sabato 25 aprile 2015

Sul Potere della Scrittura

LETTERE: Inutili alla Chiesa, i cui santi fondatori furono ignoranti e illetterati. Le sole lettere di cui la Chiesa ha bisogno sono le lettres de cachet.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Prima che Marcione fu fatto l'´arci-eretico`, egli sembra essere stato l'arci-teologo, ´il fondatore di una religione` e di un nuovo culto, il Cristianesimo.
(Markus Vinzent, Marcion and the Dating, pag. 135, mia libera traduzione)
Ho avuto una curiosa conversazione con Stuart Waugh nel suo blog, sui più disparati argomenti che preferivo toccare della sua visione critica radicale, che mi ha dato l'occasione di rivelare da ultimo alla fine, sia pure in modo ancora sparso e superficiale, la somma di alcune riflessioni che ''mi tenevo dentro'' come immediato e spontaneo riflesso speculativo provocatomi dalla lettura di un punto cruciale fatto dal prof Vinzent sul rapporto tra Marco e Marcione. A quel punto l'investigazione non si è potuta limitare al solo blog.

Sono estremamente contento nel realizzare di non essere il solo ad elaborare simili pensieri servendomi del giusto mix di pura logica e semplice intuito. E si badi che, oltre a quello, il mio esperto interlocutore, a differenza mia, è evidentemente di gran lunga più preparato e versato nella conoscenza delle lingue classiche e della letteratura neotestamentaria, apologetico/patristica e pagana del II e III secolo.

E tuttavia, non posso riassumere in un unico post l'insieme delle molteplici impressioni ricavate, per cui dovrò limitarmi per ora a professare pubblicamente un obbligato atto di umiltà nei confronti di me stesso e dei miei lettori: e quell'umiltà consiste nel socratico riconoscimento dei limiti della nostra conoscenza in materia di origini cristiane.

Per dirla tutta, non possiamo mai sapere con assoluta certezza cosa provocò l'irruzione di Marcione - il nostro primo testimone di un cristianesimo esistente - sulla scena del II secolo. Soprattutto, non sapremo mai cosa c'era prima di Marcione e dell'eruzione della sua scuola. Per Waugh, tutte le ipotesi sono equamente probabili. Perfino che ci fu un reale Gesù storico in Israele nel I secolo e un reale Paolo che diffuse il messaggio del primo per l'intero bacino orientale del Mediterraneo. Nell'assoluta ignoranza di ciò che accade in quei tempi oscuri da lui definiti per l'appunto ''preistorici'' proprio a rifletterne l'assenza di un benchè minimo indizio capace di illuminarli sia pure di poco, Waugh ritiene più saggio e più umanamente confortevole sospendere il giudizio sulle reali origini cristiane, preferendo concentrarsi invece nell'apprezzamento di quel che davvero rimane nelle nostre mani: pura letteratura liturgica e apologetica del II secolo. Non ''Storia ricordata'', si badi bene, ma al più ''Storia proiettata'' nella prima metà del I secolo allo scopo di dar lustro (apologetico) ad un ipotetico illustre passato - senza con ciò negare del tutto la mera possibilità astratta, al di là del puro mito e dei puri interessi teologici in gioco, di oscuri (e ipotetici) accadimenti del I secolo connessi con le origini.

Così la sua conclusione sulla questione della storicità di Gesù si può ben definire PURO AGNOSTICISMO.

A me che gli chiedevo con malcelata insistenza di rompere il suo silenzio in un modo o nell'altro sul fitto mistero delle origini cristiane, magari pronunciandosi in favore dell'una o dell'altra ipotesi speculativa intorno ad esse, traduco qui la sua pacata e serena risposta:
Le mie opinioni sono le mie. Ed esse evolvono. Dapprincipio io ero davvero speculativo, come te stesso, tentando di disegnare un quadro completo, poi cercare di adattarvi ogni cosa al suo interno. Ma i pezzi non si incastravano e furono i dettagli tecnici a indurmi a iniziare ad abbandonare il quadro da me costruito. E come te mi sforzavo di mettere insieme pezzi delle teorie tradizionali per spiegare i dati.  Ma non lavoravano, e pezzo dopo pezzo io lasciai perdere, finchè dovetti costruire un nuovo modello.

