lunedì 22 giugno 2015

«Uomo, l'acqua all'origine è pura e chiara: Ma se non bevi alla fonte, sei in pericolo» (Angelus Silesius)




Sto ancora riflettendo su tutte le possibili implicazioni della priorità di Mcn rispetto a tutti gli altri vangeli canonici.

Intanto sono venuto a sapere le ultime news sulla ricerca del professore di Dresda circa il vangelo di Marcione.

Di seguito una sufficientemente chiara traduzione in italiano (presa da qui):
Modifiche nella Bibbia e controllo dei riferimenti crociati

Tuttavia i testi di Marcione non sono stati tramandati in originale, ”di conseguenza tutto il lavoro è stato veramente complicato”, ha detto Matthias Klinghardt.
Per questo motivo, egli ha dovuto ricostruire l’originale versione del Vangelo da numerosi report e dispute di terzi circa le convinzioni di Marcione. Quindi il teologo di Dresda ha comparato questa variante di testo alle centinaia di versioni del vangelo che si originarono negli anni successivi, ha individuato le varianti, ha esaminato le direzioni delle variazioni e ipotizzato i riferimenti , ed è arrivato, infine, alla conclusione che il testo di Marcione, molto probabilmente deve essere stato il più originale e il più antico tra quelli che in linea di principio noi oggi conosciamo.

La ricerca molto probabilmente dice addio all’attuale ritratto di Gesù

Tuttavia, allo stesso tempo, il ricercatore ha messo in guardia circa l’aspettativa, [se] ora si possa dire esattamente chi fosse in realtà veramente Gesù di Nazareth, quali idee avesse originariamente propagato e quello che i monaci e i funzionari della Chiesa hanno nascosto nel corso dei secoli. Purtroppo, invece, è il caso opposto. “Lo so, questo non suona così eccitante, ma piuttosto dobbiamo partire dal fatto che ogni cosa che crediamo di sapere certo e provabile su Gesù, difficilmente è sostenibile”, ha detto.

Rimessa in discussione l’importante Teoria delle Fonti della teologia

Infatti finora i teologi e gli storici della religione sono partiti dal fatto che ci sono due fonti primarie su Gesù e le sue teorie: il vangelo di Matteo e la cosiddetta “Loghia-Q”, anch’ essa non è tramandata in originale, ma una è collezione ricostruita dei detti di Gesù Cristo. Con essa, si credeva di avere la garanzia di essere capaci di derivare una sicura conoscenza, sulla base delle corrispondenze nelle due fonti primarie. Ma ora Klinghardt ha provato in maniera convincente che tutte queste ipotetiche fonti dipendono l’una dall’altra e, a differenza della versione di Marcione, non sono più nel novero delle fonti primarie.
Ho capito bene? L'accademico in questione sta affermando che tutta la nostra conoscenza su Gesù si basa unicamente sul vangelo utilizzato da Marcione e dai marcioniti.

Si tratterebbe della nostra - oltre che della loro - unica fonte primaria su Gesù: vale a dire, l'unica fonte indipendente e l'unica antecedente a tutte le altre.
Le quali altre fonti, perciò, cessano di essere indipendenti - esse dipendono tutte dal più antico vangelo - e antiche - esse giungono tutte dopo il più antico vangelo.

Non è Giuseppe Ferri a sostenere questo, ma ad affermarlo è un qualificato ricercatore di una prestigiosa università tedesca. Assolutamente sine ira et studio, come dovrebbe essere ogni autentica ricerca scientifica.

Il Gesù storico, se mai esistito del tutto, è perduto per sempre. Dunque vale la pena soltanto assicurarsi l'ultima e l'unica cosa che potrebbe interessare di lui oramai all'intera umanità: la sua stessa esistenza storica.

Vediamo di ricostruire le due possibili cronologie più probabili sotto lo scenario miticista, rispettivamente con e senza un Paolo storico.
Per oggi, in questo post, mi limiterò a delineare la prima, quella invero più facile da ricostruire per il solo fatto che assume un Paolo storico in origine.

