giovedì 24 aprile 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — La Reazione Anti-Ellenistica

 (segue da qui)

7. La Reazione Anti-Ellenistica. 

Nell'Occidente era sorto un nuovo tipo di civiltà, diverso da quello asiatico. Le sue caratteristiche erano l'autogoverno politico in contrapposizione all'assolutismo, la cultura umanistica in contrapposizione alla cultura teologica e (tendenzialmente) la direzione della vita da idee raggiunte tramite un processo di pensiero libero in contrapposizione alla sua direzione sotto il sistema tradizionale di una gerarchia sacerdotale. Non è mai esistita, invero, una divisione netta tra Oriente e Occidente basata su queste distinzioni, ma nel complesso esse descrivono il contrasto fondamentale. 

Il tipo occidentale fu sviluppato con vari gradi di purezza dalle città greche e in seguito da Roma. Il suo ideale è stato individuato da tutte le generazioni successive nell'Atene del quinto secolo A.E.C. Questo ideale non era naturalmente realizzato senza imperfezioni: i rappresentanti, ad esempio, del governo popolare e della filosofia non sempre capirono che le loro cause erano unite. Il movimento progressista, inoltre, fu fermato; così, per molti versi, l'umanità e il senso di giustizia manifestati anche da intelletti non straordinari non ebbero alcuna possibilità di realizzarsi. A questo periodo gli stessi antichi guardarono come all'ideale umanistico. Cicerone, all'inizio del quinto libro del suo De Finibus, lo tratta già come un'antichità sacra, proprio come facciamo noi stessi. Dal crollo della potenza ateniese alla fine della grande età, il mondo non si è mai più ripreso del tutto; cioè se consideriamo non singoli uomini di genio e nemmeno la semplice espansione, ma le concezioni di vita realizzate nelle società politiche senza riferimento alla loro grandezza. La civiltà dell'Europa rinascimentale o moderna è su una scala più ampia, ma rimane ancora, perfino al culmine, profondamente impigliata nei sistemi che furono imposti dalla reazione dall'Oriente. 

Da un'analisi generale, ci rendiamo conto che, per la natura delle cose, una civiltà di ieri, circondata da un lato da civiltà complesse risalenti a millenni prima e dall'altro da gruppi di tribù barbare, non poteva permeare il mondo intero di luce mediante un processo continuo. L'improvviso emergere della luce fu, infatti, dovuto a una congiuntura di circostanze favorevoli oltre che al genio naturale di una razza. Gli statisti dell'antichità successiva, quando l'inversione di tendenza era cominciata, compresero perfettamente che, nel complesso, il loro compito era quello di controllare il declino. 

La prima istituzione orientale a ritornare fu la monarchia assoluta; la seconda fu la teocrazia. [1] Le due cose erano fatalmente connesse, anche se era ancora in discussione se la seconda dovesse essere nominale o se dovesse essere un potere attivo nello Stato. Il “potentissimo Giulio”, il discendente di dèi e sovrani, mostrò la sua solita lucidità quando puntò tutto il suo futuro sulla nomina a Pontefice Massimo. Unite in una sola persona o separate, le dignità regale e sacerdotale erano d'ora in poi necessarie l'una all'altra. La cornice del tipo repubblicano rimase, infatti, dopo la vittoria della causa monarchica; ed è facile sottovalutare la sua preservazione. In realtà, essa diede all'Impero Romano ciò che ancora lo distinse dalle monarchie d'Oriente. Il “cesarismo” nel senso proprio del termine — che può essere descritto come un sistema basato sulla fedeltà militare a una famiglia quasi regale — perdurò solo dalla battaglia di Azio fino alla morte di Nerone. Con Vespasiano si ebbe un preludio al recupero di influenza da parte di quella parte del Senato che, sostenuta dalla filosofia stoica, aveva resistito al puro assolutismo. La riforma fu ritardata per un certo periodo dalla tirannia di Domiziano, più spaventosa nella sua pura oppressività di ogni cosa che era accaduta prima; ma il tirannicidio gettò le basi di quasi un secolo di buon governo. Gli imperatori del secondo secolo si dedicarono al compito di organizzare il sistema imperiale in modo da rendere la monarchia, come dice Tacito, compatibile con la libertà. Con Marco Aurelio il “cesarismo” fu esplicitamente rifiutato e il suo ideale di una monarchia di spirito repubblicano fu ancora ufficiale nel terzo secolo. L'Impero romano, secondo l'opinione esposta, non doveva essere confuso con un dispotismo asiatico. L'imperatore non governava per capriccio arbitrario, ma secondo la legge e per il bene comune. Si ammise che il governo di una sola persona era diventato necessario solo per mancanza di sufficiente virtù nella moltitudine. Se la repubblica fosse stata possibile, sarebbe stato meglio che fosse mantenuta. Anche l'antica base della religione civica, si ritenne, doveva essere preservata il più possibile. La soppressione dei culti barbarici, oppure la loro assimilazione al tipo civico, doveva essere intrapresa dallo Stato in accordo con le idee dei riformatori filosofici. I sacrifici umani furono legalmente aboliti, come lo sono stati dal governo britannico in India. A parte gli abusi che si sperò potessero essere gradualmente ridotti, ogni città o paese doveva continuare la pratica della propria religione. Questa, in effetti, era stata la posizione degli stessi primi Cesari. Augusto promosse la reazione religiosa su una base romana; ma, al pari dei suoi successori per quasi due secoli dopo la sua morte, egli mantenne l'antica ostilità alle “superstizioni straniere”

