sabato 30 aprile 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAI TESTI RELATIVI ALL'APPARIZIONE E AL PASTO SACRO

 (segue da qui)


I TESTI RELATIVI ALL'APPARIZIONE

E AL PASTO SACRO

Riprendiamo e completiamo il racconto di San Paolo, come lo si può leggere nel testo ricevuto, 1 Corinzi 15:3-7:

Vi ho trasmesso in primo luogo ciò che io stesso ho ricevuto,

che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture 

e che è stato sepolto,

e che è risorto il terzo giorno, secondo le Scritture, 

e che è stato visto da Cefa, [1] poi dai Dodici,

in seguito è stato visto da più di cinquecento fratelli in una sola volta, di cui la maggior parte sono ancora vivi e di cui alcuni sono morti,

in seguito, è stato visto da Giacomo, poi da tutti gli apostoli.

Un gran numero di critici concordano nel considerare gli ultimi due versi come invertiti, vale a dire nel retrocedere i cinquecento fratelli dopo Giacomo e gli apostoli, il che corrisponde molto meglio all'ordine delle apparizioni, sia dal punto di vista cronologico che dal punto di vista gerarchico, come vedremo tra poco.

Altri si sono sorpresi che San Paolo, dopo aver menzionato «i Dodici», abbia parlato di «tutti gli apostoli», dato che si trattava apparentemente delle stesse persone. Andiamo più oltre. Sottolineando che l'espressione «i Dodici» non si riscontra da nessuna parte salvo qui nelle epistole, e che sembra risultarne che non faccia parte del loro orizzonte, ci siamo domandati se non fosse stata sostituita da un copista al nome di un personaggio che San Paolo aveva designato per nome accanto a San Pietro e a San Giacomo.

Quale poteva essere questo personaggio? Un nome viene immediatamente in mente: quello di San Giovanni, che, in Galati 2:9, egli associa proprio ai primi due, chiamandoli «le Colonne». Per il resto, il quarto vangelo racconta con una grande precisione, 20:3-10, come San Pietro e un discepolo che non nomina ma che, secondo un'opinione quasi unanime, è San Giovanni stesso, siano stati i primi a constatare la resurrezione, non senza un'ingenua e curiosa competizione di priorità. Tutto ciò è alla volta folcloristico e tendenzioso, ma lascia supporre che una tradizione riportava che San Giovanni era stato, dopo San Pietro, il secondo a vedere il Risorto.

Ma perché il copista avrebbe cancellato il nome di San Giovanni? La lezione «ai Dodici» trovandosi nell'Apostolicon, la cancellazione non può che risalire alla fine del primo secolo o all'inizio del secondo; ora, se durante la loro vita San Giovanni non sembra essere stato più particolarmente degli altri Galilei in ostilità con San Paolo, si vede nelle Sette Lettere dell'Apocalisse che dopo la loro morte ci fu guerra aperta tra i discepoli di questo e i cosiddetti discepoli di quello. [2] Il pregiudizio del copista paolino che cancellò dalla lista dei testimoni della resurrezione  il nome di San Giovanni (e lo sostituì con una menzione superflua) si spiega se questo nome è quello dell'uomo che passava per aver scomunicato il maestro, e con quale violenza!

La stessa ragione spiega perché nell'epistola ai Galati 1:18-19, il suo nome è stato eliminato da una riunione alla quale è probabile che abbia partecipato. [3] Egli è stato mantenuto, al contrario, tra le «Colonne» di quella stessa epistola ai Galati 2:9, affinché ciascuno sapesse che anche lui si era inchinato quel giorno dinanzi a San Paolo.

Per queste ragioni, noi proponiamo di sostituire le parole «ai Dodici», τοῖς δώδεκα, con quel «a Giovanni», Ἰωάννῃ. Egli è stato visto da Cefa, poi da Giovanni.... il che ci porta alla ricostruzione seguente:

Egli è stato visto da Cefa, poi da Giovanni,

in seguito è stato visto da Giacomo, poi da tutti gli apostoli,

in seguito è stato visto da più di cinquecento fratelli in una sola volta, di cui la maggior parte sono ancora vivi e di cui alcuni sono morti.

Che quella ricostruzione sia adottata o che si ritorni al testo ricevuto, una questione di grande importanza si pone. Si tratta, in questo racconto, di una sola o di più apparizioni? 