Prima Cronologia:

Fase I (circa 30-70 Era Comune)

Si sostiene spesso che il cristianesimo deve essersi originato grazie all'azione di un personaggio straordinario, fuori dal comune, una ''scintilla'', appunto. Probabilmente si originò inizialmente con una minuscola comunità (o numerose piccole comunità sparse) di religiosi entusiasti, e successivamente si 'propagò' sotto il formidabile impulso di un individuo d'eccezione: ''Paolo''.
In questo primo scenario le epistole in nostro possesso contengono una buona quantità di quel che mise per iscritto questo ''Paolo'', ma sicuramente del materiale aggiuntivo è stato aggiunto in seguito (non molto però), come altresì è stato rimosso una piccola parte del materiale autentico. Ad ogni caso, i tratti principali di ciò che anticamente mostravano quelle epistole sono stati salvaguardati. Forse ''Paolo'' potrebbe essere stato un certo ''Simone Atomos'', un samaritano menzionato da Flavio Giuseppe, dove ''Atomos'' (''indivisibile'') ricalcherebbe il significato di ''Paulus'' come ''minuscolo'' (e perciò ''indivisibile'') ma ad ogni caso siamo nel dominio delle pure ipotesi, sebbene esistano un pò di altre ragioni per sollevare questa possibile identità, ma troppo complicate per discuterle, tantomeno necessarie nella loro verità per tenere in piedi questa ricostruzione.  

In cosa credeva questa minuscola comunità cristiana davvero antica (guidata dai Cefa, Giacomo, ecc. citati nelle epistole di ''Paolo'')? E cosa credeva lo stesso Paolo? E in cosa credevano le comunità dietro gli autori della Epistola agli Ebrei e della lettera di Barnaba? Non l'esistenza di un uomo nel loro recente passato che fu un reale pretendente al titolo di Messia nel senso tradizionale (un aspirante messia che alcuni di loro avevano conosciuto personalmente). Quello in cui credevano, quello che propagandavano, era una nuova versione dello stesso Mito del Messia.

 Il ''vangelo'' (le ''buone nuove'') che fu diffuso dai primi apostoli ebrei e da ''Paolo'' era nelle sue più antiche origini la speciale Grande Idea di una minuscola comunità religiosa (Cefa, Giacomo, i ''Pilastri'') - un'autentica ''trasvalutazione dei valori'' dello stesso Mito del Messia, invece che la mera illusione di superstiti seguaci di un essere umano che alcuni di loro (sebbene non Paolo) avevano conosciuto personalmente come un normale essere umano, ritenuto Messia nel senso tradizionale ebraico del termine.

Germinavano, nel sottosuolo di deluse speranze apocalittiche alimentate da comunità ebraiche e samaritane ellenizzate, due filoni complementari di pensiero: da un lato un tipo di proto-gnosticismo (la 'salvezza' intesa come una relazione personale tra il singolo individuo e il divino, una versione germinata in seno all'ebraismo dell'idea sotto l'impulso del concetto misterico greco-romano di una ''religione personale'') e dall'altro lato l'idea di un nuovo genere di Messia, il Messia Giosuè, il quale invece di essere un Messia veniente nel futuro era un Messia che era già venuto. Un Messia che in termini terreni, lungi dall'essere un glorioso e rinomato leader militare vittorioso, fu un totale oscuro fallimento che morì nel più ignominioso e vergognoso dei modi possibili al tempo. Un Messia la cui vittoria non era una grande vittoria mondiale a beneficio della sua comunità, ma una vittoria spirituale per il bene di ogni individuo, avvenuta nel profondo dei loro cuori, e perciò inconfutabile.

