domenica 10 maggio 2015

Il miticista Georges Ory sulle Origini Cristiane

Il Dio-Uomo non riceve il nome di Gesù fino a dopo la sua crocifissione. Quello da solo, a mio giudizio, è fatale alla storicità di Gesù.
Paul L. Couchoud
TRADIZIONE: Parola di Gesù Cristo, raccolta dagli uomini illuminati che l'hanno trasmessa senza alcuna alterazione ai cristiani di oggi. La tradizione si è conservata per miracolo: gli uomini comuni di solito aggiungono o tagliano le cose che vedono e sentono. Per gli apostoli non fu così e i nostri preti sono troppo onesti per alterare la tradizione.  
 (Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Ho letto Analisi delle Origini Cristiane, di Georges Ory, recentemente tradotto in inglese dal francese.

Sintetizzo i punti dove sono totalmente d'accordo con questo studioso miticista e che dunque faccio miei:

1) Nessun giudeocristianesimo prima del 70 E.C.
Noi abbiamo cominciato a pensare che non ci fu nessun cristianesimo, strettamente parlando, prima della caduta del Tempio nel 70. Certamente, là esistevano, in Giudea, ai margini della religione ufficiale, gruppi di messianisti, apocalitticisti, gnostici (prima che il nome apparve nel secondo secolo), e culti misterici, ma le persone che comprendevano quei gruppi erano non ancora cristiani, perfino se essi non erano ebrei ortodossi.
(pag. 3, mia libera traduzione)

2) Il tema del dio che muore e risorge è fondamentalmente di origine non-ebraica e quindi pagana e gnostica.
Il colto olandese Tiele ha correttamente classificato le religioni in due categorie:
a) le religioni teocratiche nelle quali il divino è separato dall'umano da un abisso incolmabile; esempi sono trovati tra i popoli semitici.
b) le religioni teantropiche, che credono in una comunicazione o relazione tra esseri celesti e creature terrestri, grazie ad un dio-uomo oppure un uomo-dio; esempi sono trovati tra i popoli ariani.
La seconda concezione, che ha ottenuto dominio, non poteva provenire da Gerusalemme; non ha nessun posto nella visione religiosa degli ebrei.
In ultima istanza, il Nuovo Testamento stesso ci trattiene dal credere nell'esistenza di una Chiesa-Madre cristiana a Gerusalemme. 

(pag. 24, mia libera traduzione)


Così Robert Price:
Qualsiasi nome essi potevano aver utilizzato, le varie sette gnostiche credevano che la loro dottrina, o gnosi, provenisse loro da un celeste rivelatore che giunse sulla Terra in carne umana o qualcosa di simile ad essa e risvegliò coloro che possiedono la divina scintilla alla loro vera origine e destino.
(Robert Price, The Amazing Colossal Apostle, pag. 133, mia libera traduzione)

