(segue da qui)
Seconda Parte: 9-11.
Ci vuole buona volontà per trovare un nesso tra la seconda parte e la prima. La sequenza logica non c'è. Non sentiamo più nulla di giustificazione per fede: non si trovano neppure le parole δίκαιος, δικαιοῦν, δικαιοῦσθαι. La domanda è una nuova: perché i pagani accettano il Vangelo, mentre gli israeliti si escludono dai suoi benefici? L'opinione dei critici che considerano quest'opera originariamente di un'altra mano è sostanzialmente corretta; anche se, come si è detto prima, è stata imposta una relativa unità alle diverse parti. Essa forma un tutto a sé stante e ha una conclusione propria, come del resto ne ha una eccellente la prima parte, con cui essa è collegata superficialmente. Nei capitoli successivi si ipotizza una relazione intima dello scrittore con Israele che i capitoli precedenti non suggeriscono in alcun modo. Egli è ansioso di dichiararsi “un Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino” (11:1). Nella prima parte si ha un tono completamente diverso con il “Giudeo” (2:17), al quale l'autore si rivolge come se non avesse nulla in comune con lui. Oltre a quella già citata, si possono notare differenze di vocabolario, nonostante l'uniformità generale di stile. Nei capitoli 1-8 le parole “Israelita” e “Israele” non ricorrono; nei capitoli 9-11 la prima ricorre due volte e la seconda undici volte. D'altra parte, la parola “Giudeo” ricorre nove volte nei capitoli 1-3, e solo due volte nei capitoli 9-11. In entrambi i casi, inoltre, essa si può riferire con ogni probabilità all'editore. Nei capitoli 1-8 Cristo è chiamato sette volte il Figlio di Dio, in 9-11 mai. Qui la condizione di salvezza è confessare con la bocca che Gesù è il Signore (ὅτι κύριος Ἰησοῦς), e credere sinceramente che Dio lo ha resuscitato dai morti (10:9). La relazione particolare della “fede” con la “grazia” e lo “Spirito” non viene affrontata.
La tendenza generale dei tre capitoli è la difesa di Paolo dall'accusa di non avere cura dell'antico popolo di Dio. Al pari dei capitoli precedenti, essi formano di per sé un tutto non singolo ma composito, essendo messo assieme da fonti. Ciò può essere dimostrato da incongruenze nell'ordine, incongruenze nei dettagli e ripetizioni particolari; ma soprattutto dalla presenza di opinioni ampiamente contrastanti sul ripudio o sul ritorno di Israele. La prima concezione è che il ripudio del popolo di Dio non ha bisogno di spiegazioni al di là del suo beneplacito (9:14-29). Successivamente apprendiamo che in realtà Dio non ha rigettato il suo popolo, perché un rimanente ha creduto (11:1-8). Poi, alla fine — per non tentare di seguire tutte le complesse involuzioni — è rivelato il mistero che, quando la totalità dei Gentili sarà convertita, tutto Israele sarà salvato; cosicché alla fine tutti sono salvati (11:25-32). Concezioni così divergenti non furono certamente partorite dalla stessa mente.
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