Coloro che diressero gli affari pratici seppero da sempre il terribile potere latente nella religione popolare e la suscettibilità della moltitudine ai rigurgiti di fanatismo. La religione civile, con la sua amministrazione da parte di funzionari statali e le sue forme estetiche usate come mezzo di abbellimento, era ovviamente una struttura artificiale. La vera religione naturale, come il cardinale Newman percepì e disse, è di tipo barbarico; e, come egli tentò di dimostrare, è questa che contiene le idee embrionali della rivelazione cristiana. A Roma c'erano occasioni in cui si temette niente meno che la sovversione dello Stato da parte di culti stranieri. L'appello popolare a sostegno della religione autoctona contro culti misterici più eccitanti poteva essere solo quello del patriottismo. Quando questo si atrofizzò per la perdita della libertà, l'intera battaglia fu perduta. Ad Atene non fu un caso che Demostene tentasse di avvicinare il suo rivale macedone con l'invocazione di Ὕυης Ἄττης, Ἄττης Ὕυης. La sovranità del re Filippo e l'introduzione di uno strano dio dall'Asia furono visti istintivamente come parti dello stesso processo. Il processo si completò quando la folla di Antiochia acclamò “il Chi e il Kappa” [2] contro un sovrano che non avrebbe permesso di farsi chiamare “despota”

Peraltro, va ricordato che la monarchia di Filippo e Alessandro fu il mezzo per introdurre la cultura ellenica nel mondo orientale. E quella cultura penetrò con la sua forza pervasiva oltre i domini dei successori di Alessandro. I sovrani di Partia, ad esempio, si chiamarono ufficialmente “fil-Elleni”. L'Asia, tuttavia, si stancò presto di tutto ciò. L'aggressione dell'Occidente, conclusasi nelle conquiste della Repubblica romana, suscitò a lungo il profondo desiderio di ritornare al proprio status. Le popolazioni, come è stato spesso osservato, furono felici di essere sollevate dalle contese di fazioni politiche sconosciute e di conoscere solo “Cesare”; ma voci come quella che è menzionata da Tacito come corrente durante l'assedio di Gerusalemme rivelano un sentimento più profondo. Gli ebrei, però, furono fin troppo isolati in Oriente per realizzare letteralmente l'oracolo e per andare a conquistare in nome delle tenebre risorgenti. Oltretutto, gli elementi più nobili del loro carattere non permisero loro di sviluppare l'etica della sottomissione richiesta. Gerusalemme non fu la culla della Chiesa cattolica. 

Iil nome di cristiano fu detto essere stato sentito per la prima volta ad Antiochia. È in accordo con ciò che una leggenda fa di Pietro un vescovo lì prima che diventasse vescovo di Roma. Ma Antiochia, pur essendo estremamente cosmopolita, era allo stesso tempo, come sappiamo da Filostrato, particolarmente avversa dagli uomini di cultura ellenistica. Essa era tanto tipicamente non ellenistica quanto ellenistica. Attorno al centro di Antiochia la letteratura della nuova religione potrebbe essere cominciata all'inizio del secondo secolo. Fino ad allora possiamo supporre che la mitologia sia stata elaborata per via di trasmissione e di modifica orale. All'incirca al tempo dei primi scritti la setta aveva attirato l'attenzione delle autorità romane. Ben presto essa cominciò ad “appellarsi a Cesare”, come gli eroi della sua leggenda dovevano essere rappresentati aver fatto nel passato. Tenendo celata la sua base sacramentale e sacrificale e la sua sovrastruttura ierocratica, essa cercò di guadagnarsi la simpatia di uomini influenti mettendo in primo piano il suo monoteismo e la purezza della sua morale. Essa sosteneva di essere particolarmente utile nel promuovere l'obbedienza ai magistrati. Ma sempre, come ha sottolineato Renan, la sua speranza era riposta negli imperatori in persona. La favola secondo cui, in seguito a un rapporto di Ponzio Pilato sui recenti eventi soprannaturali in Giudea, Tiberio avrebbe chiesto al Senato che Cristo fosse accolto nel pantheon, e i senatori riuniti avrebbero respinto la mozione, aveva un'ovvia “tendenza”. L'Imperatore era l'amico naturale dei cristiani, il Senato era il loro nemico naturale. E, in effetti, esso costituì l'ultimo baluardo dell'opposizione in Italia, come le scuole ateniesi di filosofia lo furono in Grecia. 