(L'originale comunità di Gerusalemme probabilmente concepì l'idea entro una matrice puramente ebraica. ''Paolo'' universalizzò l'idea così da renderla patrimonio comune di tutti e per tutti gli esseri umani.) Risuonava sicuramente già un eco del mitema del dio ''che muore e risorge'' in questo concetto, ma in questa fase ancora primitiva non si trattava di un concetto importato dal circostante ambiente ellenistico, bensì, più probabilmente, soltanto un'inconsapevole ispirazione dalla generica idea, locale e circoscritta nell'area, di divinità che muoiono e risorgono legate al ciclo naturale di morte e rinascita (ricordiamo che l'antica Terra di Canaan era la sede di uno dei più antichi archetipi conosciuti di dèi che muoiono e risorgono: Baal).

io direi che tutto questo probabilmente accadde attorno al 30-50 Era Comune.

La chiave di volta dell'intero processo è che quella gente stava predicando la loro nuova versione rivoluzionaria dell'idea (o meglio, del mito) del Messia, e cioè che il loro Messia Giosuè aveva compiuto una sorta di ''incursione'' nel territorio degli ''Arconti'' (le entità spirituali o angeli al dominio della desolata landa terrestre e sub-lunare, in quest'antica forma di proto-gnosticismo ebraico).
Ma vivendo e morendo oscuramente e nella più grande umiliazione, il Messia Giosuè era riuscito così ad eludere l'attenzione degli Arconti suoi assassini, i quali furono così ingannati sulle mosse del loro ancestrale nemico, credendo erroneamente che dovesse fare la sua prima apparizione nella veste di un famoso sovrano guerriero vittorioso sui propri nemici.
Si trattò di un'impresa magico/spirituale che generò una vittoria che in realtà era già stata vinta (invece che una vittoria remotamente futura). Questa era l'originaria ''Buona Novella'' cristiana: la vittoria del Messia era già stata vinta, ed è un riscatto spirituale per i soli ebrei, al principio, poi, con ''Paolo'', per tutta l'umanità.
Il Regno spirituale è già qui, presente, tutt'intorno a noi, per chiunque accetti questa nuova versione del Messia, per chiunque ha occhi per vedere e orecchie per udire. (si noti a questo punto che la chiave di volta del nuovo messianismo è che il messia non doveva manifestarsi la prima volta alla chiara luce del Sole come tutti i sedicenti messianisti ebrei farebbero normalmente: l'ingresso nell'oscurità, la manifestazione mediante nascondimento nel mondo territorio degli Arconti, faceva parte del suo piano fin dall'inizio.)

Questo era il significato essoterico più ovvio del mito, ma io credo, sulla scorta dell'evidente misticismo di Paolo, che tale significato essoterico probabilmente nacondeva un mistico significato esoterico più segreto e nascosto, celato dietro l'allegoria di facciata della ''resurrezione'', parente stretto del mito ancestrale dell'agognata ''immortalità''.

In questa fase il numero dei primi cristiani non era affatto elevato, bensì tutto il contrario! Era ancora un minuscolo movimento, forse al massimo contante qualche migliaio di fanatici entusiasti, sparsi attorno al mondo greco-romano. Troppo piccolo per destare l'attenzione di storici greco-romani del tempo.
Le persone coinvolte in quel movimento sarebbero state coinvolte principalmente in ragione di una loro convinzione religiosa profondamente radicata e soprattutto, almeno nel caso degli aderenti più entusiasti al culto, in virtù di una personale esperienza mistica (ciò che noi moderni chiameremmo ''allucinazioni'').

Fase II (circa 70-150 Era Comune)

