mercoledì 2 luglio 2014

Del perchè l'evanescente Maometto è esistito, a differenza di Gesù

Nel breve feedbak avuto con Loren Rosson, Richard Carrier fornisce un link ad un recensore negativo di due autori negatori dell'esistenza di Maometto, Nevo e Koren, autori di Crossroads to Islam: The Origins of the Arab Religion and the Arab State, (Amherst, NY:  Prometheus Books, 2003).


Carrier è stato infatti paragonato dal Rosson a Robert Spencer, il Maometto-miticista di cui avevo già parlato qui. Mentre il Rosson si dice quasi persuaso dall'argomentazione di Spencer, tuttavia fallisce non solo, come rileva Carrier, di evidenziare come Richard Carrier sia semplicemente più qualificato di Spencer, essendo uno storico di professione, a parlare di Storia antica del I secolo (più qualificato, a dire il vero, perfino degli stessi biblisti e teologi cristiani sotto mentite spoglie, che definitivamente non sono storici), laddove invece lo Spencer è solo esperto di religioni in generale. Ma Loren Rosson manca anche di constatare, come invece ho fatto io, come il caso per un Maometto mitico sia decisamente più debole di qualunque caso a favore di un Gesù mitico.

La differenza principale infatti, come avevo spiegato in quel post, è che per Gesù non disponiamo dell'equivalente della Doctrina Jacobi per Maometto, un documento che, a mio modesto parere, da solo riesce dove il Testimonium Flavianum di turno, o il Testimonium Taciteum, aveva clamorosamente fallito nel confermare la storicità di Gesù: ovvero confermare la storicità di Maometto.
''Quando il candidato [cioè, un membro della guardia imperiale bizantina] fu ucciso dai saraceni [Sarakenoi], io ero a Cesarea e partii su barca alla volta di Sykamina. La gente stava dicendo ''il candidato è stato ucciso'', e noi giudei eravamo ultrafelici. E stavano dicendo che il profeta era apparso, in arrivo coi Saraceni, e che egli stava proclamando l'avvento dell'unto, il Cristo che deve venire. Io, essendo arrivato a Sikamina, mi fermai da un certo anziano ben versato nelle scritture, e gli dissi: ''Cosa puoi dirmi circa il profeta che è apparso coi Saraceni?'' Lui replicò, lamentandosi profondamente: ''Egli è falso, infatti i profeti non giungono armati di una spada. Veramente sono opere di anarchia ad essere commesse oggi e io temo che il primo Cristo ad arrivare, che adorano i cristiani, fosse quello mandato da Dio e noi invece stiamo preparando a ricevere l'Anticristo. In verità, Isaia disse che i giudei avrebbero mantenuto un cuore corrotto e indurito finchè tutta la terra dovesse essere devastata.'' Così, io, Abramo, ho indagato e ascoltato da coloro che lo avevano incontrato che nessuna verità poteva essere trovata nel cosiddetto profeta, solo lo spargimento del sangue degli uomini. Lui dice anche che egli ha le chiavi del paradiso, che è incredibile.''
(Doctrina Jacobi, mia libera traduzione e mia enfasi)

Mentre infatti si può dimostrare facilmente
che i testimonia flaviana e il riferimento a Cristo nel Testimonium Taciteum sono interpolazioni cristiane successive, difficilmente si può tentare anche solo qualcosa del genere nel caso della Doctrina Jacobi, dimostrando magari che si tratti di un'interpolazione musulmana successiva: infatti il documento è totalmente sfavorevole ad un anonimo profeta guerriero, dipingendolo come un falso profeta. E soprattutto, difficilmente si può dubitare dell'identità di quell'anonimo profeta con Maometto, alla luce della totale mancanza di altri validi candidati: quello che sarà per sempre IL problema per chiunque desiderasse provare che Maometto non è mai esistito.


