mercoledì 12 novembre 2014

Sulle 15 Proposizioni del prof Crispin Fletcher Louis



Grazie a Vridar, sono giunto a conoscenza della più recente ricerca dello studioso Crispin Fletcher-Louis.
Il suo studio fornisce finalmente la chiave mancante all'interpretazione del vangelo di Marco.
Al momento in cui scrivo considero ancora Marco il primo vangelo, seppure sono ancora aperto alla concreta possibilità che giunga una dimostrazione efficace della priorità del Vangelo di Marcione non solo su Luca, come è attualmente il caso, ma su tutti gli altri vangeli, dunque compreso Marco.



Con l'avvento della Rete indubbiamente è in atto un'impetuosa rinascita del Mito di Gesù, a volte basata su povera ricerca, risultante in una miriade di pretese sulla non-esistenza di Gesù perchè copiata da figure pagane.
Sfortunatamente esiste dunque un sacco di povera ''ricerca'' su questo soggetto, e non solo nel Net. Ovviamente esiste anche dell'ottima ricerca (al punto che il miticismo è oramai penetrato in accademica con la pubblicazione di On the Historicity of Jesus di Richard Carrier) ma bisogna essere davvero accurati e minuziosi nella scelta delle fonti quando si fanno certe dichiarazioni. Nessuno ha le risposte a tutte le domande. Richard Carrier ha presentato un caso a favore della non-esistenza di Gesù che è davvero quello più essenziale, che fa il minor uso possibile di ipotesi gratuite ed è basato esclusivamente al 100% sull'evidenza, perfino accettando per ''evidenza'', per puro amore di discussione con l'interlocutore storicista, dei meri consensi gratuiti su certi punti, come ad esempio l'autenticità della lista di apparizioni del Cristo risorto in 1 Corinzi 15, della quale alcuni studiosi dubitano. Nessun vero miticista può dichiararsi tale e non aver letto On the Historicity of Jesus.

 Quello che è evidente, comunque, è che c'è qualcosa di profondamente sbagliato con la spiegazione tradizionale delle origini della religione cristiana, dei vangeli e della cosiddetta ''evidenza'' a favore di un Gesù ''in carne e ossa''.

Nonostante nel net risuoni un sacco di enfasi sulle presunte ''origini'' pagane della storia di Gesù (si veda ad esempio The Jesus Mysteries: Was the "Original Jesus" a Pagan God? di Timothy Freke e Peter Gandy), il problema con quelle fonti, comunque, è che sono troppo spesso davvero poco attinenti ai fatti, specie nei loro patetici sforzi di far apparire le storie pagane più simili alla vicenda di Gesù di quanto lo fossero in realtà. Ad esempio, il Teorema di Pier Tulip tradisce chiaramente una sofferta forzatura del genere, nel momento in cui cerca a malapena di incastrare nel puzzle che ha già predefinito in mente pezzi di diversi autori, richiedendo da parte loro una sincronizzazione letteraria fin troppo surreale per essere credibile.
L'astroteologia di Acharya, o lo gnosticismo di Freke-Gandy, sono state criticate lungo queste linee.

 Questo però non toglie che anche questi dilettanti non riescano alle volte a indovinarla giusta, perchè è un Fatto che esistono anche delle influenze pagane sulla storia di Gesù, anche se non in misura tale da rendere più solidi i loro argomenti, o a eludere la loro congenita problematicità di fondo.

 Al contrario, le opere di Richard Carrier, Earl Doherty, Roger Parvus, R. G. Price tendono ad essere meno stravaganti e certamente di qualità infinitamente maggiore.

La mia opinione personale è che l'origine del mito sia altamente ''ebraica'' in natura e dunque che la sede migliore per la comprensione delle origini siano la letteratura ebraica e il monoteismo ebraico. Di conseguenza, è naturale che tenda a inquadrare il mito di Gesù più all'interno di fonti ebraiche e di importanza ebraica, mentre altri preferiscono guardare a fonti cosiddette ''pagane'', l'approccio che considero sbagliato in partenza. Non voglio negare l'influenza ellenistica sulla Giudea del I secolo e anche prima del I secolo, ma quando si tratta di enfatizzare alcuni elementi, mi devo accertare che quelli elementi siano ebraici. Tutto questo è stato chiamato da un folle apologeta con l'espressione Reductio ad Judaeum, che io ho da subito fatto mia.

Ovviamente, c'è da fare una precisa eccezione a questa Reductio ad Judaeum.

