domenica 23 novembre 2025

Gerard Bolland: IL VANGELO — Un ‘rinnovato’ tentativo di indicare l’origine del cristianesimo 3:9

 (segue da qui)


È evidente che il prof. D. Völter ha visto giusto quando ha dichiarato che il nostro frammento del Vangelo di Pietro è un pezzo ritrovato del Vangelo degli Egiziani (alessandrini); e probabilmente è corretta anche la sua osservazione, secondo cui la croce deposta con il defunto nella tomba appare qui, in maniera egiziana, come oesjebti o risponditore, cioè come la cosa incaricata di parlare in luogo del defunto. Colpisce soprattutto che la discesa agli inferi e l’ascensione al cielo siano connesse, alla maniera delle sizigie o coppie di opposti egiziane e gnostiche, cosicché, al pari della resurrezione e dell’ascensione, anche la discesa agli inferi appartiene al fondamento alessandrino dei nostri racconti evangelici, e il Vangelo degli Egiziani non insegna la discesa agli inferi per caso, perché “più tardo” e “apocrifo”, ma perché essa gli appartiene. Piuttosto, risulta abbastanza evidente che il “Pietro a Roma” (1 Pietro 5:13) alluda ingenuamente a un racconto “petrino” degli Alessandrini riguardante quella stessa discesa agli inferi, e ciò significa che nella comunità gesuana della capitale, attorno all’anno 125, l’antica fonte “evangelica” delle versioni romane, che sarebbero poi divenute canoniche, non era ancora stata rigettata. “Pietro”, “Paolo”, “Clemente” o chiunque si chiamasse a Roma prima della metà del 2° secolo non sapeva ancora che, nel medesimo luogo intorno al 175, le cosiddette Memorie di Pietro — attribuite al fondatore della comunità alessandrina, Marco (Eusebio, Hist. Eccl. 2:16), e ricordate da Giustino (Dialogo 106) e da Eusebio (Hist. Eccl. 3:39,15) — sarebbero state escluse dalla chiesa “cattolica” insieme coi cosiddetti “gnostici” o intellettuali, respinti d’ora in poi come Naasseni, Setiani e Cainiti, come Simoniani, Basilidiani, Valentiniani ecc., e bollate come “vangelo degli Egiziani”. 1 Pietro 5:13 menziona Marco, e 1 Pietro 4:6 (così come 4:8) presuppone parimenti il Vangelo di Pietro, cioè il Vangelo degli Egiziani alessandrini, come “la speranza” che, secondo 1 Pietro 3:15, vive nei compagni di pensiero dell’autore, speranza che, secondo Sapienza 3:4, è una “speranza piena di immortalità” e che in generale può dirsi una speranza di impronta egiziana. Giulio Cassiano, capo dei Doceti (o “negatori della realtà”) proveniente dalla scuola di Valentino nel 2° secolo, ha utilizzato, secondo il Clemente alessandrino (Strom. 3:13), “il vangelo degli Egiziani”, e Serapione di Antiochia (Eusebio, Hist. Eccl. 6:12) ha dichiarato che presso i Doceti circolava “il vangelo di Pietro”. Il vangelo degli Egiziani è il vangelo di Pietro, e questo a sua volta è il vangelo (alessandrino) di Marco.  

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