(segue da qui)
Tertulliano.
L'approccio di Tertulliano è simile. Egli riconosce Paolo, ma non gli assegna un posto speciale, a differenza dei Dodici, in quanto “il grande Apostolo dei pagani”. Lui seppe che le Epistole non appartennero originariamente alla cerchia delle comunità considerate ortodosse; ma allo stesso tempo può sfruttare l'autorità dell'“Apostolo degli eretici”, come non si fa scrupolo di brandirlo (Adversus Marcionem 3:5), contro coloro che per primi vi si appellarono. Non c'è alcuna ragione di sorta per accusarlo di una deliberata falsificazione della storia, di cui, nel nostro senso della parola, lui si interessa poco. Sul piano “storico”, egli riproduce la tradizione corrente nel suo ambiente. sul piano dottrinale, egli tenta di dimostrare che Paolo fu in sintonia con coloro che prima di lui furono divinamente incaricati di insegnare la vera fede. Tutto nel suo approccio, come in quello di Ireneo, conferma la tesi che gli scritti paolini sorsero al di fuori di quella che divenne la tradizione ortodossa della Chiesa, ma che quella tradizione trovasse conveniente appropriarsene. E ciò spiega, tra l'altro, perché essi furono resi canonici in un periodo successivo rispetto a scritti come i Vangeli, i quali, secondo la comune tesi moderna, furono apparsi molto tempo dopo di loro.
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