noli e Federico Adinolfi (il primo avente diritto almeno quanto me di poter parlare di Gesù - considerata la sua natura di puro dilettante -, il secondo solo un malcelato teologo sotto mentite spoglie di storico e per giunta autore di stupidaggini del genere) come fosse mai possibile per loro concordare col folle apologeta Josef Ratzinger nel ritenere conciliabile a priori la loro sedicente fede cattolica con la genuina ricerca scientifica, l'unica scusa da loro proferita (che fosse dotata, almeno apparentemente, di senso compiuto) fu puntare il dito alla stragrande maggioranza di biblisti accademici e specialisti del ''Gesù storico'', tutti rigorosamente di fede cristiana più o meno annacquata sotto un quanto mai comodo protestantesimo di facciata. La quale scusa costituiva a sua volta un'anomalia della quale ancor più meravigliarsi con sommo stupore, nella misura in cui appare evidente come, statistiche alla mano, il numero di atei/agnostici/non credenti risulti estremamente elevato tra i moderni fisici, i biologi, i matematici, gli astrofisici, i filosofi, gli economisti, gli antropologi, i sociologi e tutti i ricercatori di punta dei vari campi dello scibile umano, meno che mai in due soli campi: quello di filosofia delle religioni (e fin qui potrebbe pure starci), nonchè quello della ricerca sulle origini cristiane (neppure chiamato ufficialmente così, ma pomposamente venduto al vasto pubblico come ''ricerca del Gesù storico'', così da non lasciarsi sfuggire nulla).
A seguito della puzza di apologia che la loro risposta emanava - e continua, ahimè, a emanare -, si consumò una personale rottura con quei folli apologeti - e da allora, con tutti i folli apologeti cristiani e criptocristiani - ancor più così quando una salutare diffidenza subentrò infine a circondare la stessa storicità di Gesù (che fu chiamato Cristo) - e non solo ogni fallimentare ipotetica ricostruzione del suo ritratto.

Mancava però ancora un piccolo sassolino da togliersi dalla scarpa (rea di essersi sporcata la suola calpestando gli immondi apologetici siti online di tali dementi cattolici figuri), anzi un macigno, visto il notevole ruolo ricoperto dal folle apologeta in questione: la questione sollevata dal Pontefice, o meglio ex-Pontefice, Ratzinger, l'autentica quintessenza di tutti i folli apologeti cattolici alla Jerim Pischedda, se sia conciliabile o meno la fede con la ricerca storica.

(questo non dice però, che ho trovato nella mia esperienza personale solamente una razza di persone rivelatasi decisamente peggiore di quella dei folli apologeti cristiani: ovvero i dementi astroteologi imbonitori e pusillanimi alla Pier Tulip e Acharya, un'autentica piaga del net della quale conviene il più presto possibile sbarazzarsi e liberarsi con sommo gaudio)

Di seguito riporto la mia libera traduzione dell'illuminante critica del prof Robert M Price al libro di Ratzinger.
Papa Gesù