Io non considero, e non considererò mai, che i protocattolici del II secolo siano veri ebrei, perfino se sono vissuti in Israele.
Perchè l'anti-giudaismo di un Giustino, di un Ireneo, di un Epifanio, di un Tertulliano, è chiaramente una reazione all'altro-giudaismo di Marcione e seguaci: l'altro-giudaismo non è antisemitismo, ma anzi rispetto delle differenze perfino quando ci si pone antiteticamente rispetto all'ebraismo tradizionale, come Marcione intese fare. Ma l'anti-giudaismo è qualcosa di diverso: l'anti-giudaismo significa voler superare a tutti i costi l'ebraismo, augurandosi la sua sparizione come ''segno celeste''. L'antigiudaismo è padre diretto dell'antisemitismo moderno.
In questo senso, l'ortodossia era ed è la sola religione del mondo basata sull'odio di un un altro gruppo etnico. Perchè? Ora abbiamo la risposta: l'antigiudaismo non è un sottoprodotto dell'ortodossia, ma è la sua radice e la sua anima, almeno nella misura in cui l'estinzione del ''vecchio'' Israele era preliminare alla nascita del nuovo Israele in reazione agli eretici come Marcione seriamente intenzionati a restituire agli ebrei le loro Scritture, in quanto i legittimi proprietari come fedeli del dio giusto Geova.

Senza l'anti-giudaismo, il cristianesimo proto-ortodosso non sarebbe mai nato. 

Ecco perchè il vangelo di Luca e Atti degli Apostoli, come pure il vangelo di Giovanni (nella sua ultima redazione finale), per me non furono libri scritti da ebrei, ma da protocattolici del II secolo in netta opposizione a Marcione.


Come risultato della mia Reductio ad Judaeum applicata alle fonti cristiane del I secolo, dunque in particolare anche alla fonte più antica, Paolo, la mia interpretazione della nascita del mito di Gesù tende ad essere più in linea con la tradizionale intepretazione cristiana ''storicista'' della storia, più di quanto possono esserlo altre ricostruzioni, come ad esempio quella del miticista Pier Tulip.



Ma procediamo con ordine. Fletcher-Louis intenderà portare evidenza, nei suoi due prossimi, voluminosi volumi, a 15 Proposizioni in grado di spiegare l'evoluzione dell'Alta Cristologia nella prima ora della più antica fede cristiana. Di quelle 15 proposizioni ben 9 affondano le loro prove nel pensiero religioso ebraico pre-cristiano, mentre le altre 6 portano il contributo espressamente cristiano a quella teologia evolutasi nel tempo. Ma di quest'ultime sei proposizioni, ritengo che almeno le ultime due finali tradiscono, più che evidenza, solo il mero desiderio non più di un vero ricercatore, ma di un folle apologeta cristiano.

Di seguito enumero intanto quali sono queste proposizioni:


Proposizione 1: Nell'ordine della creazione originariamente intesa, l'umanità è idolo di Dio (tselem) e come tale è ''divina'' sia nell'essere che nella funzione.

Proposizione 2: Adamo, essendo già ad immagine e somiglianza del Dio Yahweh, come suo idolo, non dovrebbe aver considerato l'offerta di diventare un dio (di suo personale diritto) come qualcosa degno di provare (Genesi 2-3).
Proposizione 3: La vera immagine-idolo di Dio è ricostituita in Israele, soprattutto nel sommo sacerdote (Esodo 28), il quale perciò è ''divino'' e riceveva adorazione come tale.

Proposizoine 4: Il sommo sacerdote è la ''divina'' immagine-idolo nel tempio-come-Eden e nel tempio-come-microcosmo; su una fase cosmica.

Proposizione 5: Il sommo sacerdote è un ufficio non una persona. ...

Proposizione 6: Il sommo sacerdote è co-creatore, nel contesto di un'ontologia sacramentale.

Proposizione 7: In coerenza alle Scritture di Israele, il sacerdozio aveva una posizione di primaria importanza nella teologia politica e speranza messianica del Secondo Tempio.

Proposizione 8: Daniele 7:13 esemplifica il predominio di tempio e sacerdozio nella teologia del Secondo Tempio e nella speranza per un nuovo sommo sacerdote (messianico e regale).

Proposizione 9: La letteratura apocalittica riflette la spiritualità e cosmologia del Tempio (e della Torah) e del credo che l'umanità in generale, e il sacerdozio in particolare, è creata per essere la vera immagine-idolo di Dio.
...
(liberamente tratto e tradotto da Jesus Monotheism: A Synopsis, scaricabile gratuitamente qui)

Fin qui l'evoluzione in seno puramente ebraico di quella teologia attorno al ruolo (non alla persona) del Sommo Sacerdote.

Le proposizioni che seguono riflettono invece la direzione espressamente cristiana fatta prendere a quella teologia e dunque le commenterò quando necessario:
Proposizione 10: Tutti i vangeli presentano un plausibile racconto storico di un Gesù Ebreo con una divina identità incarnazionale autoconsapevolmente unica.


