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Gesù è successore di Mosè, e ciò come sommo sacerdote inizialmente umiliato; lo si poteva ricavare dalle scritture giudaiche. Ma per questo doveva egli essere chiamato christòs, come nella lettura alessandrina il re di Israele era detto christòs? (cfr. 1 Samuele 24:7.11; 26:23; 2 Samuele 19:21 nella Settanta). In effetti, in Levitico 4:5-16 e 6:22 il sommo sacerdote giudaico è chiamato christòs dagli Alessandrini. E ancora, Filone di Alessandria insegna: “Il sommo sacerdote interviene come intercessore per coloro che hanno peccato” (Leg. alleg. 3:26). Il sommo sacerdote mosaico (De Mon. 2:6; Vit. Mos. 3:14) egli lo presenta come un simbolo del Logos che tutto media, tutto riconcilia e unifica; e, da ebreo che trasforma la sapienza in santità, egli concepisce la ragione pura o incontaminata e senza peccato in un uomo divino che in realtà non esiste: “Noi diciamo che il sommo sacerdote non è un uomo, ma è il Logos divino che non partecipa di alcuna trasgressione, sia essa volontaria o involontaria” (De Prof. 20). “Il vero sommo sacerdote non ha parte nei peccati” (De an. sacr. idon.). “L’assoluta assenza di peccato appartiene a Dio e forse anche a un uomo divino” (De Poen. 1). “Conviene dunque pregare che viva nella nostra anima colui che è sommo sacerdote!” (De Prof. 21). “Una specie di natura intermedia tra Dio e l'uomo, inferiore al primo, superiore al secondo” (De Somn. 2:28). “Non ingenerato come Dio e non generato come voi” (Quaest. rer. div. her. 42). Così il discorso filoniano oscilla tra un sommo sacerdote manifesto, che “significa” la Ragione divina, e la Ragione che si realizza in un uomo sapiente e senza peccato che in realtà non si trova né esiste; per questo: “Fratelli santi, partecipi della celeste vocazione, considerate Gesù, l'apostolo e il sommo sacerdote della fede che professiamo, il quale è fedele a colui che lo ha costituito, come anche lo fu Mosè, in tutta la sua casa” (Ebrei 3:1-2). “Mediatore di una nuova alleanza!” (Ebrei 12:24). “Nella somiglianza della carne di peccato!” (Romani 8:3). “Colui che in ogni cosa è stato tentato come noi, ma senza peccato” (Ebrei 4:15). “In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione delle trasgressioni” (Efesini 1:7). Che questo Giosuè sommo sacerdote di una nuova dispensazione non si rivelerà il vendicatore regale degli ebrei, che in terra giudaica si attendeva, è detto con chiarezza nel Vangelo (Matteo 22:41-45) ed è riconosciuto fin dall’inizio, secondo Marco 1:24, nella sinagoga, laddove lo spirito immondo del fanatico messianismo grida alla sua entrata: “Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!” E quando questo Spirito santo (2 Corinzi 3:17; Matteo 18:20; 28:20) ha comandato allo spirito immondo di quella sinagoga palestinese di lasciare “l’indemoniato”, allora la folla mosaica esclama: “Che cos’è questo? Un insegnamento nuovo!” (Marco 1:27). “La nuova legge del nostro Signore Gesù Cristo!” dichiara lo scrittore alessandrino della Lettera di Barnaba (2:6), così come il Pietro della predicazione alessandrina ci fa intendere che ciò che egli e i suoi “co-testimoni” ci propongono porterà i convertiti a onorare Dio in modo nuovo attraverso il Cristo (Clemente, Strom. 6:5). “Né la circoncisione è qualcosa, né l’incirconcisione” insegna lo scrittore ellenistico di Galati 6:15, “ma una nuova creatura” — cosa che però certamente l’autore di Matteo 5:17-20 non avrebbe ammesso.

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