Josef Ratzinger, Papa Benedetto XVI, ha prodotto un'opera in due volumi sul Gesù storico. Qui mi limiterò al secondo volume, Jesus of Nazareth. Part Two, Holy Week: From the Entrance into Jerusalem to the Resurrection. Senza dubbio il rango ecclesiastico dell'autore è incluso allo scopo di impedire confusione con John Ratzenberger, che rappresentò Cliff Clavin sulla sitcom Cheers. O forse no. Ma, ad esser chiari, l'autore certamente non si poggia sui paraventi ufficiali per rendere più autorevole il libro. Ratzinger è certamente un uomo colto. E tuttavia io non posso giudicare questo libro un'opera significativa di accademia. La ragione di ciò è che la concezione dell'autore di quel che costituisce l'accademia del Nuovo Testamento è agli antipodi rispetto al genuino criticismo. Il critico biblico comincia dal punto di vista di chi non sa e vuole ricercare. Il Papa, non sorprendentemente, comincia con una certezza prefrabbricata e vuole difenderla.
Io sono ardente di sperimentare col testo, per saggiare nuovi paradimi e strumenti euristici, per vedere cosa consiste e cosa no. Fondamentalmente, io voglio penetrare nei quasi-perduti segreti della figura di Gesù e della religione che lo reclama come suo patrono. Ratzinger, al contrario, è il custode di una gigantesca e antica istituzione religiosa, e il suo lavoro, quando si arriva alla scrittura, è la difesa di una particolare linea di partito riguardante chi Gesù pensò di essere e cosa cercò di raggiungere, cosa gli accadde, come venne ad essere la Chiesa. Il Papa deve mostrare che quel che il testo dice che accadde non solo accadde ma deve, per divina volontà, essere accaduto. Non è così difficile come impresa dato che il Nuovo Testamento non è qualche collezione casuale dei più antichi scritti cristiani rimasti, tanto meno nella loro forma oginaria, inedita. No, quel che noi stiamo leggendo come scrittura oggi è un'edizione particolare di selezionati scritti armonizzati e in alcuni casi riscritti per fornire proprio il genere di ufficiale mito d'origine che la Chiesa utilizza per giustificare sé stessa e le sue prerogative.
All'opposto, l'Alto Criticismo, che io e un mai rimpicciolito quadro di studiosi esponiamo, riconosce antichi indizi che le cose erano una volta molto diverse nel primitivo movimento cristiano (per non menzionare nell'apparente vita di Gesù). Noi stiamo cercando di rimuovere il nastro di protezione perfino mentre uomini dell'apparato come Ratzinger sono impegnati a rinforzarla. Noi stiamo dediziosamente distruggendo il teologico mortaio che tiene insieme l'edificio, mentre Ratzinger, nel presente volume, come l'antico Neemia, appronta la sua cazzuola per ricostruire le mura del Campo dei Santi.
L'esegesi del vescovo romano è dappertutto armonizzante. Per esempio, come Hermann Samuel Reimarus vide così tanto tempo fa come il diciottesimo secolo, il fallimento della Parusia (la predetta seconda venuta di Gesù) era sufficiente per sé da mandare a schiantarsi al suolo la Cattedrale del cristianesimo. Se Gesù, così per dire, collocò tutti i suoi piatti su una sola pretesa che poteva essere testata, la fine del mondo, e niente accadde, perchè credere ad ogni altra cosa egli pretese di sapere per rivelazione? E se lui non lo disse veramente, perchè credere che egli realmente disse ogni altra cosa i vangeli riportano altrimenti? Bene, Ratzinger ammette che un'occhiata casuale ad un verso come Matteo 24:29-31

Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.
poteva lasciare il lettore con la chiara impressione che la Parusia arriverebbe sugli stessi binari della caduta di Gerusalemme nel 70 EC, che naturalmente non accadde. Ma, dice, ciò sarebbe un frettoloso giudizio, infatti passi come Marco 13:10 (“Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni.”), Matteo 24:14 (“Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.”), e Luca 21:23b–24 (“perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.”) fanno una previsione di un lungo ma indeterminato periodo di evangelizzazione del mondo tra il fato di Gerusalemme e la Parusia? Basta che continui a prendere il tuo farmaco, pontefice. Quello è proprio ciò che volevano che tu pensassi.
Non vedi cosa sta accadendo qui? Era il fallimento della Parusia ad arrivare che causò gli scribi a introdurre quei versi nelle sezioni apocalittiche dei vangeli. Noi siamo intesi a leggere quelle predizioni dei 'tempi dei Gentili' e dimenticare proprio tutto circa quel verso originale che ci procurò un'emicrania teologica. Prendi quei versi Excedrin invece. Ti sentirai benissimo al mattino.

Di nuovo, Ratzinger compiacentemente accetta i vangeli che fanno predire a Gesù la distruzione del tempio. Egli intreccia da vari indizi testuali una fabbrica teologica nella quale Gesù deve aver visto la sua morte e l'istituzione della Santa Comunione come l'evoluzione naturale del sacrificio, così centrale alla religione israelita, in qualcosa di meglio: la sostituzione del tempio con sacramenti cristiani e col culto cristiano. Paolo, dice, ha già introdotto i rudimenti di questo sistema di teologia già prima ancora. Gli studiosi critici, per contrasto, vedono un'altra lettura di quei testi come di gran lunga più naturale: tali teologie, che ipotizzano qualcos'altro che sopprassiede al tempio distrutto (se, per i cristiani, il sacrificio di Cristo oppure, per gli ebrei, l'efficacia del digiuno e della filantropia per l'espiazione dei peccati) come tentativi, dopo il fatto, di fare di necessità virtù. Si adattano meglio storicamente dopo gli eventi che sembrano predire. Rappresentano interpretazioni di eventi passati, una riflessione sulla sconfitta. Egli sta scrivendo dalla fede alla fede.