Plausibile non significa probabile. Difficile prendere per storico un racconto che è simbolico-allegorico, a meno di non portare evidenza esterna. Ma nel caso di Gesù quell'evidenza esterna è spaventosamente mancante e dunque, nell'assenza di sufficiente evidenza, dovremmo ipotizzare che non c'era nessun Gesù storico.  In fondo, non si deve ipotizzare l'esistenza di cose a meno che non si possiede sufficiente evidenza per concludere che esistano. 
Dunque tutto quello che dice di vero questa proposizione è che:

Tutti i vangeli hanno come protagonista un Gesù umano che sa di essere uno con Dio. 


 Ovviamente quel Gesù deve riparare ai danni di Adamo, diventando egli stesso l'Adamo primigenio:

Elemento 39: (a) In questa cosmologia c'erano anche due Adami: una versione celestiale perfetta, di cui la versione terrena (che generò la razza umana) è solo una copia. E (b) i primi cristiani sembrano aver connesso il loro Gesù Cristo a quell'originale Adamo celeste. ...
(Richard Carrier, On the Historicity of Jesus, pag. 197, mia libera traduzione e mia enfasi)


Continuamo con la lista di Fletcher-Louis:
Proposizione 11: l'identità di Gesù include una identità davvero umana e perciò divina.

Gesù sa di essere umano, accetta di essere umano (vedi per tutto l'Inno ai Filippesi), e dunque, per averlo accettato, è divino. La conseguenza è che il ritratto apparentemente umile di Gesù nel primo vangelo, quello di Marco, non deve trarre in inganno: quel Gesù è cristologicamente elevato alle stesse altezze del Gesù del quarto vangelo. William Wrede trova l'ennesima conferma. L'unico dubbio contro questa proposizione 11 però è che l'Inno ai Filippesi dice chiaramente che Gesù accetta di essere non pienamente umano, ma solo apparente tale. Così il dr. Carrier:




Di qui anche i riferimenti di Paolo all'essere Gesù un uomo. Secondo la logica di Paolo, il peccato penetrò nel mondo tramite un uomo, Adamo; perciò il peccato doveva essere rimosso dal mondo mediante un altro uomo, Gesù Cristo - e come il peccato penetrò tramite la disobbedienza di un solo uomo, esso doveva essere rimosso mediante l'obbedienza di un altro uomo (Romani 5:12-21). Questo è del tutto conforme al miticismo minimale e perciò non è più probabile di esser stato detto sulla storicità minimale. A dire il vero, Paolo qualifica questa logica altrove, dicendo (in Filippesi 2:7) che Cristo non era in realtà un uomo, ma venne 'nell'apparenza di uomini' (homoiōmati anthrōpon) e fu trovato 'in una forma simile ad un uomo' (schēmati euretheis hōs anthrōpōn) e (in Romani 8:3) che egli fu solo inviato 'nell'apparenza di carne di peccato' (en homoiōmati sarkos hamartias). Questa è una dottrina di un essere pre-esistente che sta assumendo un corpo umano, ma non che è pienamente trasformato in un uomo, solo che sembra come uno, avendo un corpo di carne-e-sangue da abusare e uccidere. Questo si adatta al miticismo minimale perfettamente.
(On the Historicity of Jesus, pag. 570, mia libera traduzione, corsivo originale, mio neretto)


Comunque, l'enfasi della proposizione è sull'accettazione di Gesù della sua umanità, non importa se piena o solo apparente, perciò la conseguenza di quell'accettazione è benefica: lungi dal non poter ritornare ad essere Dio (come Adamo dopo la Caduta) Gesù è assicurato nella sua divinità originaria in virtù della sua obbedienza.
Proposizione 12: In prima istanza, l'adorazione del Signore Gesù Cristo, è meglio spiegata dal credo che egli era il vero sommo sacerdote escatologico di Israele, la vera immagine-idolo di Dio.

Questo è ugualmente atteso sotto l'ipotesi del mito e della storicità. Lo riconosce perfino il folle apologeta James McGrath quando dice:
E così, per esempio, la questione se alcuni ebrei prima della nascita del cristianesimo si aspettavano che l'unto davidico morisse prima della restaurazione al trono della sua dinastia è una questione interessante, ma al di là se uno concorda o meno col trattamento di Carrier dell'evidenza, è chiaro che tale pensiero pre-cristiano circa un messia morente, se esisteva, poteva aver ispirato un individuo storico che si credeva il messia a consegnarsi alle autorità. E così potevamo dedicare un intero articolo solo a quella questione, e tuttavia non fare alcun progresso sulla questione centrale che il libro indirizza, se o meno è esistito uno storico Gesù di Nazaret.
(mia libera traduzione e mia enfasi)


Tuttavia c'è un particolare dell'evidenza che fa pendere più leggermente la bilancia a favore del mito e che è merito di Richard Carrier aver riportato alla luce la prima volta: l'ebreo Filone, nell'atto di attribuire al Logos il ruolo del Sommo Sacerdote, implicitamente lo chiama Gesù. Testimoniando che la proposizione 12 riflette un'evoluzione teologica anteriore al cristianesimo propriamente detto. 








