martedì 2 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoSimone e Paolo

 (segue da qui)


Simone e Paolo.

Ma è soprattutto nella seconda edizione delle Epistole di Paolo che la sua influenza si afferma. Essa traspare già nelle parti che si rivolgono alla massa dei fedeli e che espongono il credo comune della Chiesa siriana. Apriamo, ad esempio, l'Epistola ai Galati. [39] Vi troviamo, attraverso i testi che appartengono al secondo strato, osservazioni di un carattere pratico: «Non dalle opere della legge l'uomo è giustificato, ma per la fede in Cristo Gesù»... «Perché dunque la legge? ... Essa è stata data a causa delle trasgressioni... è stata promulgata dagli Angeli...» «Quando eravamo bambini, eravamo sotto la schiavitù... Ma quando i tempi sono stati compiuti, ... Dio ha inviato suo Figlio... affinché ricevessimo l'adozione... Così tu non sei più schiavo, ma figlio...». «Tutti voi che cercate la giustificazione nella Legge siete decaduti dalla Grazia. Per noi è dalla fede che attendiamo dallo Spirito la speranza della giustizia...» «Fratelli, voi siete stati chiamati alla libertà, soltanto non fate di quella libertà un mezzo per vivere secondo la carne... Camminate secondo lo Spirito».

Stesse considerazioni  presentate sotto una forma più ampia nell'Epistola ai Romani. [40] Vi si legano a una visione generale dell'umanità, che si situa nella prospettiva dei Simoniani. «Sappiamo che tutto ciò che la legge dice, lo dice a coloro che sono sotto la legge, affinché tutti abbiano la bocca chiusa e tutti siano riconosciuti colpevoli davanti a Dio. Ecco perché nessuno sarà giustificato davanti a lui per le opere della legge; perché è la legge che dà la conoscenza del peccato...». «I Gentili, che non cercavano la giustizia, sono giunti alla giustizia, la giustizia che è per la fede; e Israele, che cercava la Legge della giustizia, non è affatto giunto alla Legge della giustizia. Perché? Perché non l'hanno affatto cercata per la fede, ma per le opere della legge; perché sono inciampati contro la pietra d'inciampo, secondo quel che è scritto: «Ecco, io pongo in Sion la pietra d'inciampo e la pietra di scandalo; ma chiunque crederà in lui, non sarà affatto confuso».

Altre parti della seconda edizione delle Epistole paoline hanno un carattere più nettamente esoterico. Si rivolgono solo all'élite dei credenti. Quelle tradiscono ancora di più l'influenza simoniana. Presentano il cristianesimo come una gnosi trascendente, che rassomiglia nei punti essenziali a quella di Simone e che ne riprende persino a momenti la terminologia. 

Ecco per esempio come si esprime lo Pseudo-Paolo nella prima Epistola ai Corinzi. [41] «Noi invece predichiamo il Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e follia per i Gentili, ma Potenza di Dio e Sapienza di Dio per coloro che sono chiamati, tanto Giudei che Greci. Perché la follia di Dio è più sapiente degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini... Questa è una sapienza che noi predichiamo tra i perfetti, sapienza che non di questo tempo, né degli arconti di questo tempo, che saranno annientati; noi predichiamo la Sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio prima dei secoli aveva destinato per la nostra gloria, Sapienza che nessuno degli arconti di questo secolo ha conosciuta»...

Quella «Sapienza» di Dio, quella «Potenza» di Dio, questo «Secolo», appellativo mistico del mondo che passa, in opposizione all'eternità divina, questi «arconti» che lo governano e il cui regno finirà, questo «mistero» che avvolge il tutto, si comprendono bene solo alla luce della gnosi simoniana. Anche qui abbiamo frammenti staccati da un sistema al di fuori del quale sono quasi incomprensibili.

Ancora più caratteristico è un passo dell'Epistola ai Filippesi [42] che esprime la quintessenza della gnosi cristiana riguardo alla persona stessa del Cristo: «Lui che esisteva in forma di Dio non ha affatto considerato una rapina l'uguaglianza con Dio. Ma si è lui stesso svuotato, assumendo forma di schiavo, fatto a rassomiglianza degli uomini. E, trovato esteriormente come un uomo, si è abbassato lui stesso, divenuto obbediente fino alla morte. Ecco perché anche Dio lo ha esaltato e lo ha chiamato col nome che è al di sopra di ogni nome, affinché al nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio degli esseri celesti, dei terrestri e degli infernali, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre»...

