venerdì 29 aprile 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAL'APPARIZIONE

 (segue da qui)

III 

L'APPARIZIONE

Un revival, se si intende con ciò un'antica religione che risorge dalle profondità del passato, è qualcosa che si traduce in una serie di eventi più o meno caratteristici, i quali si ripartiscono su una o più generazioni. Tra quella polvere di fatti il più sovente sfuggenti, se ne possono trovare certi, di una importanza particolare, che la critica sarà in misura di datare e di situare, e che proprio perciò serviranno da punti di riferimento alla storia di questo revival. Quell'opportunità, noi non l'abbiamo per il revival dionisiaco, che si è sviluppato per un periodo oscuro tra tutti; noi l'abbiamo per il cristianesimo, nato in pieno primo secolo. 

Tra le diverse manifestazioni che segnarono il passaggio dal pre-cristianesimo al cristianesimo, delle apparizioni si verificarono, come accade frequentemente nei fermenti religiosi; ma mentre più generalmente questi fenomeni sfuggono alla storia, una serie di testi (di cui diversi di un valore decisivo) ci permette di datare alcuni di questi, e particolarmente quello che si verificò al seguito della celebrazione del Golgota, ci permette di determinarne le circostanze e di precisare quali ne furono gli eroi.

Non ci si stupirà di vederci trattare queste apparizioni, e questa in particolare, come fatti storici. La resurrezione di un dio è un fenomeno spirituale, che riguarda la fede sola; l'apparizione, al contrario, è un fenomeno di visione individuale o collettiva che rientra nella categoria dei fenomeni fisici. L'incredulo negherà che vi sia una resurrezione; egli non negherà che i fedeli del dio abbiano creduto di vederlo apparire; si accontenterà di diagnosticare: allucinazione. Ma, così come un fenomeno di visione vera, un fenomeno di allucinazione è un fatto che rientra nell'esperienza, si potrebbe quasi dire un fatto clinico.

Non ne è altrimenti delle visioni collettive come delle visioni individuali. «È», scrive Renan, «proprio degli stati dell'anima in cui nascono l'estasi e le apparizioni essere contagiosi. La storia di tutte le grandi crisi religiose prova che questi tipi di visioni si comunicano: in un'assemblea di persone ricolme delle stesse credenze, basta che un membro della riunione affermi di vedere o intendere qualcosa di soprannaturale, perché anche gli altri vedano e intendano..» [1]

...nella perfetta sincerità del loro cuore, non lo dimentichiamo mai.

Una discriminazione è però necessaria. I testimoni di un'apparizione possono: (primo caso) aver visto (o creduto di vedere) e conservarne il ricordo esatto; oppure (secondo caso) avendo visto (o creduto di vedere), arricchire più tardi il loro ricordo; oppure (terzo caso) non avendo visto nulla, immaginarsi successivamente di aver visto, anche loro, come i compagni... ciò, lo ripetiamo all'infinito, nella loro più perfetta sincerità. Cosicché, quando, parecchi anni più tardi, essi racconteranno l'apparizione, sarà particolarmente difficile precisare: da una parte, quali sono quelli tra questi testimoni che hanno veramente visto (oppure veramente creduto di vedere), e, d'altra parte, ciò che coloro che hanno visto (o creduto di vedere) hanno effettivamente visto o creduto di vedere. 

Queste difficoltà non sono le sole che riscontra lo storico. Noi abbiamo insistito come si doveva sulla sincerità dei testimoni che racconteranno in seguito di aver visto ciò che hanno visto; ma non dimentichiamo che accanto o, per meglio dire, al di sotto della coscienza, brulica l'inconscio! Essere un testimone della resurrezione, aver visto il risorto, sarà presto per i cristiani il titolo supremo, quello che conferisce un grado di privilegio tra i fedeli... Non c'è bisogno di aggiungere nient'altro perché si immagini tutto ciò che il desiderio di essere tra questi privilegiati ha potuto suggerire, oh!, a loro insaputa, oh!, nella perfetta innocenza del loro cuore, a numerosi di coloro che in realtà non avevano visto nulla!

Come pure, la cosa importante non è per noi sapere cosa quel giorno San Pietro e i compagni hanno visto, ma cosa, dopo anni di meditazioni e di scambi di queste meditazioni, essi credettero di aver visto. È il frutto delle loro meditazioni che ci interessa. È sulle cose che raccontarono che si fonda il cristianesimo. Ed è da questo punto di vista che ci collocheremo. Diciamolo una volta per tutte: lo studio che intraprendiamo non è tanto quello del fatto che si è effettivamente prodotto, quanto di quello che, a poco a poco, con gli anni, si è fissato nel ricordo dei testimoni, altrettanto bene dei testimoni che avevano visto come dei testimoni che si immaginarono che avevano visto. 