3) Le Odi di Salomone, scritte probabilmente intorno al 100 E.C., riflettono un culto ebraico del Cristo sofferente anteriore a quello di Gesù.
Non solo Sanders conclude che le Odi di Salomone sono evidenza di un cristianesimo ebraico pre-Gesù che incorporava i temi principali di inni cristologici crucialmente importanti del Nuovo Testamento, egli fa qualcosa che pochi altri studiosi fanno: egli guarda a nord. Dovrebbe essere, ma spesso non lo è, ovvio che c'erano influenze culturali sulla Galilea, e sulla Samaria, e perfino sulla Giudea provenienti dal nord, da Siria, Tiro, Sidone, Damasco, Antiochia, influenze sull'ebraismo che non erano ebraiche in origine.
...
C'erano, naturalmente, religioni nel mondo antico vicino alla Palestina che erano non ebraismo e il popolo ebraico e i culti ebraici erano influenzati a minori o maggiori gradi da quelle religioni. Nel leggere le Odi di Salomone, Jack T. Sanders è colpito dalla frequenza del loro utilizzo della parola ''Signore''. Quella parola conduce a qualche ambiguità per due ragioni. Primo, non è sempre chiaro quando il termine ''Signore'' allude a Dio e quando il termine ''Signore'' allude alla figura secondaria del Figlio o Messia. Secondo, influenzati dai loro retroterra cristiani, i moderni studiosi tenderanno ad assumere che ''Signore'' allude al Signore Gesù Cristo perfino se non c'è nessun posto nelle Odi dove questo è evidente.
Sanders suggerisce che la parola ''Signore'' in ebraico, che è ''Adon,'' il cui plurale, ''Adonai'' è comunemente utilizzato nell'ebraismo come il nome o il titolo del Dio ebraico, potrebbe aver penetrato la comunità delle Odi di Salomone da un'altra tradizione religiosa diversa dall'ebraismo, la tradizione che adorava Adon, il Signore, come Dio, la religione del culto di Adone. Sanders scrive che ''Adone, dovrebbe essere ricordato, è la designazione occidentale di Tammuz (oppure, visto altrimenti, Tammuz è regolarmente designato semplicemente 'il Signore'), e la sua influenza fu percepita sulla religione ebraica prima del tempo di Ezechiele, come è attestato da Ezechiele VIII.14: '
Allora mi condusse all'ingresso della porta della casa dell'Eterno, che è verso il nord; ed ecco, là sedevano donne che piangevano Tammuz'. Sanders non pone questo punto di vista troppo lontano, lui scrive che ''l'eclettismo presente nelle Odi di Salomone impedisce una spiegazione finale del carattere del redentore da essi presentato semplicemente nei termini di una fusione tra concetti dall'ebraismo e concetti dal culto di Adone; ancora, le Odi di Salomone sembrano attestare che l'ebraismo poteva, sotto qualche influenza esterna, dare nascita ad almeno un mito di redenzione simile a quello illustrato negli inni cristologici del Nuovo Testamento, e tuttavia in apparenza indipendente dalla tradizione del Nuovo Testamento''. Guardare a nord, come ha fatto Sanders, ci ricorderà del fatto che il popolo di Giudea, e tanto più così il popolo di Galilea, erano influenzati da un esercito di differenti idee e sistemi religiosi. 
(Stevan L. Davies, Spirit Possession and the Origin of Christianity, pag. 260-261, mia libera traduzione)

4) Originario significato ebraico messianico/politico del nome Yeshua indicante generica Salvezza militare dai pagani.

È importante rendersi conto una buona volta che il nome Gesù è una versione latinizzata del nome ebraico Giosuè. Sebbene è usato per indicare un individuo specifico, nessuno nell'Israele del I secolo avrebbe riconosciuto il nome Gesù. La stragrande maggioranza dei dementi folli apologeti cristiani quando scrivono intorno a Gesù, proiettano l'espressione latinizzata nel greco antico e nei testi ebraici, come se avessero il suo significato cristianizzato moderno già nella Gerusalemme del primo secolo.
In realtà Giosuè fu il nome intorno al quale si focalizzarono alcune delle nuove sette politico-religiose ebraiche, non essendo altro che lo stesso Giosuè biblico che condusse gli israeliti alla conquista della Terra Promessa dopo la morte di Mosè. La radice del nome ebriaco HO-SH-U-A è relativa alla parola 'salvezza' ed è facile aspettarsi come le sette incentrate sulla liberazione messianica dallo straniero pagano potevano distinguersi brandendo il nome di Giosuè - una setta di salvezza essendo PER DEFINIZIONE una setta di Giosuè - ma senza avere alcuna relazione specifica ad un profeta contemporaneo o perfino ad una persona particolare.
Robert Eisenman ha notato la presenza nei rotoli del Mar Morto, in particolare nel Documento di Damasco, della seguente frase:
''...Il Suo Nome, finchè Dio rivelerà Salvezza''

dove l'ultima parola è veramente Yesha, o Giosuè. Si tratta della prova lampante dell'utilizzo tutto GENERICO del nome ''salvezza/Giosuè'' adottato dai culti messianici in un momento successivo.
Un Giosuè messianico significò effettivamente una salvezza messianica. Se il nome Giosuè giunse ad essere riferito ad una setta, è altamente probabile che evocherebbe la tradizione del compagno di Mosè.

