giovedì 4 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoTendenza giudaizzante

 (segue da qui)

Tendenza giudaizzante.

Questo esclusivismo religioso si è affermato con forza tra gli ebrei palestinesi che, vivendo quasi isolati dal resto dell'umanità, seguivano la loro tendenza naturale, senza che nessuna azione esterna potesse farli deviare da essa. Dalla sinagoga esso è passato alla chiesa, dove è stato spesso praticato con altrettanto rigore. Il cristianesimo greco, nella misura stessa in cui si era impregnato di ellenismo, partecipava ancora allo spirito aperto e conciliante dei filosofi greci. Per contro, le comunità giudaizzanti, soprattutto quelle della Transgiordania, murate nel loro sistema di divieti che impedivano qualsiasi scambio di idee con gli stranieri, gettavano facilmente l'anatema su chiunque non condividesse per nulla affatto la loro maniera di vedere. Furono ben più intransigenti verso la gnosi paolina di quanto quest'ultima potesse mai esserlo nei loro confronti. 

L'apostolo Paolo, che non si distingueva dal suo falsario e che si assumeva la responsabilità di tutte le affermazioni antigiudaiche pubblicate sotto il suo nome, fu vituperato come un vile scellerato. Si raccontò che non fosse di razza ebraica. Era nato a Tarso da madre e padre pagani. Venuto a Gerusalemme, si era innamorato di una figlia del sommo sacerdote e aveva progettato di sposarla. Perciò aveva preso posto tra i proseliti e si era fatto circoncidere. Ma era stato respinto. Furioso, si era rivoltato contro i suoi vecchi amici e si era messo a inveire contro la circoncisione, il sabato e l'insieme della Legge ebraica. Ecco ciò che un lettore ortodosso, Epifanio, ha conservato di quella violenta diatriba. [53]

In contrasto con le nefandezze e le menzogne attribuite a Paolo, i Nazareni esaltavano la sapienza e le virtù dei loro stessi capi. Glorificavano particolarmente la memoria di Giacomo e lo mettevano in scena in un libro dei «Gradi». L'ex protagonista dei cristiani giudaizzanti di Gerusalemme vi sosteneva il Vangelo come l'esito finale della legge mosaica. Ma vi si scagliava contro i sacrifici cruenti, contro l'altare degli olocausti, contro il tempio stesso che ospitava questi abusi deplorevoli. [54] Perpetuava, insomma, le vecchie tradizioni degli Esseni, quelle dell'Epistola agli Ebrei.

Ma è soprattutto l'apostolo Pietro che si presentava agli occhi dei Nazareni come la vivente antitesi di Paolo. Tra di loro circolava, secondo la testimonianza di Epifanio, [55] un libro dedicato al racconto dei suoi «Viaggi» dove appariva sotto l'aspetto di un perfetto puritano, che faceva ogni giorno un bagno rituale per proteggersi dalle macchie quotidiane. Si asteneva da ogni tipo di carne perché la considerava viziata fin dall'origine in quanto prodotto della generazione. Il libro non ci è arrivato nella sua forma originale. Ma si è conservato, attraverso aggiunte numerose, in un romanzo teologico che si presenta scritto da Clemente di Roma e che ci è arrivato in due forme parallele ma abbastanza divergenti, le Omelie e i Ritrovamenti. Se lasciamo da parte le aggiunte successive per considerare solo il racconto iniziale dei cosiddetti «Viaggi», vi vediamo Pietro seguire Simone di Samaria nei suoi spostamenti lungo tutta la costa siriana, da Cesarea ad Antiochia, per mostrare ai suoi adepti che non è, come dice, la «Grande Potenza di Dio», il compagno della «Sapienza», ma un volgare «mago», un ciarlatano posseduto da un demone. [56] Soltanto che attraverso Simone è Paolo stesso ad essere preso di mira, perché professa la stessa dottrina e si dedica allo stesso apostolato.