Quest'allocazione temporale della vittoria del Messia non nel futuro più o meno imminente ma nel passato più ancestrale generò, da un punto di vista prettamente essoterico, dunque collettivo, una naturale curiosità umana circa dove e quando questo Messia Giosuè si sottopose alla sua drammatica ordalia di redenzione spirituale dell'umanità. Io direi che prima del 70 Era Comune (la Prima Rivolta Ebraica e la distruzione del Secondo Tempio) l'idea era di necessità ancora vaga, la morte del Messia essendo collocata in un passato ancestrale del tipo ''C'era una volta...''. Ma dopo il 70 Era Comune qualche approssimata biografia fu per la prima volta sul punto di diffondersi attorno oralmente prima che iniziasse ad assumere maggiore consistenza su carta, finchè una particolare trama del sacro dramma si sviluppò infine (probabilmente da parte di ebrei della Diaspora influenzati dalla lettura delle opere storiche di Flavio Giuseppe) che pose il Messia Giosuè in un tempo più determinato e specifico nel passato chiaramente recente, in qualche modo allo scopo di incolpare gli ebrei per aver ignorato la loro Grande Idea al tempo debito. In altri termini, mentre l'idea mitologica prima del 70 Era Comune esordiva con tanto di ''C'era una volta...'', dopo il 70 Era Comune diventò, per i cristiani ebrei soprattutto, ''recente abbastanza nel passato da essere una prova sufficiente della follia collettiva che aveva colto tutti gli ebrei portandoli in ultima istanza alla loro distruzione''.
Così, tra il 70 Era Comune e il 130 Era Comune, una qualche versione di ''proto-Luca'' (una versione più semplice del nostro Luca probabilmente in uso principalmente tra cristiani proto-gnostici che avevano continuato a sopravvivere in Asia Minore sin dal tempo della predicazione di ''Paolo'') si sviluppò. Quello fu il vangelo il cui originario contenuto sarà poi bradito fieramente dal vescovo cristiano Marcione contro i falsari proto-cattolici del medesimo.
Quasi al medesimo tempo, in reazione al dirompente effetto suscitato da questo Più Antico Vangelo, altri vangeli in ordine sparso furono fabbricati. Il vangelo di Matteo fu il secondo vangelo ad essere prodotto sulla base del precedente, da parte di quel che rimaneva degli originari cristiani ebrei. Allo stesso tempo, altri vangeli come il ''vangelo di Marco'', il ''vangelo degli Ebrei'' e il ''vangelo degli Egiziani'' si svilupparono parimenti. Probabilmente attorno a questo tempo si svilupparono, in parallelo, apposite tradizioni di ''detti'' (come ad esempio il Vangelo di Tommaso), alcuni estrapolati da precedenti vangeli altri semplicemente ispirati dalle esperienze visionarie e dalla comprensione mistica delle varie comunità cristiane ebraiche e proto-gnostiche.
Ogni idea ulteriore però era sempre una ripetizione/correzione, sotto varie e disparate forme e col contributo di una fervida immaginazione, del contenuto del Più Antico Vangelo. Ogni cosa detta a proposito di un Gesù terrestre (o solo apparentemente tale) risaliva definitivamente al Più Antico Vangelo.

Così già a questa fase, nelle comunità cristiane ebraiche la storicità del personaggio comincia a solidificarsi in qualche modo, ma è ancora probabilmente troppo presto per dire che la storicità di Gesù ricevette grande risonanza per la maggioranza dei cristiani proto-gnostici: per tutti loro si trattava ancora di ''Storia'' mitologica, in nulla di diverso da ogni altro mito. Il Cristo spirituale era ancora la cosa di gran lunga più importante per la maggioranza dei cristiani del tempo (come in fondo in fondo lo è tutt'oggi!), e la storiella non si rivelò niente più ai loro occhi che un esemplare dramma liturgico emotivamente coinvolgente e moralmente edificante, adatto nella sua semplicità a introdurre la religione a nuovi proseliti, ricco di sottigliezze teologiche e mistiche capaci di soddisfare all'occasione le attese dei più colti tra loro (in nulla di diverso dai miti greci e dalle storie di ogni altra divinità mitologica), oltre che provvisto di un interessante scenario di un ''passato-chiaramente-recente''.