L'accademico Robert Kraft, esaminando la questione delle tradizioni relative ad un Messia-Giosuè nel I secolo, è giunto alla conclusione che era probabile che ''in una o più scuole di speculazione escatologica ebraica pre-cristiana, l'idea era stata trattenuta e sviluppata che l'atteso Messia di Dio realizzerebbe o almeno rifletterebbe il ruolo del successore di Mosè, Giosuè'' (fonte).

Oltre al biblico Giosuè, un altro Giosuè fu decisivo nella tradizione ebraica. Il Libro di Zaccaria descrive il sommo sacerdote Giosuè, assieme al governatore persiano Zorobabele, come i due '
'unti che stanno presso il Signore di tutta la terra'' (Zaccaria 4:14). Anche questo Giosuè, come il suo predecessore omonimo, fu esaltato per aver liberato gli ebrei ancora una volta dalla prigionia - la prima volta dagli Egiziani e dai Cananei e la seconda volta dai Babilonesi.

Quindi c'erano state sicuramente sette di 'salvezza'/Giosuè a Gerusalemme e nella diaspora già prima del 70, ed è probabile che ancor più si diffusero fuori da Israele, a seguito della repressione romana di ogni rivolta messianica ebraica, portando così nel mondo pagano la conoscenza dell'allusione velatamente politico-religiosa associata al nome di Giosuè: Salvezza da un mondo in sè considerato corrotto.

Il nome Giosuè comunque, anche se indicava generica Salvezza per un ebreo apocalittico messianico (filozelota o comunque antiromano), non era ancora stato personalizzato, tantomeno storicizzato.

5) Ad un certo punto dopo il 70 E.C. avvenne la Cooptazione gnostica del nome ''Gesù'' e del nome ''Cristo'' che personalizza il concetto di Giosuè/Salvezza, ma senza ancora alcun contesto biografico o storico applicato alla persona in questione.
Il nostro pseudoepigrafo o redattore cattolico ha incorporato in [Filippesi] 2:6-11 quello che virtualmente tutti gli studiosi riconoscono come il frammento di un inno. Esso è arcaico in confronto al circostante testo cattolico, il cui autore non più ne afferra il significato. Per come lo vide F. C. Baur, l'inno incarna chiaramente una mitologia gnostica. In esso, un anonimo salvatore si avventura dal pleroma di luce divina nel Kenoma, che è il profondo vuoto al di fuori della Divinità. Nel fare ciò egli sta capovolgendo la caduta di Sofia, l'ultima degli eoni divini emessi dalla Divinità. Sofia ha perdurato così a lungo nei misteri del Padre, che andarono così lontano distanti da lei. Nella sua hybris simile a Pandora, lei diede la nascita ad un goffo demiurgo, il Creatore Gnostico di un mondo miserabile di disgustevole materia. Ma il salvatore segretamente penetra il mondo dei malvagi arconti, gli angeli che governano le sfere planetarie, per giungere sulla Terra e assumere l'illusoria apparenza di carne umana. Alla morte, realizzata la sua missione salvifica, egli ritorna trionfalmente al pleroma e riceve il nome titolare di Gesù, che significa ''salvezza''.
Come riconobbe P. L. Couchoud, l'inno precede il processo di riconcepimento del dio Gesù come una figura storica dal momento che ''Gesù'' diventa il suo nome
solamente dopo che la sua missione terrena è completa. Coloro che per la prima volta cantarono quest'inno non pensarono mai ad un uomo di nome Gesù girovago per le strade di Galilea, insegnando ed esorcizzando demoni, tanto meno finito crocifisso sulla Terra per ordine del governatore romano. Quel che il redattore cattolico apprezza circa l'inno, l'auto-sacrificio di Cristo a beneficio altrui, è là, ma lui ha mancato la cornice cosmico-teologica. Riconosce il fondamentale modello di discesa e ascesa, ma gli elementi gnostici passano inosservati sotto i suoi occhi.