La questione della storicità si pone così in un modo un po' particolare, eppure molto positivo. Un'apparizione può, infatti, appartenere sia alla leggenda, sia alla storia. Leggendarie, per esempio, sono le apparizioni raccontate nella Genesi o nell'Eneide, alcun documento storico attestando che i personaggi di nome Abramo o Enea abbiano avuto le visioni che sono loro attribuite. Storiche sono, al contrario, le apparizioni di Santa Caterina, Santa Margherita e San Michele a Giovanna d'Arco, di Gesù a Maria Alacoque, della Vergine a Bernadette; non che vogliamo dire che le due Sante, Gesù e la Vergine, siano realmente apparse a Giovanna d'Arco, a Maria Alacoque e a Bernadette, ma perché i documenti della storia attestano che quest'ultime hanno avuto queste visioni. 

Perché l'apparizione di Gesù ai suoi discepoli sia reputata storica, non è necessario che le cose si siano svolte esattamente come le raccontarono più tardi; è sufficiente, qualunque deformazione il loro ricordo abbia potuto imporgli, che qualcuno tra loro abbia avuto effettivamente la visione. Ora, questo è precisamente ciò che attestano, anche se questi versi contengono inesattezze di dettaglio accanto al fatto principale, i versi 3-7 del capitolo 15 della prima epistola ai Corinzi.

Testo formale, benché sfortunatamente troppo succinto (di cui abbiamo già citato i due primi versi): 

Vi ho trasmesso in primo luogo ciò che io stesso ho ricevuto,

che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, 

e che è stato sepolto,

e che è risorto il terzo giorno, secondo le Scritture

e che è stato visto da...

...Seguono i nomi delle persone da cui è stato visto, e che daremo tra poco.

Testo di un'autenticità indiscutibile per la sostanza, salvo discussione possibile (ma attualmente inutile) sulle due porzioni di frase «secondo le Scritture», e salvo, per i versi 5-7, i due punti di dettaglio che esamineremo per il seguito. Non solo in effetti l'insieme fa parte dell'Apostolicon (salvo le due porzioni di frasi), ma è anteriore nella sostanza all'elaborazione delle tradizioni che dovevano svilupparsi nei racconti evangelici.

Testo storico, per il fatto stesso che è autentico, poiché i fatti sono dati dall'apostolo come essendogli stati «trasmessi», vale a dire trasmessi dai testimoni stessi, ed erano restati sotto il controllo permanente di costoro. Ma esiste un'altra prova di storicità più categorica ancora, che esige alcune spiegazioni.

Non più qui che non importa in quale passo delle epistole, San Paolo non racconta i fatti di cui parla al fine di farli semplicemente conoscere. Ora, se questo stato d'animo rende in certi casi i suoi racconti un po' sospetti, è una garanzia sicura di storicità quando questi fatti, a condizione di essere tra quelli che possono essere controllati, sono il punto di partenza, che deve restare indiscusso e incontestabile, di un'argomentazione. E tale è attualmente il caso. Una delle preoccupazioni dominanti di San Paolo, lo si vedrà per il seguito, è di prendere e di mantenere accanto ai Galilei il posto al quale egli crede di aver diritto; ora, il titolo sul quale la chiesa galilea di Gerusalemme baserà il primato al quale essa pretende, è proprio l'apparizione di cui i suoi membri sono stati beneficiati. Affermando (con tutta la sincerità del suo cuore, c'è bisogno di precisarlo?) che a lui anche il Signore si è manifestato, San Paolo si fa loro eguale. Noi riteniamo che l'enumerazione delle persone a cui è stato dato di vedere il Cristo risorto non abbia altro scopo che arrivare alla dichiarazione del verso 8:

E dopo tutti, egli è stato visto da me... 

Siccome egli è nel contempo un grande mistico e un grande poeta, egli aggiunge:

...Da me, l'aborto...

Ed egli aggiunge ancora:

Infatti io sono il minimo degli apostoli, io che non sono degno di essere chiamato apostolo...

Ma quella umiliazione di sé, che non è una palinodia alla russa ma l'espressione di un misticismo abituato alle grandi esaltazioni, non deve indurci in errore; nell'inconscio, se non nella coscienza di San Paolo, vi è il grido di una rivendicazione.

L'enumerazione delle persone a cui il Signore è apparso prima di lui non è dunque che il punto di partenza, la premessa della sua affermazione quanto a ciò che riguarda lui stesso, e non c'è bisogno di essere uno psicologo emerito per concludere che, pertanto, era della massima necessità, era indispensabile, era rigorosamente obbligatorio che l'enumerazione fosse indiscussa e incontestabile, vale a dire che fosse veridica.

Abbiamo detto, all'inizio di questo capitolo, che abbiamo l'opportunità di possedere dei testi credibili su alcuni dei fenomeni che si produssero al momento della nascita del cristianesimo. Il testo della prima epistola ai Corinzi 15:5-7, così come tutto il contesto, 15:1-9, deve essere considerato (salvo alcuni punti di dettaglio sui quali abbiamo delle riserve) come uno dei documenti più sicuramente storici che possediamo sul cristianesimo primitivo.  

Quanto ai vangeli, allorché gli eventi che raccontano hanno un fondamento reale (come è il caso per le apparizioni), essi possiedono su questi eventi solo tradizioni triplicate dalle tre generazioni che se le erano trasmesse, e il dovere dello storico è di tentare di rimuoverne i contributi successivi. Per ciò che è dei racconti delle apparizioni in particolare, alcune osservazioni si impongono:

Essi sono ovviamente folcloristici, essendo la resurrezione di un dio in un mito una delle migliori prede di cui possa impadronirsi il folclore.

Sotto l'influenza dello spirito folcloristico, essi tendono in particolare a trasformare la resurrezione come la concepiscono le religioni misteriche e lo stesso San Paolo in un semplice ritorno alla vita.

Tra altri temi folcloristici, essi sono particolarmente ispirati da quello dell'incredulità e della durezza di cuore dei discepoli, la quale si manifesta irrimediabilmente fino al giorno in cui la luce si diffonde sulle loro anime.

Essi sono dominati dalla grande polemica della tomba vuota. Tra la resurrezione e le apparizioni, i vangeli interpongono la scoperta della tomba vuota da parte dei discepoli, cosa a cui non si troverà l'ombra di un'allusione in San Paolo. E forse non vi è in tutto il Nuovo Testamento un fatto che sia marcato così indiscutibilmente dal segno della controversia. La prova che Gesù è risorto, dicevano i cristiani all'epoca della redazione evangelica, è che si è trovata la sua tomba vuota la domenica mattina. Se si è trovata la sua tomba vuota, rispondevano gli ebrei, è perché voi stessi avevate rimosso il corpo. Uno degli scopi evidenti dei racconti evangelici è di stabilire la tesi cristiana. 

La traccia di questioni di persone vi è visibile; un tale gruppo, per esempio, dove un tale apostolo era particolarmente onorato, ha voluto fare di costui uno dei principali testimoni della resurrezione.

Abbiamo già indicato e stabiliremo nel prossimo volume che certi tratti delle apparizioni, come le raccontano i vangeli, sono, come numerosi tratti della Passione stessa, la trasposizione di cerimonie cultuali praticate nel corso del dramma sacro.


Così nacque attorno al racconto perfettamente semplice e perfettamente storico di San Paolo, una fioritura di leggende che rappresentarono Gesù che appariva a turno ai discepoli riuniti, a sette di loro, ai due di loro che si chiamano i pellegrini di Emmaus, alle Pie Donne, nonché a San Giacomo solo... Non insistiamo sulle divergenze che diciotto secoli di esegesi ortodossa si sono accaniti a voler risolvere, come se fosse più pericoloso sospendere la fede nell'inerranza assoluta, letterale e fotografica delle Sacre Scritture!

Prenderemo dunque per base del nostro studio il testo della prima epistola ai Corinzi, che completeremo domandando ai testi evangelici la sola cosa che possono fornire, la traccia di tradizioni distorte. 

Si ricordi la situazione.

Secondo la tesi ortodossa, più o meno seguita dal razionalismo evemerista, Gesù, condannato a morte dal procuratore Pilato, è stato crocifisso alle porte di Gerusalemme, è morto sulla croce ed è stato sepolto la sera stessa; l'indomani mattina, i suoi discepoli, dice la Chiesa, si accorgono che la tomba è vuota, e presto vedono, dice ancora la Chiesa, credono di vedere, dicono i razionalisti, il loro maestro risorto apparire loro. 

Secondo la nostra tesi, i membri del gruppo precristiano galileo sono venuti in pellegrinaggio a celebrare il loro dramma sacro sull'antico Guilgal dei dintorni di Gerico, allo stesso modo più o meno in cui da secoli i loro padri l'avevano celebrato: primo giorno, la crocifissione; secondo giorno, il riposo della tomba; terzo giorno, la resurrezione; dopodiché si sono seduti per il non meno tradizionale pasto sacro.

È nel corso di questo pasto sacro che si verificano le apparizioni, o piuttosto che si verifica l'apparizione del dio risorto, come attesta l'epistola di San Paolo.

...Ed è nel corso dello stesso pasto sacro che il dio, a quel che si racconta subito dopo, avrebbe istituito la comunione eucaristica. 

Uno studio esegetico dei testi è qui necessario. Quelli dei miei lettori non specialisti che non affrontano queste otto pagine saranno, nel capitolo seguente, condannati a credermi sulla parola... 

NOTE

[1] Apôtres, pagina 16. Renan dava come riferimento: Calmeil, De la folie au point de vue pahologique, philosophique, historique et judiciaire, 1845.

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