Comunque, uno dei luoghi comuni che produsse il mero ''sentito dire'' in questa fase del culto (approssimativamente 30 0 40 anni dopo la predicazione di Paolo, con la drammatica catastrofe della Rivolta Ebraica e della Diaspora nel mezzo) fu una totale incomprensione del riferimento di ''Paolo'' al gruppo di Gerusalemme, ora inteso come privilegiato (o condannato: dipendeva dai punti di vista) da una conoscenza personale dell'oggetto principale del culto, ossia dello stesso Messia Gesù. In realtà non è presente per niente nelle epistole alcuna ''necessaria'' implicazione di conoscenza personale del Messia Giosuè da parte dei Pilastri Cefa, Giacomo, ecc. È solo un possibile modo di lettura di un testo ambiguo. Ma quella lettura fu chiaramente 'proiettata' sulle epistole indirettamente grazie alla conoscenza e diffusione del Più Antico Vangelo scritto, proto-Luca (da me chiamato d'ora in poi Mcn) che a dire il vero mirava precisamente a condannare i cosiddetti Pilastri - calati nella veste di idioti 12 discepoli di un Gesù apparentemente umano - proprio per non aver riconosciuto veramente il vero autentico Gesù!

Ad una rozza lettura letteralista del Più Antico Vangelo uno poteva di certo concludere con cognizione di causa che i Pilastri avevano conosciuto un Gesù storico, sebbene docetico. Ma ad una lettura più attenta del medesimo testo, una lettura fatta con occhi più spirituali (e nell'Antichità ciò che era vero con gli occhi del cuore era maggiormente vero di qualunque falsa apparenza fisica, per quanto ostinatamente pretesa), i Pilastri di Gerusalemme non avevano conosciuto nessun vero Gesù, ma solo un illusorio fantasma, scambiato per tutt'altro ai loro deboli occhi rispetto alla sua vera identità.

 Ora fu creato il ''Gesù storico''.

Nell'intervallo 70-130 Era Comune il ramo del cristianesimo proto-gnostico che era stato seminato da ''Paolo'' a Roma negli anni 50 del I secolo, e più tardi forse accresciuto in numero da cristiani ebrei provenienti dalla Diaspora che convergevano insieme a Roma, cominciavano a sviluppare un interesse tutto romano nell'intenzione di dare al movimento un qualche tipo di ordine. Un qualche tipo di gerarchia.

In questa fase dovreste cercare di figurarvi delle comunità cristiane del mondo greco-romano per metà ebraiche (una metà sempre più piccola) e per l'altra metà proto-gnostiche (relativamente maggioritaria, in particolare in Asia Minore e in Egitto), quando i rami proto-gnostici della maggioranza relativa cominciavano a diramarsi in quello che sarebbe divenuto di lì a poco il complesso fenomeno noto come ''Gnosticismo'' del periodo posteriore al 200 Era Comune, con una miriade infinita di molteplici interpretazioni del mito del Messia Giosuè, e con l'ebraicità retrocedendo sempre più indietro sullo sfondo, ridotta oramai al lumicino come mera cornice artificiale, e viceversa con un diluvio dilagante di idee ellenistiche e orientali sull'onda dell'assorbimento in profondità di idee misteriche, della filosofia ellenistica, di idee in particolare neoplatoniche e stoiche intorno al ''Logos'', ecc.

In qualche momento di questo processo, nel deliberato tentativo (condotto dalla chiesa romana) di ottenere maggiore ascendenza politica e psicologica su tutti gli altri cristiani, una nuova idea è sviluppata mediante la combinazione di cristiani ebrei di Roma e cristiani ''paolini'' di Roma: il mito della cosiddetta ''successione apostolica'' intesa a rigettare come illegittima ogni altra successione apostolica rivale perchè derivante solamente da ''Paolo'' (ovvero la successione apostolica più naturale alla quale avrebbero fatto ricorso naturalmente senza distinzione di sorta la pressochè totale maggioranza delle altre sette cristiane rivali non-ebraiche e proto-gnostiche).

