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§ 62) Continuazione: Esegesi degli «Atti», seconda parte. — Giacomo e Simon Pietro, discepoli di Gesù, furono dunque arrestati nella Pasqua del 48: proprio in quella Pasqua cioè, durante la quale, secondo lo storico Giuseppe, furono arrestati gli omonimi «paides» di Giuda Galileo. Difatti, se verso la Pasqua del 46 ebbe luogo il concilio di Gerusalemme, e se nel 47 Pietro fu ad Antiochia, come si ricava, oltre che da Paolo, anche da Suida, evidentemente doveva essere nella Pasqua del 48 che egli, rientrato a Gerusalemme, poteva venire arrestato con Giacomo.
Peraltro una diversa interpretazione è smentita dal testo medesimo degli Atti. Ivi così leggiamo: «Intorno a quel tempo il Re Erode mise le mani a straziare alcuni di quei della Chiesa, e fece morire colla spada Giacomo, fratello di Giovanni, e veggendo che ciò era grato ai Giudei, aggiunse di pigliare ancora Pietro: erano i gironi degli Azzimi». Sostengono i più che tale fatto debba riportarsi all'anno 42 o 44. [1] Ma, a parte le altre circostanze che escludono la possibilità di una simile interpretazione, sta di fatto che l'equivoco nel quale i dotti ecclesiastici sono incorsi a questo punto è facilmente individuabile, e quindi di facile chiarimento. Tale equivoco consiste nel fatto che essi hanno confuso e confondono il Re Erode, che — come precisa Giuseppe Flavio — presiedette al Tempio di Gerusalemme e alla nomina dei Pontefici dal 44 al 48 (ciò che implicava il comando su tutta la città), con il Re Agrippa, fratello del primo, e che era stato re di Giudea dal 41 al 44. Essi difatti interpretano e leggono: «Erode Agrippa» laddove gli Atti dicono «Erode», e non si comprende come mai di due persone ne abbiano fatto una sola. Naturalmente, confondendo essi il Re Erode, sovrintendente a Gerusalemme dal 44 al 48, con Agrippa di lui fratello, morto nel 44 (cfr. quadro genealogico degli Antipatridi in fine al volume), è naturale che abbiano riportato all'anno 42 o 44 l'arresto dei due discepoli, riferendosi essi appunto al periodo in cui nella Giudea aveva governato Agrippa.
Senonché, a voler leggere «Agrippa» laddove è scritto chiaramente «Erode» significa attribuire erroneamente ad Agrippa un fatto che si riferisce invece esclusivamente al fratello Erode. E poiché quando un'interpretazione del genere proviene da un capo gerarchico (in concreto San Gerolamo, che evidentemente non aveva tenuto presente Giuseppe Flavio), i successori e subordinati continuano ad accettare quella interpretazione, doveva derivare il perpetuarsi del primo errore. Ed è per questo che nessuno si è mai curato di ricercare quella verità, che allo studioso, anche il meno profondo, appare invece di una evidenza solare.
Difatti noi sappiamo da Giuseppe Flavio che alla morte di Agrippa, il fratello Erode «alla cui fede stava raccomandata la signoria della Calcide, pregò Claudio Cesare che lo facesse padrone del Tempio, del sacro tesoro, e della creazione dei pontefici, e il tutto ottenne». [2]
Dunque Erode, nipote di Erode il Grande perché figlio di Aristobulo, era subentrato al fratello Agrippa, dopo la morte di costui, nel comando sopra Gerusalemme. Giacché essere padrone del tempio e poter nominare e deporre i pontefici equivaleva a dominare su tutta la città. Se poi si aggiunse che Giacomo e Simone furono «giustiziati» durante la cerimonia della Pasqua («erano i giorni degli Azzimi», si legge in Atti), non si può dubitare — anche in base alle fonti profane — che tale arresto sia avvenuto entro la giurisdizione di Erode, e cioè nelle dipendenze del Tempio. Ciò del resto risulta apertamente dal contesto degli Atti, laddove si parla dell'evasione di Pietro, che, accompagnato dall'Angelo, «esce dal recinto del Tempio, e traversata la porta di ferro che conduce alla città, raggiunge la casa di Maria». [3]
Se dunque Giacomo e Simone furono arrestati per ordine di Erode, il quale aveva allora l'alto comando su Gerusalemme, poiché Erode governò in Gerusalemme e sui sommi sacerdoti dal 45 alla fine del 48, essendo morto appunto verso quest'epoca, ne viene di conseguenza che in questo periodo, e non prima, deve aver avuto luogo l'arresto dei due apostoli. E se poi si aggiunge che gli Atti riferiscono la morte del Re Erode come avvenuta successivamente alla condanna di Giacomo e di Pietro, a punizione di quelle condanne, [4] come è sistema di tutta la tradizione biblica, sapendo noi, da Giuseppe Flavio, che Erode è morto appunto alla fine del 48, non potremo dubitare che i due apostoli siano stati arrestati nella Pasqua di quell'anno, e cioè sei mesi circa prima che Erode morisse.
Difatti così leggiamo in Giuseppe: [5] «A Tiberio Alessandro sottentra Cumano, e pone fine ai suoi giorni Erode fratello di Agrippa». E poiché Tiberio Alessandro fu procuratore fin verso la fine del 48, a quell'epoca appunto deve essere riferita anche la morte di Erode. In conseguenza proprio alla Pasqua del 48 deve riportarsi l'arresto dei due discepoli del «Gesù».
Deriva da quanto sopra, che mentre, secondo le fonti evangeliche, nella Pasqua del 48 sarebbero stati arrestati Giacomo e Simone discepoli di Gesù Galileo; secondo le fonti profane alla stessa data sarebbero stati arrestati Giacomo e Simone discepoli di «Giuda Galileo». Questa coincidenza sarebbe evidentemente strana, se non dovesse trattarsi di una perfetta identità. D'altra parte la storia parla di un solo Giacomo e di un solo Simone, crocefissi nella Pasqua del 48, non già di due Giacomo e di due Simone. Se ne deduce che Simone e Giacomo, detti dallo storico paides di Giuda Galileo, non sono che i due omonimi apostoli, conosciuti dalla tradizione evangelica come discepoli di Gesù Galileo.
NOTE
[1] Fu S. Girolamo ad aver fissato per primo, piuttosto a caso, l'anno 42 («secundo Claudii imperatoris anno»). Più tardi però, avendo i dotti ecclesiastici constatato che in base agli «Atti» Simone e Giacomo erano stati arrestati poco prima che fosse morto Erode, ed avendo confuso Erode con Agrippa, hanno portato quell'arresto all'anno 44, epoca appunto della morte di Agrippa.
[2] Antichità, XX, I, 3.
[3] Atti, XXI, 10.
[4] Cfr. Atti, XII, 31-23. Il motivo per cui gli esegeti degli «Atti» hanno confuso Erode con Agrippa potrebbe forse individuarsi nel fatto che la tradizione riportata dagli «Atti» ha attribuito ad Erode una leggenda che la storia di Giuseppe ci racconta essere riferibile ad Agrippa; relativamente alla morte di questo Re (Giuseppe, Antichità, XIX, VIII, 2). Ma non è la prima volta che la leggenda attribuisca ad un personaggio fatti che sono riferibili ad un altro personaggio.
[5] Antichità XX, V, 2.
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