Se si è a lungo voluto vedere, se ci si ostina oggi a vedere nel racconto di San Paolo una serie di apparizioni diverse distribuite su più settimane, è unicamente allo scopo di armonizzarlo, per quanto possibile, con i racconti evangelici. Non si tratta, in realtà, che di istanti evidentemente successivi, ma quasi immediati, di una sola apparizione. Le parole ἔπειτα e εἶτα che si traducono generalmente (come abbiamo fatto) con «in seguito» e con «poi» possono apparentemente, in greco, indicare che le cose si siano verificate una dopo l'altra, o indicare la continuazione di un'enumerazione senza preoccupazione di cronologia, o indicare un ordine gerarchico, come è il caso in 1 Corinzi 12:28. Non è dunque permesso dedurre a priori dall'impiego di questi ἔπειτα e εἶτα che si tratti di eventi separati da uno spazio di tempo importante; grammaticalmente, essi possono altrettanto bene segnare la successione cronologica dei cinque eventi, oppure esserne la semplice enumerazione, oppure presentarne la classificazione per ordine gerarchico. 

In realtà, noi riteniamo che queste tre accezioni si combinino nel testo di San Paolo, il quale è alla volta classificazione gerarchica, semplice enumerazione e indicazione cronologica. Non c'è dubbio che San Pietro abbia per primo visto l'Apparizione, ed è probabile che gli apostoli l'abbiano vista prima di quel che chiameremo la folla; ma tutto ciò ha potuto altrettanto bene verificarsi in pochi minuti, e tale è l'impressione che darebbe il testo se non si avesse la mente ossessionata dai racconti evangelici. Questo è esattamente il fenomeno che descriveva Renan nelle frasi che abbiamo citato poc'anzi; «in un'assemblea di persone ricolme delle stesse credenze, basta che un membro della riunione affermi di vedere o intendere qualcosa di soprannaturale, perché anche gli altri vedano e intendano...».

Ma non è meno dubbio, purché si accetti l'inversione dei versi 6 e 7, che l'ordine indicato sia nello stesso tempo un ordine di gerarchia; il primo che aveva visto doveva essere il primo della comunità.

L'esame dei testi evangelici, benché sembrando a prima vista contraddire la tesi di un'apparizione unica, la conferma. La tradizione di un'apparizione ai fedeli riuniti (e riuniti a tavola, come andremo a vedere) è stata in effetti trattenuta da un certo numero di questi testi: apparizione agli apostoli riuniti, [4] apparizione agli apostoli e a «quelli che sono con loro», [5] apparizione ai discepoli riuniti, [6] la presenza degli altri fratelli essendo implicita nei due racconti che collocano l'Ascensione immediatamente dopo l'Apparizione. [7]

Per contro, i testi che nei vangeli si oppongono alla tradizione di un'apparizione unica sono tutti pervasi dai caratteri folcloristici e tendenziosi che abbiamo segnalato più sopra.

Tale l'apparizione ai due discepoli che vanno a Emmaus; [8] quella speciale a San Tommaso; [9] quella presso il lago di Tiberiade, [10] il cui scopo è l'intronizzazione definitiva di San Pietro, e quella a San Giacomo. [11] Abbiamo detto che riserviamo per il nostro successivo volume quella alle Pie Donne. [12]

Quanto al numero di persone a cui il Signore apparve, San Paolo parla di «più di cinquecento fratelli» oltre agli apostoli, e la cifra è così inverosimile che ci siamo a lungo domandati se, al posto di cinquecento, πεντακοσίοις, non si dovesse leggere cinquanta, πεντήκοντα, come ha proposto Teodoro di Beza. Nell'assenza di ogni indicazione precisa, ci basterà credere a una grossolana esagerazione, la quale peraltro non influenza per nulla il fatto principale. [13]


Ma un certo numero di questioni complementari si pongono, di cui non faremo che indicare sommariamente le soluzioni, rinviando i nostri lettori allo studio dove troveranno la giustificazione delle nostre posizioni. [14]

E innanzitutto: In quali circostanze ha avuto luogo l'Apparizione? 

Il testo di 1 Corinzi 15:5-7, non ne dice nulla. Ma i sei testi dei vangeli secondo San Luca, San Giovanni, San Marco e agli Ebrei che abbiamo menzionato a pagina 68, certi tratti del celebre racconto della Cena nei vangeli secondo San Matteo e secondo San Marco [15] e il testo di San Paolo stesso relativo a quest'ultima [16] ci permettono di rispondere: nel corso del pasto sacro che seguì la resurrezione. [17]

E quella risposta comporta quella alle due nuove domande: in quale giorno? In quale luogo? 