È l'epopea teologica di Simone che ritroviamo qui applicata a Gesù. I due Salvatori hanno la stessa origine; si sono sottoposti allo stesso abbassamento; la stessa esaltazione è stata riservata loro. L'idea della rapina che si può commettere eguagliandosi a Dio è da confrontare con il mito simoniano degli Angeli ribelli che non hanno temuto di prendere il posto dell'Altissimo. Il «vuoto» al quale il Cristo si è sottoposto assumendo una figura di uomo si concepisce solo in opposizione alla «pienezza» che egli possedeva finché era «in forma di Dio». Questo kenoma e questo pleroma richiamano la gnosi di Simone.

L'Epistola ai Colossesi ci presenta nella sua seconda edizione una dottrina simile, dove si percepisce la stessa ispirazione. Anche qui, il Cristo occupa il centro della scena. Secondo la forma primitiva del testo, che le glosse successive hanno molto alterato, [43] «egli è l'immagine del Dio invisibile», «è esistito prima di tutti gli esseri» che sono in cielo e in terra, «in lui abita tutto il pleroma della divinità». «Egli è il capo di ogni Principato e Potenza, riconcilia tutto in sé». In lui appare «il mistero nascosto da ogni tempo e in tutte le età, ma rivelato ora ai santi», «mistero nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della gnosi».

Queste ultime parole caratterizzano bene lo spirito del documento. Lasciano indovinare su uno sfondo oscuro una filosofia religiosa molto ampia, che comprende Dio, il mondo, l'umanità, che spiega il male, fisico o morale, con una ribellione contro il Bene supremo, e che attribuisce un ruolo centrale di Mediatore al Cristo, essere divino per essenza e umano per libera scelta, che unisce in sé gli estremi e pacifica col sacrificio della sua persona tutto l'universo. La menzione del «pleroma» che risiede in lui, dei «Principati e delle Potenze» di cui ha distrutto il dominio, mostra che il sistema ha molte affinità con quello dei Simoniani.

Da nessuna parte questo genere di gnosi è altrettanto pronunciato come nell'Epistola agli «Efesini», primitivamente intitolata «ai Laodicesi», che riprende le istruzioni ai Colossesi, glissandole ampiamente, in uno stile astratto e pomposo. [44] Il Dio Altissimo, che siede «nei luoghi celesti», possiede «una sapienza infinitamente varia», così come una potenza di una infinita grandezza e un amore di un'infinita ricchezza. Egli è «il padre di Nostro Signore Gesù Cristo», «il suo prediletto», in cui si trova il «pleroma» della divinità. Al di sotto viene il mondo degli spiriti, con qualsiasi nome li si chiami, «principato, potenza, virtù, signoria» e altri dello stesso tipo. Questi esseri, ben inferiori a Dio, si sono rivoltati contro di lui. Per mezzo di loro il male ha preso piede nel mondo e si è fissato nell'uomo, dove è mantenuto dalle «concupiscenze della carne». Tutti noi un tempo ci siamo comportati «in conformità con il Principe di questo mondo, con l'Arconte della Potenza dell'Aria, con lo Spirito che opera ora nei figli della ribellione». Ma «Dio ci ha scelti prima della fondazione del mondo, perché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere suoi figli adottivi per mezzo di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concesso nel suo amato. In lui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, la remissione dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che Dio ha riversato abbondantemente su di noi in ogni specie di sapienza e di intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il benevolo disegno che aveva formato in sé, per portarlo a compimento quando il tempo fosse compiuto, per riunire tutte le cose al Cristo, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra...». «Egli ha manifestato in Cristo l'infinita grandezza della sua potenza resuscitandolo dai morti e facendolo sedere alla sua destra nei luoghi celesti, al di sopra di ogni Dominazione, di ogni Principato, di ogni Potenza, di ogni Dignità e di ogni nome... Egli ha messo tutto sotto i suoi piedi e lo ha dato come capo supremo alla Chiesa, che è il suo corpo, il Pleroma di colui che riempie tutto in tutti...» [45] «Ci ha resuscitati assieme e ci ha fatti sedere assieme nei luoghi celesti con Gesù Cristo, al fine di mostrare nei secoli a venire l'infinita ricchezza della sua grazia»... «Voi un tempo Pagani, chiamati incirconcisi da coloro che si chiamano circoncisi... voi che eravate un tempo lontani, voi siete stati avvicinati dal sangue del Cristo. Egli infatti è la nostra pace, lui che dei due ha fatto un popolo solo e che ha abbattuto il muro di separazione, l'inimicizia, avendo annientato con la sua carne la legge degli ordinamenti nelle sue prescrizioni, al fine di creare in sé stesso, dei due, un solo uomo nuovo».