Elemento 40: In realtà, anche l'idea cristiana di un pre-esistente spirituale figlio di Dio chiamato il Logos, che era il vero sommo sacerdote di Dio nel cielo, non fu un'idea nuova ma già tenuta da alcuni ebrei pre-cristiani; e questo pre-esistente spirituale figlio di Dio era già stato in precedenza connesso con una celeste figura di Gesù nell'AT (discusso nell'Elemento 6), e perciò alcuni ebrei già credevano che c'era un soprannaturale figlio di Dio di nome Gesù - perchè il contemporaneo di Paolo Filone interpreta la profezia messianica di Zaccaria 6:12 proprio in tale modo. Questa è la profezia circa un sommo sacerdote incoronato re nel cielo dal nome 'Gesù che Risorge', 'servo' di Dio, il quale 'risorgerà' dal basso e riceverà divina autorità e in qualche modo sarà coinvolto nella purificazione del mondo dal peccato.
(On the Historicity of Jesus, pag. 200, mia libera traduzione e mia enfasi)

Proposizione 13: Nei vangeli, l'auto-comprensione di Gesù è strana e offensiva per i suoi contemporanei perchè egli reclama la ''divina'' identità del sommo sacerdote senza rispetto per i limiti posti-da-Dio a quell'ufficio.


Con questa proposizione, il grande merito del prof. Fletcher-Louis è indubbio. Perchè ora sappiamo a cosa è dovuta, nelle intenzioni dell'evangelista, l'accusa di blasfemia rivolta dal sinedrita a Gesù. Non per essersi proclamato Messia. Come nota giustamente Robert Price, Simone Bar Kochba si era proclamato tale e non fu ritenuto mai un blasfema. Così il prof Fletcher-Louis:
(a) Il massimo che Gesù poteva ragionevolmente pretendere, in virtù di credenziali naturali, è di essere un messia regale, un guaritore simile ad Elia e un profeta. Sarebbe un'assurdità per Gesù pretendere di essere il vero sommo sacerdote.


(b) A dire il vero, sarebbe una blasfemia. Significherebbe che Gesù stava ''esaltandosi'' (come il re è ammonito di non fare in Deuteronomio 17:20) ''prendendo l'onore per sé stesso (ἑαυτῷ)” (Ebrei 5:4), con fragrante mancanza di rispetto verso la personale costituzione di Dio (rivelata tramite Mosè).

(c) Sarebbe una doppia assurdità se Gesù ora affermasse di essere il vero sommo sacerdote di Israele al di fuori dei limiti dell'ufficio (senza nessun ricorso ad abbigliamento consacrato, riti di purificazione e alla ontologia sacramentale e alla cosmologia del tempio). Parlare e agire come se fosse il vero sommo sacerdote ex persona non ex cathedra sarebbe subordinare il potere, l'autorità e l'identità divina dell'ufficio alla sua propria persona. Gesù non ha letto Mosè?!
 
(d) Non lo sa che la sovranità sacrale è un modello pagano? Se lui dovesse adottarla starebbe ''facendo di sè stesso  (ἑαυτὸν) eguale a Dio” (Giovanni 5:18, si veda Filippesi 2:6; 2 Tessalonicesi 2:3–4; Flavio Giuseppe Antichità Giudaiche 18:256; 19:4). Sarebbe dovere delle autorità ordinate da Dio punirlo per tema che deviasse le persone (Deuteronomio 13).

Ma il Gesù dei vangeli crede di avere Dio e la Scrittura dalla sua parte: - le sue guarigioni e la loro maniera conferma la sua autoconsapevolezza sacerdotale. - Alla trasfigurazione egli è contemporaneamente sacerdotale (con vesti trasfigurate) e anche il ''figlio'' regale di Dio) - perfino i demoni si accorgono che lui è contemporaneamente una figura regale (Marco 5:7 ''Figlio dell'Altissimo'') e una figura sacerdotale (Marco 1:24 ''Santo di Dio'') - e la Scrittura offre un passo a giustificare la sua identità messianica; ed esso precede il Sinai. Il Salmo 110 descrive uno che è re-sacerdote ...
  
Così, durante la sua predicazione, Gesù intraprende una strategia di PR accuratamente elaborata  che è pianificata

(a) ad introdurre la sua visione radicalmente nuova di Israele ai suoi discepoli lentamente, non tutto una volta per tema che lo abbandonino. 