In quale giorno?

«Il Signore», insegna San Paolo, «è risorto il terzo giorno ed è stato visto da...». Questo stesso terzo giorno, o più tardi? San Paolo non specifica, ma sembra dire questo stesso terzo giorno.

Tra le tradizioni riprese dai vangeli, diverse riferiscono che il Signore si è manifestato il giorno stesso in cui era risorto. [18]

Se vediamo nella resurrezione la terza parte di un dramma sacro, tradurremo: dopo la cerimonia della resurrezione.


In quale luogo?

Evidentemente in quello dove sono stati celebrati il dramma e il pasto sacro, vale a dire sull'antico Guilgal, allora chiamato Golgota. 

Le tradizioni evangeliche forniscono un appoggio a quella ipotesi?

San Luca, San Giovanni (salvo il capitolo aggiunto) e il finale di San Marco localizzano a Gerusalemme o nei dintorni le manifestazioni di Gesù risorto. San Matteo, al contrario, le distribuisce in parte in Giudea e in parte in Galilea, e suppone, di conseguenza, un ritorno dei fedeli in Galilea dopo la crocifissione, e questa è la versione ammessa oggi dal maggior numero degli studiosi.  

Se i fedeli hanno definitivamente lasciato la Galilea prima della Passione, vale a dire prima della celebrazione del dramma sacro, come abbiamo esposto, è evidente che non hanno potuto ritornarvi dopo. Ma, per scartare la versione delle apparizioni in Galilea, non c'è nemmeno bisogno di invocare l'ipotesi di questo esodo, ed è sufficiente, crediamo, considerare:

Che essa non è sostenuta da nessun argomento decisivo; il testo di Marco 14:28 appartiene alla tradizione galilea e non ne stabilisce la storicità;

Che non si trovano, in seguito, cristiani in Galilea;

Che, tutt'al contrario, se ne trovano a Gerusalemme immediatamente dopo la resurrezione;

Che non esiste nei testi nessuna allusione al ritorno che avrebbero in seguito effettuato dalla Galilea a Gerusalemme;

Che nessun motivo è indicato, nemmeno implicitamente, che spiegherebbe questo ritorno;

Infine, che da Gerusalemme al lago di Genesaret, per Gerico o per Samaria, la corsa, tre giorni di marcia all'andata e altrettanti al ritorno, supera ciò che si potrebbe considerare una passeggiata.

Quel che ne sia, siccome noi tratteniamo dai vangeli solo le tradizioni che hanno utilizzato e non le loro asserzioni stesse, basterà aver constatato che una almeno di queste tradizioni colloca le apparizioni in Giudea.


Altre domande.

Sotto quale forma si è manifestata l'Apparizione? In quali attitudini?

In tutta evidenza, il dio si manifesta sotto la forma che gli si attribuisce nella sua gloria, il che è sovrabbondantemente stabilito, l'abbiamo detto più sopra, dalle epistole e dai vangeli.

Ma si accontenta di apparire? 

No. I presenti «si ricorderanno» più tardi che ha fatto un gesto. Ha preso l'alimento [19] che era là e l'ha offerto.

Formalmente attestato in quattro dei nostri testi: Luca 24:30-31 e 34-35 (pane), 24:36-43 (pesce, accompagnato da miele secondo il costume ebraico), Giovanni 21:4-14 (pane e pesce), Vangelo degli Ebrei, riferimento sopra (pane), così come in 1 Corinzi 11:23-24 a (pane e vino).


Lo si intende pronunciare delle parole? 

Più tardi, i presenti si «ricorderanno» che ha reso grazie e ha detto: «Venite! Mangiate!» (o piuttosto: «Prendete! Mangiate!»). [20

Quanto alle famose parole che seguono e che si leggono in 1 Corinzi 11:24b: «Questo è il mio corpo, ecc...» abbiamo spiegato nel nostro studio sulla Date de l'institution eucharistique (e riassumeremo più oltre la spiegazione) che esse rappresenteranno ciò che San Paolo «ha ricevuto dal Signore», vale a dire il suo contributo personale, ma non faranno che formulare ciò che gli altri avevano già compreso.

(Per contro, i discorsi che gli prestano Luca, ibid., e Marco 16:14-18, sono l'opera della tradizione evangelica).