(Robert Price, The Amazing Colossal Apostle, pag. 133, mia libera traduzione e mia enfasi)
Il prof Price porta fino in fondo cosa tutto questo significa:
 L'intuizione di Couchoud, se la si accetta, potrebbe consentirci di fare un intero nuovo senso dai testi gnostici di Nag Hammadi gnostici che presentano un amato salvatore, se Mechizedek, Seth, Derdekas, o Zoroastro, che è soltanto alla fine della giornata identificato con Gesù. Abbiamo bisogno di una sorta di nuova chiave per sbloccare il significato di questi testi enigmatici e il mistero di dove e come si inseriscono nell'evoluzione del cristianesimo primitivo. La teoria di Couchoud potrebbe fornirla. Come chiamava la porzione non citata dell'inno ai Filippesi la sua figura di Cristo prima della sua esaltazione e possessione del nome-da-trono «Gesù»? Poteva forse essere stato uno di quei nomi? Ciò implicherebbe che il Cristiano Gesù era solo una fase più recente nello sviluppo di un molto più antico personaggio mitico, proprio come Seth, Enos, e le altre antiche figure venerate dagli gnostici nonostante una mancanza assoluta, nella natura del caso, di qualsiasi dato biografico o storico su di loro.
(Robert M. Price, The Incredible Shrinking Son of Man, mia libera traduzione e mia enfasi)

6) Mcn come il Più Antico Vangelo.
Marcione (attorno al 140) nel suo Evangelion ha un Gesù che discende dal cielo come il figlio di Dio nella forma di un uomo adulto, ma egli è non un uomo; egli possiede un corpo etereo, incorruttibile. Egli è uno spirito salvatore, un fantasma. Per Giustino altrettanto bene, attorno al 150, Gesù il dio è fatto di etere e assume forma umana. È perfettamente naturale che, successivamente, i discepoli e le persone non più a lungo hanno compreso quelle sottigliezze teologiche e sarebbero giunti a considerare Gesù come un uomo.
Pare che la responsabilità per questo fallimento di comprensione risalga a Marcione, il quale fu il primo ad aver concepito l'epifania terrestre di Gesù. In lui, noi rischiariamo il “punto di svolta” della metamorfosi da un dio ad uno storico individuo.

(pag. 38, mia libera traduzione)

7) Il resto è Storia Nota. 

Nel senso che poi in reazione a Marcione subentrarono i cattolici a fagocitare tutto quanto nella loro Grande Chiesa e coi loro ridicoli vangeli canonici uno più storicizzante dell'altro. La Lettera di Barnaba è un documento squisitamente cattolico di fine II secolo, eppure creduto un documento ebraico di inizio I secolo dal consensus.  In realtà ogni documento che mostra la teologia del sacrificio espiatorio Gesù, è praticamente protocattolico e dunque post-marcionita.

In un successivo post intendo discutere il punto critico di svolta ipotizzato da Georges Ory che segna il passaggio da un concetto personalizzato ma mitologico di ''Gesù Cristo'' al concetto storicista e antropomorfo del medesimo, proponendo un'alternativa mia personale.  Come il lettore avrà capito, una volta riconosciuto che Gesù era una deità gnostica e non-ebraica in origine (e fu chiamata Gesù solo nel II secolo), il problema è riuscire a comprendere come germinò nelle menti di alcuni ebrei l'idea che Gesù doveva essere un particolare individuo storico vissuto nel più o meno recente passato.

Anche se al prezzo di suonare troppo speculativo, azzardare delle ipotesi plausibili a spiegazione di tutto questo vale ancora il piacere di questa particolare inchiesta. 

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