Mi piace quell'ultimo commento di van Manen che cita Price. Quello non è lontano dalla mia vista del Paolo di Marcione. Io penso che Marcione fu il Vescovo che organizzò un movimento. Ma egli proveniva da un campo esistente che era diverso, un fatto riflesso pure nella forma marcionita di Paolo. Il vangelo di Giovanni fu probabilmente scritto non molto più tardi di Galati, e tuttavia la teologia è radicalmente diversa da quella di Marcione come mostra l'esame di Giovanni il Battista. Così Marcione non fu unico. 

Una questione che ho è: era Giosuè il nome del Cristo prima che giunsero intanto gli eretici e fabbricarono i loro proto-vangeli? Io penso che potrebbe non esserlo stato. Giovanni 1:17 suggerisce che gli eretici scelsero il nome come allegorico, con Mosè associato alla Legge, il suo successore con la nuova grazia e verità. Così il concetto del movimento di Gesù pre-cristiano proto-ortodosso è forse un ossimoro.

Io non intendo quella come una posizione da difendere, ma invece come un esempio di quanto poco noi sappiamo di quel che fu il cristianesimo prima che eruppe Marcione. E anche per mostrare com'è pericolosa e tenue ogni speculazione su quel che sembravano e credevano le comunità cristiane del primo secolo. Io non conosco abbastanza per speculare, e io so più della maggior parte. La perdita di conoscenza non ferma le persone dal dover conoscere meglio e mettere in discussione le fondamenta di quel che dicono quando speculano sulle fondazioni del cristianesimo del primo secolo.

Il mio amico Dr. Detering è recentemente andato nell'altra direzione dello studio ed è stato a concentrarsi sui padri della Chiesa fino ad Agostino, che egli pensa è così interpolato che ciò che abbiamo non può essere considerato la sua opera, piuttosto di mani posteriori. Io penso egli sia giusto a lavorare in quella direzione, in quanto noi abbiamo da fin troppo tempo assunto che gli scritti dei padri della chiesa fossero essenzialmente profondi e corretti. Ma essi mostrano segni di più tarda interpolazione, proprio come il NT. Noi abbiamo bisogno di considerare loro prima di poter operare indietro con fiducia.
Non posso che ammirare simile franchezza e fermi propositi, e tuttavia sento troppo forte in me l'impulso a prendere, in qualche modo, una posizione leggermente più netta e differente dalla sua, sia pure nel crepuscolo di così tante certezze che, bene o male, potevo ancora portarmi dietro prima di questa conversazione ma alle quali ora non posso più guardare nella stessa ottimistica luce precedente.

In altre parole, devo fare anch'io i conti col Dubbio. Dubbio che finora solamente avevo  sguinzagliato a caccia dei dementi folli apologeti cristiani e dei loro stupidi e ottusi alleati ''agnostici con propensioni atee'' (ogni riferimento a quell'idiota di Bart Errorman è puramente casuale).

Ma che ora devo rivolgere contro me stesso e le mie più radicate convinzioni.
La questione era ed è semplicemente questa: cos'è che può essere davvero chiamata Storia? Dove risplende la luce? Vedere che si è stati in errore nella propria maniera di apprendere il passato è non una perdita ma un ottenimento. È sempre meglio, più sicuro, e più profittevole, sapere di non sapere, che andare a costruire su una base che è immaginaria.
(Van Manen, A Wave of Hypercriticism, edito da Robert Price, pag. 126, mia libera traduzione)

E allora io cerco di fare la scelta giusta, come sempre io ritengo di aver fatto in situazioni critiche nella mia giovane vita.

Decido di condurre solo con l'evidenza e soltanto con la pura evidenza. Il mio non è altro che un impegno al più semplice modello di onestà intellettuale: rendere le mie certezze direttamente proporzionali all'evidenza in mio possesso. Pretendere di essere certi di una cosa quando in realtà non lo si è affatto - addirittura, pretendere di essere certi su qualcosa di cui non esiste affatto nessun'evidenza concepibile -  è un fallimento morale e intellettuale insieme. Io mi vanto di essere uno dei pochi a realizzarlo. Perchè io ho percepito le menzogne della religione e mi rifiuto di farle mie.  

Ciò di cui non esiste nessuna evidenza, nè scritta nè archeologica e tantomeno orale, semplicemente io non sono tenuto affatto a prenderla minimamente in considerazione degnandola del valore di ''evidenza'' di qualche cosa, riconosciuta da ultimo la sua basilare natura di non-evidenza. Io non sono tenuto affatto ad ipotizzare un Gesù di Nazaret se non vedo alcuna evidenza della sua esistenza: ed è quella la posizione più umana, naturale e razionale possibile che potrei prendere.

E come dell'esistenza di Gesù di Nazaret, così di un cristianesimo già esistente nel I secolo, addirittura pre-70.

Nessuna evidenza significa nessuna evidenza. Ciò che non supera il dominio della pura ipotesi astratta non merita di valere come evidenza, ma di rimanere nel mondo che gli appartiene di diritto, fino a prova contraria: il mondo della pura immaginazione e del fantasy. Il mondo del romanzesco e della fiction. Il mondo assai edulcorato dove vivono e si ostinano a voler vivere i folli apologeti cristiani e tutti coloro che per interesse o per ignoranza si lasciano passivamente imbonire e suggestionare dalle loro chiacchiere e dalle loro frottole e da ultimo perfino dalle loro menzogne.

Nel Passato Reale può essere sempre in teoria accaduto di tutto. Ma ogni ricostruzione di quel Passato Reale che ambisce ad essere storica (con tutto l'abisso incolmabile che sempre dividerà qualunque Storia ricostruita dal corrispondente Passato Reale che intende descrivere) non può e soprattutto NON deve assumere, ma al contrario deve repentinamente sbarazzarsene, cià che non è richiesto a spiegare l'evidenza, tutta l'evidenza, disponibile ora nelle nostre mani. Un ipotetico Gesù storico, così come un ipotetico ''giudeocristianesimo'' pre-70, è completamente inutile a spiegare l'evidenza che abbiamo, la pura letteratura che abbiamo. La spiegazione migliore è quella che si basa sul minor numero possibile di ipotesi necessarie e sufficienti.

Chi sente qui l'eco delle sagge parole dell'accademico Thomas L. Brodie non si sbaglierà affatto.