(b) a fornirgli una fase pubblica a Gerusalemme dove egli farà, con il più grande possibile impatto al centro delle strutture di potere correnti della nazione, la sua pretesa di essere il re-sacerdote di Israele secondo l'ordine di Melchisedec.
 
Questo significa, in particolare, una gestione accurata della sua auto-identificazione con il Figlio dell'Uomo: - Gesù di solito parla del Figlio dell'Uomo come se fosse qualcun altro. - Nell'ordine in cui sono pronunciati, i detti del Figlio dell'Uomo hanno una connessione progressivamente chiara a Daniele 7:13 (non chiara: Marco 2:10, 28; abbastanza chiara: Marco 8:38; chiaro cristallino: Marco 13:26, 14:62). - Gesù evita di parlare del Figlio dell'Uomo quando è in presenza delle autorità. - L'auto-identificazione diventa soltanto veramente ovvia al finale show down (14:62); quando le sue piene implicazioni teologiche e politiche derivano su di lui le loro inevitabili conseguenze.

(mia libera traduzione ed enfasi da Jesus’ Divine Self-Consciousness: a Proposal, disponibile qui)


Chiaramente il prof Fletcher-Louis quando interpreta sul piano letterario il vangelo decifrando mirabilmente tutti quei simboli, allegorie, doppi sensi, sovrappone al loro più autentico significato letterario e teologico l'azione di un Gesù storico che in astratta (fin troppo!) linea di principio avrebbe fatto qualcosa di quanto descritto. Ma per comprendere il testo non è richiesto un Gesù storico. E se non è richiesto, neppure lo introduco. Rimane da spiegare però la fatidica domanda: come degli ebrei, per quanto marginali ed eretici, potrebbero aver partorito l'idea così blasfema di un sommo sacerdote che è tale ex persona e non ex cathedra?

I dementi folli apologeti alla Lorenzo Noli direbbero che non c'è una vera risposta, a meno che non si introduca una effettiva persona, meglio ancora se storica, che avrebbe fatto per prima su di sè quell'audace identificazione col Supremo Sommo Sacerdote Messianico (magari meglio ancora se lo fosse veramente, ma questo Dio solo può saperlo! Dunque meglio ancora se un Dio esista e magari approvi tutto quanto!).

E invece Richard Carrier dà la risposta, leggermente più laica, e il bello è che la attinge da altri studiosi in quanto è CONSENSUS: meglio crearsi un sommo sacerdote celeste che è tale solo ex persona e non più ex cathedra, specie quando la cathedra materiale in questione, il Tempio di Gerusalemme, è maledettamente e irrimediabilmente corrotta e infestata dal peccato, senza via di scampo, a causa dei romani che la tengono saldamente in pugno in compagnia dei loro bastardi fantocci farisei & sadducei, senza il minimo cenno di voler togliere giammai il disturbo.  







