lunedì 7 agosto 2023

Le tradizioni in genere e la cronologia Paolina

 (segue da qui)

§ 30) Le tradizioni in genere e la cronologia Paolina. — Gli accertamenti fin qui condotti — sia in base ai complessi dati forniti da Eusebio, sia in base alla più razionale interpretazione del Vangelo di Luca — spostano indietro la data di nascita del «Gesù» di 27-28 anni, sulla data di Dionigi, invece dei quattro anni, già consentiti dagli esegeti di Daniele (§ 10). Per altro, gli accertamenti medesimi trovano conferma sia nelle norme che regolano l'interpretazione delle tradizioni in genere, sia nelle induzioni che possiamo ricavare dalle lettere paoline.

Dallo studio delle tradizioni in genere apprendiamo che le stesse tendono sempre a riferire ad un'epoca più recente fatti ed eventi che sono invece da riferirsi ad epoche più remote. Calcolare infatti la cronologia unicamente attraverso la tradizione (come fu fatto quando si volle fissare una data alla nascita del «Gesù») è lo stesso che calcolare la distanza attraverso un grande deserto, o attraverso una grande vallata. Giacché, mancando i punti intermedi di riferimento, si stima sempre meno del reale. Ed appunto per questo, tra più versioni del medesimo fatto, deve ritenersi più attendibile quella che riferisca il fatto all'epoca più remota.

Altri elementi comunque, a conforto dei calcoli sopra presentati, possiamo ricavare dai primi scritti cristiani. Di questi le lettere paoline sono i più antichi documenti che noi si possegga. Per unanime consenso, esse furono redatte prima di tutti gli altri scritti neo-testamentari, compresi i Vangeli. Ora, proprio dalle lettere paoline noi possiamo ricavare gli elementi più preziosi a sostegno del nostro assunto.

Come dimostreremo appresso, Paolo si convertì al Cristianesimo (visione di Damasco) nell'anno 784-785 di Roma (31-32 E.V.). Ciò posto, se la cronologia di Dionigi, sia pure retrodatata di quattro anni, dovesse essere esatta, dovremmo concludere che Paolo era stato un contemporaneo del «Messia». Ma se Paolo fosse stato un contemporaneo del Maestro, poiché aveva risieduto a Gerusalemme (dove la tradizione pretende che avesse frequentato la scuola rabbinica di Gamaliele), doveva pure averlo conosciuto. In conseguenza avrebbe dovuto egli scriverne come di persona a lui nota. Nulla invece si arguisce di ciò dalle lettere paoline, dalle quali invece traspare che Gesù era deceduto molto tempo prima. Deriva che, dovendosi la morte del Gesù retrodatare di molti anni sulla data di Dionigi, di altrettanti dovrà esserne retrodatata la data di nascita. [1]

Peraltro, va tenuto presente che fino al momento dell'arresto e conseguente morte, «Gesù» era stato considerato «Messia terreno», e cioè Messia Salvatore (§ 8). Solo successivamente a tale evento il concetto messianico circa il Gesù si venne lentamente trasformando; giacché con Paolo quegli diventa Messia celeste, e quindi Messia redentore. Deve argomentarsi pertanto che molto tempo doveva essere trascorso tra la morte del Gesù e la predicazione di Paolo; diversamente un tanto processo trasformativo dell'idea originaria non poteva perfezionarsi. E poiché la tradizione riferisce che al momento della morte il «Gesù» aveva 33 anni, se ne deduce che fissare la sua nascita all'anno 725-726 di Roma (28-27 av. E.V.), come noi abbiamo concluso in base ai dati di Eusebio sopra dettagliati, è non soltanto logico, ma necessario, se si vogliano spiegare fenomenicamente gli eventi ulteriori. Giacché la morte dovrebbe portarsi alla Pasqua dell'anno 759 o 760 (6 o 7 E.V.), e cioè venticinque anni prima della conversione di Paolo, mentre tali 25 anni, che occorrono per il formarsi di una nuova generazione, sono il minimo indispensabile perché una leggenda possa formarsi, ed una «mistica» possa trasformarsi.

NOTE

[1] Questo medesimo argomento è sviluppato anche dal Drews (Le mythe de Jésus, Paris 1926, p. 67) per dimostrare che il Gesù della tradizione non è mai esistito. Argomenta difatti il Drews: «Poiché dagli Atti apprendiamo che Paolo non solo ad Efeso, ma dovunque lo portavano i suoi viaggi missionari, trovasse un certo numero, sia pure piccolo, di credenti in Gesù; donde mai verrebbero costoro, e come mai, in qualche anno, che intercederebbe tra la crocefissione del Gesù e l'arrivo dell'apostolo, la fede in quello poteva espandersi nel mondo intero?». Evidentemente, conclude il Drews, l'idea cristiana era stata molto più antica, e non aveva avuto la sua origine in un uomo; bensì nella vecchia tradizione messianica. Senonché concludere, dal fatto che l'idea aveva già ottenuto divulgazione nel mondo, che Gesù non era mai esistito, era un po' troppo: occorreva invece concludere che non un «qualche anno» era decorso dalla crocefissione del Gesù alla predicazione di Paolo, ma una generazione intera. 

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