domenica 7 novembre 2021

IL DIO GESÙL'atto di fede

 (segue da qui)


L'ATTO DI FEDE

Alla domanda: come l'uomo ha potuto concepire delle potenze misteriose che nessuna esperienza gli faceva conoscere, compiere dei riti di cui nessuna esperienza gli indicava l'efficacia, credere a dei miti di cui nessuna esperienza gli aveva insegnato la realtà? noi abbiamo risposto: perché l'uomo è un animale capace di conoscenza mistica. Ma l'operazione della fede è duplice.

Primo stadio. L'atto di fede, in virtù della capacità dell'uomo di concepire al di fuori dell'esperienza razionale, concepisce le potenze misteriose che sono all'origine delle religioni, e concepirà parallelamente gli esseri personificati che chiamerà presto dèi.

Secondo stadio. Queste potenze misteriose, questi spiriti, questi dèi, questi esseri spirituali, li riconoscerà sotto certe apparenze fisiche; l'azione di questi esseri spirituali, la sua stessa azione su questi esseri spirituali, la realizzerà sotto la specie di azioni fisiche. 

E questo è ciò che è necessario intendere con una assoluta chiarezza.

Dio è spirito, dice il giudaismo, e il cristianesimo precisa: un puro spirito. Il giudaismo e il cristianesimo, che sono rapidamente divenute religioni molto evolute, si sono sforzati di sublimare il loro dio in assenza di ogni forma fisica, ed è impossibile dire che ci siano completamente riusciti. Quanto alla maggior parte delle altre religioni, il tentativo non è nemmeno stato tentato. In ogni caso, il tentativo sarebbe stato inimmaginabile nelle religioni primitive.

Esistono potenze spirituali, ecco il punto di partenza; ma queste potenze spirituali hanno potuto essere concepite dai primitivi solo sotto forme fisiche. Nessuno si sognerebbe un solo istante che l'uomo della preistoria abbia avuto concezioni astratte. Spirituali in quanto sono creazioni del loro spirito, le concezioni religiose dei primitivi non hanno potuto realizzarsi sotto forme fisiche. I riti sono giustamente il primo sforzo dell'uomo per realizzare fisicamente una concezione spirituale; i miti sono il secondo.

I riti e i miti sono le realtà fisiche sotto le quali il credente riconosce le realtà spirituali. In verità, le religioni non sono altro che le agenzie di collegamento tra il mondo spirituale e il mondo fisico. Un dio è un essere spirituale che, per mezzo dei miti, il credente concepisce fisicamente, e con cui, per mezzo dei riti, entra in un rapporto fisico.

Il problema delle origini cristiane sarà comprendere come, sotto la materialità di certi riti e di certi miti, i primi cristiani hanno postulato, tramite l'operazione della loro fede, un essere spirituale. 

Così l'atto di fede è, in primo luogo, quello tramite il quale l'uomo concepisce delle realtà spirituali al di fuori di ogni esperienza e di ogni controllo; e l'atto di fede è, in secondo luogo, quello tramite il quale l'uomo, sotto le realtà fisiche, riconosce queste realtà spirituali. Solo, in effetti, l'atto di fede è capace di ammettere il rapporto che stabilisce il rito tra le potenze spirituali e gli uomini che praticano questo rito. Se le religioni sono le agenzie di collegamento tra il mondo spirituale e il mondo fisico, l'atto di fede è l'agente di collegamento tra le potenze spirituali e l'uomo. Solo un atto di fede può ammettere che immolando un animale o un essere umano, si immola un essere spirituale. Si compie un atto fisico; l'atto di fede, sotto l'operazione fisica, riconosce un'operazione spirituale.

Non accade altrimenti con i miti. Solo l'atto di fede stabilisce il legame tra l'essere spirituale e il mito. Fisicamente non vi è altro che un'immagine; l'atto di fede, sotto l'immagine, riconosce la figura del dio. L'atto di fede postula la realtà spirituale del mito, come postula l'efficacia dei riti.

Altrettanto necessario è l'atto di fede nella combinazione mitico-rituale che è il dramma sacro. Domandavamo poc'anzi come fosse possibile che sotto il misero sostituto, povero sire che rappresenta il dio e pagherà col suo sangue quella gloria, - o sotto la specie del prestanome che gioca anche lui il ruolo del dio e che si finge di sgozzare e che in seguito rientrerà tranquillamente a casa sua, — o sotto il manichino, spesso derisorio, che non è che legno e stracci, — sotto l'oggetto, — sotto l'animale, — gli uomini riconoscano il loro dio, e lo adorino, e vadano a propagare una religione che capovolgerà il mondo?

Mediante l'atto di fede, gli uomini, per lunghi secoli, hanno riconosciuto i loro dèi sotto le immagini che si fabbricavano dei loro dèi; e hanno nondimeno riconosciuto, nelle vittime che sacrificavano, le realtà di cui queste vittime erano le immagini. Che il principio appartenga a ciò che chiamiamo la magia, esso è nondimeno alla base delle religioni. Non si tratta qui, in effetti, di una peculiarità delle religioni primitive; da sempre i due punti di vista si sono confrontati: simbolismo, dal punto di vista della logica razionale; realismo, dal punto di vista della credenza. E tale è, in fondo, la dottrina dei maestri della teologia cattolica, così come dei maestri della scienza indipendente contemporanea, per esempio del signor Alfred Loisy, che la deve tanto alla sua formazione teologica quanto ai suoi lavori di studioso. [1]

Per la fede del credente, la vittima sacrificale non rappresenta il dio, è il dio, — così si può formulare la legge del realismo mistico.

Ne sussiste oggi un esempio della più impressionante evidenza. Nel piccolo pezzo di pane senza lievito che è l'ostia eucaristica, milioni di credenti riconoscono ancora oggi, realmente, non come figura, non come un simbolo, il corpo di Gesù. Ed è una fortuna, sembrerebbe, che la comunione eucaristica si pratichi ogni giorno, affinché il signor Homais sia costretto ad ammettere come la fede riconosca il dio, in persona, sotto il simulacro o sotto l'effigie. 

Il sacrificio per sostituzione è, per la fede, non la rappresentazione, ma la realtà del sacrificio di Dio.

Nel dominio dell'esperienza, sola regna la ragione; nel dominio della mistica, l'atto di fede è il solo mezzo che il Sociale possiede per affermare le verità che gli sono necessarie.

L'atto di fede è la chiave che apre il mistero delle origini del cristianesimo.

Riassumiamo. Per comprendere il sacrificio espiatorio in quanto messa a morte del dio, bisogna comprenderlo come se fosse non la rappresentazione né la commemorazione di quella messa a morte, ma quella messa a morte stessa. L'ostia che diviene il corpo di Dio non è la rappresentazione del corpo di Dio; è, per il credente, il corpo di Dio stesso, nella sua realtà. Il sostituto che, nel corso del dramma sacro, è sacrificato o che si finge di sacrificare e che è legato all'albero della croce, non è più, per il credente, un sostituto; egli è, misticamente, il dio.

NOTE

[1] Si veda il suo Essai historique sur le sacrifice

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