L'idea era che se i vescovi proto-ortodossi potevano ostentare una ''successione apostolica'' che risaliva non solo a ''Paolo'' ma anche all'oggetto principale del culto in persona, allo stesso Messia Giosuè del dogma religioso, questo sarebbe stato equivalente del tutto a ostentare un prestigio di autorevolezza di un tipo di gran lunga più concreto, più impressionante rispetto a quella accampata sulla mera scorta di appelli alla memoria del semplice mistico/visionario ''Paolo''. Si sarebbe finalmente - fatalmente - instaurato un diretto link ''storico'' tra la persona del dio-uomo e i vescovi contemporanei nonchè esasperanti folli apologeti dell'ultima ora.

Ora, probabilmente attorno al 130 Era Comune, il risultato di questo tentativo di fabbricazione di una chimerica ''successione apostolica'' risalente allo stesso oggetto del culto è la rielaborazione di Mcn per dare la luce al nostro canonico ''Luca'' e la fabbricazione della tendenziosa propaganda cattolica nota come ''Atti degli Apostoli''. La mira principale di quella propaganda è l'addomesticamento del visionario/mistico proto-gnostico ''Paolo'' dandogli il tranquillizzante volto cattolico del fondatore della chiesa romana in strettissima collaborazione col cristiano ebreo ''Pietro'', allo scopo di presentare la comunità di Roma fondata su una doppia ''successione apostolica'' (non solo risalente al visionario ''Paolo'' - come fu storicamente vero - ma anche a qualcuno che aveva conosciuto Gesù personalmente - che era storicamente falso) e per ciò stesso ancora più legittimata di prima a comandare su tutti i cristiani.
Allo stesso tempo, la vera successione apostolica della maggioranza delle chiese proto-gnostiche (che storicamente deve essere fatta risalire indietro a ''Paolo'' per ogni altra chiesa non-ebraica) fu criticata e diffamata aspramente perchè risalente a ''Simon Mago'', che rappresenta (dal punto di vista proto-cattolico) il ''lato oscuro'' di Paolo - un mero visionario, reo di originare tutte le ''cattive'' chiese cristiane colpevoli di non allinearsi all'ortodossia.
Una discendenza più completamente ebraica (e per ciò stessa più ''rasserenante'') per ''Paolo'' è inventata dandogli come suo nome originario quello di ''Saulo'' (preso in prestito dalle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe) assieme ad un passato da persecutore precristiano (così da esorcizzare il ruolo negativo, dal punto di vista protocattolico, svolto da Paolo quale emblema cristiano brandito fieramente dagli eretici) mentre il suo nome reale (Simone) fu riservato al suo solo lato ''oscuro''.

Questo sarebbe il ''cane che si morde la coda'' del Gesù fortemente storicizzato. Era necessario possedere un Gesù fortemente ''storico'' allo scopo di possedere un miglior tipo di ''successione apostolica'' rispetto alla sola successione apostolica davvero autentica che si potesse fino ad allora accampare (quella risalente indietro a Paolo, in effetti anche all'origine del nascente proto-cattolicesimo) soprattutto da parte delle vaste e riottose sette cristiane proto-gnostiche (prossime a divenire di lì a poco pienamente gnostiche).

Fase III (circa 150-300 Era Comune)

