(segue da qui)
§ 61) Continuazione: la lettera ai Galati. — La conferma inconfondibile di questa tesi la riceviamo dalla Epistola ai Galati, della quale, per comodità del lettore, riportiamo qui la parte che più interessa:
Scrive dunque Paolo: «Vi fo sapere, o fratelli, che l'evangelo che è stato da me evangelizzato non è secondo l'uomo, perciocché io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da alcun uomo, ma solo per rivelazione di Gesù Cristo.
Imperrocché Voi avete udito quale fu già la mia condotta nel giudaismo; come io perseguitassi cioè a tutto potere la Chiesa di Dio, e la disertassi, e come superassi nel giudaismo molti di pari età della mia nazione, essendo estremamente zelante delle tradizioni dei miei padri.
Ma quando piacque a Dio di rivelare in me il suo figliuolo, acciocché io lo evangelizzassi tra i Gentili, subito, senza intrattenermi a conferire con anima viva, e senza salire in Gerusalemme a quelli ch'erano stati apostoli prima di me, me ne andai in Arabia, e di nuovo poi ritornai a Damasco. Indi, in capo a tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Pietro, e dimorai appresso a lui quindici giorni. Non vidi alcun altro degli apostoli, se non Giacomo fratello del Signore ... Poi in capo a quattordici anni salii di nuovo in Gerusalemme con Barnaba, avendo preso ancora Tito.
Or vi salii per rivelazione, e narrai a quei di Gerusalemme, e in particolare a quei che sono in maggiore stima, l'evangelo che io predico tra i Gentili. Ma non ricevetti nulla da quelli ch'erano reputati essere qualche cosa. Quello che siano stati nn importa: Iddio non ha riguardo alla qualità d'alcun uomo, perciocché quelli che sono in maggiore stima non mi aggiunsero nulla. Anzi al contrario, ché avendo veduto essere stato a me commesso l'evangelo della incirconcisione, come a Pietro quello della circoncisione, Giacomo e Pietro e Giovanni, che sono reputati essere le colonne, avendo conosciuto la grazia che m'era stata data, diedero a me ed a Barnaba la mano di società, acciocché noi andassimo ai Gentili, ed essi alla circoncisione. Solo si raccomandarono che ci ricordassimo dei poveri, e ciò appunto io mi sono sforzato di fare».
Si manifesta da quanto sopra che dopo la conversione (visione di Damasco), Paolo non si curò degli altri Apostoli, ma fece da sè. A Gerusalemme andò una prima volta tre anni più tardi, [1] e una seconda volta quattordici anni più tardi (46 E.V.), insieme con Barnaba e con Tito. Ed appunto in questa seconda andata a Gerusalemme fu discussa la questione della non circoncisione ai gentili convertiti. Pertanto proprio in questa seconda andata di Paolo a Gerusalemme fu tenuto il cosiddetto primo concilio.
Senonché gli Atti riferiscono tale discussione come avvenuta in un preteso terzo viaggio. A chi dobbiamo credere? Non v'ha dubbio che la verità è quella presentataci da Paolo. Ma se così è, deve dedursi che del secondo viaggio di Paolo a Gerusalemme, gli Atti han parlato due volte, [2] il che non può spiegarsi, se non col ritenere gli Atti un libretto risultante dalla fusione di più componimenti, originariamente autonomi.
Gli episodi pertanto, riportati in Atti ai capi XIII e XIV, debbono ritenersi avvenuti precedentemente al secondo viaggio di Paolo, del quale si accenna in Atti XI, 30, e si riparla in XV, 2/22. Integrando quindi l'una parte degli Atti coll'altra, al lume dell'epistola ai Galati, si ha che in un primo periodo ebbero a verificarsi i fatti narrati ai capi XIII e XIV sull'attività di Paolo fuori di Galilea; in un secondo periodo si verificò l'opposizione in Antiochia all'attività di Paolo da parte di coloro che volevano imporre la circoncisione ai nuovi convertiti, [3] ed in un terzo periodo, in conseguenza di questa opposizione, e per insistenza di una corrente conciliatrice della quale Barnaba era il principale esponente, ebbe luogo il secondo viaggio di Paolo a Gerusalemme, di che al capo XI, 29-30 (e XV, 2) degli Atti.
In questa occasione Paolo, prendendo argomento dalla carestia che infieriva in Giudea, portò a Gerusalemme una sovvenzione in danaro, raccolta tra i suoi aderenti, per ingraziarsi quei capi, acciocché non gli avessero creato troppi fastidi nella missione che si era imposta. Si discusse così se Paolo potesse o meno continuare a fare opera di proselitismo messianico tra i Gentili; ed in tale discussione, per intromissione di Pietro, le parti si accordarono, e fu permesso a Paolo di continuare a far proseliti tra i Gentili, senza obbligo di sottoporli alla circoncisione. [4] Unica condizione fu che Paolo si ricordasse di mandare ai «poveri», e cioè ai facenti parte della comunità ebionita di Gerusalemme, le sovvenzioni che avesse potuto raccogliere. [5]
Dopo questo secondo viaggio di Paolo a Gerusalemme, e conseguente primo concilio, Pietro fu ad Antiochia (47 E.V.), dove, secondo Suida, [6] ordinò Vescovo Evodio. Ivi Pietro rimase per qualche tempo in compagnia di Paolo, sedendo a mensa con lui e con i non circoncisi. Ma temette poi di farsi vedere con questi ultimi, quando sopraggiunsero i messi di Giacomo, i quali, malgrado il preteso accordo dell'anno 46, di cui parla Paolo, continuavano a insistere sulla necessità di circoncidere i nuovi convertiti. [7] In seguito Pietro rientrò a Gerusalemme. E proprio qua (anno 48) si riallaccia la narrazione contenuta nel capo XII degli Atti, laddove si parla del suo arresto, e insieme dell'arresto di Giacomo. Di tale arresto quindi non è difficile accertare la data.
NOTE
[1] Cfr. anche Atti, IX, 26-28.
[2] Atti, XI, 30; XV, 2 e segg.
[3] È risaputo che secondo i principi della Thorah tutti coloro che volevano convertirsi alla legge mosaica dovevano, prima e anzitutto, sottoporsi al rito dell'iniziazione in quella comunità; rito che consisteva nel bagno lustrale, e — per i maschi — principalmente nella circoncisione.
[4] Questa concessione, che Paolo, appoggiato da Pietro, riuscì a strappare a Giacomo, fu d'importanza capitale per il cristianesimo, che solo allora può dirsi abbia avuto la sua origine. Anteriormente il Cristianesimo non era che una setta giudaica, e per entrare in esso il neofita doveva prima farsi giudeo, sottoponendosi alla circoncisione. A ragione quindi la Chiesa cristiana venera Paolo e Pietro quali suoi padri e fondatori.
[5] Cfr. Paolo, Galati, II, 10. Circa il nome «Ebioniti», che conservano i primi giudeo-cristiani di Giacomo, sappiamo ch'esso deriva dalla voce ebraica ebyonim che vuol dire «povero», in quanto la setta doveva comprendere soltanto i poveri (oggi proletari), con esclusione dei non poveri.
[6] Suida, loc. cit.
[7] Cfr. Galati, II, 11-14. Questo insistere di Giacomo e seguaci anche dopo l'accordo di Gerusalemme dell'anno 46, nell'ottemperanza della legge mosaica (che imponeva la circoncisione a tutti i nuovi adepti e vietava ai circoncisi di frequentare i non circoncisi), ci conferma sempre di più che il movimento messianico predicato dal Maestro era stato un movimento esclusivamente giudaico.
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