L'autore è talmente soddisfatto di quella sontuosa parata che ci tiene a sottolinearne l'eccellenza e si conferisce, all'occasione, un bel complimento: «È per rivelazione», dice, «che ho avuto conoscenza del mistero sul quale ho appena scritto un po' di parole. Leggendole potete immaginarvi l'intelligenza che io ho del mistero del Cristo». [46]

I pagani refrattari a quella gnosi sublime mostrano con questo quanto la loro mente sia limitata. «Essi sono estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro». Strano capovolgimento! Il cristianesimo nato da un mondo ostinatamente chiuso al sapere greco, rimprovera ora ai greci di essere estranei alla vera scienza. Si ispira alle idee e al linguaggio dei filosofi greci. «Fate attenzione», scrive lo Pseudo-Paolo, «a comportarvi con circospezione, non da stolti ma da saggi». Parla come un platonico: «Diventate», dice, «gli imitatori di Dio... Camminate come figli della luce... Non prendete parte alle opere infruttuose delle tenebre». [47] A questo proposito invoca il testo seguente dall'aspetto ritmico, che presuppone la concezione platonica dell'anima prigioniera della materia, come addormentata nella regione delle ombre e dimentica della sua nobile origine: «Svegliati, tu che dormi, 

«Risorgi dai morti,

e su di te risplenderà il Cristo».

Senza dubbio abbiamo lì un frammento di un canto ecclesiastico, perché poco dopo viene quella raccomandazione: «Siate ricolmi di Spirito e nutritevi di salmi, inni e canti spirituali». Ma qualcosa di simile si leggeva già, secondo ogni apparenza, nella liturgia dei Simoniani. Il messaggero dell'Altissimo doveva rivolgersi in termini analoghi all'Ennoia decaduta, perché un appello simile era formulato in altre gnosi, ispirate da quella di Simone, e si accompagnava a dettagli drammatici. Un ultimo dettaglio ci riporta alla stessa origine: «Rivestitevi dell'armatura di Dio», conclude lo Pseudo-Paolo, «affinché possiate resistere contro le Potenze, contro i Sovrani di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti della malvagità nei cieli». È la mitologia cosmica dei Simoniani che riappare qui. Il seguito non è meno caratteristico: «State saldi, con i lombi cinti di verità, coperti dalla corazza della giustizia, con i piedi calzati dalla diligenza per il Vangelo della pace, afferrando con tutto ciò lo scudo della legge, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del Maligno, e prendete l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito...». [48] Diversi dettagli di quella armatura mistica si offrivano già in Isaia. Ma vi si trovavano molto dispersi. Servivano d'altronde ad altri scopi. Al contrario, l'insieme era presentato nella dottrina di Simone come l'equipaggiamento simbolico di cui doveva rivestirsi Elena, progenie terrena di Atena. È Epifanio a darci questa curiosa informazione. Ai suoi occhi, non c'è nessun dubbio che ci si trova davanti ad un'odiosa parodia dell'Epistola agli Efesini. Ma la sua interpretazione è ben poco probabile. La teologia simoniana è anteriore all'opera dello Pseudo-Paolo. Si spiega perfettamente senza di lui. La sua tendenza generale dà a pensare che si sarà ispirata piuttosto alla letteratura omerica che descriveva l'armatura di Atena. Come la dea in cui si personificava la Sapienza aveva per la lotta contro i ciechi troiani la sua corazza, il suo elmo, la sua lancia e tutto il suo equipaggiamento da guerriera [49] così Elena, la sua incarnazione terrena, che rappresentava l'insieme delle anime prigioniere delle potenze maligne, doveva armarsi delle varie virtù, per trionfare su tutti i suoi nemici. Quella interpretazione simbolica era in linea con l'esegesi corrente, perché da molto tempo i commentatori di Omero, interpretando la sua opera come un testo sacro, vi cercavano e vi trovavano ogni sorta di insegnamenti utili per la condotta della vita. È da quella tradizione, per l'intermediazione dei Simoniani, che procedono le esortazioni dello Pseudo-Paolo. Insomma, la sua morale, come la sua dogmatica, è tutta permeata di ellenismo.    


NOTE DEL CAPITOLO 8

[39] Galati 2:16; 4:9; 4: 3-7; 5:4-5; 5:13-16. 

[40] Romani 3:19-20 e 9:30-33.

[41] 1 Corinzi 1:23-25; 2:6-8.

[42] Filippesi 2:5-11.

[43] Colossesi 1:15, 17, 19, 20, 26; 2:9, 20. 

[44] Efesini 3:10; 1:19; 2:7; 1:3, 6; 3:19; 1:21; 2:3,2; 1:4-10.

[45] Id., 1:20-23; 2:6-8; 3:11-15.

[46] Id., 3:3-4.

[47] Id., 4:17; 5:8-11, 14, 18-19. 

[48] Id., 6:14-17. Isaia 11:4-5; 52:7; 49:2; 52:7; 59:17. 

[49] Iliade 5, 8. 

Nessun commento:

Posta un commento