lunedì 10 novembre 2014

Miseria Della Laicità: una critica al filocattolico Diego Fusaro

Presenza di Gesù di Nazareth, di questa religione orientale, del crocifisso e dell’ostia in quel mondo in cui gli orsi parlano, gli occhi di foca si mangiano crudi, il sangue eccita il corpo nelle sue pulsioni orgiastiche pronte a sorgere a ogni momento. Stupidità di una religione della rinuncia, dell’ascesi e dell’odio del corpo nel paese degli iceberg, degli hummock, delle balene e della banchisa. Impero di preti, commercianti, mercanti e professori, accomunati dall’obiettivo di distruggere una civiltà per infliggerne un’altra che non ha dato prova della sua superiorità là dove ha regnato senza riserve e senza mitezza per più di un secolo.
(Michel Onfray, Estetica del Polo Nord, pag. 52)
  Per i laicisti no, il problema è sempre e solo il Dio trascendente, è sempre e solo il fanatismo della religione tradizionale. È il capitale stesso che deve delegittimare ogni religione che non sia il monoteismo del mercato: qui emerge chiaramente il ruolo di instancabili lavoratori presso la corte del re di Prussia dei fanatici del laicismo.
Il vero dilemma del nostro tempo non sta nell’ennesima riproposizione di un illuminismo che contesti le divinità trascendenti: è questo, per inciso, l’ostinato orizzonte illuministico di una sterminata galassia di testi recenti – come il Traité d’athéologie, del 2005, di Michel Onfray –, che già ai tempi di Feuerbach sarebbero stati considerati “superati”. Al contrario, ciò di cui più si avverte il bisogno, oggi, è un nuovo illuminismo che contesti incondizionatamente l’Assoluto capitalistico e l’esistenza di presunte leggi economiche oggettive della produzione, sottoponendo a critica l’onnipervasivo monoteismo del mercato senza per questo cadere nell’elogio nostalgico dei comunismi novecenteschi.
 Mi si permetta di concludere sostenendo senza remore che, supporto ideale per l’universalizzazione della forma merce, il laicismo si configura oggi come l’involucro ideologico per la globalizzazione, per il liberalismo e per la santificazione del monoteismo del mercato. Per questo, se mi si definisce laico, respingo garbatamente la definizione.


È la prova provata dell'incredibile capacità di cooptazione del morbo monoteista addirittura rispetto ad un pensiero critico apparentemente scevro da dogmi (che non siano, beninteso, l'utopia ideologico-politica di riferimento). Sappiamo già come va a finire quando il politico o filosofo di turno decide di stringere un'opportunistica alleanza col cristianesimo pur di far numero contro i propri nemici: che alla fine non è lui a servirsi del cristianesimo, ma è il cristianesimo a servirsi di lui. Si tratta di un film già visto con Costantino e Nicea.

Che il cristianesimo sia estremamente abile nel cooptare perfino chi intende cooptarlo lo si poteva già intuire quando fagocitò nella propria sfera d'influenza i discepoli di Giovanni il Battista, facendo di costui il mero precursore del Cristo. Giovanni il Battista fu di certo facilmente cooptato dai cristiani, ma divenne una figura talmente rispettata da venire adorato con tutti gli onori dai cattolici come ''San Giovanni il Battista''. Con qualche lieve differenza, il culto gnostico di Simon Mago (al di là se si tratta di un reale personaggio storico - e che personaggio: nientemeno, forse, che lo stesso uomo chiamato Paolo - o meramente letterario - complice Atti -, è comunque esistito come oggetto di culto presso alcune sette gnostiche)  cercò di cooptare (se non lo fece lo stesso Simone) il mito di Gesù, inventandosi che Simone ''apparve come un uomo tra uomini, anche se egli non era un uomo, e sembrò soffrire in Giudea, anche se egli non soffrì'' (Ireneo, Contro le Eresie, 1, 23, 3) , salvo poi che il risultato non fu la simonizzazione del cristianesimo, bensì la cooptazione cattolica degli gnostici simoniani.