Elemento 28. Una soluzione spirituale all'enigma fisico degli ebrei sarebbe stata una cosa facile e naturale da concepire al tempo. Quelli ebrei che credevano di poter prendere fisicamente controllo del tempio naturalmente concentrarono le loro speranze sul messianismo militare (come esemplificato dagli Zeloti e dai Sicarii, e da ognuno che guidò reali ribellioni contro Roma, da Giuda il Galileo a Bar Kochba). Ma se alcuni ebrei avevano realizzato che una riconquista del genere era impossibile (come alcuni devono averlo fatto, in accordo all'Elemento 24) ma ancora cercavano un mezzo per sfuggire alla loro dissonanza cognitiva (in accordo con l'Elemento 23) senza negare i fatti evidenti o senza abbandonare credi religiosi profondamente sigillati (ed è ragionevole ipotizzare che almeno alcuni ebrei cercarono tali mezzi senza procedere a tali scopi), allora per loro rimaneva solo una soluzione: negare l'importanza fisica del tempio nella stessa Gerusalemme.
Ciò richiederebbe sostituirlo, e non con un altro tempio (in quanto ciò ricreerebbe lo stesso problema tutto daccapo e quindi non lo risolverebbe in realtà, come era evidente nel fato della sedizione messianica samaritana sul monte Gerizim: Elemento 7), ma con qualcosa di intangibile, che nè i Romani nè la corrotta elitè ebraica potevano controllare (in quanto l'intangibile non può essere nè afferrato e neppure occupato), e che non richiedeva nè moneta e neppure potere materiale per elevarlo e mantenerlo (i due fattori considerati responsabili della corruzione dell'originario culto del tempio - e sempre a favorire i Romani, i quali da soli disponevano di illimitate quantità di entrambi), e il cui regnante fosse anche incapace di corruzione (e c'era solamente uno che fosse davvero incapace di corruzione: Dio).
Questo non implica che qualcuno pensò questo, ma solo che sarebbe stata una progressione di pensiero facile e naturale dal problema alla soluzione, e perciò non implausibile. Si adatta al contesto religioso e politico e alla nostra comprensione della natura umana e ingenuità. Perciò, se qualche innovatore religioso avesse proposto che Dio aveva pianificato un sacrificio supremo capace di purificare tutti i peccati in una sola volta e per tutti (come ad esempio, mediante il sacrificio espiatorio rituale del suo primogenito: Elemento 10), e inoltre pianificò che lo spirito di Dio avrebbe, come risultato, dimorato per sempre all'interno di ciascun individuo che a lui si votava (e quindi non dimorato più, oppure non dimorato solo, entro il tempio a Gerusalemme: Elemento 18), allora il suo messaggio risuonerebbe tra parecchi ebrei come una soluzione ingenua e attraente al problema della corruzione dell'elitè ebraica e dell'invincibilità romana (Elementi 23-26), eliminando l'importanza del tempio per le speranze messianiche, e quindi eliminando la base di ogni predestinato conflitto militare con Roma, ed eliminando ulteriormente il problema della corrotta elitè ebraica semplicemente diseredandoli del regno di Dio e rimuovendoli come intermediari tra il popolo e il loro Dio - tutto senza richiedere l'impiego di alcuna risorsa fisica o militare. Uno semplicemente doveva dichiarare che ciò era stato fatto. Volontà di Dio. Preordinato.
Il basilare vangelo cristiano - immaginando che la morte di un messia aveva espiato in modo conclusivo tutti i peccati (come l'AT poteva già essere inteso dire, per Elementi 5, 7 e 17), e che associandosi a lui (mediante adozione col battesimo, secondo l'Elemento 12; e mediante un consumo simbolico del suo corpo e del suo sangue, secondo l'Elemento 18) Dio dimorerebbe in noi (invece che nel tempio) - sarebbe quindi riconosciuto da numerosi ebrei come un'idea ingegnosa e attraente. Specialmente dal momento che il risultato finale sarebbe che invece di ricevere ordini dall'elitè ebraica, noi avremmo come nostro sovrano nessun uomo fallibile ma Cristo stesso, il Signore costituito da Dio, che parla direttamente ai suoi soggetti dalla destra di Dio in cielo (mediante comunicazione spirituale e angelica, e messaggi segreti presenti nella scrittura, secondo gli Elementi 8 e 15).  Quindi il problema della corruzione dell'elitè è apparentemente rimosso senza richiedere violenza o moneta oppure diplomazia oppure vittoria militare. Dio ha la sua vittoria; e tutta la dissonanza cognitiva è risolta.
Il solo sacro spazio che questa dottrina richiedeva che uno dovesse fisicamente controllare era il suo corpo personale, una nozione già popolarizzata da sette filosofiche come ad esempio gli Stoici, i quali insegnavano che niente d'esterno può conquistare un uomo che nella sua sapienza rimane internamente libero. Non la morte, non l'imprigionamento, non la tortura rappresentò qualche vittoria su di lui. Questa era perciò una battaglia che uno poteva sempre vincere, anche contro gli 'invincibili' Romani. Uno meramente doveva crederci, sentire che fosse vero, che Dio ora viveva in te. Nessun'altra evidenza era richiesta. Quindi non dovrebbe sorprenderci che il cristianesimo convertì tutta l'immaginazione militare del messianismo popolare in una metafora spirituale, a rappresentare quel che ora chiameremo una guerra di cultura. Questo si allinea perfettamente con la nozione di un trasferimento spirituale di autorità al popolo, negando l'importanza del tempio e dell'elitè ebraica, mentre trattenendo i più fondamentali requisiti dell'essere ebreo (precisamente, fede e obbedienza ai comandamenti di Dio; seppure anche quello sarebbe più tardi abbandonato, per Elemento 20).
L'importanza di quest'osservazione è che il più antico vangelo cristiano fa assai più senso come un prodotto del suo contesto politico di quanto lo fa quando completamente divorziato da quel contesto, e di conseguenza, teorie di storicità che ignorano quel fatto sono improbabili ad avere un qualche merito obiettivo. La centralità del tempio fu un problema perenne per gli ebrei. Una locazione fisica che richiede controllo politico implicava un dominio militare. Fin tanto che i Romani avevano il secondo, gli ebrei mai avrebbero il primo. Gli Zeloti scelsero l'opzione logica di tentare di rimuovere i Romani e restaurare il controllo ebraico. Ma i cristiani presero la sola altra opzione disponibile: rimuovere il tempio dal loro intero schema soteriologico (o 'salvezza').
I cristiani potevano allora solo attendere che la collera di Dio giungesse dal cielo (in accordo all'Elemento 10), mentre nel frattempo, la promessa di Dio poteva essere consegnata sul regno che essi avevano spiritualmente creato (Romani 14:17-18; 1 Corinzi 4:19-20), prima in un modo anticipatorio (nel successo morale e 'soprannaturale' della comunità cristiana), e poi nel modo più finale (nell'apocalisse stessa: ad esempio 1 Corinzi 15:24, 50; 6:9-10; Galati 5:19-25; 1 Tessalonicesi 4:10-5:15). Che i cristiani e gli Zeloti entrambi possono essere venuti dallo stesso background settario, e perseguito collettivamente le soli due possibili soluzioni al problema che affrontavano gli ebrei del tempo, rivela che il cristianesimo era più simile a qualcosa di inevitabile che a qualcosa di sorprendente.