Questa fase è contrassegnata da una fiera reazione al nascente proto-cattolicesimo (da parte di Marcione e dei primi Gnostici propriamente chiamati sprezzantemente tali dai folli apologeti cattolici) e da un altalenante guadagno e perdita di terreno da parte dei cattolici, nell'insidioso conflitto da un lato contro gli gnostici e contro gli stessi proto-cattolici della prima ora (rei di non avere ancora ''afferrato'' il programma di dominio universale nei suoi più radicali sviluppi) colpevoli di attenersi ostinatamente ancora alle loro origini 'paoline'' e perciò ancora inclini a sviluppare la loro religione  tramite visioni e rivelazioni continue, dall'altro lato contro i cristiani ebrei che, marciando in una direzione opposta alla precedente, cominciavano a rinunciare all'aspetto mitico del dio-uomo spogliandolo dal ritratto ereditato del Messia Giosuè così da farne a tutti gli effetti un mero pretendente del passato al titolo tradizionale  del Messia Ebraico - una specie di regressione, ma basata non su un sincero nostalgico desiderio di ritorno a delle vere origini cristiane, bensì al contrario sull'idea proto-cattolica della ''successione apostolica'' che aveva per questo tempo già messo radici nella loro coscienza di sè. Questo è il periodo dove l'incontro-scontro tra ortodossia ed ''eresia'' comincia man mano a delineare l'identità di entrambi i rispettivi contendenti.
Questo è il periodo quando l'ortodossia cattolica comincia a realizzare appieno l'enorme convenienza di un costante atto di compromesso tra, da una parte, il Messia spirituale dalle protognostiche radici risalenti a ''Paolo'' (fatto proprio dagli gnostici), e dall'altra parte, il Messia umano fortemente storicizzato di cui lo stesso cattolicesimo necessita costantemente al fine di assicurarsi come ''solido'' terreno sotto i piedi il suo artificiale e falsificato concetto di ''successione apostolica''. A nessun cristiano è concesso d'ora in poi, se vuole proclamarsi tale e cattolico, previa scomunica, di negare l'altra metà della natura del proprio Messia, fosse quella umana o quella spirituale. Perchè altrimenti negare la natura spirituale del Messia sarebbe equivalente a seguire l'esempio degli ''eretici'' ebioniti, e cioè sbarazzarsi di ogni cosa numinosa o misteriosa o mistico-allucinatoria del culto. Perchè altrimenti negare l'aspetto materiale e umano del Messia sarebbe equivalente a negare ai vescovi cattolici il vantaggio politico e psicologico di cui avevano bisogno al fine di organizzare e unificare il cristianesimo in un singolo movimento.
È questa organizzazione che comincia a dare credito via via maggiore alla Chiesa cattolica, così da convertirla rapidamente da un'ideologia minoritaria covata da un pugno di vescovi romani in una religione pubblica di formidabile successo.

Poichè le chiese cattoliche, guidate da Roma, erano meglio organizzate e materialmente più ricche delle altre chiese, in grado di autoassistersi in innumerevoli modi (ad esempio mediante le opere caritatevoli), e in possesso di un numero più vasto di folli apologeti altamente educati, intorno al 300 Era Comune la Chiesa era ormai in grado di impressionare, guadagnare, e generalmente cooptare nel proprio settore di influenza le chiese gnostiche precedentemente recalcitranti, le quali, una volta inghiottita la  cattolica ''successione apostolica'', divennero quel che i proto-cattolici chiamano ''docetici''. Il "Docetismo", la vista altamente spiritualizzata del Cristo, è quel che rimane dello gnosticismo nelle chiese che avevano accettato la cattolica ''linea del partito''.

Fase  IV (dal 300 Era Comune)

Con la scelta di Costantino di favorire politicamente ed economicamente il cattolicesimo rispetto agli altri cristianesimi, non occorre molta fantasia per figurare il seguito, ed infatti è Storia nota.


Perciò altre sedi mi risparmieranno dall'onere di elencare con minuziosa dovizia di particolari tutto il male recato dal cattolicesimo all'umanità dal primo giorno che prese potere politico fino ai nostri giorni. Personalmente io credo che le persone intelligenti non debbano abbandonare necessariamente il cristianesimo per il male recato in nome di Gesù dai tempi di Costantino in poi, ma per essere pienamente coerenti con lo stesso messaggio cristiano perfezionato dai suoi migliori mistici medievali, così da non avere più alcun scrupolo di sorta nella rinuncia di una religione così folle e irrazionale.

Se infatti il mistico cattolico Angelus Silesius osava dire:
 Uomo, l'acqua all'origine è pura e chiara: Ma se non bevi alla fonte, sei in pericolo.

...io ho realizzato che anche i migliori cristiani - migliori sul piano morale -, rei di credere in un immaginario ''Gesù storico'', non possono affatto pretendere di abbeverarsi alla fonte stessa della loro fede - dove l'acqua sarebbe, per definizione di fonte, ''pura'' e ''chiara'' -, e perciò giustamente ne morranno.

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