Il solito film rischia di ripetersi con Diego Fusaro. Anzi, mi spingo oltre: quel film, almeno in Italia, è già in onda. Di fronte al Dio Denaro del Capitale, l'antiliberale Fusaro non esita a resuscitare il fantasma del dio ebraico-cristiano ma il risultato finale è scontato quanto banale: che a contrastare il rullo compressore dell'inevitabile globalizzazione non ci proverà Fusaro o qualche altra ideologia laica, ma solo e soltanto il cristianesimo.


Ma liberalismo e cristianesimo sono per natura inconciliabili.


Il liberalismo, per definizione, favorisce e favorirà sempre più la tolleranza tra le varie religioni.

La tolleranza e l'indifferenza tipicamente ''agnostica'' che si porta naturalmente seco, in base allo stesso principio, produrranno la fine di una religione, e della religione cristiana in particolare, mediante la moltiplicazione delle religioni: proliferanno religioni su misura, diverse, molteplici, polifoniche, aperte, tolleranti, il che permetterà la realizzazione della dimensione immanente della religione. Tutte difenderanno una finta saggezza che cristallizzerà in una stessa salvezza qui e ora.

 La religione, per i nostri contemporanei, si riduce a una vaga “spiritualità” che non implica più una disciplina. Le persone non cercano più la salvezza ma da un lato dei punti di riferimento (un «senso») e dall’altro delle ricette di «pienezza» o di «felicità».  Avendo tutti gli attori sociali interiorizzato il modello del mercato, in definitiva dalla religione ci si aspetta quel che ci si attende da una cura o da una terapia: un conforto interiore, un maggiore benessere.  I cattolici hanno smesso di credere che, non andando a messa tutte le domeniche, cessavano di essere dei buoni cristiani. Il concetto di «colpa grave», di «peccato mortale», ha perso quasi ogni credibilità.
Il risultato è che la Chiesa inevitabilmente apparirà sempre più “reazionaria”, quali che possano essere le sue posizioni per altri versi, ma soprattutto sempre più impotente. E farà cadere prima o poi la maschera, se non l'aveva già fatto da un pezzo.
 In queste condizioni, l’anticristianesimo perde la sostanza del suo significato. L’ateismo militante è stato sostituito dall’indifferenza. Prometeo ha ceduto il ruolo di Anticristo a Epimeteo, docet Massimo Cacciari. Il mondo postmoderno, si potrebbe dire, ha buone probabilità di non essere né cristiano né anticristiano, ma semplicemente acristiano o postcristiano. Quel che si può  sin d'ora constatare, invece, è una sorta di svuotamento, di compimento, e anche di “banalizzazione”, della fede cristiana.
 Sino a quando la si è attaccata in modo risoluto e argomentato, la Chiesa ha saputo assai bene resistere e sopravvivere. Crolla oggi perché non mobilità più, né a suo favore né contro di sé. L’epoca dei “grandi racconti” è passata. In questo senso si può  dire che il cristianesimo ha oramai “fatto il suo tempo”, nel duplice significato del termine.  
Dal punto di vista odierno, non c’è una differenza sostanziale tra la fioritura delle sette, le Giornate mondiali della gioventù, il Gay Pride, la Love Parade, le folle radunate negli stadi o in occasione delle esequie di Giovanni Paolo II o di Lady Di o a Medjugorje. In tutti i casi regna la medesima comunione festiva, la stessa organicità spontanea: raduni puntuali o effimeri, tracimazioni emotive (“dionisiache”), composizioni fatue ed infantili di gruppi.


Il cristianesimo non somiglierà più a sé stesso: o diventerà una religione sbarazzata dalla farragine mitologica, dal peso dogmatico, dalle follie superstiziose, dalle tirannie del clero, dal ridicolo dei culti, dalla mania dei riti e dalle trappole della letteralità, indotta garbatamente, mediante l’istruzione, la persuasione, la discussione, a disfarsi delle scorie dogmatiche per diventare una buonista utopia ''universale'' al pari delle altre fedi, oppure non cesserà mai di opporsi in tutti i modi al vento impetuoso della libertà dell'individuo.


Ma quella libertà è Male per il cristianesimo, perfino quando sono gli stessi cristiani a fingersi liberali (emblematico, in tal senso, il caso del becero apologeta ortodosso Valerio Polidori). La globalizzazione giungerà a ricreare, quasi con lo stesso determinismo di un esperimento in laboratorio, le stesse condizioni che indussero il tradizionalista Tacito a proferire con disgusto, a proposito dei seguaci sediziosi di Cresto che infestavano l'Urbe, che:
...a Roma da ogni parte affluiscono tutte le dottrine atroci e turpi e vi trovano seguaci.
(Annales 15:44)

Ovvero, il primo melting pot della Storia (o meglio, il secondo, dopo Alessandria).

Non vi è in Occidente un «ritorno dell’elemento religioso» all’orizzonte, ma soltanto un mantenimento del dato religioso in forme che privano le grandi religioni di tutte le possibilità di influenza globale che hanno fatto la loro forza in passato. Il terrorismo e la follia apologetica sono l'eccezione che conferma la regola: è la diffusione crescente dell’indifferentismo religioso a condurre piccole minoranze a riaffermare in maniera dogmatica o convulsa quella che a loro pare essere la sostanza della loro fede.


Il cristianesimo ridotto al rango di religione misterica al pari delle altre, al tempo.

E così sarà fin d'ora: vedere i cristiani distinguersi a malapena tra tante altre religioni.

Ma il cristiano - ogni cristiano - non perderà mai il suo congenito vizio, l'odiosa pretesa di possedere l'unica e sola Verità, l'unico e vero Dio, e per il solo fatto di proclamarlo unico, ambirà ad una pretesa egemonica su tutte le altre fedi e non fedi, al risveglio della coscienza.


Le moderne ''religioni misteriche'' di oggi, come quelle storiche ed estinte di ieri, non sanno odiare il cristianesimo.

Quando Gesù non fu abbassato sulla Terra con tanto di avatar ma era ancora un dio che muore e risorge al pari di tanti altri, già allora i cristiani, anche se ancora non si definivano mai tali, chiamavano ''demoni'' gli oggetti di culto concorrenti. Già allora, erano per natura intolleranti in linea di principio, anche se non de facto. Ma ogni fatto si origina sempre da un'intenzione. E quella dei cristiani è sempre stata viziata alla radice dal loro più cieco fanatismo e dogmatismo. 
Il cristianesimo odiava le religioni misteriche, ma le religioni misteriche amavano il cristianesimo.
Elemento 11: La più antica forma definitivamente nota di Cristianesimo fu una religione misterica giudeo-ellenistica. Anche questo è al di là di ogni ragionevole dubbio, tuttavia frequentemente negato nel campo della ricerca su Gesù, spesso con una passione sospettosamente intensa. Così io qui esaminerò un caso per esso.
(Richard Carrier, On the Historicity of Jesus, pag. 96, mia libera traduzione e mia enfasi)





Meglio dunque il più inconsapevole e rozzo paganesimo di ritorno rispetto al monoteismo assolutista e al morbo cristiano - e in particolare cristiano-ortodosso.


 Visto che il cristiano ci tiene tanto all'esposizione pubblica del crocifisso per fare sfoggio della sua finta potenza, occorre perciò fare espressamente uso di simboli anticristiani. E i migliori simboli anticristiani in circolazione, in un mondo dove tutte le ideologie sono crollate, sono i simboli squisitamente pagani.


Io, nel mio piccolo, ne ho adottato uno.



Mi trovo d'accordo con quell'ultimo commento al post di Diego Fusaro:

E' meglio evitare ogni Assoluto, ma tra quello religioso e quello capitalistico è comunque meglio quello capitalistico. Nel capitalismo, le sorti dei poveri sono più legate a quelle dei ricchi di quanto, nella religione, le sorti degli infedeli lo siano a quelle dei fedeli. Per questo il capitalismo dopo un pò smette di sfruttare (perchè altrimenti nessuno compra i beni del produttore), ma la religione non smette di perseguitare ed uccidere

E non è necessario essere critici del liberalismo come Alain De Benoist per riconoscere la profonda verità delle sue parole in materia di monoteismo. Giudicando come ''apologetica'' l'opinione di Augias-Cacitti, il pensatore francese così risponde alla seguente domanda:
In un recente libro intervista di Corrado Augias, Remo Cacitti, docente di Letteratura cristiana antica e Storia del cristianesimo antico presso l’Università degli Studi di Milano, pur riconoscendo che «i germi dell’intolleranza» si trovano in ogni religione monoteista, sostiene che la violenza storica esercitata in nome di Cristo abbia delle origini ereditate dal paganesimo, in particolare quello romano. A suo parere è, infatti, nel mito romano di Enea che «si verifica una sovrapposizione programmatica fra religione, civiltà e cultura» [Augias, Cacitti R 2008, p. 247], con la conseguenza che chiunque venisse percepito come fuori dalla religio, era indissolubilmente rigettato anche dall’humanitas, cioè ritenuto privo di ogni dignità umana [Augias, Cacitti R 2008, p. 82-83]. Come risponde a questa affermazione interpretativa un pensatore come lei che, nei suoi scritti e nelle sue posizioni, si è sempre dimostrato sostenitore della tolleranza e del rispetto delle differenze esercitato nell’antichità classica dalla dimensione religiosa pagana?

L’opinione di Remo Cacitti non mi pare molto seria. Essa rientra, piuttosto, nel campo all’apologetica. A partire da un’interpretazione dedotta dal mito romano di Enea, Cacitti enuncia una frase che non mi sembra avere alcun contenuto empirico. Beninteso, in ultima analisi, l’intolleranza e la violenza sono il frutto di uomini intolleranti e violenti, non delle dottrine. Non è neanche meno vero che certe dottrine religiose portino almeno più di altre ad una legittimazione di certe forme di violenza e di intolleranza. Ciò non vuol dire che le società non cristiane siano state immuni alla violenza. Tutte le società conoscono la violenza (che è talvolta distruttrice e fondatrice). Ma è un fatto certo che le società antiche non conoscessero l’intolleranza religiosa perché politeiste. A questo proposito, esse non avevano difficoltà ad accettare che gli altri popoli avessero il loro sistema di credenze, i loro dei, ecc. Sul piano dottrinale, esse ignoravano il dogma, l’ortodossia, l’eresia. Dire che a Roma, quelli che erano estranei alla
religio (romana) erano considerati subito privi di humanitas, è semplicemente falso (quanto all’illusione alla “dignità umana”, essa è semplicemente anacronistica). I Romani, nel corso delle loro conquiste, non hanno mai cercato di sradicare le credenze religiose dei popoli che essi sottomettevano. (In Gallia, essi si sono opposti ai Druidi per delle ragioni politiche, all’occorrenza perché i Druidi erano gli istigatori della resistenza all’occupazione romana, allo stesso tempo hanno perseguitato i cristiani per il solo motivo che quest’ultimi rifiutavano di compiere i sacrifici per l’Imperatore). Invece, le religioni monoteiste, nel corso della loro storia, non hanno cessato di perseguitare e massacrare gli infedeli, i deviati, gli “eretici”, gli “infedeli”, le “streghe”, i pagani, ecc. E’ solamente nella Bibbia che si vede un Dio ordinare dei massacri e degli stermini come qualche cosa, non soltanto lecita, ma moralmente necessaria (rif. al libro di Giosué). Questa tendenza è inerente al monoteismo come all’universalismo, che va di pari passo con esso: se non esiste che un solo Dio, tutti gli uomini devono essere portati ad adorarlo. Gli altri culti sono “demoniaci”, “menzogneri” o “superstiziosi” e devono essere sradicati. E’ il processo della conversione. Gli uomini devono essere convertiti, le culture devono essere acculturate. Si tratta di riportare l’Altro a se stesso. Aderire alla “verità”, è prendere per modelli coloro che si presume dicano questa verità. Da ciò proviene l’incapacità di queste religioni intolleranti ad ammettere pienamente l’alterità. Nel Medioevo, le regole della “guerra giusta” non si applicavano ai popoli extraeuropei. Nell’epoca moderna, la guerra “umanitaria” è per definizione una guerra di esclusione radicale: essendo condotta in nome dell’umanità, conduce immancabilmente fuori dall’umanità, quelli che combatte. Il nemico cessa di essere l’avversario del momento per diventare un incarnazione del Male, un colpevole, un criminale, ecc. La nozione di justus hostis è persa di vista. Tutto ciò è stato ben descritto in data recente da Danilo Zolo, che si rifà particolarmente ai lavori di Carl Schmitt. Remo Cacitti dovrebbe leggere i lavori di Jean Soler e di Jan Assmann, sui rapporti tra violenza e monoteismo.


Il cristianesimo ha separato gli uomini dalla natura, ha posto l’uomo al vertice della creazione e gli ha dato il diritto di farne un uso smodato e irrazionale. Gli animali, sprovvisti di anima, come d’altronde il resto della creazione, i vegetali e i minerali, esistono ontologicamente al di sotto degli umani i quali, in base a questa falsa gerarchia, si vedono accordare tutti i diritti sulla natura, dunque contro di essa. Il cristiano sfrutta la natura, vive di fronte ad essa, da nemico.


Diego Fusaro non fa nulla di diverso da coloro che decidono di ricorrere al ''Gesù storico'' per attribuire sulle sue inesistenti labbra il proprio vangelo, la propria voce, le proprie parole (stessa operazione tentata dal folle apologeta criptocristiano Mauro Pesce) al solo scopo di farne ante litteram l'alfiere della propria tanto preziosa ideologia. Ma si tratta di un'operazione noiosa, ingenua e da ultimo, anche irrazionale.

È noiosa perchè si tratta di un film già visto:
Quel che era necessario fu una più alta autorità di Paolo che favorirebbe la versione di Paolo del vangelo contro quella dei suoi rivali. La sola più alta autorità umana sarebbe Gesù, e così sorse l'idea di un racconto su Gesù, anche se per quanto possiamo dire, la scuola di Paolo non seppe virtualmente nulla su di lui oltre che la crocifissione e resurrezione.
(Tom Dykstra, Mark, Canonizer of Paul, pag. 235, mia libera traduzione)


È ingenua, perchè Fusaro, al pari dei tanti dementi folli apologeti prima e dopo di lui, non è né il primo e neppure sarà l'ultimo di coloro che si vedono allo specchio e vedono... ...Gesù. E puntualmente il Gesù che ''riscopre'' leggendo l'allegoria è il Gesù protocomunista che fa qualcosa - udite, udite - di ''storico'' dietro la vicenda mitologica della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dimostrando di sognare l'''eguaglianza'' tra gli uomini:

La vicenda della “moltiplicazione dei pani e dei pesci” (Mt, 14, 15; Mc, 6, 35-36; Lc, 9, 12) costituirebbe la più splendida prova di questa vocazione di Cristo, della sua testimonianza, vissuta fino alla morte, della necessità storica di una rivoluzione sociale espressa nella forma religiosa entro cui soltanto era possibile concepire, a quel tempo, mutamenti di relazioni tra gli esseri umani. Gesù ordina alla moltitudine affamata e stremata di sedersi sul prato, sparpagliandosi in gruppi di 50 o al massimo 100 persone ciascuno, in modo che in ogni gruppo ci sia un certo numero di persone che hanno portato le provviste. Ordina ai suoi discepoli di dividersi nei vari gruppi e di operare in ciascuno di essi la distribuzione dei pani e dei pesci delle poche ceste di provviste. Si scopre così che vi è cibo sufficiente per un pacifico pasto comunitario. È questo, allora, il miracolo della giustizia che, senza discriminare ed escludere nessuno, è in grado di vincere la povertà.
Perché la Chiesa si è allontanata da ciò? Avanzo un’ipotesi interpretativa. Non dimentichiamo che la Chiesa resta pur sempre una holding capitalistica: l’esaltazione cristica della povertà e del regno dei cieli convivono aporeticamente con l’adesione alle leggi del capitale. La figura-chiave è quella di Dr Jekyll e Mr Hyde: la stessa istituzione che elogia la povertà e tuona contro il capitale è quella che poi agisce capitalisticamente…


È irrazionale nella misura in cui la demenza dei folli apologeti di tutti i tempi è illudersi di conoscere il ''Gesù storico'' come e meglio dell'uomo chiamato Paolo semplicemente facendosi ''forti'' di quella che è, a ben guardare, un'ovvia allegoria comprensibile solo a quei pochi che hanno ''occhi per vedere''.  Le gesta di Gesù nei vangeli somigliano a un incredibile tessuto di menzogne. Questo personaggio non ha natura reale. La sua consistenza è quella di un sogno. Per rendersene conto basta leggere i vangeli con cura. Le contraddizioni abbondano. La verità storica non esiste.


Nel mondo sono crollate tutte le ideologie. È giusto che sia così. In fondo non esiste nessun dio, come non esiste nessuno Stato che lo sostituisca, nessuna Razza che prenda il suo posto, nessun'Umanità mai troppo umana, ma solo e soltanto individui. L'ultimo Cremlino destinato a crollare sarà il Vaticano. L'ultima ideologia da abbattere è il cattolicesimo.

E chi ha tanto coraggio da guardare al Passato Reale nella sua totalità, che è diversa dalla Storia come la realtà è diversa da ogni film che intende rappresentarla, non potrà non notare, affacciandosi sull'abisso di ciò che era e non è più mai, che solo due eventi hanno davvero squarciato quel Passato dal chiarore luminoso della loro unicità: l'invenzione di Gesù di Nazaret, quando fu scritto il primo vangelo, e la Rivoluzione Francese, quando per la prima volta dopo secoli e secoli di oscurantismo religioso, si intravide nella fioca luce dei ceri accesi, la possibilità (e non importa se solo la possibilità) di una Luce che si sbarazzasse, come d'incanto, di tutto il buio della superstizione religiosa nota come ''cristianesimo''.


E qulla Luce non risparmiò né la religione interiore e neppure quella ostentata, e senza ritegno sguinzagliò i cani contro Dio e i suoi, i nobili, il clero, la religione, la monarchia, i potenti. Confidando nel movimento della storia, per la prima volta non si confidò  nell’emancipazione della sola casta filosofica come avanguardia illuminata dell’umanità: ma sembrò possibile (e non importa se solo possibile) andare più veloci e più lontano, e desiderare (e non importa se solo desiderare) di farla finita con la religione cristiana e la città di quegli uomini che ad essa si ispirano.



La prima volta che si potè affermare così chiaramente, radicalmente e nettamente che Dio non esiste, che la religione è un’impostura e che occorre una filosofia postcristiana. Perchè Dio non esiste, perchè la storia raccontata nei vangeli è una favola, un mito al quale non bisogna accordare alcun credito. Perchè la Bibbia non ha alcun valore, non è un testo sacro o santo, solo un libro di finzioni come ne esistono tanti.

La prima volta
che fu intravista la concreta, futura possibilità che le grandi cittadelle della superstizione, le fortezze religiose imprendibili della civiltà occidentale possono vacillare se la forza dell’uno viene associata a quella di un gran numero.


La prima volta
che si potè genuinamente godere nel distruggere il vecchio mondo, godere nell’abolire le idee fisse, nel bruciare gli idoli, nell’appiccare fuoco agli dei e ai padroni, nel farla finita con le religioni e i religiosi, la morale e i moralizzatori, godere al di là del bene e del male, godere al di là di ogni diritto, di ogni legge, della giustizia, in una parola: godere di essere unico.
«Digerisci l’ostia e sarai liberato»
Max Stirner