(On the Historicity of Jesus, pag. 156-169, mia libera traduzione, corsivo originale, mio neretto)


Rimangono altre due Proposizioni da esaminare.


Proposizione 14. La divina identità di Gesù è una materia delle sue proprie azioni. Così su analogia all'identità del regnante nel Culto del Sovrano, egli è una persona e Dio è ora due persone (“Jesus monotheism”).

Il Culto del Sovrano è un'ipotesi introdotta di recente da William Horbury, il quale ha dimostrato che nell'ebraismo pre-cristiano il rigido monoteismo aveva già trattenuto la possibilità che era appropriato prestare adorazione al monarca corrente (e a quello futuro: il Messia) in modo simile a come si venerano i monarchi ellenistici.
Ad esempio Daniele 2:46 è fin troppo chiaro in proposito:

Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi.

 
Nel periodo greco, perciò, ... il culto del sovrano è universalmente conosciuto agli ebrei, rifiutato se imposto in modo assoluto (Daniele 6, Giuditta, la versione greca di Ester, Daniele 3 LXX), ma normalmente condiviso, come parte di lealtà ebraica al signore supremo, nei modi in cui lo permetteva un costume ancestrale; ed esso può essere connesso e contrastato con la monarchia ebraica in un'esaltazione dei regnanti ebrei.
(Jewish Messianism and the Cult of Christ, pag. 75, mia libera traduzione e mia enfasi)

 In Daniele 2:46 ... il culto del sovrano è in vista sotto il suo aspetto di riconoscimento di eccezionali beneficienze, e questo, assieme all'efficace satira costituita da una scena nella quale un re gentile si abbassa di fronte ad un ebreo, aiuta a spiegare la sorprendente presentazione di un Daniele che riceve onori divini in tutta serenità. Questa presentazione sta dietro la visione danielica di uno simile ad un figlio d'uomo che riceve 'dominio, e gloria, e un regno'' al rovesciamento dell'ultimo regno gentile (7:13-14), e l'allusione messianica nella condanna di Ben Sira di pretese regali ..., come un'indicazione che gli ebrei intravidero nell'esaltazione dei loro propri leader un complemento agli onori gentili regali.
(Ibidem, pag. 133, mia libera traduzione e mia enfasi)

Questa sacralità del monarca era però secondaria per importanza a quella del ruolo del Sommo Sacerdote.
Gesù era innanzitutto Sommo Sacerdote, e solo in quanto tale era Messia.

Ovviamente si tratta di un mero corollario della divinizzazione di Gesù all'altezza quasi dello stesso Tetragramma. Ma come spiegare allora il brusco passaggio dall'''unitarianismo'' ebraico al ''binitarianismo'' cristiano? 

È in questo preciso punto che lo studioso Fletcher-Louis fa cadere la maschera e si rivela per il folle apologeta (nonchè prete anglicano) quale egli è:
Il rielaborato Shema di 1 Corinzi 8:6 e dei testi relativi (Filippesi 2:6-11) presume la vita di Gesù come è descritta nei vangeli; un racconto, una biografia, che ha indotto una divisione della struttura interna dell'unica identità divina.

Questa frase va contro il semplice buon senso: le epistole sono state scritte prima dei vangeli, dunque come fanno a ''presumere'' addirittura la ''biografia'' di un Gesù umano quando l'unico Gesù Sommo Sacerdote che conoscono non è mai sceso di recente sulla Terra?

Chiaramente c'è qualcosa che non va. Le epistole sono totalmente silenti su un Gesù storico, perchè quel Gesù non era ancora stato inventato quando furono scritte le epistole. E quel silenzio è altrettanto enormemente imbarazzante perfino se ipotizzi un Gesù storico che è stato il primo a dire di essere Dio in quanto Sommo Sacerdote, come vuole desiderare il prof Fletcher-Louis. Ma il suo è solo un pio desiderio. La realtà è un'altra: Gesù non è mai esistito come figura storica.




 


Nonostante questo handicap, la proposizione 14 continua a mantenere la sua validità.

Gesù è Sommo Sacerdote. Pur non avendo il Tempio fisico: quello è caduto in mani impure e collaborazioniste.

Gesù è Sommo Sacerdote.
Pur non indossando le vesti appropriate del sommo sacerdote fisico.

Gesù è Sommo Sacerdote. Pur non risiedendo più nel Tempio di Gerusalemme, tantomeno esercitando quel ruolo in quella sede.

Gesù è Sommo Sacerdote. Pur non eseguendo più il suo rito sulla Terra.
Tutto di questo è vero di Gesù il vero sacerdote. Così Yhwh-Kyrios è ora manifesto in questa persona, in quanto persona e non più in quanto ricoprente un ruolo: Il Signore Gesù Cristo è Yhwh-Kyrios...

Gesù è non un ufficio, ma il potere creativo e la divina identità dell'ufficio è riversato in una vita ''ordinaria'' che ha la sua propria narrativa, come un ''figlio'' vivente in interdipendenza con il divino ''Padre''.

 Dire che Gesù non è un ufficio perchè la sacralità dell'ufficio è ora attaccata alla sua persona è la stessa cosa che dire che l'ufficio di Gesù non è un ufficio terreno, ma un ufficio celeste.

E difatti quella è propria la logica descritta mirabilmente nella Lettera agli Ebrei, un testo che espelle un Gesù storico dal quadro in misura perfino maggiore di quanto fanno le lettere di Paolo. Perchè la logica della Lettera agli Ebrei è la seguente, in estrema sintesi:
1. Esistono copie terrene imperfette di cose celesti.

2. i sacrifici animali sono una copia imperfetta del sacrificio di Gesù.

3. Perciò: il sacrificio di Gesù era un sacrificio celeste.



Al primo vangelo non toccherà altro compito che tradurre tutto questo in allegoria, avendo cura di trovare le giuste analogie per l'avatar di Gesù sulla Terra, ricordandosi di dipingerlo come un Sommo Sacerdote nella sua persona senza mai dover ricoprire quel ruolo nel Tempio fisico.

E quale avatar migliore del Gesù di Marco per questo?

Non indossa gli stessi indumenti sacri di Caifa, però chi tocca il lembo del suo mantello viene guarito miracolosamente. Veste come uno straccione, però sul Tabor le sue vesti risplendono. Non limita il Regno di Dio nel Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme, ma anzi lo rende ''vicino'' in lungo e in largo annunciandolo dovunque va.  Perciò alla sua presenza non è proibito faticare di Sabato: se gli uomini di Davide possono mangiare il pane in presenza del santuario a Nob (1 Samuele 21:1), perchè non può la mera presenza di Gesù creare un nuovo santuario per i suoi discepoli anche quando colgono il grano di sabato nella contrada della Galilea, a dispetto del biasimo dei farisei? E così via.


E così potrei concludere anch'io, al pari del prof Fletcher-Louis, con le seguenti parole:
Quelli aspetti della storia evangelica collocano interna pressione matematica sull'identità dell'''Unico'' Dio in un modo che spiega le origini concettuali del credo che ora un messia è ''incluso'' all'interno della divina identità come una persona distinta (persona oppure volto).

Alla luce di questa storia, l'unico Dio è ora due.

Rimane l'ultima proposizione da commentare:
Proposizione 15: Il NT offre una spiegazione plausibile delle origini e della forma della Cristologia del NT: un Gesù storico che pretese di essere l'incarnazione di una persona distinta entro l'eterna identità divina; la cui resurrezione fu ritenuta confermare la sua autoaffermazione.


Resurrezione? Non c'è tanta enfasi sulla resurrezione nella Lettera agli Ebrei, ma solo nelle epistole di Paolo. L'enfasi era tutta sul sacrificio espiatorio del Sommo Sacerdote Gesù all'interno del santuario celeste.

Per resurrezione si intende l'esperienza rivelatoria (meglio chiamarla, nel 2014, ALLUCINAZIONE) mediante la quale  i primi cristiani giunsero a credere che il Figlio era disceso nei cieli inferiori (oppure sulla Terra) per un pò di ore e riuscì a farsi crocifiggere dai demoniaci ''arconti di questo eone'' celando loro la sua vera identità. Ci credevano perchè erano giunti in possesso di una profezia che lo presagiva e perchè il Figlio, dopo il presunto evento, apparve loro per confermare il successo della sua impresa:
“Dio lo ha predetto, 

Dio lo ha confermato,

io ci credo.”