E allora dedico direttamente alle sue sapienti parole il resto di questo modesto blog (punto di fine e insieme punto di inizio di una nuova fase nella mia ricerca), conscio che lui è uno dei pochi intellettuali ad aver veramente riconosciuto nella letteratura la giusta chiave, l'unica chiave, in grado di spalancare a noi le porte delle vere e più autentiche origini cristiane e non da ultimo del loro grandioso Mito di Gesù, al disincantato sguardo del nostro Più Profondo Sé:
ORIGINI CRISTIANE: SCRITTURA COME UNA CHIAVE
Non tutti gli ebrei seguirono la tradizione scritta spesso associata con Jamnia. Invece, alcuni svilupparono e seguirono la tradizione di un nuovo Giosuè, Iesous - la via che alla fine portò al Nuovo Testamento. Non è chiaro cosa suscitò questo sviluppo - cosa ispirò coloro alle origini del Cristianesimo. Un collega ha suggerito che anch'essi stavano rispondendo alla caduta del tempio. Certamente la distruzione del tempio ebbe un maggior effetto: ´Più di ogni altra singola azione, fu la distruzione del Tempio di Gerusalemme...nel 70 EC... che attivò la lenta... trasformazione della religione alla quale noi dobbiamo, tra le altre cose, la cultura europea` (Stroumsa 2009: 63). E Lloyd Gaston (1970), per esempio, ha da tempo indicato il significato della caduta del tempio per i vangeli. Ma una teoria che pone la caduta del tempio alle esatte origini del cristianesimo dovrebbe condurre con difficoltà sulla datazione, in particolare sulla datazione delle antiche epistole. Così, mentre concedendo un ruolo alla caduta del tempio, sembrerebbe che un ruolo dovrebbe anche essere dato alle ispirazioni e divisioni che esistevano all'interno dell'ebraismo prima del 70 EC.
Una cosa è certa:  quando la storia finale è raccontata ci sarà un ruolo speciale per il processo di scrittura. Parecchie ricostruzioni delle origini cristiane hanno raffigurato come tardo e sparso il processo di scrittura dei libri del Nuovo Testamento - decenni dopo che Gesù è detto di aver vissuto, e senza diretti legami tra i vari autori e scritti. E il processo di collegare assieme i libri in quel che ora è chiamato il Nuovo Testamento è stato visto come non accadendo fino a considerevolmente più tardi.
Comunque, in numerosi movimenti umani un processo di scrittura giunge presto ed è accuratamente sviluppato. Probabilmente sarebbe utile controllare la natura e il ruolo del processo di scrittura in vari eventi - i ruoli forse della Magna Charta, delle tesi di Lutero, delle
Salmanticences spagnole, dell'Encyclopédie francese in relazione alla Rivoluzione Francese, della Costituzione Americana, del Manifesto Comunista, della Proclamazione di Indipendenza Irlandese del 1916, in aggiunta, più di recente, al ruolo dei tape recordings e di Internet - ma quel che è certo è che, mentre il popolo ebraico divenne noto come il Popolo del Libro, i cristiani divennero de facto i principali sviluppatori del codex, il libro rilegato che sostituì i rotoli, e che, qualunque fosse la sua origine, emerse energicamente intorno allo stesso tempo del cristianesimo.
Ad ogni caso, al di là di quel che potrebbe essere accaduto intorno a vari altri eventi e al codex, esiste evidenza significativa che la scrittura, la scrittura coordinata, ebbe un ruolo importante nella fondazione del cristianesimo. Io menzionerò sei punti:

1. Il Cristianesimo fu fondato significativamente su un processo di riscrittura.
2. La riscrittura indica coordinamento - un gruppo oppure una scuola.
3. L'esistenza di altre scuole offre un supporto all'idea di una scuola/un gruppo del Nuovo Testamento.
4. La connessione scolastica di libri biblici con scuole offre ulteriore supporto all'idea di una scuola del Nuovo Testamento.
5. La ricerca della sequenza dei libri.
6. La verità della scrittura.

Cristianesimo come Fondato Significativamente su un Processo di Riscrittura
Nel cristianesimo, come in ogni religione, due degli elementi più centrali sono la sua storia (la narrazione o mythos che lo collega al divino) e le sue istituzioni (come si organizzò di giorno in giorno attorno a persone specifiche) (McGrath 2009; 23.25). La storia si avvolge attorno essenzialmente Cristo Gesù, e in un grado minore attorno ad altri personaggi, specialmente Paolo. Le istituzioni comprendono il battesimo, l'osservanza della Domenica, l'Eucarestia, un calendario liturgico che pende specialmente sulla Pasqua, una network umana che serve le persone, e l'aggregarsi di persone in comunità di varie dimensioni e forme.
Quando il cristianesimo cominciò, quelli elementi base - la narrazione e le istituzioni - avevano una certa novità. Ma esse non erano pienamente nuove. In larga misura erano un adattamento della narrazione e delle istituzioni dell'ebraismo.
Primo, la narrazione. Io non elaborerò i dettagli. In qualche misura, il principio era già presente in Sant'Agostino: ´Il Nuovo è latente nel Vecchio e il Vecchio è rivelato nel Nuovo`. E assieme a molti altri, io ho cominciato a illustrare la crescente evidenza che la descrizione del Nuovo Testamento di Paolo è modellata significativamente sul ritratto dell'Antico Testamento di Mosè, e che la descrizione di Gesù è largamente una sintesi del racconto dell'Antico Testamento di Dio e di tutto ciò che Dio fa, spesso tramite persone. L'evidenza non è completa, ma è già sufficiente, e come passa ogni anno di ricerca, il grado di continuità tra i due diventa più chiaro, lentamente.
Secondo, per quanto riguarda le istituzioni:
Gli elementi centrali del cristianesimo nella loro interezza, compresa l'eucarestia, la croce e il sistema di scomunica, sono direttamente derivate da sette ebraiche del tipo più tradizionale che pretendono di rappresentare il rinnovamento del vero Patto, specialmente in Galilea (Nodet e Taylor 1998: 437).
Tali sono i fatti basilari, assieme al fatto dell'esistenza dei cristiani stessi e dell'evidenza delle loro vite.
Così il punto di partenza per la storia del Cristianesimo è come segue. La storia/narrazione e le istituzioni del cristianesimo sono un adattamento della storia e delle istituzioni dell'ebraismo. Ma le figure prevalenti nella storia, Gesù e Paolo, non erano gli originatori nè della storia nè delle istituzioni. Piuttosto, il racconto su di loro è modellato sulla storia antica in tale maniera - completa, complessa, dettagliata, artistica - che essi emergono come figure scritturali formate da altri. Così, chi erano gli altri? Chi era la persona o le persone all'origine del cristianesimo? Che evento(eventi)?
La Riscrittura Indica Coordinazione - Un Gruppo oppure una Scuola
La prima principale evidenza riguardante l'origine del cristianesimo proviene non così tanto da quello che il Nuovo Testamento dice - altrimenti noi cominceremo il cristianesimo con l'angelo Gabriele - ma da quel che il Nuovo Testamento è, e ciò che fa. Essenzialmente esso consiste di 27 scritti che, nonostante parecchie differenze, sono tutte radicati, direttamente oppure indirettamente, nell'Antico Testamento, e sono anche variamente radicati uno sull'altro. La connessione all'Antico Testamento è importante e dev'essere riconosciuta in misura crescente, ma, nel rintracciare le origini del cristianesimo, la connessione tra i documenti stessi del Nuovo Testamento è particolarmente decisiva.
Il fatto centrale è come segue: le connessioni dei testi da uno all'altro sono così numerose e così profonde che come stavano per essere scriti, gli scrittori generalmente devono aver avuto accesso a quelli già scritti. Essi costruivano uno sull'altro. La maggior parte dei ricercatori, per esempio, ora direbbe che esiste solida evidenza che Matteo e Luca usarono Marco, e che esiste qualche forma di copiatura, diretta oppure indiretta, tra Matteo e Luca. Quella è la parte facile - riscrittura che invoca investigazione. Ma data la crescente consapevolezza dei modi complessi in cui i testi antichi venivano spesso trasformati, e data la calma e chiara pazienza da parte dei ricercatori nell'applicazione di testati criteri per stabilire trasformazione e dipendenza letteraria, le connessioni cominciano ad emergere. L'evidenza non è così precisa come nelle connessioni scientifiche - per esempio, connessioni fatte tramite DNA - ma complessivamente una sua porzione critica è già rintracciabile.
Come il pattern di connessione diventa più chiaro così lo diventa una conclusione basilare: il Cristianesimo fu fondato non proprio da uno o due persone ma da un intero gruppo. È possibile che il gruppo derivò parecchio della sua ispirazione da una oppure due figure chiave, ma, contrariamente alla pratica più moderna, gli antichi scrittori biblici spesso mantennero l'anonimato oppure uno pseudonimo, e sembra improbabile che noi mai sapremo molto circa leaders individuali. Quel che possiamo fare, comunque, è tentare di dare un senso della natura del gruppo.
L'evidenza indica che il gruppo formò o contenne un qualche tipo di scuola oppure di comunità letteraria, diverse persone che erano in comunicazione l'una con l'altra. Questo sembra essere la sola spiegazione che spiega sia la diversità e sia la coordinazione dei ventisette documenti. La più facile spiegazione è che il gruppo fu concentrato in un solo posto, ma il gruppo poteva anche essere stato sparso. Le comunicazioni erano buone, e i libri antichi potevano essere prodotti e circolare efficacemente (Alexander 1998:71-105).
Lo stesso gruppo oppure scuola deve anche essere stato coinvolto nella trasformazione delle istituzioni. Come un principio generale, nella composizione di una religione, narrazione e istituzioni sono inestricabilmente connesse, e la narrazione ha una certa precedenza ad un livello rispetto alle istituzioni. In realtà, la ridefinizione delle istituzioni del Nuovo Testamento è in linea con la ridefinizione della narrazione scritturale dell'Antico Testamento, e in qualche misura è meglio vista come conseguente da esso.
Conclusione: il cristianesimo, nella misura in cui era una nuova religione, fu fondato da una scuola di scrittori, oppure più probabilmente da una comunità religiosa molti dei cui membri erano scrittori. Il processo di scrittura fu probabilmente intrecciato con eventi specifici e/o esperienze religiose - una materia che necessita di ulteriore ricerca.
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La Verità della Scrittura
Le persone hanno misti sentimenti intorno all'arte, scrittura, librerie e librari, e ciò è vero anche delle persone religiose. I cristiani attraverso i secoli si sono sforzati di comprendere Dio e Gesù e un'espiazione, ed è anche stato una lotta sapere dove le scuole e gli scrittori si adattino all'interno della presenza attiva di Dio. L'idea che il cristianesimo fu fondato da una comunità che era significativamente orientata verso la scrittura potrebbe sembrare strana oppure dissonante. Il cristianesimo è a volte diffidente che l'enfasi sulla scrittura esalterà l'abilità della letteratura e dell'intelletto superficiale (compreso il legalismo) al di sopra dei supremi valori di amore e giustizia. Come lo racconta il Nuovo Testamento, Gesù non pose mai una penna su un foglio. Il Sinedrio considerava i turbolenti discepoli come illetterati (Atti 4.13). E, come già menzionato, Luca non menziona mai che Paolo scrisse una parola. La sola volta che Luca connette Paolo al processo della scrittura è per dire che lui stava trasportando lettere (epistolae) dal sommo sacerdote - lettere relative alla morte (Atti 9.2). Gli scrittori possono significare turbamento. Alcune persone disprezzano i librai. Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica ideale. È stato detto che Pancho Villa costruì la sua rivoluzione sulla solida roccia dell'ignoranza. Le immagini del falegname, dei pescatori, e del fabbricante di tenda suggeriscono una rudezza lontana dalla retorica della scrittura ma vicina al vivere onesto, vicino alla rudezza della croce.
Tuttavia la scrittura ha il suo posto. Se il cristianesimo è circa il bene nelle cose, compreso la presenza di Dio nei corpi umani, allora Dio e il bene sono anche presenti in altre cose umane, compreso la scrittura - la quale, prossima al linguaggio, è quasi una caratteristica distintiva dell'umanità; è linguaggio in un'altra forma. Sebbene i corpi possono abusare, essi rimangono essenzialmente bene, e così pure il linguaggio e la scrittura. Non è sorprendente allora che, nonostante la sua cautela, il cristianesimo impreziosisce la scrittura. Realizza che le parole e le pagine possono veicolare oppure far rivivere un messaggio, perfino un messaggio che aiuta a portare nel regno di Dio. E il cristianesimo è stato profondamente coinvolto nello sviluppo della scrittura - dall'apparizione del codex, per illustrare il Libro di Kells, per promuovere la letteratura in parti distanti del mondo (Gamble 1995; Stroumsa 1998). Mentre l'esagerazione dell'intelletto e della scrittura è sempre un rischio, la crescita salutare dell'intelletto e della scrittura è una benedizione, e, come osservato per esempio nel ruolo da esso giocata nella comunità gesuita dell'Università di El Salvador attorno al tempo delle uccisioni (Dicembre 1980), lo studio e la scrittura formano un raggio di speranza.
Ad un bilancio, perciò, l'azione di una comunità nell'assumere la loro antica eredità, la loro antica narrazione, e trasformandola, attraverso la scrittura, in una nuova eredità, un nuovo patto, potrebbe essere audace, potrebbe aver posto la creatività a nuovi limiti, ma il ruolo centrale della scrittura è non in sè stesso qualcosa di negativo. La questione non è se la scrittura fosse centrale, ma se il messaggio di quella scrittura fosse vero.
La scrittura al suo meglio veicola verità, perfino se lo fa attraverso un racconto. Un giorno, non molto tempo dopo che Davide aveva commesso adulterio ed effettivamente uccise il marito della donna, Nathan il profeta giunse e gli raccontò un racconto che suonava distante circa due uoini ed alcuni animali. Davide ascoltò, e nell'ascolto gli fu finalmente messo di fronte la verità della sua stessa vita (2 Sam. 12.1-15). E quando un uomo di legge interrogò Gesù sull'identità del suo prossimo, Gesù gli raccontò una storia (Luca 10.29-37).
Il punto è ben risaputo; le storie possono veicolare verità, e spesso fanno così assai più efficacemente dei fatti della Storia. I fatti potrebbero invero essere fatti, a essi sono spesso così disgiunti e logori da comunicare quasi nulla. Tuttavia, come mia sorelle mi ricordò di recente - la stessa sorella la cui infantile lettura fu una volta un oggetto di tale meraviglia per me - la grande scrittura, perfino se è un'opera dell'immaginazione, può raggiungere il cuore.
Al pari della parola ´fiction`, la parola ´immaginazione` è ambigua; può suggerire cosa è irreale, come immaginare che la luna sia fatta di formaggio verde. Ma, come mostrano le parabole, l'immaginazione può anche essere una guida alla verità. Può scegliere immagini e storie riempite di immagini che pervengono al cuore della verità. È spesso più efficace dell'analisi astratta oppure fattuale, e può operare mediante diverse forme di scrittura, specialmente mediante
poesia fantasiosa, prosa immaginifica, e scrittura immaginativa.
Immagini e parole che emergono dal più profondo livello di esperienza non sono solo segni. Portano la realtà in essere. Nelle parole di Catherine Hilkert, ´incarnano` la realtà:
Le parole umane pronunciate dal centro di noi stessi... permettono ad una più profonda dimensione della realtà di emergere. Quelle... parole non sono meramente segni che puntano ad una realtà che esiste indipendentemente della nomina. Piuttosto, in una maniera pubblica, consapevole, storica, quelle parole ´incarnano` la più profonda realtà spirituale da cui esse emergono. Le parole primordiali diventano sacramenti - funzionano come simboli che permettono ad un mistero più profondo, all'offerta della grazia, di diventare più concretamente presenti e disponibili nell'esistenza umana (Hilkert 1997: 33).
Questo processo con cui le parole portano la realtà in essere è connessa in qualche modo allo stesso principio della Bibbia: le parole portarono il mondo in essere (Gen. 1).
Il punto essenziale è fondamentale. ´Arte`, ´finzione` e ´immaginazione` potrebbero a prima vista suggerire qualcosa di irreale, ma di fatto possono essere le più sicure guide alla più profonda verità. I racconti di Gesù potrebbero in un senso essere fiction, e potrebbero essere formati da numerosi più antichi racconti, compreso per esempio il racconto della morte di Socrate. Ma l'arte al suo meglio può pervenire al cuore della verità, e i simboli pure a loro volta. La parola ´fiction` è ambigua. Può indicare cosa è non vero; ma può anche riferirsi ad una scrittura che, sebbene non storica, è una lacerante descrizione della realtà, della verità radicale, e i vangeli sono un supremo esempio di una tale scrittura.

(Beyond the Quest for the Historical Jesus, Memoir of a Discovery, pag. 182-196, mia libera traduzione e mia enfasi)

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