Il nostro aureolato autore cerca dappertutto di inquadrare nello sfondo socio-storico della storia evangelica, minimizzando Flavio Giuseppe e altre fonti, com'è costume in libri come questo. Sicuramente non c'è nulla da criticare qui? Naturalmente no - a meno che si abbia cominciato a sospettare che i vangeli ci stanno presentando non Storia ma un mito storicizzato, cioè, un mito che è diventato una legenda.
I miti trattano di dèi e corpi celesti come personaggi in un racconto e appartengono nello stesso generale ambiente come fiabe e favole. Quando diventano leggende, significa che i personaggi sono stati rimodellati come uomini e donne tra i mortali. Ancora straordinari, ma umanoidi, semidèi o teofanie. Per esempio, sia Ercole che Sansone cominciarono come dèi solari, personificazioni narrative del Sole. Ma per il tempo in cui noi leggiamo delle loro eroiche imprese essi sono stati collocati, seppure vagamente, nella Storia passata, apparentemente nello stesso mondo in cui viviamo noi. Ercole e Sansone ci incontrano ora come eroi semi-divini o posseduti-da-Dio che portano spade, frecce e muscoli d'acciaio. Ma le loro imprese non sono possibili per reali esseri umani. Così sono leggende, non Storia. Quando i raccontastorie convertono un mito in una leggenda, essi devono inquadrarlo nello sfondo storico. L'Idra potrebbe essere in scena, ma così lo sono sovrani ed armate.
Alcuni critici biblici hanno a lungo sospettato che Gesù cominciò come un mito (nello specifico addirittura forse un altro mito solare come Enoch, Elia, Esaù e Mosè) e diventò una leggenda. I tentativi di farlo adattare in una Storia terrestre erano non sempre coerenti, alcuni antichi scrittori collocando la sua morte nel regno di Tiberio, altri nel regno di Claudio. Chi lo condannò a morte? Originariamente erano i mitici arconti, i guardiani planetari. I mercanti-di-leggenda dovevano fare il nome di figure politiche come responsabili di quel crimine. Alcuni dissero Erode Antipa, altri Ponzio Pilato. Il Sinedrio non pronunciò su di lui una condanna a morte? Al giorno di Pasqua? Non probabile. Poteva Pilato averlo dichiarato innocente ma legamente lo assassinò ad ogni modo, temendo un'impotente folla cittadina il cui permesso sembrò figurarsi necessario per rilasciare Gesù? Non fa molto senso. I links alla Storia secolare sono tutti picchetti quadrati che gli evangelisti hanno fissato in buchi approssimati. Rimane a tuttologi come il nostro autore fare del suo meglio e assicurare i loro lettori che tutto è a posto. Loro possono ritornare a dormire, al sonno dogmatico da cui Kant cercò di risvegliarci con il suo squillante invito: ''Abbi il coraggio di conoscere!'' Fin troppo cattivo che nessuna eco di quel sentimento risuoni nelle pagine del libro su Gesù di Papa Ratzinger.
Perchè i primi cristiani vollero storicizzare il loro Gesù innanzitutto? Io credo che Arthur Drews rispose a quella domanda piuttosto efficacemente parecchi decenni fa. L'emergente Chiesa cattolica dei primi anni del secondo secolo era impegnata in un aspro conflitto con gnostici, marcioniti, e altri che stimavano le loro personali nuove rivelazioni, che pretendevano di avere dal celeste dio Gesù. Naturalmente, tale fanatismo risulta in un'incontrolalbile diversità di opinioni, eresie moltiplicantesi per continua mutazione. Nessuno poteva provare di possedere la reale hot-line al cielo. Ogni sogno o rivelazione poteva ben essere un'allucinazione. Ma se uno poteva puntare ad un fondatore storico e appellarsi ad un canone definitivo dei suoi insegnamenti per legittimare i suoi propri, allora poteva pretendere un copyright. Che è perchè Gesù fu afferrato dal cielo e trascinato giù in una cornice sulle mura della Chiesa: nostro fondatore. E quindi è interamente naturale leggere un chiaro resoconto del Gesù Ecclesiastico fondatore di chiesa, delineatore di teologia da nessun altro che l'uomo che pretende di essere il suo infallibile vicario sulla Terra. Gli studiosi necessitano di non perdere il loro tempo con questo libro, essenzialmente un commentario devozionale mascherato come un'opera di ricerca storica.

(The Historical Bejeezus: What a Long, Strange Quest It's Been, pag. 93-96, mia libera traduzione)
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