È, insomma, l'istituzione eucaristica stessa, che noi associamo così all'Apparizione, la quale avrebbe dunque avuto un doppio carattere:

innanzitutto, essa è la manifestazione del dio risorto;

in secondo luogo, essa è il contesto dell'istituzione eucaristica. 

Veniamo a quest'ultima.


Nello studio che abbiamo appena menzionato sulla Date de l'institution eucharistique dans la tradition chrétienne primitive, crediamo di aver stabilito, contrariamente alle idee ricevute, che il pasto che la tradizione ha fatto il pasto dell'istituzione eucaristica (detto altrimenti, la Cena) è il pasto sacro che ha terminato il dramma sacro dell'anno 27, dopo la resurrezione e non prima della Passione; vale a dire che l'istituzione eucaristica, tale come la raccontano il capitolo 11:23-26, della prima epistola ai Corinti e i tre racconti sinottici, e tale come l'ha popolarizzata il celebre dipinto di Leonardo da Vinci, è l'opera che Gesù risorto avrebbe compiuto allorché è apparso ai suoi fedeli nel corso del loro pasto sacro.

Rimandando i nostri lettori al nostro studio per la dimostrazione di quella tesi, ci accontenteremo di riassumerla nelle otto proposizioni seguenti:

Il pasto sacro ha luogo immediatamente dopo il dramma sacro, così come la cosa si svolge in tutti i luoghi e in tutti i tempi, vale a dire, nel caso presente, immediatamente dopo la celebrazione della resurrezione;

Questo pasto sacro è una sopravvivenza del pasto di comunione teofagico primitivo;

Esso comporta un rituale di cui una parte appartiene all'antica religione di Gesù e l'altra proviene dal giudaismo;

L'apparizione del dio risorto si verifica nel corso di questo pasto; 

I fedeli credono di vedere o crederanno di aver visto Gesù prendere il cibo e porgerlo loro, e credono di intenderlo o crederanno di averlo inteso rendere grazie e invitarli a mangiarlo;

Un quarto di secolo più tardi, San Paolo, 1 Corinzi 11:24b, aggiungerà che egli pronunciò le celebri parole: «Questo è il mio corpo...»

Scena che, molto più tardi, i vangeli situeranno prima della Passione, attribuendo l'istituzione non più al Cristo risorto, ma al Cristo che va a morire...

Ma di cui una traccia persisterà nel corso degli stessi vangeli, accanto ai tre racconti famosi, nei sei testi cruciali dei vangeli secondo San Luca, San Giovanni, San Marco e agli Ebrei, ai quali ci siamo riferiti a pagina 68.

NOTE

[1] Colui che chiamiamo San Pietro, «Cefa» in aramaico corrispondente pressappoco a «Petros» in greco.

[2] Si veda Grandeur et dédadence de la critique, pagine 35-36, e anche qui, sotto, pagina 309.

[3] Si veda sotto, pagina 321.

[4] Matteo 28:16-20 (tranne il luogo dove sono situati) e Marco 16:14-19, per quanto tardivo sia quest'ultimo passo, e una traccia in Marco 16:7.

[5] Luca 24:36-53.

[6] Giovanni 20:19-23.

[7] Luca 24:36-53 e Marco 16:14-19, sopra citati.

[8] Luca 24:13-35, e Marco 16:12-13.

[9] Giovanni 20:19-29.

[10] Giovanni 21, capitolo  considerato generalmente come aggiunto.

[11] Vangelo degli Ebrei, secondo San Girolamo, de Viris, 2.

[12] Matteo 28:9-10, Giovanni 20:1-18 (a Maria Maddalena sola), Marco 16:9.

[13] Si veda sotto, pagine 215 e seguenti.

[14] Date de l'institution eucharistique dans la tradition chrétienne primitive, sopra segnalata.

[15] Matteo 26:21 e 26; Marco 14:18 e 22.

[16] 1 Corinzi 11:23-26.

[17] Questa è la tesi fondamentale del nostro studio sulla Date de l'institution eucharistique.

[18] Luca 24:13; Giovanni 20: 19; Marco 16:14-19. Stessa tradizione nell'epistola di San Barnaba 15:9.

[19] Abbiamo spiegato sopra, a pagina 68, perché preferiamo non precisare quale fosse questo alimento. 

[20] Luca 24:30-31, Giovanni 21:12, e 1 Corinzi, ibid.

Nessun commento:

Posta un commento