È così che, a Laodicea, Pietro dice al mago: «Tu pretendevi di sapere meglio di me ciò che concerne Gesù, per averlo appreso da te stesso in una rivelazione... Come ti è apparso, se i tuoi sentimenti sono in contraddizione con il suo insegnamento? E se, per aver goduto per un'ora della sua presenza e delle sue lezioni, tu sei diventato un apostolo, ... smetti di combattere me che ho vissuto con lui, ... perché è contro di me che ti sei levato». [57] Tutto ciò si può intendere solo dei testi paolini dove l'autore parla della rivelazione di cui ha beneficiato [58] così come del conflitto in cui si è «levato» contro Pietro, da lui giudicato «riprovevole». [59] Simone appare qui pienamente come un sosia di Paolo. Il rimprovero che è mosso all'uno di essere solo un ciarlatano posseduto da un demone si applica quindi direttamente all'altro.

Un altro scritto dello stesso tipo è segnalato tra i Nazareni. Si intitolava «La predicazione di Pietro» e presentava quindi un carattere più direttamente dottrinale. Anche di questo parti importanti sono passate nelle Omelie e nei Ritrovamenti clementini. L'inizio vi è stato persino riprodotto nel suo tenore originale. È una «lettera di Pietro a Giacomo» che presenta la sua opera con la raccomandazione urgente di comunicarla solo ai cristiani circoncisi, che si dedicano essi stessi alla predicazione e che hanno subìto una prova seria. Questo testo si accompagna ad un'«attestazione solenne» imposta di conseguenza da Giacomo a coloro che riceveranno lo scritto in questione; ognuno di loro, al termine di una iniziazione di sei anni, essendosi bagnato nell'acqua viva, prometterà di mantenerla segreta prendendo a testimone «il cielo, la terra, l'acqua... e oltre a questi elementi, l'aria che penetra tutto», dopodiché condividerà pane e sale con colui che gliel'ha trasmessa. [60] Siamo qui nella pura tradizione delle Chiese transgiordane, come esponeva il libro di Elcasai. Ma fin dall'inizio l'opera si rivela anti-paolina. Pietro dichiara infatti nella lettera di partenza: «Alcuni di quelli che vengono dai Gentili hanno rifiutato la mia predicazione conforme alla Legge per adottare l'insegnamento contrario alla Legge dell'uomo nemico e i suoi discorsi frivoli». Paolo non appare solo qui come un avversario, tra tanti altri, del cristianesimo giudaico, ma come l'avversario tout court, colui che rappresenta tutti gli altri, colui su cui si concentrano tutti gli odi e tutti i rancori.

Questo perché rappresenta non solo con la propria opera, ma anche e soprattutto con le aggiunte che vi ha introdotto, un mondo diverso e addirittura opposto, quello delle persone di cultura greca, che, diventando cristiane, non hanno alcuna intenzione di farsi ebree, e che accettano il Vangelo solo adattandolo all'ellenismo. 

Nella misura in cui l'ortodossia si affermerà, andrà da sé che coloro che se ne discostano sono «stolti», che usano «l'inganno» e che hanno un solo scopo, «la soddisfazione della carne». Il politeismo è, per natura, accomodante. Siccome crede nell'esistenza di più dèi, ammette senza difficoltà che si organizzino attorno ad essi diversi culti, diverse teologie. La sua ambizione è di raggrupparli, di coordinarli in un vasto Pantheon. Il monoteismo, al contrario, è votato per definizione all'intolleranza. Siccome non riconosce che un solo Dio, il proprio, non tollera gruppi dissidenti né eterodossie. Lui solo possiede la verità, lui solo conosce e pratica il bene. 


NOTE AL CAPITOLO 8

[53] EPIFANIO, Haer., 30:16.

[54] Id., ibid.

[55] Id. 30:15.

[56] Si veda Oscar CULMANN, le problème littéraire et historique du roman pseudo-clémentin.

[57] CLEMENTE DI ROMA, Omelie 17:14-19.

[58] 2 Corinzi 12:2. Galati 1:15-16.

[59] Galati 2:11.

[60] Omelie, epistola di Pietro a Giacomo, in testa all'opera, cfr.  Culmann,  opera citata, pag. 25. 

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