lunedì 30 dicembre 2013

Quando il teologo si traveste da storico: il curioso caso di John P. Meier

L'obiettivo dei prossimi post è sottolineare alcuni errori fondamentali di metodo che raffiorano in continuazione nella ricerca del ''Gesù storico''. Errori metodologici derivati in ultima istanza da una totale incapacità di apprezzare i concreti risultati storici che si possono ottenere applicando in profondità i principi del criticismo letterario ai testi biblici.

Ma cos'è il criticismo letterario?

Non vorrei dare una definizione precisa, ma piuttosto il principio-guida che lo informa, principio-guida descritto nel libro-memoria di Thomas L. Brodie in termini memorabili:
La prima cosa da estrarre da un documento non è la sua storia o teologia -- non la verità degli eventi in background o il suo significato definitivo -- ma semplicemente la sua natura fondamentale. Per esempio, prima di discutere una volontà -- i suoi possibili numerosi riferimenti a eventi passati, e le sue disposizioni per  distribuire un'eredità -- la prima cosa da stabilire è se è genuina, se è una reale volontà.
(Beyond the Quest for the Historical Jesus: Memoir of a Discovery, Sheffield Phoenix, 2012, pag.121, mia enfasi).

Cosa è essenziale è che il contesto letterario fornisce decisivi indizi su come comprendere un testo. Se un quotidiano annuncia voli economici su Marte, è importante notare se l'annuncio compare nella Sezione Viaggio o nella Pagina di Giochi-e-Cartoni. Chiarezza sul fattore letterario è la Regola Uno.
(Beyond the Quest, pag.122, mia enfasi)
Nel primo volume del suo libro, A Marginal Jew: Rethinking the Historical Jesus (Doubleday, 1991), John P. Meier dichiara a chiare lettere che il ''criticismo letterario'' è ''un approccio a-storico'' a documenti con pretese di verità per le quali della gente era ''disposta a morire'' [1]. Il criticismo letterario, per quanto utile, non confermerà nè smentirà pretese di verità. Non intersecherà mai il mondo ''reale'' o il dettaglio ''storico''. Il ''reale'' e lo ''storico'', ciò che veramente accadde e ciò che è ricordato dagli storici, sarebbero in egual misura inaccessibili al critico letterario. Meier quindi conclude che il criticismo letterario ''non può essere il metodo principale nella ricerca di un Gesù storico'' (pag.12).
''Ricerca'' è una parola interessante.

Andare alla ricerca di qualcosa significa che la stiamo agognando vivamente.

Speriamo di trovarla. È il nostro più accarezzato tesoro, come la ricerca del Santo Graal.

Un'attività del genere è totalmente diversa da quella in cui si vede innanzitutto di garantire se esistono o non esistono prove che confermino l'esistenza storica di Gesù, prove da usare solo dopo per gettare eventualmente più luce -- si spera -- sul grado effettivo di questa esistenza storica, se confermata.

Il problema allora lo si vede benissimo, ed è macroscopico.

La teologia del cristianesimo ortodosso impone di assumere a priori la storicità di Gesù.

A dispetto del fatto che il criticismo letterario e l'onestà intellettuale richiedono prima l'esame dei materiali e solo dopo la definizione della natura della ricerca, se del Gesù storico (se esistito) o delle origini cristiane (se non esistito).

Così, per i teologi travestiti da finti storici come John P. Meier e tanti altri Folli Apologeti, se la ''ricerca'' porta su di sè un così compromettente e tendenzioso onere (reggere i dogmi religiosi) allora veramente il criticismo letterario non può essere il ''metodo principale'' nella ricerca, perchè non assume il risultato che quella ricerca *deve* trovare.

Nessuna sorpresa, allora, che John P. Meier getti ''onestamente'' la maschera, riducendo il metodo storico-critico, e ancor più il criticismo letterario, alla mera funzione di ancilla theologiae. E lo dichiara esplicitamente, con le seguenti parole:
L'appropriato oggetto della fede cristiana non è e non può essere un'idea o una ricostruzione accademica, per quanto affidabile. Cosa, allora, è l'utilità del Gesù storico per gente di fede? La mia risposta è: nessuna [per scopi religiosi].  Tuttavia, io mantengo che la ricerca possa essere davvero utile se ci si sta interrogando sulla teologia, in un contesto contemporaneo. Una volta che una cultura diventa permeata da un approccio storico-critico, come lo è stata la cultura occidentale dall'Illuminismo in poi, la teologia può operare e parlare a quella cultura con credibilità solamente se assorbe nella sua metodologia un approccio storico.
(A Marginal Jew, pag.198)
Quindi, l'obiettivo della ''ricerca del Gesù storico'' è di aumentare la credibilità della teologia in una cultura post-illuministica.

Un obiettivo del genere è palesemente anti-storico. E tuttavia il criticismo letterario è rifiutato in quanto incapace di essere il ''metodo principale'' nella ''ricerca'' perchè esso è ritenuto anti-storico. Assurdo!

Eppure così ragionano i Folli Apologeti.

La malcelata confessione di questo obiettivo teologico ricorre di nuovo e ancora di nuovo nei libri degli apologeti travestiti da storici, più o meno inconsciamente, passandola sottobanco nel testo.
Laddove non apertamente confessata, quella nascosta agenda apologetica affiora comunque alla superficie, sotto forma di una rapida, inspiegabile inconsistenza nella logica del metodo presentato, con relativo danno alla credibilità accademica che ''copre'' questi palesi errori.

[1] A Marginal Jew, pag.12. E chi era disposto a morire per il vangelo? Il fittizio Stefano (''corona'' del martirio?) di Atti degli Apostoli? I crestiani di Tacito in realtà seguaci di Cresto e non di Cristo? Il Giacomo figlio di Damneo di Antichità Giudaiche 20.200? Senza nulla togliere alla fede dei primi cristiani, solo Paolo dice di aver perseguitato la chiesa di Dio, nella lettera ai Galati (ma poteva trattarsi solo di una politica diffamatoria, come quella che portò Socrate a morte). E quella di Plinio il Giovane non era una persecuzione dalle proporzioni che vogliono propinarci gli apologeti.  Mi suona un pò ipocrita da parte del Meier fare appello al senso morale e alle emozioni al solo scopo di far ''toccare con mano'' la presunta storicità di Gesù. L'argomento del Meier sembra essere così: poichè i primi cristiani soffrirono (leggere) persecuzioni, allora la loro fede era ''vera'', e dunque ''reale'' era il Gesù storico. L'impatto che può avere l'ispirazione religiosa sui membri di qualsiasi religione sulla terra -- quindi anche l'impatto di una religione misterica incentrata sul Cristo celeste e mai esistito -- non può mai essere elevato a unità di misura per giudicare la presunta bontà della fede e ''dunque'' la veridicità storica delle pretese fattuali ad essa sottostanti. 
Specie se quell'impatto, per quanto profondo, non produce neppure un puntatore, nemmeno l'ombra di uno solo, al presunto originatore umano dell'impatto.