Nelle parole di Colin Wells:
Per esempio, la polemica anti-ebraica nota come Doctrina Iacobi nuperi baptizati, sicuramente datata attorno al 634, viene comumente intesa come contenente il primo riferimento a Maometto in una fonte bizantina. Descrivendo l'impero come ''umiliato'', ''scemato e dilaniato a pezzi'', ''decaduto e saccheggiato'', e ''frantumato e diviso'', attribuisce quei disastri a un ''profeta apparso tra i Saraceni'', un ''falso profeta'' che è giunto ''con spada e carro da guerra'', e ''spargimento di sangue''. Più precisamente, il quadro dato nella Doctrina Jacobi sembra alterato, e molti suoi dettagli discordano con il racconto tradizionale (per esempo, nel sembrare di descrivere il profeta mentre conduce lui in persona le armate dei Saraceni). Per quella ragione, gli autori fanno il salto ingiustificato di squalificarlo interamente, suggerendo che il profeta inteso deve essere qualche altra figura distinta da Maometto. Tuttavia difficilmente ci si poteva aspettare una fonte bizantina da questo antico e turbolento periodo di catturare correttamente tutti quei dettagli. Perfino più tardi, la maggior parte delle fonti bizantine mostrarono una grossolana incomprensione delle materie islamiche, proprio come le fonti islamiche la mostrarono in generale delle materie bizantine. Gli autori inoltre ignorano l'evidente questione di quale altra figura distinta da Maometto (nonostante qui forse viene confuso con il califfo Umar) poteva essere presa al tempo come un profeta che aveva condotto gli arabi nella conquista di vaste parti dell'impero.
(Colin Wells, mia libera traduzione e mia enfasi)

Robert Spencer, per quanto possa giustamente puntare il dito sul fatto che i primi conquistatori arabi fossero seguaci dell'Agarismo, ovvero monoteisti i cui principali eroi furono Abramo e Ismaele, e abbastanza filo-cristiani da potersi permettere di coniare delle croci sulle loro monete, per quanto possa giustamente denunciare la sostituzione successiva di questo Agarismo iniziale con la vera e propria religione islamica successiva, per quanto possa criticare giustamente l'uso del criterio di imbarazzo per ricostruire dai fittizi hadith una biografia di Maometto, non riuscirebbe mai a convincere del tutto che l'anonimo profeta della Doctrina Jacobi fosse un personaggio distinto da Maometto, in mancanza di altri candidati. E nemmeno l'uso di un'espressione come ''figura proto-Maometto'' potrebbe cambiare di molto la conclusione che, in fin dei conti, all'origine delle conquiste arabe vi fu un profeta guerriero che risvegliò la coscienza religiosa dei suoi compatrioti.

D'altro canto, occorre pur sempre rinunciare all'immagine tradizionale del Maometto della fede, come si esprime in mirabili termini Tom Holland, nel suo In the shadow of the sword:
Che la nascita dell'Islam fosse una delle supreme rivoluzioni della storia mondiale è abbastanza evidente. Quel che è assai più devastante da realizzare, allora, è che dell'evidenza scritta composta prima dell'800 d.C., le sole tracce in nostro possesso sono o i più scarsi brandelli dei brandelli, o altrimenti il bagliore ingannevole di miraggi. Nessun impero può nascere nel silenzio, naturalmente; ma quello che principalmente ascoltiamo ora della fondazione del Califfato è il più mero rumore e furia, racconti narrati secoli dopo, e allora di significativo, se non nulla, davvero molto poco. Le voci dei guerrieri arabi che fecero a pezzi gli antichi imperi di Persia e Roma, e dei loro figli, e dei figli dei loro figli - tantomeno delle loro figlie e nipoti - sono state tutte silenziate, completamente e per sempre. Nessuna lettera, nessun discorso, nessuna cronaca, se fossero mai stati scritti, sono sopravvissuti; nessun indizio di quel che pensarono coloro che vissero veramente durante l'insediamento del Califfato, o di cosa sentirono, o di cosa credettero. È come se non avessimo alcuna testimonianza oculare della Riforma Protestante, o della Rivoluzione Francese, o delle due Guerre Mondiali. Nessuna meraviglia, dunque, se un prominente storico del processo mediante cui l'Islam, nel nono e decimo secolo cristiano, giunse infine a elaborare un riconosciuto passato per sè stesso, e a far luce del suo sorgere al potere globale, avesse dovuto lamentare la ''perdita dei più antichi strati della tradizione'', e l'avesse definita ''quasi nulla di catastrofico''. Lontano dall'esser nato nella piena luce della Storia, la nascita dell'Islam fu avvolta in quello che è sembrato, ad un crescente numero di studiosi, un'oscurità quasi impenetrabile. Più precisamente, ci sono davvero pochi studiosi che si spingerebbero così lontano da affermare che il Profeta non è mai esistito. Sembrerebbe di certo che qualcuno col come di Maometto si fosse imposto nella coscienza dei suoi quasi-contemporanei. Una fonte cristiana descrive ''un falso profeta'' a capo dei Saraceni in un'invasione della Palestina. Questa fonte fu scritta nel 634 d.C. - a soli due anni dalla data tradizionale della morte di Maometto. Un'altra fonte, scritta sei anni dopo, si riferisce a lui per nome. Nei successivi decenni, una successione di preti e monaci scriverebbero di una figura enigmatica che descrissero variamente come ''il generale'', ''l'istruttore'' o ''il re'' degli Arabi. Tuttavia quelle criptiche allusioni -- per non menzionare il fatto che furono tutte realizzate da infedeli -- non illuminarono che di poco, una volta di nuovo, la totale assenza di ogni antico riferimento musulmano a Maometto. Solo intorno al 690 un Califfo finalmente si prese la briga di inscrivere il nome del Profeta su un monumento pubblico; solo decenni dopo i primi esitanti riferimenti a Maometto incominciarono ad apparire su iscrizioni private; e solo attorno all'800, naturalmente, vennero ad essere scritte le biografie di Maometto che i musulmani ebbero cura di preservare. Quel che potrebbe essere accaduto alle più antiche versioni della sua vita non possiamo sapere con sicurezza; ma una possibilità è fortemente suggerita da nessun altro che Ibn Hisham. Gran parte che le generazioni precedenti avevano ricordato del Profeta, egli commentò duramente, fu o falso, o irrilevante, o sacrilego. ''Cose che è disdicevole discutere; materie che angoscerebbero certe persone; e rapporti tali come li ho sentiti che non devono essere accettati come degni di fede - tutte quelle cose io le ho omesse''. Come pure lui poteva aver fatto. Quel che era in gioco, nella devota opinione di Ibn Hisham, non era semplicemente il suo status di storico di fama, e neppure il suo buon nome come musulmano, ma qualcosa infinitamente per lui più prezioso: il fato della sua anima. Qui, allora, almeno, c'è la terra firma. Quel che sappiamo con assoluta fiducia è che dai primi del nono secolo, i precisi dettagli di quello che Maometto poteva aver detto e fatto circa due secoli prima erano giunti a fornire, per un gran numero di gente, una mappa che credevano conducesse dritto al cielo. Dio aveva preso diretto controllo degli eventi umani. Il mondo era stato posto su un nuovo corso. Dubitare di questa convinzione equivaleva a rischiare le pene dell'inferno. Data questa prospettiva, è scarsamente sorprendente che qualunque ambizione di scrivere Storia o biografia come possiamo intenderla ora dovesse essere svanita nel nulla in confronto all'obbligo infinitamente più pressante di rintracciare nel modello della vita del Profeta i desideri e gli obiettivi dell'Altissimo.
(Tom Holland, In the shadow of the sword: the birth of Islam and the rise of the global Arab empire, pag.32-33, mia libera traduzione e mia enfasi)

Ecco perchè penso che Maometto è probabilmente esistito. Ma che di lui non sappiamo nulla, tranne quel poco che possiamo inferire dalla Doctrina Jacobi.

D'altro canto, a farci mettere in discussione l'esistenza storica di Gesù, nella più totale assenza di una conferma extra-evangelica della sua storicità, sono proprio le lettere dell'uomo che più di ogni altro, e soprattutto prima di ogni altro, subì dall'arcangelo celeste Cristo Gesù il più profondo impatto che cambiò radicalmente la sua vita. Ovvero Paolo.