domenica 20 agosto 2023

Il Nazireato

 (segue da qui)

§ 43) Il Nazireato. — Era chiamato, presso gli Ebrei, Nazareo o Nazireo (da nazir) colui che si era consacrato a Jahvè col voto di Nazireato. L'istituto era antichissimo nella legislazione giudaica, quantunque il termine Nazareo (greco Nazir in Giudici XIII, 2-7 e Naziraios in Giuseppe Flavio), sia piuttosto recente.

Alla pari del profeta è trattato il Nazareo nelle profezie di Amos (II, 11-12), laddove Iddio così lamenta: «Oltre a ciò ho suscitato dei vostri figliuoli per profeti, e dei vostri giovani per nazarei, non è vero, o figliuoli d'Israele? Ma voi avete dato a bere del vino ai Nazarei» (e si rammenti che anche al Cristo morente fu offerto l'aceto da bere, per fargli infrangere il voto di Nazireato) «ed avete fatto divieto ai profeti, dicendo loro: non profetate».

Il Nazireato quindi era una forma di profetismo, ed il Nazareo, o Nazireo, era considerato alla stessa stregua del profeta. L'istituto poi — secondo la tradizione — era stato disciplinato per volontà di Jahvè stesso. Leggiamo difatti in Numeri VI: «Il Signore parlò oltre a ciò a Mosè dicendo: parla ai figliuoli d'Israele e di loro: quando qualcuno, uomo o donna, avrà fatto singolar voto di nazireato, per farsi nazireo al Signore, si astenga da vino e da birra; non beva alcun aceto, né di birra né di alcun liquore d'uva, né fresca né secca. Tutto il tempo del suo nazireato non passi il rasoio sopra il suo capo; sia egli santo, finché sia compiuto il tempo per il quale si è votato nazireo al Signore, e lasci crescere la chioma dei capelli del suo capo».

Che Gesù fosse stato un Nazàreo (voce questa corrottasi più tardi in Nazareno), e cioè votato alla lunga chioma, è riconosciuto universalmente, perché anche la Chiesa, nella sua iconografia, lo ha sempre raffigurato coi cappelli lunghi. In conseguenza, se Gesù ha preso l'attributo di Nazàreo dal voto ch'egli aveva fatto, non può averlo preso dalla cittadina di Nazareth. Senonché, quantunque la questione appaia evidente, i sostenitori del testo di Matteo non disarmano. Essi continuano ad affermare che coll'istituto del Nazireato la voce Nazàreo non abbia che una mera assonanza, dovendosi il vocabolo Nazàreo ritenere un derivato di Nazareth, e non un derivato da Nazir, come vorrebbero il senso critico ed il senso storico. [1] Necessita quindi maggiormente approfondire l'argomento.

Sta di fatto che nel nuovo testamento Gesù è designato tanto colla frase «Gesù il Nazàreo» (Jesoûs o Nazoraîos) quanto colla frase «Gesù il Nazareno» (Jesoûs o Nazarenòs). Nella versione dei Settanta però noi non troviamo né la parola nazoraîos, nè la parola nazarenòs, perché nei passi della Thorah nei quali si parla del Nazireato troviamo altre voci o circonlocuzioni. Così, in Numeri, laddove il traduttore italiano ha tradotto: «voto di Nazìreo» e «per farsi Nazìreo al Signore», la versione greca dei Settanta porta una circonlocuzione, che nella vulgata così fu tradotta: «Vir, sive mulier, cum fecerint votum ut santificentur, et se voluerint domino consecrare, a vino et omni quod inebriari potest abstinentur». Si parla dunque nella vulgata di «voto di santificazione» e di «consacrarsi a Dio», il che implica appunto il voto di Nazireo; ma non si riporta la denominazione dell'istituto.

In Amos troviamo bensì la parola «Nazàreos» nella vulgata («et suscitavi de filiis vestris prophetas et de invenibus vestris Nazareos ...; Et propinabitis Nazarei vinum ...») ma la versione dei Settanta adopera la voce aghiasmòs, ossia «consacrato». Solo in Giudici, a proposito di Sansone, troviamo la parola Nazir, poiché ivi la frase che la vulgata traduce «Sterilis es et absque liberis: sed concipies et paries filium ... cuius non tanget caput novacula: erit enim Nazareus ab infantia sua», così si legge nei Settanta: «oti nazìr theoû estai».

Fin qua dunque potrebbero aver ragione quei critici, che sostengono non aver nulla a che fare le parole Nazarenòs, o Nazoràios, col vecchio istituto mosaico del Nazireato. Senonché va tenuta presente l'evoluzione che può subire e subisce in genere una parola nell'uso vivo, e quanto alla voce Nazìr non bisogna fermarsi al libro di «Giudici», perché Giuseppe Flavio, per indicare lo stesso concetto che è indicato in Giudici colla parola Nazìr, laddove scrive di Agrippa «volle che molti Nazirei si tondessero il capo» (cfr. ediz. Parisiis, XIX, VI, 1) adopera il vocabolo Naziràios, e, quel che più conta, riportando le istituzioni mosaiche (IV, 4, 4) adopera la parola Nazaràios.

Se quindi Naziraioi o Nazaraioi chiama Giuseppe Flavio i Nazàrei, mentre sappiamo che nazoraios e nazarenòs era chiamato Gesù, non può dubitarsi che le voci Nazoràios e Nazarenòs, di cui ai testi evangelici, siano una corruzione di Naziràios e Nazaràios, di cui al testo di Flavio. D'altra parte, secondo Epifanio, l'attributo di Nazoràios apparteneva anche ad una setta giudaica pre-cristiana, stabilitasi nella regione dell'oltre Giordano. Dovrà forse affermarsi che Gesù abbia preso l'attributo di Nazoràios da quella setta? Gli ecclesiastici lo escludono. Ma allo stesso modo che la setta dei Nazoràioi non aveva preso il suo nome dalla città di Nazareth, bensì dal voto di Nazireato, che contraddistingueva i suoi membri, ugualmente dalla pratica del Nazireato, seguita da Gesù (pur non avendo egli a che fare con la setta), deve egli avere assunto il soprannome di Nazoràios, non già dalla città di Nazareth.

NOTE

[1] Trascuriamo di accennare alle infinite ipotesi che innumerevoli scrittori avanzarono per dare una spiegazione più o meno peregrina all'attributo di Nazareo, che si sa aver avuto il «Gesù». Per chi abbia vaghezza di conoscere a quali parossismi può giungere l'immaginazione degli spiriti impreparati, citiamo l'opera «Il Nazareno» di Zolli, Udine 1938, pp. 1-49, che riporta tutte tali opinioni.

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