L'Impero del secondo secolo, però, non era pronto ad accogliere queste proposte. C'è una storia che una volta Adriano propose di introdurre il culto di Cristo, ma fu dissuaso da un oracolo, il quale pronunciò che, se avesse portato a termine il suo progetto, tutti gli altri culti sarebbero cessati. Si tratta, ovviamente, di una leggenda, ma rappresenta la reale congiuntura delle cose. Il riconoscimento ufficiale del cristianesimo da parte dello Stato significò che i governanti dovevano assecondare la propaganda di una teocrazia intollerante. Se tra i culti orientali il mitraismo fu accolto più favorevolmente, ciò fu perché poteva essere assimilato agli altri culti dell'Impero ed esso non minacciava di usurpare il dominio della filosofia. Per l'assolutismo, nessuna idea pagana di apoteosi poteva essere di maggiore utilità  della dottrina cristiana del diritto divino, esposta nella letteratura epistolare ed apologetica. Anzi, nel Medioevo, non solo il Papa, ma anche l'Imperatore era chiamato deus in terris. L'opposizione al cristianesimo, a differenza dei culti consentiti, non derivò da interessi personali degli imperatori che vi si opposero, ma dal loro patriottismo romano e dalla loro educazione nelle libere scuole greche. Quanto fossero lontani dalla concezione della filosofia stessa come dogma di Stato è dimostrato, ad esempio, dalla circostanza che Marco Aurelio, pur essendo egli stesso uno Stoico, dotò di cattedre tutte le scuole filosofiche allo stesso modo. In quale maniera precisa il cristianesimo fosse represso prima dell'ascesa di Commodo — quando la repressione si allentò contemporaneamente all'accelerazione della deriva verso l'assolutismo — non lo sappiamo, poiché quasi tutte le informazioni ci giungono in forma leggendaria. Ciò che sappiamo è che era in realtà una persecuzione politica, non era una persecuzione religiosa. Che i cristiani non subissero alcuna persecuzione seria fino al tempo di Diocleziano è stato dimostrato una volta per tutte da Gibbon. 

Questa persecuzione doveva essere il preludio del loro trionfo sotto Costantino, il quale sviluppò ulteriormente l'etichetta di corte orientale e l'amministrazione esplicitamente assolutista che avevano contrassegnato il regno del suo predecessore. Nel frattempo, lo stesso anti-ellenismo si manifestò con un continuo rigurgito nel mondo orientale più remoto. All'inizio del terzo secolo era stato fondato il nuovo regno persiano. Il regno dei Sassanidi era uno Stato-Chiesa, rigorosamente intollerante in linea di principio, che perseguitò con successo sia il cristianesimo che le eresie di origine autoctona. La sua sostituzione al regno semi-ellenizzato degli Arsacidi fu solo un'ulteriore prova della deriva delle cose. Nello stesso periodo l'Impero romano stava diventando sempre più accessibile ai culti orientali, anche se la posizione del cristianesimo fu ancora precaria. Ciò che la resistenza del secondo secolo aveva assicurato era un attimo di respiro per un ultimo sforzo di pensiero indipendente prima che la nuova gerarchia prendesse possesso del potere. Ma ciò appartiene a un paragrafo successivo. Dobbiamo ora ritornare all'evoluzione del cristianesimo dalla fine del primo secolo in poi.

NOTE

[1] Forse non è esattamente accurato dire che esse “ritornarono”; infatti, a parte l'imitazione dell'Oriente da parte dell'Occidente, esse non esistettero se non in casi isolati come quello del druidismo: una tipica teocrazia che, di per sé suprema, dava solidità al potere dei re o dei capi. Ciò che si intende è che, sebbene un tipo più elevato fosse apparso in una parte del mondo, l'antica civiltà, col suo immenso prestigio, aveva ancora il potere di intaccare la nuova e sottometterla al suo livello. I germi di libertà, tuttavia, rimasero latenti, in parte nella letteratura e in parte nelle istituzioni; e, dal tardo Medioevo in poi, sono riusciti finora a crescere.

[2] Cristo e Costanzo. 

Nessun commento: