venerdì 10 aprile 2015

Del perchè le epistole «di Paolo» erano − e sono − così silenti sul Gesù evangelico

EDUCAZIONE CRISTIANA: Consiste nel far contrarre fin dall'infanzia ai piccoli cristiani la salvifica abitudine di sragionare, credere a tutto quello che si dice loro, odiare tutti coloro che non credono in quello in cui credono loro. Il tutto per offrire allo Stato cittadini formati, pieni di buon senso, ragionevoli, tranquilli e soprattutto sottomessi al clero.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Bene, o mio amico, allo stesso modo, tu puoi già considerarti un Critico Radicale di tuo proprio diritto. Tu hai abbandonato il teologico Paese dei Balocchi del letteralismo fondamentalista. Tu sei fiducioso nella tua raffinatezza. Tu ti sei sbarazzato delle cose infantili del tradizionalismo. Ma non così presto! Forse tu sei ancora impegnato completamente nell'inerzia della fede e nella lealtà alla tradizione quando si arriva a certe materie di autenticità e autorevolezza.
Oseresti andare oltre? Sarai tu altrettanto aperto alle scioccanti nuove prospettive come tu lo fosti una volta, comunque con riluttanza all'inizio, quando tu per la prima volta considerasti il Criticismo Radicale? ''Tu conosci gli assicurati risultati del criticismo''. ''Io le ho apprese sin dalla mia giovinezza.'' ''Ti manca una sola cosa. Se vuoi essere perfetto, và e leggi Van Manen''.

(Robert M. Price, parole introduttive finali al A Wave of Hypercriticism, the English Writings of W.C. Manen, edito da Robert Price, 2014, mia libera traduzione)

Ora finalmente riesco a scorgere un pò di luce. Ora intravedo qualcosa della verità, sia pure una minuscola parte della stessa, su qualcosa all'opera circa duemila anni fa che fu molto più grande di me e della mia immaginazione.

Il ''sorprendente silenzio'' di un Gesù storico nelle nostre odiate e amate ''epistole paoline'' si appresta finalmente a trovare la soluzione che cercava da tempi immemorabili.

E come succede quando si scopre la banale verità e nient'altro che la verità, il mistero è che non c'è nessun mistero, nessuna meraviglia o niente che vi rassomigli, nient'altro stupore che non sia quello indotto dal fatto stesso, puro e semplice, quando considerato nella sua più disincantata, materialistica essenza.

Non è vero che le epistole sono silenti su Gesù perchè ignari di un Gesù come quello descritto nei vangeli.

Non è neppure vero uno qualunque dei ''motivi'' apportati finora dai folli apologeti cristiani o complottisti di vario genere per spiegare quel sorprendente silenzio.

Per dirla in termini brutali ma efficaci, quel silenzio sarebbe invero sorprendente se quelle epistole fossero tutte di un solo, unico autore. Un Paolo reale autore di lettere nel I secolo che non parla mai esplicitamente di un Gesù storico sarebbe a dir poco stupefacente. Sarebbe de facto impossibile. E difatti lo è.

Per la semplice ragione che quelle epistole non risalgono affatto al I secolo. Nè furono scritte in un primo tempo da un invididuo di nome Paolo.

Quelle epistole sono trattati teologici, composti e assemblati e collezionati e venduti come ''la Verità'' nel II secolo, nel campo eretico. Marcioniti.

E poichè dunque sia le epistole sia i vangeli videro quasi parallelamente la loro nascita, strettamente le une a ridosso degli altri, così da non poter consentirci di dire quale vangelo precedeva quale lettera (anche se di tutte le lettere che Marcione riuscì a collezionare, assieme al Vangelo, lui fu l'autore almeno di Galati), era pressochè inevitabile che materiale evangelico finisse alluso in un modo o nell'altro nelle epistole e viceversa.

Alluso. E soltanto alluso. Non quotato esplicitamente. Non brandito all'ipse dixit maniera.

Perchè i vangeli, diversamente dalle lettere, non meritavano ancora - e per tutto il tempo in cu il nome di Paolo doveva servire a sigillare la Verità, non avrebbero mai meritato - il loro medesimo, autorevole statuto.

Anche se i vangeli mettevano in bocca al loro Gesù ciò che gradivano sentir dire i loro creatori, innanzitutto, il loro Gesù terrestre non aveva ancora attirato su di sè quella forte rivendicazione di verità scritturale che avrebbe conquistato solamente in seguito, troppo evidente era la sua natura fittizia, allegorica, la sua appartenenza di fondo al mondo della fiction, ad uso e consumo dei cristiani meno istruiti. Il nome di ''Paolo'' e di qualche altro grande apostolo (ma quale apostolo poteva mai reggerne il confronto?) serviva per diffondere e propagandare alti concetti teologici, i più essenziali. La funzione dei vangeli era leggermente diversa, ad uso pedagogico delle masse ignoranti.

Ma il Gesù evangelico era avvertito dai molteplici fabbricatori delle epistole come troppo banale, troppo allegorico, troppo fittizio, per essere appellato in quanto foriero di autorità scritturale, perchè ne era sostanzialmente privo. Una lettera di ''Paolo'' non poteva venire accusata di essere una pura invenzione, una pura favola, un racconto senza senso, una pura sciocchezza. Al più si poteva accusare di essere stata orrendamente mutilata, censurata, interpolata, corrotta, in una parola: FALSIFICATA.

Ma un vangelo si prestava assai più facilmente, rispetto ad un'epistola, all'accusa di essere nient'altro che quello che in fondo in fondo, e non a torto, esso fondamentalmente era: una pura invenzione letteraria, una storiella, una favola, una sciocchezza.

Appellarsi al Gesù evangelico in un'epistola non conveniva, perchè avrebbe esposto l'epistola stessa alla stessa facile denuncia sollevata contro il vangelo: le tue parole non hano alcun valore, o ''Paolo'', se ti appelli a favole senza senso (le stesse favole che saranno chiamate vangelo) - perfino se tu fossi Paolo in persona. Così, pressapoco, sarebbe stata la prevedibile reazione di polemici avversari. Così congestionato di dure polemiche e velenose accuse reciproche di falsità e di ciarlataneria era ogni discorso reo di vertere esplicitamente attorno alla presunta verità o meno di un vangelo scritto (al di là se cattolico o ''eretico''), che del Gesù evangelico di turno - e delle sue azioni e dei suoi detti - era meglio, molto meglio, non parlarne, nelle epistole. Appellarsi all'autorità di un vangelo scritto in un'epistola equivaleva ad esporsi fin troppo ingenuamente all'accusa di deliberata volontà di imbonire e truffare la gente - e non c'era alcuna necessità di ridurre la più sofisticata propaganda teologica a meri insulti reciproci. I vangeli, a causa della loro evidente natura fittizia - la gente non era mica così scema come pensi, caro lettore - erano esclusi da ogni seria trattazione di alte verità teologiche, specie se fatta da intellettuali (e i veri inventori delle epistole lo erano) perchè erano divenuti altamente controversi e carichi di sospetto fin dalla loro prima apparizione al mondo.

E così Stuart Waugh mi ha fatto cambiare idea, illustrandomi in una luce totalmente diversa l'apparente silenzio di un Gesù evangelico nelle epistole. Ecco tradotta la sua risposta ad un mio quesito.
Perfino studiosi radicali come Price hanno difficoltà a far cadere l'idea dei vangeli contenenti qualche sorta di informazioni biografiche. Ma Price non è poi così lontano dalla mia posizione, solo che io non vedo altrettanto probabile  che Marcione non possedeva un vangelo - questa posizione vorrei notare è opposta a quella di Markus Vinzent che sostiene che Marcione è l'autore del vangelo.

I vangeli ci raccontano la teologia degli scrittori. Hanno posto i concetti più importanti nella bocca di Gesù come detti. In questo Price è completamente corretto. E spero che, se non altro le mie letture comparative dei vangeli rendano chiaro questo punto.

La mia opinione è che la maggior parte delle epistole paoline erano trattati senza nome da diversi scrittori nel campo eretico. Erano raccolte insieme e avevano ricevuto il titolo di Paolo. Credo che la collezione prese luogo in almeno due forme durante la fase marcionita, e in almeno altre due nella fase cattolica (è una spiegazione complicata basata sul titolo e forme introduttive dei libri stessi nonché sull'ordine di lettura del manoscritto). È mia convinzione che Marcione raccolse l'Apostolikon, senza Galati, e il suo Vangelo quasi allo stesso tempo. Questo da solo potrebbe spiegare l'interazione minima.

I vangeli credo fossero qualcosa come drammi in origine, cioè  drammi recitati. La maggior parte delle persone erano analfabete, e un draamma recitato era come comprendevano i punti chiave della loro religione. Sembra che quasi tutti i culti li avevano. Che le epistole hanno poco interazione con loro indica che i vangeli non erano visti come la Scrittura per se nei primi anni dagli scrittori di epistole, non che fossero sconosciuti. Le epistole si concentravano su punti teologici e distinguono la setta dello scrittore da altre sette. È difficile non notare le polemiche in quasi tutte.

Ebrei è uno strano uccello. Si tratta di un testo composito di simile materiale tematico - Pensa ad esso come ad una più piccola "palla di neve" di diciamo Isaia. Era sconosciuta prima del 3° secolo e sembra essere correlata ad una setta di cristiani adozionisti. E chiaramente giunse assieme dopo i vangeli, e condividere molto vocabolario con Luca-Atti (anch'egli un autore adozionista). Che non cita i vangeli ci dice di più circa il basso livello di riverenza dei vangeli di ogni altra cosa. Solo 1 Giovanni fa un forte riferimento al vangelo di Giovanni, e più in tema. La maggior parte delle epistole cattoliche sono trattati essenzialmente politici che martellano sugli a"eretici" che si oppongono alla setta degli scrittori.

Il problema che hanno i miticisti  è che stanno cercando così duramente di mettere tutto nelle lenti del miticismo che spesso non riescono a esaminare altre spiegazioni per i fenomeni che vedono nelle epistole. La mancanza di una significativa citazione dei vangeli indica meno che non li conoscevano del fatto che non li tenevano come autorevoli. Questo è il motivo per cui mi rifiuto di venir tirato nel  dibattito di Gesù mitico versus storico; quel dibattito mette i paraocchi ai tuoi studi.

Per quanto mi riguarda, nel caso di Marcione, salvo 1 Corinzi 15:1-4 (in forma marcionita), vi è un minimo contatto, perché la collezione e i vangeli sono della stessa epoca. E poiché Marcione vide i vangeli, come probabilmente tutti i cristiani a quel tempo, come storia allegorica che comunicano  verità non scritturali, tranne il punto della croce e della risurrezione.
E non si creda che la mia si tratti di un'ipotesi ad hoc, svincolata dal contesto, perchè io possiedo davvero vera evidenza a favore della bontà di quanto detto, e quell'evidenza è storica e accademica insieme.
''Ma Cristo – se Egli è nato veramente, ed esiste da qualche parte - è sconosciuto, e non lo sa neanche Lui stesso, e non ha alcun potere finché Elia non venga ad ungerLo, e renderLo noto a tutti. E tu, avendo accettato un racconto senza fondamento, inventi un Cristo per voi stessi, e per lui perite sconsideratamente.'' (mia enfasi, Giustino, Dialogo con l'ebreo Trifone 8.3.4)
Così il prof Markus Vinzent:
Trifone è critico del racconto di Giustino e vede nella sua scelta un rinnegamento di Dio ed un riporre la fiducia in un uomo. Per giunta, il Trifone di Giustino ora si lancia in una critica che è non un attacco al racconto di Giustino del messaggio del vecchio uomo, ma, come vedremo, la critica di una forma marcionita dell'ebraismo. Trifone non rigetta il discorso dell'uomo vecchio, che era nato, esistito e bisognò dell'approvazione del profeta Elia per ungerlo e renderlo manifesto, ma l'invenzione di un Cristo, basato su 'vuote favole, o parole prive di alcun fondamento', di qui un Cristo scollegato dalle Scritture ebraiche, non predicato dai Profeti, ma approvato da inventate narrazioni. Il dialogo si dispiega tra Trifone e Giustino dopo una breve considerazione sulla ''guerra che imperversava in Giudea''. Se o no Giustino riporta dati storici, la sua narrazione riflette l'argomento che il 'cosiddetto Vangelo' che Trifone aveva letto era considerato come fiction e letteratura.
(Marcion and the Dating, p. 44, mia libera traduzione e mia enfasi)

Visto? Non appena il folle apologeta proto-cattolico Giustino parla di un Gesù evangelico, urta la suscettibilità del suo fittizio polemico interlocutore ebreo, Trifone. Il suo unico errore agli occhi di Trifone? Non quello di prospettare la prima volta ad un ebreo la menzione di un Gesù sceso sulla Terra, ma piuttosto rammentare al suo orecchio l'eco furibondo e sinistro delle innumerevoli controversie sorte fin dalla prima ora attorno al vangelo, attorno ai vangeli: favole ingannevoli, nel caso peggiore, racconti puramente allegorici ad uso didattico delle masse ignoranti, nel caso migliore. Non ''Storia ricordata''. O meglio, non ancora considerata tale (per quello essere considerato tale, occorreva aspettare ancora, quando la storicizzazione del Gesù mitologico sulla Terra avrebbe oramai raggiunto il punto di non-ritorno, una volta unitosi al processo pure i folli pagani, come Celso).

Il mio congedo dai miticisti alla Doherty-Carrier non può essere più netto.

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