mercoledì 3 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoPaolinismo e giudaismo

 (segue da qui)

Paolinismo e giudaismo.

Nella misura stessa in cui la gnosi paolina si ispira alla cultura greca, volta le spalle non solo al giudaismo palestinese, ma anche al cristianesimo giudaizzante della Transgiordania, che ha numerose ramificazioni in Siria. La divergenza rituale, che ha già provocato dissidenze dogmatiche, degenera sempre più in opposizione dottrinale. I fratelli separati tendono a diventare fratelli nemici.

Di quell'ostilità alcuni testi dello Pseudo-Paolo forniscono una testimonianza molto netta. I cristiani vi sono messi in guardia contro coloro che vorrebbero riportarli all'osservanza della Legge. Un tale ritorno al passato sarebbe una diserzione, un rinnegamento del Cristo Salvatore che ci ha liberati a prezzo della sua vita. L'Epistola ai Galati tratta da «stolti» coloro che si lasciano così «affascinare» fino al punto di sacrificare la libertà così caramente conquistata. «Quando eravamo bambini», è dichiarato loro, «eravamo asserviti agli Elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio affinché riscattasse quelli che erano sotto la Legge e ricevessimo l'adozione. In passato, non conoscendo Dio, avete servito gli Dèi, che per natura non lo sono. Ma ora, avendo conosciuto Dio, ... come ritornate ancora agli infermi e poveri Elementi che di nuovo volete servire? Voi osservate i giorni, i mesi, le stagioni, gli anni....» [50]

Osservazioni simili, ma più dettagliate, si leggono nell'Epistola ai Colossesi: «Guardate», vi è detto, «che nessuno dunque vi inganni con la filosofia e con vani inganni secondo la tradizione degli uomini, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo... Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati; queste sono ombre di cose future, ma la realtà è quella del Cristo. Nessuno vi derubi con la sua umiltà e il suo culto degli Angeli, appoggiandosi alle sue visioni, gonfiandosi vanamente con il pensiero della carne, e non aggrappandosi al capo dal quale tutto il corpo... trae accrescimento. Se siete morti con Cristo agli Elementi del mondo, perché... vi si impongono questi precetti: «Non prendere», «non assaggiare», «non toccare», precetti che sono fondati solo sulle ordinanze e dottrine degli uomini? Hanno per la verità sì un'espressione di sapienza in quanto «culto volontario», «umiltà», «disprezzo del corpo», ma non hanno alcun valore se non per la soddisfazione della carne». [51]

Quella gnosi giudaizzante, alla quale il nostro teologo, malgrado il suo pregiudizio, non nega una parvenza di «sapienza», e che tratta da «filosofo», non va cercata tra i destinatari della lettera, perché quella istruzione «ai Colossesi», così come quella che le corrisponde, «ai Galati», non ha nulla di epistolare. Si situa piuttosto nell'ambiente stesso in cui le due invettive sono state scritte, attorno a quella Chiesa di Antiochia da cui è uscita la nuova edizione delle Epistole di Paolo. Proviene dai giudeo-cristiani di Transgiordania, la cui propaganda si estendeva in Siria fin nella capitale, e vi faceva abbastanza progresso da preoccupare i circoli paolini. Abbiamo visto quanto gli Ebioniti o i Nazareni tenessero alle prescrizioni della Legge ebraica. Nessun altro gruppo della cristianità aveva una tale cura delle regole concernenti il «cibo» e le «bevande», le «feste», i «noviluni», i «sabati». Nessun altro ricordava con tanta enfasi i divieti tradizionali: «non prendere», «non assaggiare», «non toccare». Il libro di Elcasai, che rifletteva l'ideale di questo piano puritano e che si diffondeva nelle comunità cristiane alla fine del regno di Traiano, mostrava un rispetto religioso nei confronti dei sette Elementi propugnati da lui, il cielo, la terra, l'acqua, i venti, il pane, l'olio e il sale, e nei confronti degli Angeli preposti alla loro cura, che si identificavano più o meno con loro nel pensiero dei loro adoratori. È da uno di questi Spiriti celesti, esperiti nel corso di una visione memorabile, per meglio dire, è dal figlio di Dio stesso, considerato il primo di essi, che l'autore dichiarava di aver ricevuto la sua rivelazione, e gli attribuiva tali dimensioni che, di fronte a un gigante di una tale statura, i poveri umani dovevano sentirsi ben piccoli. Condannava l'uso della carne e sosteneva un ascetismo severo. Sappiamo che distingueva tra «giorni» fausti, in cui si poteva dare il battesimo o cominciare un'attività, e giorni infausti, in cui ci si doveva guardarsi con cura. Senza dubbio faceva lo stesso per «i mesi, le stagioni, gli anni», perché le stesse ragioni lo spingevano a ciò. Si trattava in tutti i casi di mettersi sotto la tutela degli spiriti buoni e di proteggersi dagli «Angeli dell'empietà» che vogliono farsi prendere per dèi quantunque non lo siano per natura e che risiedono nelle «stelle maligne». Egli stesso presentava la sua dottrina come una filosofia superiore a qualsiasi altra, poiché diceva, in un passo che ci hanno conservato i Philosophoumena di Ippolito, che non si trovava «né nelle dottrine segrete dei saggi d'Egitto, né in quelle del filosofo greco Pitagora». [52]

Tutti questi indizi, che si illuminano reciprocamente, ci permettono di vedere in lui l'autore della gnosi giudaizzante che denuncia lo Pseudo-Paolo. Il tono duro e sdegnoso adottato nei suoi confronti fa riecheggiare l'asprezza delle lotte dottrinali che si preparano. 


NOTE DEL CAPITOLO 8

[50] Galati 4:3-5 e 8-12.

[51] Colossesi 2:8-9 e 16-23.

[52] IPPOLITO, Philosophoumena 9:17.

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